Capitolo 26 - La Vigilia di Natale *Seconda Parte*
«Insomma, ti muovi?» lamentò Ren, spazientito.
«Ma non trovo nulla per me: c'è carne ovunque!» ribatté Melany. «Pasta al forno... con prosciutto, tagliatelle ai funghi... e pancetta, questa è con il ragù...» ragionò a voce alta con l'indice poggiato sulle labbra, mentre esaminava la vetrina dei piatti pronti.
Ren, che in realtà l'aveva osservata divertito, era un po' stufo di restare in piedi in quel posto e sbuffò rassegnato.
«Di questo passo non la finiremo più...» commentò fra sé e sé, portandosi una mano alla fronte, poi si rivolse alla cameriera oltre il bancone. «Scusami, è possibile fare un piatto con sole verdure grigliate per questa qua? Anche i sottaceti le vanno bene» chiese con il tono più amichevole che riuscisse a usare, nonostante non fosse dell'umore giusto.
«Certo. Lo preparo subito» rispose la donna con il grembiule nero.
Melany, anche se un po' irritata per essere stata definita "questa qua", si sentì felice di constatare che, malgrado tutto, aveva imparato bene i suoi gusti.
«Io vado a prendere posto, tu aspetta che ti porti il piatto» disse Ren e s'incamminò verso un tavolino.
«Sissignore!» rispose Melany con tono deciso e mano dritta sulla fronte, cosa che destò un sorriso nel ragazzo. Doveva controllare il suo caratteraccio per far in modo che le cose fra loro si risolvessero il prima possibile.
"Forse dovrei prepararmi un discorso? Ma come potrei iniziare? 'Mi dispiace se alla festa non ho voluto dichiarare davanti a tutta la tua famiglia che io, figlia della fidanzata di tuo padre, sono la tua ragazza?' No, forse così no" pensò guardando un punto indefinito del locale, mentre si massaggiava il mento con una mano. Era così presa dai suoi ragionamenti, che non prestò attenzione alla cameriera che le servì il piatto ordinato.
«Ecco a lei» disse con gentilezza.
«Oh, grazie» rispose, afferrando la pietanza.
«È proprio fortunata ad avere un fidanzato così paziente che si preoccupa per lei» commentò la cameriera e Melany rimase in silenzio, stupita.
«Ahm, ma noi non siamo... cioè... Grazie». In realtà, non si era mai soffermata a ragionare sul loro rapporto: cos'erano l'uno per l'altra? Fidanzati no di certo. Amici? Conoscenti? ...fratelli? Un brivido le percorse la schiena.
Infastidita da quella riflessione, camminò verso il tavolo scelto da Ren sedendosi sulla sedia di fronte a lui, che nonostante avesse scelto un pasto caldo non aveva ancora iniziato a consumarlo. Al pensiero che l'avesse aspettata si lasciò sfuggire un sorriso.
«Buon appetito» disse lei e incominciarono a mangiare.
Sebbene non fosse la prima volta in cui restava sola con lui, Melany si sentiva molto a disagio e non riusciva a mangiare in modo normale, se non consumando piccoli bocconi. Fremeva dal desiderio di parlargli, ma si era prefissa di farlo una volta terminato il pranzo. Sfortunatamente per lei la pazienza non era il suo punto forte.
«Sai, la cameriera che mi ha servito pensava che fossimo fidanzati. In effetti, a chi non ci conosce potremmo sembrare una coppia» afferò con tono scherzoso, sperando di rompere il ghiaccio.
«Non poteva fare errore più grande» ribatté Ren sprezzante, senza rivolgerle uno sguardo.
«Oh, andiamo! Non potremmo parlarne in modo pacifico?» domandò Melany con un sorriso forzato.
«Parlare? E di cosa?» chiese lui fissando gli occhi nei suoi, appoggiando la schiena alla sedia e incrociando le braccia al petto.
«Non fare il creti... cioè, lasciami spiegare perché, l'altra sera, ho avuto quella reazione» disse, cercando di mantenere un tono calmo e pacato.
«E cosa c'è da spiegare? Mi basta sapere che, dopo tutto quel tempo passato lontani, desideravo solo poter stare con te, ma tu, evidentemente, la pensi in modo diverso» dichiarò con rabbia, senza distogliere lo sguardo da lei.
«Ma chi te l'ha detto?» sbottò Melany, che non ebbe il tempo di essere felice per le sue prime parole. «Io volevo solo evitare che lo venissero a sapere davanti a tutta quella gente, preferendo un momento in cui saremmo stati solo noi e loro» spiegò, sentendo i suoi occhi di cristallo gelarle persino l'anima. Era davvero arrabbiato.
«E cosa cambia? Prima o poi sarebbero venuti a saperlo tutti, o forse ti sei spaventata pensando a quello che sarebbe successo dopo? Dopo che avremmo distrutto la felicità dei nostri genitori, che cosa avresti fatto? Hai così paura dal voler rinunciare a quello che provi?» incalzò con tono accusatorio.
«Non è così!» gridò Melany, sbattendo le mani sul tavolo e alzandosi leggermente dalla sedia. Un istante dopo, guardandosi intorno e sentendosi osservata, si risedette composta facendo un colpo di tosse per darsi un tono. «Non credi anche tu che sia meglio parlarne prima con loro, con calma? Potremmo approfittare di questi giorni in montagna, magari dopo il pranzo di Natale... tanto per non rovinare loro le vacanze» riprese a spiegare con tono pacato, ma le sue parole non furono per nulla apprezzate.
«Rovinare? Ti vergogni a tal punto di noi da pensare che i nostri sentimenti siano solo uno sbaglio?! Basta... non ho più fame» sbottò Ren buttando il tovagliolo sul tavolo e si alzò per allontanarsi da lei, prima di farsi sfuggire parole di cui poi si sarebbe pentito.
Melany abbassò il capo, massaggiandosi la nuca e prendendo un profondo respiro.
«E menomale che doveva essere una conversazione pacifica...» sussurrò fra sé e sé.
Perché non riusciva a spiegarsi? Desiderava solo far pace, poterlo riabbracciare e dirgli quanto gli voleva bene, quanto per lei fosse importante. E invece continuava a sbagliare.
Posò la forchetta nel piatto, prese il cappotto e si avvicinò al bancone per saldare il conto. Per fortuna aveva del denaro nella borsetta, ma non fece in tempo a prenderla perché subito interrotta.
«Mi ha già pagato il suo amico» disse la cameriera attirando la sua attenzione, ma nelle sue parole c'era qualcosa di strano.
«Ok. Ma... prima non aveva forse detto che sembrava il mio fidanzato?» domandò Melany, bisognosa di sognare ancora un po'.
«Ah, sì, mi scuso per prima, non mi dovevo permettere. È ovvio che abbia preso un granchio. Anche perché se lei fosse la sua fidanzata non credo che sarebbe contenta di vederlo in quella situazione» ribatté la donna.
Melany rimase perplessa. "Quale situazione?" pensò, poi la cameriera le fece cenno alle sue spalle e, quando si voltò, rimase a bocca e occhi spalancati: Ren stava amabilmente conversando con due ragazze dagli abiti indecenti (o almeno era così che le apparve la scena). Rimase pietrificata dalla rabbia, poi richiuse la bocca e lo fissò con odio. "Io lo uccido! Cioè, mi molla da sola al tavolo e si mette a chiacchierare con quelle maledette sconosciute!" gridò nella sua mente, indignata. Com'era bravo a vendicarsi, a farla sentire insignificante! Detestava quando faceva così.
Con il cappotto stretto in mano, si incamminò verso di lui pronta a fare una delle più grandi sparate mai fatte in vita sua. L'avrebbe sentita. Oh, se l'avrebbe sentita! E allora sì che si sarebbe dovuto stupire del suo carattere irascibile, ma sarebbe stata solo colpa sua.
«Ah, la signorina di carrozza». Sentì all'improvviso la voce cavernosa dell'uomo tedesco, che la fermò sul posto. «Fatto pranzo qui?» domandò rivolgendole un sorriso, quando si volse verso di lui.
«S-Sì, ma ho finito e stavo andando via» rispose Melany osservandolo, ma non aveva tempo di curarsi di lui e si voltò verso Ren sperando che il suo sguardo lo fulminasse.
«Bene. Posso offrire cafè?» chiese, avvicinandosi di un passo.
«No, grazie. Mi sta aspettando il mio ami... cioè, insomma... lui» replicò lei con stizza, ma a disagio. Era davvero irritata e continuava a muovere nervosamente lo sguardo dallo straniero a Ren, che ancora parlava con tranquillità alle sue interlocutrici.
«Non sembra me che lui è molto dispiaciuto di aspettare» constatò l'uomo seguendo lo sguardo della ragazza.
«Già...» sussurrò Melany indispettita, ma anche delusa.
In realtà era abbastanza chiaro che stesse spiegando qualcosa a quelle donne e non aveva rivolto loro neanche un sorriso, tuttavia stava scambiando più parole con delle sconosciute che non con lei da quando erano in quel posto di montagna. Si sentì avvilita e demoralizzata.
«Su, solo un cafè» perseverò l'uomo, afferrandola all'improvviso per un polso.
Melany si volse di scattò e cercò di liberarsi, ma la sua presa si faceva sempre più insistente. Una presa dura che le riportò alla mente un terribile ricordo, tanto da farle scorrere brividi di freddo lungo tutto il corpo.
«N-No, grazie. Non lo voglio!» ribatté con veemenza, ma lo straniero non sembrava interessato alle sue proteste e cercò di trascinarla verso il bar.
«Non essere timida. Io buon amico, sai? Meglio di quello».
«Ho detto di n...» ribadì Melany, che iniziava a sentire dolore al polso. S'interruppe quando l'uomo lasciò bruscamente la presa e mosse un passo indietro, stringendo il polso con l'altra mano. Davanti a sé le spalle larghe di Ren la dividevano dallo straniero che un attimo dopo venne spintonato da quest'ultimo.
«Ti ha detto di no. Cos'è, non ci senti?» sbottò con rabbia.
«Oh, no... io non capire bene vostra lingua!» si giustificò l'uomo, agitando le mani in segno di resa.
«Certo, come no. Ora ti do io qualcosa che puoi capire bene» ribatté, avvicinandosi minaccioso.
«Ehi, ehi!» esclamò Melany, ponendosi fra i due. «È-È tutto a posto. Adesso andiamocene» aggiunse spingendo Ren verso la porta. «Ma che ti prende?» lo rimproverò, infine, seppur colpita dal suo intervento, ma il ragazzo incalzò il passo e uscì dal locale senza aspettarla.
Melany s'infilò il cappotto e lo raggiunse oltre l'uscio. Fuori faceva molto freddo, tanto da rendere il peso del suo giubbotto alquanto inadeguato. Tremante, si strofinò le braccia con le mani, poi prese il telefono dalla borsa e lo fissò: mancavano dieci minuti al passaggio della carrozza e lei non aveva risolto un bel niente. Ren era lì, al suo fianco, e sapeva che non avrebbe avuto un'altra occasione. Doveva porre fine al loro litigio, non voleva passare un altro istante senza saperlo al suo fianco.
Ripensò alle parole che le aveva rivolto al tavolo e comprese di essere stata una vera codarda.
«Hai ragione... Ero così concentrata sulla tua decisione di lasciarmi e su come fare per odiarti che quell'improvvisa sincerità mi ha disorientata, facendomi ragionare in un secondo su ciò che avrebbe potuto significare per i nostri genitori» mormorò con sguardo basso. «Io non mi vergogno dei miei sentimenti per te, non lo farei mai. Ho solo paura che non vengano accettati com'è successo con Cecile» aggiunse, senza riuscire a smettere di fissare la neve vicino ai suoi piedi.
«Quella è una cretina» commentò Ren irritato, continuando a fissare lo sguardo davanti a sé.
«Sì, beh... I-In ogni caso sono pronta a confessare a chiunque di essere innamorata di te, perché per me non conta nient'altro» dichiarò imbarazzata. «E adesso torno dentro, prima di morire assiderata» concluse volgendosi verso l'ingresso, troppo provata da quella persistente rigida temperatura.
«Anche per me...» sussurrò Ren, arrestando i suoi passi.
«Cosa?» chiese Melany voltandosi a guardarlo e il ragazzo, posando una mano dietro la sua schiena, l'avvicinò a sé e la baciò. Dolce, lento, come se volesse assaporare con calma le sue labbra che desiderava sfiorare da tempo.
«Anche per me l'unica cosa che conta sono i sentimenti che provo per te» affermò, poi la strinse fra le braccia e la baciò ancora.
Le emozioni di Melany sembrarono scoppiare incontrollate. Sentiva gli occhi riempirsi di lacrime, il cuore bussare con prepotenza e il freddo, che le stava ghiacciando il corpo, sembrò sparire del tutto quando Ren l'avvolse nel suo cappotto, senza smettere dimostrarle quanto tenesse a lei.
La carrozza arrivò puntuale alla stazione e i due ragazzi trascorsero l'intero viaggio di ritorno in completo silenzio, tenendosi per mano. Il veicolo li lasciò vicino al loro loft, dal momento che il resto della famiglia si trovava lì, e si incamminarono con passo molto lento. Melany non aveva alcuna intenzione di rientrare in casa, voleva trascorrere altro tempo con lui, ma si erano già fin troppo attardati. Fra loro la tensione era quasi palpabile, non perché avessero altro da discutere, ma perché sentivano entrambi la necessità di stare insieme, da soli. Così, nel tentativo di rallegrare gli ultimi metri che li separavano dalla loro meta, Melany pensò di tirar fuori uno strano argomento.
«Dimmi una cosa...» disse volgendo il capo verso Ren, poi guardò altrove. «... ma alla fine, ci sei andato a letto con Erika?» domandò con tono sprezzante.
«Che cosa? Vorresti parlare di questo adesso?» ribatté lui a disagio, rivolgendole uno sguardo confuso e incredulo. Sul serio voleva affrontare quell'argomento? Lì, in mezzo al nulla?
«Certo! Devo capire cos'hai fatto nel periodo passato lontani, anche se la tua amica è stata già molto chiara» spiegò candidamente, voltandosi a guardarlo.
«Hai parlato con Erika?» chiese sorpreso, rallentando il cammino per fissare lo sguardo nel suo.
«Non proprio. Mi è bastato l'incontro che abbiamo avuto vicino l'aula di scienze» replicò voltando il capo, infastidita da quel ricordo, poi tornò a guardarlo. «Allora? Che mi dici?»
«Non ho alcuna intenzione di fare questo discorso» sbottò Ren, aumentando il passo.
«Capisco, capisco... Del resto, anch'io ho avuto i miei trascorsi. Quindi siamo pari» affermò Melany saccente, guardandosi le unghie di una mano. Sapeva che non si sarebbe lasciato sfuggire quell'allusione e, infatti, Ren si fermò all'istante, costringendo anche lei ad arrestarsi, dato che si tenevano ancora per mano.
«Come? Che stai dicendo? Non parlerai del rosso!» esclamò, rivolgendole uno sguardo irritato.
«E no, caro. Ho fatto la domanda prima io: tu rispondi a me e io rispondo a te» specificò boriosa, sorridendo per la sua reazione.
«Ma non esiste! Dimmi subito cosa intendevi!» replicò lui tirandola verso di sé e Melany scoppiò a ridere.
«Niente da fare!» disse divertita, ponendosi una mano davanti alla bocca che Ren afferrò per stringerla contro il suo petto.
«Vuoi farmi arrabbiare?» chiese, ma non lo sembrò affatto. I suoi occhi di ghiaccio erano stati invasi dalle iridi di smeraldo che aveva davanti a sé. Finalmente poteva osservare quegli occhi da vicino e perdersi nelle profondità della loro bellezza.
«Arrabbiare no... ingelosire, forse» ribatté con sguardo smaliziato.
Ren sorrise. «Credi che non lo sia stato?» sussurrò mentre le accarezzava delicatamente una guancia, dispiacendosi di trovarla tanto fredda.
«Sei sempre così serio e non è facile capire cosa pensi» spiegò Melany, che aveva abbassato lo sguardo per osservare la mano sul petto del ragazzo. Nonostante la rigida temperatura riusciva ad avvertire il suo calore e arrossì al pensiero che avrebbe tanto voluto sentirlo sulla pelle.
«Davvero non hai notato quanto fossi geloso nel vederti sempre con lui?» domandò ponendo le dita sotto il mento di Melany, per alzarle il viso e incrociare il suo sguardo.
«Oh, certo che l'ho notato. Tanto quanto tu hai visto me tormentarmi per Erika» rispose lei, sollevandosi sulle punte per avvicinarsi a lui.
«Beh, adesso non ne hai più bisogno» bisbigliò Ren, spingendola a sé con una mano dietro la schiena.
«Ma non hai ancora risposto alla mia domanda» mormorò Melany a pochi centimetri dal suo viso e le loro labbra si sfiorarono.
«Non volevo stare con nessuna» sussurrò Ren, posandole un bacio sotto l'orecchio.
«Nessuna a parte me» specificò lei puntando gli occhi nei suoi, luminosi, splendidi.
«Nessuna a parte te» confermò e le loro labbra s'incontrarono, tenere e delicate.
«Neanch'io volevo nessuno a parte te» mormorò Melany, osservando lo splendido sorriso aprirsi sul suo viso.
Ancora si avvicinarono per baciarsi, ma fecero in tempo soltanto a sfiorarsi prima che il rumore della serratura della porta li costrinse ad allontanarsi bruscamente l'uno dall'altra.
«Finalmente! Avanti, entrate» esclamò Claudia, facendo loro un cenno con la mano. I due, che ormai erano alla giusta distanza riservata agli estranei, entrarono senza dire una parola. «Avete mangiato?» domandò la donna, richiudendo la porta alle sue spalle.
«S-Sì, certo» rispose Melany leggermente a disagio, mentre si sfilava il cappotto. Da subito si sentì osservata e non faticò a capire perché: Cecile, seduta sul divano a braccia conserte, la stava fissando con disgusto.
«Non è che Gioren ti ha fatto qualche dispetto?» chiese Giorgio, accortosi dell'espressione perplessa della ragazza.
«Ma no, anzi! Ha ordinato un piatto di verdure proprio come piace a me» affermò istintivamente, tentando di difendere il ragazzo, ma non passò un secondo perché si accorse di aver detto qualcosa di sbagliato.
«E bravo, figlio mio! Anche se vi siete incontrati poche volte, hai visto giusto sui gusti di Melany» replicò l'uomo. Si avvicinò a Ren per dargli una pacca sulla schiena e lui guardò Melany con sufficienza, scuotendo la testa. Lei gli rivolse un lieve sorriso forzato a denti stretti, conscia di aver evitato un vero disastro.
«Bene, ragazzi, sono le...», disse Giorgio guardando l'orologio da polso, «... cinque e mezza e vorrei portare questa bella famigliola alla festa giù in paese. Se ci sbrighiamo, riusciremo a rientrare in tempo per la cena prenotata. Che ne dite?» propose l'uomo, guardando tutti con aria speranzosa.
«Fantastico!» risposero in coro Claudia e Cecile, la quale si alzò dal divano pronta a dirigersi nella sua stanza per cambiarsi d'abito.
«Io rimarrei a casa, se non vi dispiace. Stanotte non ho dormito e mi sento un po' stanca» affermò Melany e non lo sfuggì la delusione negli occhi di Giorgio.
«Dai, tesoro, non te la senti di fare uno sforzo? È la Vigilia di Natale e abbiamo già passato lontani il pranzo» tentò di convincerla Claudia, avvicinandosi a lei e ponendole una mano gentile sulla spalla.
Ci teneva molto alla sua presenza, era chiaro, ma Melany era stanca e non se la sentiva di giocare alla famigliola felice, non in quel momento in cui sapeva che i suoi sentimenti avrebbero potuto rovinare ciò che sua madre stava cercando di costruire.
«Mi dispiace, ma voi andate pure. Ci rivediamo a cena» replicò sciogliendosi la treccia, perché già proiettata all'idea di mettersi comoda.
«Sarà un vero peccato non averti con noi, ma mi hanno detto che la festa durerà fino a domani. Per cui potremmo fermarci a qualche bancarella prima di rientrare in città» affermò Giorgio sorridendo.
«Certo» rispose Melany, poi si voltò diretta nella sua stanza.
«Bene. Cambiatevi se dovete, ma fate in fretta perché prenderemo la carrozza che ripasserà a breve» disse l'uomo prendendo il cappotto adagiato sul divano, poi si volse verso Ren. «E tu, non sei esente dal venire» aggiunse con un tono che non accettava repliche.
Il ragazzo lo guardò scocciato, ma non ribatté; si limitò a osservare la sorella mentre si dirigeva verso la sua stanza e, quando aprì la porta, riuscì a intravedere Melany di spalle.
Si domandò perché avesse scelto di restare lì, da sola, invece di essere al suo fianco, ma ben presto ne comprese la motivazione: sarebbe stata una tortura per entrambi passeggiare vicini senza esserlo davvero.
Una decina di minuti dopo si ritrovarono di nuovo tutti all'ingresso: Cecile aveva infilato un abito più comodo, mentre Melany, dopo essersi rinfrescata in bagno, andò a salutarli indossando un comodo leggings grigio e una lunga maglia in tinta. Dopo alcune raccomandazioni, gli adulti uscirono di casa e la ragazza approfittò di quel momento per rivolgere un sorriso a Ren.
«Ti fa male?» chiese il ragazzo osservandola massaggiarsi il polso. Quell'uomo l'aveva stretta così tanto che le era rimasto un segno violaceo. Di sicuro, se si fossero rincontrati gliel'avrebbe fatta pagare a costo di mettersi nei guai.
«No, tranquillo. È un gesto che ho fatto senza pensare, ma non mi dà fastidio» replicò lei cercando di rassicurarlo. Era vero che non le faceva male, ma era la seconda volta che sentiva mani prepotenti su di sé e non era una sensazione facile da accantonare.
Ren sbuffò seccato, sentendosi sempre meno convinto di lasciarla sola. «Chiudi bene la porta» le raccomandò, poi uscì anche lui e lei richiuse subito l'uscio affinché il freddo non abbassasse troppo la temperatura della stanza.
La vera ragione per cui aveva deciso di rimanere in casa era molto semplice: quella sera, prima della cena, avrebbe rivelato a sua madre e a Giorgio la verità e doveva essere lei a farlo cosicché Ren capisse che non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro. In quel momento, l'unica cosa che le restava da fare era capire quale sarebbe stato il modo migliore per dirglielo, quali parole usare affinché potessero comprendere e accettare i loro sentimenti. Avrebbe sfruttato quel tempo per riflettere con la dovuta calma alla ricerca della soluzione più adeguata.
Si diresse nella sua stanza, prese il cellulare e, dopo aver spento tutte le luci in casa (fatta eccezione per una piccola abat-jour), si sedette sul davanzale interno della finestra del soggiorno a osservare le illuminazioni che rischiaravano il buio della notte.
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