Capitolo 20 - Senza di lui

«Dovresti smettere di fumare» disse Melany a Irvine.

Erano passati quattro giorni da quando aveva partecipato a quella serata in "famiglia" e Irvine, con la scusa di ricevere lo spuntino che la ragazza gli doveva, monopolizzava tutti i suoi momenti in cui non avevano lezione. Durante la ricreazione avevano preso l'abitudine di recarsi nell'infermeria al terzo piano, spesso incustodita, dove il ragazzo apriva la finestra per fumare.

«Non ti starai preoccupando per me?» chiese Irvine sorridendole, espirando il fumo.

«Penso solo che dopo essere stato ricoverato per tanto tempo in ospedale non dovresti avere voglia di ritornarci» chiarì Melany, seduta sulla scrivania di fronte a lui.

«Ovvio che non ci voglio tornare, ma anche se fosse non sarà certo colpa di qualche sigaretta» replicò con un sorriso. Gli piaceva che si preoccupasse per lui perché in quei momenti riusciva a sentirla più vicino.

«Lo so, e mi auguro che non accada. Hai detto che l'operazione è andata bene, no?» ribadì lei.

Il giorno precedente Irvine aveva deciso di raccontarle qualcosa del suo passato: nato da padre americano, aveva sviluppato come lui un Mixoma, un piccolo tumore benigno generato nel cuore che teneva da sempre sotto controllo. A causa di un improvviso ingrandimento, temendo che potesse trasformarsi in una forma maligna, il medico aveva preferito rimuoverlo chirurgicamente; l'intervento fu molto delicato e il fisico d'Irvine ne era uscito debilitato, costringendolo a rimanere sotto osservazione per molto tempo.

«Perfetta! Ma se dovessi ritornarci sarei onorato se volessi farmi da infermiera personale» replicò ammiccando e lei alzò gli occhi al cielo, schioccando la lingua per dissentire. «Vuoi provare?» le chiese all'improvviso, porgendole la cicca.

Melany indietreggiò con le spalle, come per tenersene lontana. «Come? Sei impazzito?» esclamò guardandolo perplessa.

«E dai, non c'è niente di male. Un tiro solo, su» insistette lui.

"Certo che c'è qualcosa di male. La mamma di Ren è morta per questo" pensò, ma subito crebbe in lei un senso di rabbia. Perché doveva venirle in mente sempre lui? Forse perché sua madre le chiedeva tutti i giorni di cenare ancora con la famiglia del ragazzo? O perché teneva a lui più di quanto volesse ammettere? Per ripicca, prese la sigaretta, quasi fosse una sfida nei confronti dei suoi pensieri, e inspirò un po' di fumo, tuttavia, essendo la sua prima esperienza da fumatrice, com'era prevedibile iniziò a tossire, abbassando il capo e ponendosi una mano sul petto.

«Sei uno spasso, Melany!» ridacchiò Irvine, riprendendosi la cicca, battendole pacche sulla spalla.

Melany prese un lungo respiro dal naso per incamerare l'aria che la tosse le aveva impedito di prendere e alzò il viso per rispondere a tono al ragazzo, ma inaspettatamente lui la baciò. Fu un contatto veloce, tenero, superficiale, al gusto di tabacco. I due ragazzi si guardarono per pochi secondi, in silenzio, poi Melany deglutì.

«E-Ehi, ma che cavolo fai?!» sbraitò imbarazzata, spingendolo lontano da sé.

«In fondo, cosa cambia? Hai appena fumato la mia sigaretta dandomi un bacio indiretto, Melly» ammiccò divertito Irvine.

La ragazza, a disagio, scese dalla cattedra e si avviò per tornare in classe. «Sei pregato di non...»

«Di non rifarlo più, tranquilla, ho afferrato il concetto. Errore mio, scusami» continuò Irvine, alzando le mani in segno di resa e seguendola.

I sentimenti del ragazzo erano palesi, sin da subito non aveva nascosto il suo interesse per lei, ma Melany aveva messo ben in chiaro le cose specificando che non sarebbe mai stato più di un amico, e lui l'aveva accettato, almeno in apparenza. Non era la prima volta che tentava un approccio e lei non era abituata a farsi corteggiare. Per quanto sentisse tutto molto sbagliato, non doveva tener conto a nessuno delle sue azioni e la compagnia d'Irvine gli piaceva, tuttavia non voleva illuderlo.

Tornarono in classe dove, ultimamente, tirava aria pesante a causa degli sguardi invidiosi che le ragazze rivolgevano loro, soprattutto a Melany. La ragazza si sedette al banco e ricevette da Risa una smorfia di dissenso. Sapeva bene che l'amicizia con Irvine le sarebbe costata molte antipatie, ma sperava che almeno Risa fosse dalla sua parte perché, in fondo, non stava facendo nulla di male. Pensò che forse non l'aveva mai considerata un'amica.

Inaspettatamente entrò in classe un bidello annunciando l'assenza del professore atteso per quell'ora e, in tutta l'aula, si alzò un gran vociare.

«Menomale. Non ho voglia di fare niente, oggi» commentò d'istinto Melany guardando Risa, la quale le rivolse uno sguardo di stizza. La ragazza, di rimando, sbuffò alzando gli occhi al cielo.

«Non hai il diritto di sbuffare!» esclamò Risa irritata, squadrandola.

«Come, prego?» chiese Melany voltandosi verso di lei.

«Ma non ti vergogni a fare il doppio gioco?» domandò la compagna di banco alzando il volume della voce, tanto che furono in molti a girarsi nella loro direzione. 

Melany si guardò intorno e si sentì a disagio. «Di cosa stai parlando?» replicò la ragazza, seccata.

«Adesso fai la finta tonta? Stai sempre appiccicata a Irvine nonostante tu sia fidanzata. Che comportamento del cazzo!» sbottò Risa alzandosi in piedi; attorno a lei furono molte le ragazze che, sottovoce, le diedero manforte.

«Ehi!» esclamò irritato Irvine, alzandosi anch'esso e guardando fisso la ragazza che, per l'imbarazzo, distolse lo sguardo.

«S'è solo questo il problema sappi che non sono più fidanzata. Io e Ren ci siamo lasciati cinque giorni fa. E, per la cronaca, è lui che non mi lascia in pace un momento» dichiarò Melany seccata, indicando il rosso alla sua sinistra, senza degnare la compagna di uno sguardo. Nella classe ci fu silenzio. La ragazza alzò lo sguardo verso Risa e la vide sconcertata.

«Non sei più fidanzata?» chiese alle sue spalle Irvine, stupito. Nei giorni che avevano passato insieme, Melany non aveva accennato neanche una volta a Ren.

«Non sono tenuta a sbandierare i fatti miei. E poi non cambia nulla saperlo o meno» spiegò Melany passandosi una mano fra i capelli. Si era appena resa conto di essersi messa nei guai.

«Certo che cambia!» dichiarò Irvine toccandole una spalla perché lei si voltasse a guardarlo. 

"Appunto..." pensò la ragazza, poi si alzò dalla sedia, sospirando. «Vado in bagno» mormorò e si avviò a passo svelto.

Come le era venuto in mente di affrontare quel discorso davanti a tutti? Odiava terribilmente essere al centro dell'attenzione e così facendo aveva solo fornito altri argomenti su cui poter spettegolare. L'unica nota positiva era aver messo in chiaro di non essere una ragazza con un piede in due staffe.

Entrò nel bagno ma non ne aveva realmente bisogno; si era recata lì solo per sfuggire all'aria opprimente venutasi a creare in classe e soprattutto a Irvine che, sicuramente, da quel momento in poi non si sarebbe fatto più nessun problema con lei. Si appoggiò con il fondoschiena al lavandino, prese il cellulare e visualizzò la chat di Ren; i loro ultimi messaggi riguardavano l'appuntamento della sera precedente all'Immacolata. Sapeva che, se avesse partecipato a un'altra riunione di "famiglia", avrebbe potuto rivederlo, ma che cosa ci avrebbe guadagnato? "Un bel niente" pensò e rimise lo smartphone in tasca.

Con la coda dell'occhio, vide spalancarsi la porta e tre ragazze entrare nella toilette che, dapprima ferme sull'uscio, le si avvicinarono. Decise di ignorarle, pensando che avessero semplicemente bisogno dei lavandini, ma poi non poté fare a meno di sentire i loro sguardi perforarle la nuca.

«Posso aiutarvi?» disse Melany voltandosi verso di loro, che la stavano osservando a braccia conserte.

«Tu passi molto tempo con Irvine, ultimamente. Non è vero?» domandò la brunetta al centro con tono saccente. La ragazza iniziò a intuire qualcosa, ma non voleva crederci.

«Beh, sì. E allora?» chiese inarcando un sopracciglio.

«Devi smetterla immediatamente. Non parlargli più e non vederlo più. Per te non esiste!» ribatté con fervore la stessa tipa.

Gli occhi smeraldini di Melany si spalancarono e le venne quasi da ridere. «No, dai, non ci credo! Mi avete fatto la posta per intimorirmi? Cioè, queste cose pensavo accadessero solo nei film o nei manga giapponesi!» palesò la sua incredulità.

In altre occasioni avrebbe avvertito la minaccia di quell'incontro, ma nell'ultimo periodo le sembrava di non sentire alcuna emozione e ciò le impedì di avvertire il pericolo.

«Cosa sei, stupida?» incalzò la biondina a sinistra. «Ti stiamo dando un avvertimento. La prossima volta non saremo così comprensive. Ritieniti fortunata» continuò ponendosi a poca distanza da lei per spaventarla. 

Melany sbuffò incredula. «Ok, ragazze, sentite: fra me e Irvine non c'è nulla, siamo solo amici. E poi non è affatto il mio tipo. Voglio dire, capelli rossi e lentiggini non fanno per me» spiegò Melany rizzandosi bene in piedi e facendo capire alla tipa ossigenata che non le faceva alcuna paura.

«Cos'hai da ridire sui suoi capelli rossi?» inveì la terza ragazza, ma fu fermata dalla brunetta con un cenno.

«Faremo finta di non aver sentito il tuo insulto e sarà meglio per te se seguirai quanto ti abbiamo detto o ci rivedremo» dichiarò la ragazza dai capelli scuri, che le parve il capo del gruppo, poi le volsero uno sguardo di sfida e uscirono dal bagno.

Melany appoggiò le mani sul lavandino e sgranò gli occhi, incredula. «Non ci posso credere... assurdo» sussurrò.

Quando tornò in classe trovò il professore di matematica, quello belloccio, seduto alla cattedra intento a sistemare dei fogli, poi, avvicinandosi al suo posto, ne vide uno sul banco. Si sedette e lo prese: Test orientativo per l'università. "Cavolo! Me n'ero completamente scordata!" pensò. A causa degli ultimi avvenimenti, si era del tutto dimenticata che quel giorno sarebbe stato consegnato il questionario che la scuola utilizzava per creare statistiche annuali sulle intenzioni degli studenti dopo il diploma. In realtà, aveva le idee abbastanza chiare su cosa le sarebbe piaciuto fare, però, in quel momento, non riusciva a concentrarsi su un argomento tanto importante; così decise di portarsi il foglio a casa, per completarlo con la dovuta calma.   

«Hai consegnato il test?» chiese Irvine, prendendo una bibita dal distributore.

«Non ancora. Ieri non mi andava di lavorarci su» rispose Melany, infilando la cannuccia nel cartoncino del suo succo alla pesca.

Tornata a casa, dopo la scuola, si era buttata nello studio sfrenato, cercando di recuperare le materie lasciate indietro a causa dei suoi problemi sentimentali. Quel test l'aveva messa di fronte a una realtà troppo prossima e non voleva che i suoi voti calassero più di quanto non avessero già fatto.

«Ma, almeno, hai un'idea di cosa fare dopo il diploma?» domandò il ragazzo, incamminandosi verso le scale del piano superiore.

«Certo che ce l'ho. Mi piacerebbe diventare un'insegnante di scuola elementare, però se mi sento molto attratta anche dalla Psicologia» affermò lei seguendolo, osservando il cortile dalla finestra, poi spostò gli occhi su Irvine. «Pensi che non sia adatta? A diventare maestra» domandò vedendo il suo sguardo sorpreso. Era un sogno che aveva sin da piccola, maturato osservando Alfred, suo padre, nonostante lui fosse docente di lingua inglese all'università.

«N-No, non lo penso. Ti ci vedo bene» dichiarò salendo i primi gradini. Per un attimo, il ragazzo aveva pensato alla versione di Melany come maestrina e i suoi ormoni da adolescente si erano messi in subbuglio. «Qui in città c'è un'ottima università con l'indirizzo di Scienze della Formazione. Sei fortunata» aggiunse, cercando di riprendersi dal sogno a occhi aperti.

«Sì, ma non ho alcuna intenzione di rimanere qui» borbottò Melany, imboccando un'altra rampa di scale.

«Cosa? E dove vorresti andare?» chiese lui perplesso, andandole dietro.

«Non lo so. So solo che non voglio rimanere in questa città, non mi piace e non c'è nulla che mi trattenga a restare» replicò, fermandosi di fronte a una finestra del secondo piano.

Mentre sorseggiava il succo guardò verso il cancello d'entrata e per un attimo la sua testa si svuotò completamente. "Già... Non c'è alcun motivo perché resti qui. Nessuno..." considerò nella sua mente.

«Sai, ieri mi è successa una cosa divertente» raccontò improvvisamente, voltandosi e poggiando la spalla sul vetro.

«Davvero?» replicò Irvine buttando la lattina vuota in un cestino lì vicino.

«Sono stata avvicinata da tre ragazze del tuo fanclub che mi hanno intimato di starti alla larga. È stato un momento surreale, da film!» spiegò la ragazza ancora incredula.

Improvvisamente Irvine mise le mani sulle sue spalle e le rivolse uno sguardo preoccupato. «Che cosa?! Non ti avranno aggredita?» domandò incredulo. Gli occhi spalancati del ragazzo, allarmati, la riportarono alla realtà facendole percepire l'effettivo pericolo che aveva corso. Non sapeva come quelle ragazze avrebbero potuto reagire: e se non si fossero limitate solo alle parole?

«Ma no, no! Stai tranquillo» cercò di rassicurarlo agitando una mano e riprendendo a bere il succo. Forse non era stata una buona idea quella di parlargliene, perché sapeva che si sarebbe sentito in colpa. «Tu invece? Proseguirai gli studi?» domandò nella speranza di sviare il discorso.

Irvine lasciò la presa sulla ragazza e le rubò il drink. «Non lo so ancora. I miei genitori hanno un negozio di cianfrusaglie, ma non ho voglia d'invecchiare lì» spiegò bevendo un sorso dalla cannuccia, senza staccarle gli occhi di dosso. Aveva accettato di cambiare argomento, ma era preoccupato per lei perché sapeva quanto alcune ragazze potevano essere sgradite e minacciose. Nonostante non stessero insieme le voci su di loro erano arrivate anche alle sue orecchie e, per quanto non gli dispiacesse affatto, forse avrebbe dovuto frenarle per il suo bene.

Melany lo fissò indispettita e si riprese la bibita in un lampo. «Ehi! Lo sai quanto sia difficile per me spendere dei soldi per prendere qualcosa dalla macchinetta. Per cui intendo godermi il mio succo senza sprecarne neanche una goccia!» affermò con stizza riprendendo a bere e Irvine le rivolse un sorriso malizioso.

«Interessante. Adesso è come se ci fossimo baciati di nuovo, ma non hai bisogno di questi sotterfugi per farlo. Sono a tua completa disposizione!» ammiccò compiaciuto, allargando le braccia come volesse invitarla.

Melany, che non amava quel tipo di sviolinate, serrò gli occhi rivolgendogli uno sguardo contrariato. «Stupido» mormorò dolcemente con la cannuccia fra i denti e si voltò verso la finestra.

Pur non volendo, si sentì imbarazzata: era innegabile che Irvine fosse un bel ragazzo e con il suo carattere solare e divertente sarebbe stato anche un ottimo fidanzato, lo sapeva. Tuttavia, nonostante ammettesse l'importanza della sua vicinanza in quei giorni, non era di lui che aveva bisogno e odiava quella parte di sé che ancora nutriva speranza.

Fuori dalla finestra si levò uno strano chiacchiericcio e la ragazza alzò lo sguardo per guardare ancora una volta verso il cancello, incuriosita da quel baccano: vide dei ragazzi schiamazzare in festa accerchiandone un altro e senza rendersene conto perse la presa sul succo che cadde a terra rovesciandosi.

Ren era tornato a scuola.   

Il primo istinto di Melany fu quello di fuggire, ma dove? Era a scuola e non poteva andarsene all'improvviso ancora una volta. Spostò Irvine che le bloccava la strada e salì al terzo piano, dritta nell'infermeria, dove chiuse la porta nascondendosi dietro al paravento. Appoggiandosi al muro, si lasciò scivolare a terra, portando le ginocchia al petto, accovacciandosi.

"Ma che cavolo sto facendo?" si disse. Con la mente sapeva che non era quella la giusta reazione: doveva mostrarsi sicura e distaccata, impassibile al suo ritorno o Ren avrebbe capito che stava ancora soffrendo a causa sua. Ciò che, però, la spaventò più di tutto fu il desiderio di correre ad abbracciarlo nato in lei non appena aveva scorto i suoi folti capelli neri. Possibile che i suoi sentimenti non fossero cambiati di una virgola dopo quanto successo?

Detestava essere così debole, quasi quanto la consapevolezza che, a differenza sua, lui non stesse soffrendo per la loro separazione. Perché mai avrebbe dovuto? L'aveva lasciata preferendo tenerla allo scuro, lasciandole vivere quell'imbarazzante serata. Avrebbero potuto pensare a una soluzione, ma evidentemente per lui il gioco non valeva la candela.

Sentì suonare la campanella di fine ricreazione e, distendendo le gambe, appoggiò la schiena al muro. Non voleva rientrare in classe, era diventata una pessima studentessa.

All'improvviso si aprì la porta dell'infermeria e Melany balzò dallo spavento quando vide una figura avvicinarsi al paravento.

«BUH!» gridò Irvine facendola trasalire.

«Ma sei impazzito?! Volevi farmi venire un infarto?!» sbraitò la ragazza ponendosi una mano sul petto, nella speranza di fermare il battito del cuore accelerato.

«Esattamente! No, dai, scherzo» ridacchiò lui, spostando il paravento e sedendosi a terra accanto a lei, con le braccia sulle ginocchia. «Perché sei corsa qui all'improvviso? Cosa succede?» domandò Irvine rivolgendole uno sguardo serio, troppo serio per uno come lui. 

Melany si sentì a disagio e guardò altrove. «... avevo bisogno di un posto dove pensare».

«A cosa?» incalzò e lei alzò le spalle. Non voleva parlarne, non con lui o rischiava di appoggiarsi troppo alla sua presenza.

«A niente, dai. Andiamo, è suonata la campanella» ribatté la ragazza alzandosi in piedi e allontanandosi dall'angolino in cui si erano appartati.

Irvine si alzò e le andò dietro prendendole una mano; Melany perse l'equilibrio per essere stata strattonata in modo brusco e finì addosso al ragazzo. Subito, poggiando le mani sul suo petto, cercò di allontanarsi, ma lui la tenne bloccata con le mani dietro la schiena.

«Lo sai che puoi dirmi tutto, Melly. Parlami, non tenermi fuori dalla tua vita» mormorò fissando intensamente i suoi occhi di giada. Non erano mai stati così vicini e lei non poté ignorare il cuore batterle più forte.

«Non posso farlo» sussurrò, riuscendo a liberarsi dalla sua presa. «Siamo diventati amici perché ci piace ridere e scherzare, non distruggiamo l'atmosfera con discorsi noiosi e pesanti» aggiunse e si voltò pronta a uscire dall'aula.

«E infatti non è solo questo che vorrei da te. Io...»

«No! Ti prego, Irvine, no. Non rovinare tutto» esclamò Melany interrompendolo. Voltata verso di lui si dispiacque dello sguardo rabbioso che le stava rivolgendo, e sospirò amareggiata. «Forse è meglio che mi avvii prima io» mormorò, poi uscì dall'infermeria.

Irvine rimase immobile, confuso sul da farsi: Melany le piaceva, non gli era mai capitato di incontrare una ragazza così interessante, divertente, particolare... carina. Credeva che, standole vicino, si sarebbe guadagnato un'opportunità di conquista, ma lei sembrava davvero non riuscire a considerarlo più di un amico. Sospirò nervoso muovendo qualche passo verso la porta, ma si fermò avvertendo un suono familiare. 

Voltando il capo vide lo smartphone di Melany a terra, forse caduto quando aveva perso l'equilibrio. Lo raccolse e ne sbloccò la schermata con il semplice trascinamento del dito sullo schermo, come le aveva visto fare. Fece scorrere il menù delle notifiche osservando il messaggio appena arrivato da Becca, poi tornò a visualizzare il desktop e cercò la Galleria. Sapeva che stava sbagliando, ma doveva sapere, doveva conoscere la sua faccia. Guardò le foto della prima cartella.

«Dunque, è davvero lui Ren. Per questo è scappata» sussurrò fra sé e sé, dopo aver visto uno scatto di Melany con il ragazzo al cinema. Perché continuava a pensare a lui? Anche se non ne avevano mai parlato era evidente quanto l'avesse fatta soffrire e proprio non capiva perché non riuscisse a mettere da parte i suoi sentimenti.

Infilò il telefono in tasca e tornò in classe.

Quando suonò la campanella annunciando la fine delle lezioni Melany balzò in piedi pronta a fuggire via, prima che le classi quarte del piano sottostante si avviassero all'uscita. Che Ren fosse nella sua aula o in quella di scienze, se fosse schizzata fuori dall'edificio alla velocità della luce, sarebbe riuscita a non incrociarlo. Inserì gli oggetti scolastici disordinatamente nello zaino e ne chiuse la cerniera a metà; indossò sciarpa e cappotto, prese la cartella e si avviò, ma infilando le mani in tasca si accorse che erano vuote. Che fine aveva fatto il cellulare? Posò lo zaino sul banco e lo aprì per cercarlo al suo interno; poi, con la coda dell'occhio vide Irvine adagiare il suo smartphone sul piano.

«Ti è caduto in infermeria» mormorò e lei lo guardò confusa.

«Ah, e perché non me l'hai dato subito?» domandò prendendolo per sistemarlo in tasca. 

Irvine alzò le spalle distogliendo lo sguardo. «Mi sono dimenticato» rispose, sollevandosi dalla sedia. «Andiamo, ti accompagno. C'è qualcuno che non vorresti incontrare, no?» dichiarò fermandosi accanto a lei.

Melany spalancò gli occhi domandandosi come avesse fatto a capirlo, ma non aveva tempo da perdere in chiacchiere e si avviò in sua compagnia. Se Ren li avesse visti insieme sarebbe stato un punto a suo favore.



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