Capitolo 26 - La vigilia di natale *Parte prima*
La mattina della Vigilia di Natale, Melany venne svegliata dalla musica in festa trasmessa dagli altoparlanti sparsi per tutto il villaggio; aveva passato una notte inquieta e desiderava riposarsi ancora, ma ormai nella sua mente risuonavano senza sosta Jingle Bells e White Christmas. "Ma che razza di posto è questo?!" sbraitò nella sua mente guardando lo schermo del cellulare, sconvolta: erano le 8:30, orario improponibile e inaccettabile per chi è in vacanza.
Si alzò dal letto, uscì dalla stanza e, ciondolando, si diresse nel soggiorno; con gli occhi ancora semi chiusi riuscì a intravedere Cecile trafficare in cucina, vestita di una discutibile vestaglia giallo canarino, e Ren seduto sulla poltrona, con in dosso la tuta che usava come pigiama. Camminò fino al divano, poi, salendoci sopra e muovendosi a carponi, si distese sospirando.
«Ho bisogno di un caffè... Qualcuno mi faccia un caffè, per carità...» mugugnò a occhi chiusi, come un'anima in pena che prega per la salvezza.
«Arriva senza neanche salutare e dà anche gli ordini? Questa sta fuori» replicò stizzita Cecile.
«'giorno. Adesso mi fai un caffè?» ribatté voltandosi a pancia in su, incrociando le dita delle mani sul ventre.
Con la coda dell'occhio rivolse uno sguardo a Ren e fu felice di notare che la stava osservando, se pur perplesso. Capitava spesso che, se non avesse dormito bene di notte, la mattina successiva Melany avesse bisogno di tempo per riprendersi dall'intontimento, cosa che incuriosì il ragazzo dal momento che l'aveva sempre vista energica e pimpante.
«Non sono la tua serva» rispose sprezzante Cecile.
Melany richiuse gli occhi, si mise le mani sul volto e, dopo aver sbadigliato, si alzò dal divano diretta nel cucinino.
«Spostati!» sbottò contro Cecile, spingendola con una mano, poi prese la caffettiera dalla credenza e si apprestò a cercare la polvere di caffè nel mobile accanto.
«Ehi! Ma come ti permetti?» replicò Cecile, irritata dal suo gesto.
«Non riesco a sopportare le tue frecciatine di prima mattina, senza prendere un caffè. Dopo torneremo a battibeccare come piace a te» ribatté Melany con voce roca, mentre accendeva il fuoco del fornello su cui aveva poggiato la moka. Come minimo aveva bisogno di un po' di caffeina per sopportare il caratteraccio di quella donna, anzi forse le sarebbe convenuto farsi una doppia dose.
«Pensi che a me piaccia questa situazione? Invece di godermi le vacanze sono costretta a controllare che non facciate qualche altra stronzata!» strillò Cecile, ponendosi le mani sui fianchi.
«Smettila, Cecile» intervenne Ren, alzandosi dalla poltrona.
«"Smettila" a me? Smettetela voi di fare... qualunque cosa stiate facendo! Credete che non abbia notato gli sguardi che vi scambiate? È disgustoso! Dovreste vergognarvi!» replicò saccente, che non si era persa una sola interazione fra loro, come se qualcuno le avesse affidato il compito di tenerli d'occhio.
«Adesso basta!» esclamò Melany voltandosi verso Cecile. «La giornata è appena cominciata e già rompi?!» continuò avvicinandosi a lei. «In questo momento ho davvero pochissima pazienza e non mi faccio problemi se devo mandarti a...» Venne improvvisamente interrotta da Ren che le afferrò un braccio, tirandola verso di sé.
«Stai calma, Melany» le disse con tono deciso ma gentile. «E tu finiscila di fare la stronza!» rimproverò la sorella, ammonendola con un gesto nervoso della mano, poi trascinò la ragazza fuori dalla cucina.
Melany, che aveva ancor meno il controllo della sua emotività rispetto al solito, puntò indice e medio verso i suoi occhi per poi rivolgerli a Cecile, più volte. Provava tanto rispetto nei confronti di Giorgio e del suo amore verso la madre, ma se la figlia avesse continuato a rivolgersi in modo tanto arrogante avrebbe ben presto tolto i freni alle inibizioni. Non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da quella sciocca boriosa!
Ren l'accompagnò vicino al divano dove, spingendola dalle spalle, la costrinse a sedersi.
«Ma che ti prende? Che cos'hai?» domandò il ragazzo, guardandola con le braccia conserte. Non la riconosceva, quegli scatti d'ira non le appartenevano.
«Ho bisogno di un caffè...» mormorò Melany tenendo lo sguardo basso. Un po' si vergognava perché non voleva che Ren pensasse a lei come a una ragazza eccentrica, ma forse per quello era ormai troppo tardi.
«Ho capito, te lo porto io 'sto caffè!» affermò stizzito e ritornò in cucina.
Melany rimase indispettita, con il broncio, irritata dal comportamento fastidioso di Cecile, ma non ci volle molto perché si sciogliesse in un sorriso: Ren le aveva parlato, era preoccupato per lei, e l'aveva persino presa per mano (per il braccio). Forse poteva considerarlo come un passo avanti, un messaggio che la incoraggiasse a non mollare perché presto avrebbero risolto il loro fraintendimento, e lei non aveva nessuna intenzione di darsi per vinta.
Dopo che ebbe bevuto il caffè, sorseggiato con estremo gusto considerato chi gliel'aveva preparato, Melany prese una fetta biscottata dal cestino sul tavolo e si accomodò sul divano, sgranocchiandola; con il telecomando in mano, accese la tv alla ricerca di qualcosa da guardare, ma erano davvero pochi i canali satellitari visibili. Che il mal funzionamento della tv facesse parte del "ricreare l'ambiente del cottage in montagna"? Più ci pensava e più le veniva da ridere, o da piangere, non era ancora riuscita a definire il suo stato emotivo al riguardo.
Cecile si era rintanata nella sua stanza, indignata e ferita dal comportamento che i due avevano assunto con lei, e per quanto Melany desiderasse recuperare il cellulare lasciato sul comodino preferì trattenersi nel soggiorno, ma quella non era l'unica ragione. Anche Ren era rimasto lì, seduto su una sedia dietro di lei, vicino al tavolo.
Si voltò appena verso di lui e l'osservò del tutto assorto nella lettura di una rivista musicale, "Rock soul". Era un periodico che aveva già visto nel suo appartamento, ne possedeva svariati numeri sparsi nelle varie stanze, e anche a scuola quando s'incontravano per pranzare insieme. Doveva essere una delle sue letture preferite.
Con le braccia poggiate sullo schienale del sofà e la testa adagiata su di esse, lo guardava mentre ragionava su cosa avrebbe potuto dirgli: doveva approfittare dell'assenza di sua sorella o chissà quando le sarebbe ricapitata un'opportunità come quella.
«Smettila di fissarmi» disse Ren, continuando a leggere il giornale.
«Non ti sto fissando» mentì Melany, senza staccargli gli occhi di dosso. Non avrebbe smesso di guardarlo neanche sotto tortura. Il ragazzo, un po' infastidito, le rivolse uno sguardo di sufficienza a cui lei rispose con un lieve sorriso.
«Cos'hai da ridere?» domandò Ren tornando a guardare la rivista, ma si capiva che era a disagio.
«Oggi mi stai parlando. Lo considero un passo avanti. Sono contenta» ribatté. Lui le rivolse uno sguardo di sfuggita, poi girò una pagina.
«Sei strana. La reazione di prima... non me la sarei aspettata» confessò Ren mantenendo un tono basso, come se stesse parlando a se stesso.
Melany spalancò gli occhi e sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sentendosi in difficoltà. «Oh, beh... Ultimamente sono un po'... nervosa, ecco» ammise distogliendo lo sguardo, poi tornò a guardarlo. «Stai forse cercando di dirmi che non ti piaccio più?» sussurrò imbarazzata per le sue stesse parole.
Ren la guardò per un attimo e tornò ancora una volta a fissare il giornale. «Non ho detto questo» rispose e alla ragazza sfuggì un grosso sorriso.
Si drizzò con la schiena e lo guardò decisa, pronta a chiedergli scusa, nella speranza di essere perdonata, ma non ebbe il tempo di aprire bocca perché interrotta dal suono del campanello della porta. Ren e Melany si voltarono verso di essa, poi lui, poggiando la rivista sul tavolo, si alzò e andò ad aprirla. Melany si accasciò sullo schienale del divano e sembrò volerne mordicchiare il rivestimento per scaricare il nervosismo: c'era decisamente qualcuno che non desiderava che fra i due si risolvessero le cose.
«Buongiorno!» salutò con entusiasmo Claudia entrando nel soggiorno, seguita da Giorgio. «Oh, Melly! Dormito bene? Ma... Cecile dov'è?» domandò, guardandosi intorno e sbottonandosi il lungo cappotto avorio.
«In camera» ripose stizzita la ragazza, mettendosi a sedere composta e incrociando braccia e gambe.
Pochi istanti dopo, Cecile si precipitò all'ingresso salutando Giorgio con un abbraccio. «Papà!» esclamò dolcemente, poi gli rivolse uno sguardo serio. «Voglio tornare a casa, adesso!» dichiarò sgranando gli occhi.
L'uomo la osservò perplesso e poi volse uno sguardo ai ragazzi: Ren si era seduto sullo schienale del divano molto vicino a Melany e, senza un reale perché, avvertì una strana sensazione.
«Non dire così, Cecile. Siamo venuti a informarvi che abbiamo prenotato un tavolo al ristorante del villaggio, per il pranzo di oggi. Mangeremo tante cose buone!» affermò Claudia con un gran sorriso.
«Ma esattamente, cosa c'entra il ristorante con "la magia del cottage in montagna"? Non siamo qui per questo?» domandò sprezzante Melany dopo essersi voltata verso la donna, la quale, di rimando, le rivolse uno sguardo infastidito.
«Non vorrai farmi cucinare? Mi raccomando, vi vogliamo pronti per l'una in punto o perderemo la carrozza» disse, poi si avvicinò alla figlia per sussurrarle all'orecchio: «Hai portato un bel vestito?»
«Vestito? Perché avrei dovuto» rispose Melany serrando gli occhi.
Sua madre si drizzò in piedi poggiando i pugni sui fianchi. «Ma non mi dai mai una soddisfazione, tu! Indossa almeno qualcosa di carino» ribatté la donna aspramente.
Melany si alzò di scatto dal divano. «Non ti do mai... cosa?!» sbottò inviperita. Aveva i denti stretti e le spalle rigide per la rabbia. Come si era permessa di dirle una cosa del genere? Proprio lei che non faceva altro che deluderla con il suo comportamento irresponsabile!
«Melany...» sussurrò Ren.
La ragazza si voltò a guardarlo, alzò gli occhi al cielo e prese un lungo respiro per calmarsi. «Vado in camera mia!» disse, infine, guardando la madre e s'incamminò per il corridoio.
Per non sentire altre lamentele da parte della madre, Melany decise di indossare un vestitino rosso in maglina, a manica lunga e collo alto, un paio di leggings neri e dei trochetti con il tacco; acconciò i capelli in una treccia laterale e si concesse un lieve make-up. Prese il cappotto nero dalla sedia su cui l'aveva adagiato e uscì nel corridoio diretta all'ingresso. Stava infilando il soprabito quando sentì qualcuno sbuffare con fare seccato.
«Ti piace giocare sporco, Melany» disse Cecile con disprezzo, osservandola.
Melany la guardò serrando gli occhi. «Che cosa vuoi dire?» domandò irritata e vide la donna squadrarla dalla testa ai piedi.
Preoccupata che qualcosa in lei non andasse bene, si voltò a sinistra per guardarsi nello specchio a muro alla fine del corridoio; in realtà, non c'era nulla che non andasse, anzi era vestita proprio bene. Si rigirò verso Cecile, ma, incrociando lo sguardo di Ren fisso su di lei, capì il senso di quelle parole.
«N-Non era mia intenzione» sussurrò imbarazzata. Di certo non voleva affascinare il fratello lì, davanti a tutti. Certo era che si sentì molto lusingata dal modo in cui la stava guardando.
Claudia, che non aveva prestato ascolto al discorso delle ragazze, si avvicinò alla figlia abbracciandola, contenta di vederla così elegante.
«Allora ce l'avevi un bell'abitino!» disse soddisfatta.
«È un semplice vestito in maglina, mamma...» rispose, liberandosi dalla sua presa.
«Bene, ragazzi, tutti fuori!» annunciò Giorgio, aprendo la porta d'ingresso e agitando la mano verso l'esterno.
Quando furono tutti fuori non videro altro che neve e neve. Durante la notte aveva nevicato e si faticava a distinguere persino i profondi solchi lasciati dalle carrozze.
«Scusate, ma al ristorante ci dobbiamo andare a piedi?» ironizzò Cecile, per nulla intenzionata a passeggiare. Ma la sua domanda trovò subito risposta quando, in lontananza, apparvero due calessi che si fermò a pochi passi da loro.
«Salite?» domandò il cocchiere.
«Certo, siamo diretti al ristorante» ribatté Claudia salendo sul veicolo, aiutata da Giorgio.
Melany era un po' distratta perché continuava a guardarsi intorno senza prestare attenzione a quel che stava accadendo; alla fine, quel bianco paesaggio non le dispiaceva affatto, anche se soffriva tanto il freddo. All'improvviso si sentì afferrare un braccio e tirare in avanti.
«Saliamo» disse Ren e la ragazza ubbidì senza obiettare.
Accomodandosi, dopo che il cocchiere ebbe chiuso lo sportello, si rese conto che quella non era la carrozza su cui erano saliti gli altri: al suo interno c'erano lei e Ren, seduti di fianco, un uomo straniero e una donna anziana.
Melany sgranò gli occhi e drizzando la schiena, confusa. Perché erano saliti insieme? Si chiese se Ren l'avesse trascinata lì di proposito, oppure, semplicemente, non voleva che facesse il viaggio da sola perché nell'altro veicolo non c'erano più posti. Qualunque fosse la ragione, ormai era fatta e il mezzo si era già messo in movimento.
Nell'abitacolo i passeggeri rimasero in silenzio, solo il rumore del motore rimbombava insistente; Melany appoggiò la schiena allo schienale e si voltò leggermente verso Ren che aveva lo sguardo fisso fuori dalla finestra. Pensò che se essere lì con lei fosse stato un suo piano allora non avrebbe dovuto ignorarla come stava facendo, e questo la convinse che si fosse trattata solo di una coincidenza. Seccata per quel pensiero, spostò lo sguardo per osservare il paesaggio oltre il vetro e vide delle strane illuminazioni: sospese nel cielo fluttuavano tante piccole slitte, trainate da renne e guidate da Babbo Natale.
«Ma dai...» sussurrò avvicinandosi al finestrino.
Quell'atmosfera natalizia le sembrò esageratamente pacchiana, ma non poteva negare di esserne affascinata. Aveva sempre adorato il Natale da bambina. Era la sua festa preferita.
«Vuoi sederti al mio posto?» le chiese Ren d'improvviso.
Melany si voltò verso di lui rendendosi conto di essergli praticamente addosso; concentrata sugli addobbi natalizi, non aveva fatto caso a quanto si fosse avvicinata al ragazzo pur di osservare meglio quelle slitte svolazzanti.
Subito si ritrasse nel suo angolino, imbarazzata. «Ah, n-no... non c'è bisogno» rispose agitando le mani all'altezza del petto, ma Ren le prese una mano costringendola ad alzarsi per scambiarsi di posto.
Melany, che non si aspettava né quel gesto né quel contatto, rimase in silenzio rivolgendoli un timido sorriso, poi si voltò a guardare, ancora una volta, quelle assurde decorazioni rosso fuoco. Che cosa stava succedendo? Poteva interpretare i gesti di Ren come intenzioni per far pace con lei? Persa nei suoi pensieri e disturbata dal forte rombo del motore, ormai diventato molesto, continuò a guardare fuori dal finestrino per quasi tutto il tragitto.
«Piacciono te molto illuminazioni, ja?» domandò l'uomo straniero seduto di fronte a lei.
La ragazza si voltò a guardarlo: dall'accento, dalla carnagione chiara, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, capì che dovesse trattarsi di un tedesco.
«Beh, non particolarmente, ma queste sono... molto particolari. No?» rispose garbatamente, rivolgendogli un piccolo sorriso.
«Sì, ja. Essere paesaggio molto belo. Anche tu essere molto bela» ribatté facendole l'occhiolino. Era un uomo avvenente, dalla corporatura robusta evil viso sfilato, ma un po' troppo grande per fare il carino con lei.
Melany ricambiò con un sorriso finto, molto forzato, perché si sentiva in imbarazzo e cercò spontaneamente lo sguardo di Ren, tuttavia quando si rese conto del suo totale disinteresse cambiò espressione assumendone una irritata e delusa. Ma non avevano fatto un passo avanti? Forse era stata solo una pia illusione.
All'improvviso la carrozza si fermò in modo brusco sobbalzando Melany verso il centro, repentinamente aiutata da Ren che la prese per un braccio tirandola a sé.
«Chiedo scusa per la frenata. Siamo arrivati al ristorante, vi apro lo sportello» disse il cocchiere scendendo dal posto di guida.
Melany e Ren si alzarono pronti a scendere, ma la ragazza venne attirata dal mormorio della signora anziana.
«Oh, no. Non è possibile!» borbottò la donna con aria preoccupata. «Ma dove l'ho messo?» continuò, guardandosi nervosamente attorno e rivoltando sulle gambe la borsetta di tutto il contenuto.
«Ehm, posso aiutarla?» chiese Melany, ancora all'interno del veicolo.
«Sono sbadata, sono terribilmente sbadata! Non riesco a trovare il contenitore delle mie pillole, ma ero sicura di averlo con me. Magari mi è caduto» spiegò la signora alzandosi dal posto, pronta a inginocchiarsi per cercare il cofanetto sotto la panca.
«Non si pieghi, lo cerco io» disse lei, accovacciandosi sulle ginocchia. «Com'è fatto?» chiese, attivando la funzione torcia sul telefono per guardare meglio.
«È-È rotonda, una piccola scatolina con dei fiorellini».
Melany, poggiata con le ginocchia a terra, si piegò per cercarlo meglio, ma non riusciva a vedere nulla che assomigliasse all'oggetto perduto.
Ren, già fuori dalla carrozza, sbuffò seccato e si volse verso la ragazza per incitarla a concludere la sua opera di carità. A quanto pareva l'istinto di aiutare le persone in difficoltà era più forte di lei. Inaspettatamente vide uno strano luccichio sul sedile accanto alla donna; così, risalì sul veicolo e infilò la mano fra la seduta e lo schienale della panca estraendo un piccolo contenitore argentato.
«È questo?» disse il ragazzo mostrandolo alla signora.
La vecchina mise gli occhiali e osservò attentamente l'oggetto, strizzando gli occhi. «Ooh, sì! È proprio lui. Grazie, giovanotto!» esclamò prendendo il contenitore.
Melany tentò di nascondere una risata per come l'anziana aveva definito Ren, mentre lui la guardava irritato. La ragazza si rialzò in piedi, ma perse subito l'equilibrio a causa del movimento improvviso della carrozza e Ren la prese appena in tempo prima che potesse sbattere la testa alla panca alle sue spalle.
«M-Ma... siamo ripartiti?» domandò agitata, voltandosi verso il finestrino. «Cavolo! Il ristorante!» aggiunse, guardando la struttura diventare sempre più piccola. «E adesso cosa facciamo?» Si rivolse a Ren, ma quest'ultimo non sembrava particolarmente allarmato.
«Non preoccupatevi. La prossima fermata è alla stazione e di lì potrete prendere un altro mezzo per tornare al ristorante» spiegò la signora anziana, che intanto aveva verificato il contenuto della scatolina.
«Ah... allora faremo così. Che dici?» disse a Ren.
«Non vedo altra soluzione» rispose lui, incrociando le braccia al petto e volgendosi verso il finestrino alla sua destra.
Melany prese il cellulare dalla borsa, ma ovviamente non rilevava alcun segnale; sicuramente ci sarebbe stato un telefono con cui avvisare i loro genitori alla stazione.
Quell'imprevisto non ci voleva. Oppure sì?
«Mi dispiace, ma oggi è la Vigilia di Natale e per ricreare l'atmosfera del cottage in montagna, non sono previste molte corse nell'arco della giornata. La prossima partirà fra un paio d'ore» dichiarò con un gran sorriso la receptionist dietro al bancone della stazione. Dopo più di mezz'ora i ragazzi erano arrivati a destinazione, ma le cose sembravano continuare a complicarsi.
«Non preoccuparti, tesoro» disse sua madre al telefono. «Mangiate qualcosa lì e noi ci vedremo più tar... ehi, ma...» Venne improvvisamente interrotta e Melany sentì un gran casino dall'altra parte della cornetta, tanto da allontanarla dall'orecchio.
«Ehi, voi! Non crediate che mi beva la storiella della vecchietta bisognosa di aiuto. So bene perché siete lì e sappiate che il vostro comportamento è vergogno...» sbottò Cecile, ma Melany non aveva alcuna intenzione di restare ad ascoltare le sue moleste insinuazioni e sbatté il ricevitore sulla base del telefono prima che potesse finire.
Innervosita, strinse la cornetta e fissò l'apparecchio come se quel gesto potesse chiudere anche la bocca di Cecile. Ne aveva fin sopra i capelli di lei e del suo fastidioso comportamento!
«Allora? Che ha detto?» domandò Ren alle sue spalle.
La ragazza si voltò di scatto cercando di cancellare quell'assurda espressione dal suo viso e gli rivolse un timido sorriso.
«C-Che dobbiamo mangiare qualcosa qui e prendere la prossima carrozza» rispose in difficoltà, come se si dovesse scusare per qualcosa.
Ren la guardò un po' infastidito e sbuffò seccato. «Ho capito. Andiamo, allora» disse e s'incamminò verso l'area ristoro della stazione.
Prima di quel momento Melany non aveva ben inquadrato la situazione, ma improvvisamente si rese conto che quella sarebbe potuta essere la sua occasione: lei e Ren non avrebbero lasciato quel posto senza aver chiarito il loro malinteso.
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