Capitolo 23 - La festa
Scegliere un vestito non fu semplice: per un tipo sportivo come Melany, qualunque abito le appariva fin troppo vistoso, scollato, attillato. Fortunatamente le era stata concessa libera scelta, a patto che non scegliesse un capo nero, e perse molto tempo alla ricerca di qualcosa che le stesse bene, smaniosa di mostrarsi al meglio. Alla fine, trovò un compromesso optando per un colore scuro ma non troppo, violaceo, così che, per quanto il design potesse essere audace, non avrebbe attirato eccessivamente l'attenzione.
Nonostante fosse ormai inverno decise di osare: scelse un abito senza maniche, con le spalline molto strette e un'apprezzabile scollatura; le rifiniture in pizzo ornavano la parte superiore, richiamando il disegno di tante farfalle, scendendo sinuose fra le pieghe del liscio tessuto, lungo fino ai piedi. Guardandosi allo specchio, con i capelli lunghi pettinati all'indietro, quel trucco forse troppo artefatto e una mise completamente differente dal suo solito look, non si riconobbe: aveva esagerato, troppo presa dal pensiero che Ren potesse vederla. E perché mai si sarebbe dovuto soffermare a osservarla? Si sentì stupida, tanto stupida e patetica.
«Caspita! Tesoro, hai scelto un abito incredibile! Pensa se ti vedesse il tipo con cui uscivi: impazzirebbe!» esclamò Claudia fissandola avanzare verso l'ingresso, pronta per uscire.
«L'idea era quella...» borbottò Melany infilandosi il cappotto.
«Come?»
«Niente, niente. Andiamo?» replicò aprendo la porta di casa.
Ormai non poteva più tornare indietro.
Ancora una volta, Giorgio mandò un taxi a prenderle affinché le conducesse in un'elegante sala ricevimenti, alla periferia della città; Melany si domandò se l'uomo fosse davvero solo un piccolo imprenditore o se, semplicemente, desiderasse una location importante per quella serata. La seconda opzione le sembrò più verosimile: chiunque avrebbe preteso un evento speciale in occasione di una proposta di matrimonio.
Scesero dall'auto ritrovandosi dinnanzi a una scalinata in marmo bianco, salirono i gradini, reggendosi entrambe il vestito, e quando furono di fronte all'entrata Melany esitò, arrestandosi all'improvviso. Come un fulmine a ciel sereno, la ragazza venne travolta dalla tensione e dal peso di quella serata: quanto tempo sarebbe dovuta rimanere lì? E, soprattutto, per quanto avrebbe dovuto fingere di essere un'altra persona? Gentile, accomodante, che gradiva la compagnia di quella che sarebbe stata la sua nuova famiglia? Si era buttata troppo avventatamente in quella situazione, senza ragionarci con la dovuta calma, senza soffermarsi sull'idea che avrebbe dovuto passare ore dissimulando i suoi sentimenti per Ren, come fosse un estraneo. Aveva realmente provato a dimenticarlo, come lui stesso le aveva suggerito, sperando che la sua fosse solo una cotta passeggera, tuttavia il pensiero di quel ragazzo non sembrava per nulla intenzionato ad abbandonare il suo cuore, occupando ogni atrio, ogni fibra, ogni cellula.
«M-Mamma, entra prima tu. Avevo promesso a Becca che le avrei telefonato e... A-Arrivo subito, ok?» mentì affinché sua madre le desse ancora qualche minuto per pensare, per respirare.
«Va bene, ma non trattenerti troppo. Stasera fa freddo e il tuo abito non è propriamente invernale» ribatté Claudia entrando nella hall.
Melany la salutò agitando una mano, poi aprì la borsetta in tinta con il vestito per prendere il cellulare e, sbloccando lo schermo, visualizzò la rubrica: voleva realmente chiamare la sua amica, ma a cosa le sarebbe servito? Ciò di cui aveva realmente bisogno era di una buona dose di coraggio, o di un taxi che la riaccompagnasse a casa.
Rimise il telefono nella borsetta, si guardò intorno e prese un profondo respiro. Basta! Era stufa di sentirsi così maledettamente insicura, in trappola. Rimuginare troppo sulle cose era una caratteristica che non le apparteneva, e allora niente più pensieri. Drizzò la schiena, alzò leggermente il mento e, con la pochette stretta fra le mani, camminò decisa, ma non troppo, superando la soglia della sala ricevimenti.
«Claudia, tesoro!» esclamò Giorgio, vedendo la donna avanzare verso il centro della sala, e subito le andò incontro. «Sei uno splendore!» aggiunse, baciandola sulla guancia.
«Grazie, caro» rispose lei, arrossendo appena e ponendosi una mano sul viso.
Dietro all'uomo, in completo gessato e scarpe di vernice, comparve con un gran sorriso Cecile che la salutò calorosamente schioccando le labbra vicino alle sue guance.
«Il tuo gusto nel vestire non si smentisce mai, Claudia» affermò la ragazza, lanciando un'occhiata al suo sinuoso tubino di smeraldo.
«Grazie, Cecile. Anche tu sei stupenda, come sempre» ricambiò i complimenti, ammirando l'elegantissimo abito da cocktail argentato della giovane. Le due parevano molto affini, soprattutto per la loro fissazione sull'apparire.
«Sei venuta da sola?» D'improvviso l'attenzione di Claudia venne catturata da una profonda voce maschile. Ren, con le mani in tasca e i capelli raccolti in un mezzo chignon, le si avvicinò fissandola con sguardo severo.
«Gioren, non essere scortese. Saluta, prima» lo ammonì il padre, ma il ragazzo non si curò delle sue parole. Claudia si lasciò andare a una piccola risata.
«Non preoccuparti, Giorgio, non c'è problema» disse rivolgendosi all'uomo, poi guardò Ren. «No, non sono sola. Questa sera c'è anche Melany con me, dovrebbe arrivare da un momento all'altro» aggiunse, voltandosi verso l'ingresso.
A quelle parole, il ragazzo s'irrigidì, non riuscendo a nascondere un senso di agitazione. Aveva dubitato fino all'ultimo della sua partecipazione, e invece lei era lì, a pochi passi da lui. Finalmente poteva rivederla e forse parlarle, se lei glielo avesse concesso, ma avrebbe fatto di tutto perché lo ascoltasse.
«Eccola! Melly! Siamo qui!» urlò Claudia, agitando una mano per richiamare l'attenzione.
Ren subito la cercò con lo sguardo, impaziente, ma i troppi invitati gli impedivano di vederla. Poi, quando questi si spostarono, il ragazzo restò senza parole.
Non appena Melany varcò la soglia della sala si guardò intorno alla ricerca di sua madre, che non si fece attendere dal farsi notare con la sua solita irruenza; la vide in lontananza, verso il centro della stanza, agitare freneticamente la mano e dovette trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo, infastidita. Sospirando, camminò svelta nella sua direzione, ma rallentò il passo, quasi a fermarsi, quando vide Ren dietro di lei fissarla con sguardo impassibile: immobile sul posto, indossava un semplice smoking nero, con la camicia bianca, senza cravatta, e i primi bottoni sbottonati. Era lì, fermo a guardarla, con i suoi occhi cristallini che parevano brillare più del solito. Melany sgranò gli occhi e deglutì. Aveva sperato di riuscire a controllarsi almeno all'inizio e invece il suo cuore batteva così forte che temeva le sarebbe schizzato fuori dal petto da un momento all'altro. Non fece in tempo a riprendersi che subito venne abbracciata da Giorgio.
«Melany, come sono felice di averti qui stasera!» esclamò l'uomo, poi l'osservò da capo a piedi. «Caspita, ma sei stupenda!»
«È vero!» si accodò Cecile, posando le mani sulle sue spalle per schioccarle baci vicino alle guance.
Melany si sentì molto in imbarazzo e rivolse loro un lieve sorriso. «Grazie» riuscì a dire, mantenendo lo sguardo basso per paura di incontrare quello di Ren.
«Coraggio, Gioren, saluta Melany. Non trovi che sia bellissima?» domandò Giorgio dando una pacca sulla spalla del figlio e la ragazza arrossì, a disagio.
«Ah, sì... Ciao, Melany» borbottò Ren guardandola e lei fu costretta ad alzare lo sguardo perdendosi nel suoi luminosi occhi di ghiaccio.
«Buonasera...» mormorò formale, nella speranza che le sue emozioni non la tradissero.
I due ragazzi si fissarono per qualche momento, attimi che sembrarono minuti, ore, un istante così intenso che parve spazzare via il dolore e la solitudine di quei giorni passati lontani; nei suoi occhi Melany rivide l'affetto che indubbiamente li aveva legati, ma anche la freddezza e la semplicità con cui lui vi aveva rinunciato. Quando sembrò voler dirle qualcosa, la ragazza voltò il capo verso sua madre.
«Bene, se ci accomodiamo al tavolo, vi presenterò il resto della famiglia Fonte» dichiarò Giorgio, facendo strada verso la grande tavolata in fondo alla sala.
Cecile e Claudia lo seguirono chiacchierando fra loro, mentre Melany rimase immobile, impossibilitata a muovere un passo, dal momento che Ren fermo di fronte a lei non accennava a spostarsi né a smettere di osservarla.
«D-Devi dirmi qualcosa?» mormorò, cercando di reggere il suo sguardo.
«Nulla di particolare» rispose senza levarle gli occhi di dosso.
«Bene...» ribatté a disagio e s'incamminò, superandolo.
«Grazie per essere venuta» mormorò il ragazzo quando lei gli passò accanto.
Melany si fermò, voltandosi leggermente verso di lui, ricambiando il suo sguardo. «Prego» replicò e proseguì verso il tavolo, prima che tutta la tensione potesse tradire la sua apparente sicurezza.
Si accomodò vicino a sua madre, quasi al centro della tavolata, che poteva contare una cinquantina di posti; ben presto, notò che non erano stati invitati solo parenti, ma anche stimati colleghi di lavoro di Giorgio: la sua ipotesi sulla proposta di matrimonio sembrava avvalorarsi. Anche quella volta, Ren le si sedette di fronte, accanto alla sorella; i due si scambiarono qualche sguardo, casuale, di sfuggita, ma niente di più.
Fra una portata e l'altra, l'attenzione di Melany venne più volte richiamata da un giovane alla sua destra di nome Daniele: cugino di Cecile e Ren, il ragazzo parve molto interessato a lei e le fece più volte dei pomposi complimenti. Melany, che detestava le lusinghe gratuite, ancor più se accompagnate da un tono melenso, gli rispose sempre con garbo, ma chiunque la conoscesse si sarebbe accorto di quanto ne fosse infastidita, così come lo era anche Ren, costretto a sorbirsi le sviolinate del parente senza poter intervenire per zittirlo. Quando, raramente e di sfuggita, la ragazza alzava lo sguardo in sua direzione, notava quei tipici comportamenti che il ragazzo assumeva quand'era nervoso: la mano sul collo, le braccia conserte, le mani nelle tasche... cose che, nei giorni passati insieme, aveva osservato e custodito gelosamente come fossero un piccolo tesoro solo suo. Le sfuggì un sorriso e ne avvertì tutto l'amaro retrogusto.
«Stasera sei molto desiderata, Melany» ironizzò Cecile quando Daniele si allontanò dal tavolo.
«Non potrebbe essere altrimenti. È bella come la sua mamma» intervenne Giorgio, guardando Claudia. «Sarà molto fortunato il tuo fidanzato» aggiunse ammiccando, spostando lo sguardo sulla giovane.
«Non sono fidanzata» rispose istintivamente Melany, portando alla bocca uno spicchio d'arancia.
«Come? Non ci credo!» esclamò l'uomo, incredulo.
«Già. Con il suo ragazzo si sono lasciati da poco. Ah! I giovani d'oggi...» pensò bene di precisare sua madre, con fare teatrale.
«Mamma!» sbottò sottovoce, faticando a controllare l'agitazione e sentendo il viso scaldarsi per l'imbarazzo. Non poteva capitare argomento peggiore!
«Sul serio? Ma bisogna essere pazzi per lasciare uno splendore come te!» affermò Giorgio con tono deciso e a Melany sfuggì un sorriso.
«Probabile» ribatté la ragazza alzando gli occhi su Ren che, di rimando, le rivolse uno sguardo indispettito. Inaspettatamente il discorso si era volto a suo favore.
«Chi li capisce questi ragazzi... una bella ragazza come Melany. Non è vero Gioren?» disse Giorgio voltando il capo verso il figlio.
«Prego?» chiese Ren spostando lo sguardo sul padre, augurandosi di aver sentito male.
«Chi meglio di te può dirci s'è giusto lasciare sola una ragazza carina come Melany. Tu cosa ne pensi?» domandò l'uomo, scrutandolo con sguardo serio.
Ren lo fissò infastidito da quella situazione, poi si voltò verso Melany, rimasta immobile con la forchetta a mezz'aria, vicino alla bocca; lentamente, la vide appoggiarla sul piatto e osservare il ragazzo sgranando i suoi profondi occhi di giada: non capiva se essere felice o terrorizzata per quella domanda.
«Non capisco cosa ti aspetti che dica» borbottò Ren, appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia al petto, senza distogliere lo sguardo da lei. Cosa pensava di lei? Non poteva di certo dirlo davanti a tutti.
«Forza, non fare il modesto. So bene che, come tuo padre, piaci al gentil sesso. Anzi, ho saputo dalla signora Teresa, la proprietaria dell'appartamento, che ultimamente c'era una ragazza che veniva spesso a trovarti, anche se negli ultimi giorni non l'ha più vista. Credeva fosse la tua fidanzata» raccontò Giorgio, affettando l'ananas nel suo piatto.
Melany si drizzò sul posto, passandosi una mano fra i capelli per la tensione, poi volse uno sguardo a Ren che non accennava a staccarle gli occhi di dosso. Si domandò se l'uomo sapesse la verità, se quelle domande fossero in realtà ben mirate perché i due ammettessero di aver avuto una relazione, se pur per breve tempo. Ren distolse lo sguardo dalla ragazza e si voltò verso il padre.
«Non c'è nessuna ragazza» rispose seccato, nel tentativo di chiudere il discorso.
I suoi nervi, già provati dalle avance di Daniele, erano ormai a fior di pelle e detestava dover negare ogni coinvolgimento con lei. Pensava sarebbe stato più facile dimenticare ogni cosa, riprendere la vita solitaria a cui si era abituato, e invece la situazione non faceva che peggiorare. Era sempre nervoso, arrabbiato e non riusciva a darsi pace.
«Oh, beh, peccato. Tanto per te non sarà un problema trovarne un'altra, giusto? Ti vedi ancora con la brunetta? Com'è che si chiamava?» bofonchiò il padre, ponendo una mano sul mento alla ricerca di quel nome.
Melany si ghiacciò. Sapeva benissimo a chi si stesse riferendo e non voleva sentir mai più pronunciata quella parola. Sotto gli occhi di Ren, che l'osservava sconvolto per l'affermazione del padre, si alzò di scatto attirando l'attenzione dei commensali.
«Chiedo scusa, ma devo fare una telefonata» affermò seccata, poggiando il tovagliolo sul tavolo. Dopodiché, prese la borsa e si allontanò.
Esattamente un minuto prima, anche meno, si era sentita felice di aver partecipato a quella cena perché, in qualche modo, il discorso di Giorgio aveva messo Ren alle strette, facendole percepire tutto il suo disagio. Però, in un attimo, l'argomento le si era rivoltato contro portandole alla mente l'immagine di Erika. Era indubbio che fra loro ci fosse stato qualcosa, ma detestava l'idea che si stessero frequentando perché non faceva altro che rimarcare quanto il loro rapporto fosse stato insignificante.
Decise di non uscire dalla sala, perché fuori faceva troppo freddo, e si appartò in un angolino intimo della stanza; si appoggiò con la schiena al muro, prese il telefono dalla borsetta e toccò il contatto di Becca, facendo partire la chiamata.
«Allora? Come procede?» chiese l'amica, rispondendo dopo un solo squillo.
«Male, malissimo... una schifezza» rispose Melany, demoralizzata.
«Ma come... E Ren quando ti ha vista che cosa ti ha detto?» domandò Becca, incredula.
«Niente... Cosa doveva dirmi? Volevo provocare in lui una qualche reazione, ma l'unica davvero tesa ero io... a stento sono riuscita a dirgli "buonasera"» raccontò avvilita, appoggiando la testa al muro e volgendo lo sguardo al soffitto.
Certo, lui la guardava e anche in modo intenso, tuttavia ebbe il timore che avesse solo paura che lei potesse confessare la verità su di loro, magari per vendetta. Ma per chi l'aveva presa?
«Non ci credo... Dal selfie che mi hai mandato, qualunque ragazzo sarebbe dovuto cadere ai tuoi piedi» replicò delusa.
«Peccato che non mi interessi di qualunque ragazzo. Magari fosse così semplice» sussurrò lei. Inconsciamente, si era forse aspettata troppo da quella serata, come se potesse dare una svolta alla loro situazione, e invece...
«Ma cavolo, non può finire così! Fa' qualcosa! Devi farlo ingelosire. Flirta con qualcuno. Fa' la sexy!» sbottò Becca con fervore e Melany scoppiò a ridere. La sua cara amica sapeva sempre come risollevarle il morale e la ringraziò mentalmente per esserle rimasta accanto anche dopo il trasloco.
In quel momento, a pochi metri da lei, Ren la stava cercando inviato dal padre; fece finta di non trovarla subito, per non dare nell'occhio, ma in realtà l'aveva seguita con lo sguardo sin da quando si era allontanata dal loro tavolo. Quando la vide sorridere rallentò il passo, per osservarla meglio: era bella. Oh, se era bella! L'unica ragazza che era riuscita a catturare la sua attenzione, i suoi desideri e il suo cuore. Ma non voleva ammetterlo o sarebbe stato più difficile per entrambi andare avanti.
«Ti stanno cercando» disse Ren quando le fu di fronte.
Melany, ancora concentrata sulle ridicole affermazioni dell'amica, non si accorse subito della sua presenza finché non ne sentì la voce; alzò lo sguardo e si ammutolì di colpo.
«È lui? È lì?! Vai all'attacco!» incitò Becca al telefono.
Melany sorrise e appoggiò lo smartphone sul petto. «Arrivo subito» rispose al ragazzo, poi si drizzò in piedi risistemando il telefono all'orecchio. «Adesso devo chiudere. Ci sentiamo dopo... Irvine» aggiunse guardando Ren, che fino a un secondo prima sfoggiava un lieve sorriso, mentre dopo aver udito quel nome assunse un'aria irritata e fredda.
«Bella mossa!» sussurrò Becca.
Melany ripose il telefono nella borsa e s'incamminò per tornare al tavolo superando Ren, il quale le andò dietro senza dire una parola. Era arrabbiato, si vedeva, conosceva molto bene le sue espressioni del viso e ne fu quasi fiera: dopo infiniti sguardi indifferenti finalmente era riuscita a fargli provare un'emozione. La ragazza mosse ancora qualche passo, poi lui l'affiancò.
«Ti sei messa con quello?» le chiese senza guardarla.
Melany gli rivolse uno sguardo perplesso, poi volse l'attenzione davanti a sé. «E tu ti sei messo con Erika?» rigirò la domanda con tono saccente.
Ren si fermò. «Che cosa?» sbottò arrabbiato, incurante del volume della sua voce.
Melany smise di camminare e si voltò verso di lui. «Perché mi fai questa domanda? Credevo che noi non ci conoscessimo» replicò, incrociando le braccia al petto e riservandogli un'occhiata infastidita.
Ren sbuffò guardando altrove, mettendo le mani in tasca. «Non ci parliamo da giorni e tu vorresti litigare?» mormorò tornando a fissarla.
«Litigare?» sussurrò sbuffando. «E a cosa servirebbe?» aggiunse, ma per quanto volesse essere arrabbiata con lui, in realtà le sarebbe bastato parlare di qualunque cosa. Anche discutere l'avrebbe resa contenta.
«Non hai mai voluto ascoltare ciò che ho da dirti. Mi hai persino detto di non volermi più vedere» ribatté Ren pronunciando le ultime parole con tono rammaricato.
Melany, sciolse le braccia lungo i fianchi e si sentì quasi male nel percepire il suo dispiacere, ma subito strinse i pugni e ritornò in sé. «E cosa ti aspettavi?» inveì arrabbiata. «Che venissi da te a braccia aperte? Che ti perdonassi per esserti preso gioco di me? Dei miei sentimenti?! Solo perché io ti...» si ammutolì improvvisamente, prima di pentirsi di quel che stava per dirgli, di quelle parole nate nel cuore senza il suo permesso. Si passò nervosamente le mani fra i capelli, mantenendo lo sguardo basso. Aveva paura di ascoltare le sue parole, eppure avrebbe tanto voluto continuare a parlargli.
«Melanyyy! Gioreen! Venite qui!» gridò Claudia alle spalle della figlia.
Melany, senza degnare Ren di un altro sguardo si voltò muovendo qualche passo verso la donna; doveva allontanarsi da lui e calmarsi, o rischiava di commettere qualcosa per cui poi si sarebbe pentita. Subito il ragazzo le fu di fianco.
«Prima, all'entrata, volevo dirti una cosa» le disse sottovoce.
«Cosa?» chiese lei con tono amareggiato.
Ren le si avvicinò, tanto da poterle sussurrare all'orecchio. «Sei davvero molto bella, stasera» le confessò rivolgendole un sorriso, poi si diresse al tavolo senza aspettarla.
Melany rimase immobile sul posto per qualche secondo e, quando riprese a camminare, nascose con la mano un sorriso che l'era nato spontaneo.
Non fece in tempo a risedersi al suo posto che Giorgio invitò tutti ad alzarsi: i camerieri giravano lungo il tavolo per riempire i bicchieri di champagne mentre l'uomo si schiarì la voce. A quel punto, Melany capì ch'era giunto il momento che tanto temeva: Giorgio e sua madre stavano per annunciare il loro matrimonio e lei non poteva far nulla se non accettarlo. Con il bicchiere riempito a metà, fissava le bollicine salire in superfice: il matrimonio avrebbe probabilmente significato che lei e sua madre si sarebbero trasferite ancora una volta per andare a vivere insieme ai nuovi componenti della famiglia; certo, Melany, essendo maggiorenne, avrebbe potuto abitare da sola, magari trovando un lavoretto per mantenersi, mentre Ren sarebbe potuto rimanere nel suo appartamento. Ma come poteva dare il suo benestare a quel matrimonio con questi presupposti? Come poteva anche solo pensare di diventare sua sorella? Non avrebbe mai potuto farcela, non dopo che si era resa conto di quanto i suoi sentimenti fossero profondi.
No. Non poteva accettarlo. Non poteva assolutamente farlo.
Uscì dal mondo dei suoi pensieri quando vide Giorgio recarsi al centro della sala; l'uomo alzò il suo bicchiere e, con un gesto della mano, soffocò gli applausi che si erano levati.
«Vorrei ringraziarvi tutti per essere venuti qui questa sera per contribuire a festeggiare questo giorno speciale» disse a gran voce.
Melany l'osservava con il cuore in gola e, segretamente, pregò che non annunciasse il loro fidanzamento: si sentiva una figlia orribile, ingrata, ma non riusciva a essere felice in alcun modo in quel momento.
Giorgio alzò un braccio in direzione di Claudia per invitarla a raggiungerlo al centro della sala, ma la donna non si mosse; al suo posto, fu Ren ad affiancare l'uomo, il quale l'abbracciò con forza ponendogli un braccio dietro al collo.
«Per un uomo e padre non c'è orgoglio più grande del giorno in cui il proprio ragazzo raggiunge la maggiore età. Brindiamo insieme ai diciotto anni di mio figlio Gioren!» gridò alzando il bicchiere verso l'alto e tutti copiarono il suo movimento seguito da un grosso applauso.
Melany rimase immobile, con lo champagne all'altezza del petto, senza riuscire a muovere un muscolo. Sconvolta e incredula, ricordò l'iscrizione sulle piastrine di Ren che gli caddero al cinema: era il 21 dicembre, il giorno del suo compleanno.
Si portò una mano alla bocca cercando di nascondere tutta la tensione che in un attimo stava abbandonando il suo corpo: si era così irrigidita e innervosita che quasi le cedettero le gambe, ma quella sensazione di sollievo durò solo un attimo. Che senso aveva gioire di quell'istante se, prima o poi, quel detestabile annuncio sarebbe comunque arrivato? Conscia di quel pensiero e di non esser più capace di nascondere le sue emozioni, poggiò il bicchiere di champagne sul tavolo e si allontanò, uscendo dalla sala.
In un momento per tutti così felice aveva tanta voglia di piangere.
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