Capitolo 2 - La scuola
Ci volle più tempo di quello previsto per raggiungere la scuola, a causa dell'eccessivo traffico di mezzi e pedoni a cui Melany non era per nulla abituata. Per fortuna, camminare non le era mai dispiaciuto; spesso faceva lunghe passeggiate con Becca nel suo vecchio paese, ma muoversi in quelle strade frenetiche e piene di smog fu per lei molto difficile.
Dopo l'ultima svolta, venne subito attratta da un forte vociare: davanti a lei una folla di ragazzi attendeva sul marciapiede di fronte al cancello il suono della prima campanella. Pensò che, forse, non c'era spazio sufficiente per ospitare gli alunni vicino alle porte d'ingresso; invece, avvicinandosi alle inferriate, notò un grande spiazzo con tanto di raffinata pavimentazione e fioriere di terracotta.
«E allora perché non ci fanno entrare?» sussurrò Melany, stringendo le sbarre della cancellata con entrambe le mani. C'era tanto spazio, perché far attendere gli studenti così vicini al traffico?
«Non lo sai? Hanno di nuovo combinato un casino sui muri con le bombolette, ma questa volta lì hanno presi. Ben gli sta!» Una ragazza minuta sghignazzò soddisfatta accanto a lei.
Melany l'osservò perplessa. Bulli? Fantastico! Per fortuna era nuova, nessuno la conosceva e non aveva nulla che potesse attirare la loro attenzione. Sospirando, si augurò che i teppisti in questione non frequentassero la sua classe.
Si risvegliò dai pensieri sentendo il suono della campanella e il cancello cigolante aprirsi.
Nel grande atrio della scuola trovò esposta una cartina con la disposizione delle classi per tutti i cinque livelli della struttura: la sua, la VB, si trovava su quello stesso piano in fondo a sinistra.
Si avviò verso l'aula scrutando i dintorni: corridoi larghi e luminosi, doppie porte scorrevoli, pavimento liscio e brillante. La luce che ravvivava l'ambiente attraverso le grandi finestre le piacque subito, molto più piccole e maldisposte nell'istituto precedente. Avvertì uno strano calore nel petto che, ingenuamente, associò a delle parole: "Tranquilla, andrà tutto bene". Nella mente sentì la voce di suo padre, che ogni anno le faceva coraggio il primo giorno di scuola. Abitudine persa da quando aveva cominciato le superiori. Il vero problema era che negli ultimi tempi si sentivano poco, ma aveva deciso di non pensarci.
Melany si fermò di fronte alla porta aperta della sua nuova classe. Non voleva entrare da sola e decise di attendere l'arrivo dell'insegnante, che avrebbe annunciato il suo ingresso come nuova compagna permettendole di fare una seria e onesta presentazione di sé - provata e riprovata per giorni nella speranza di non soccombere all'imbarazzo. E fu proprio a causa del suo eccessivo zelo, nel volerlo ripetere ancora una volta nella mente, che non si accorse dell'arrivo della professoressa, la quale non si curò per nulla della sua presenza ed entrò in classe chiudendone l'ingresso.
Dall'oblò posto sulla porta, Melany vide l'insegnante accomodarsi e un secondo dopo alzare gli occhi al cielo. Si alzò, aprì la porta e la guardò con disappunto. «Almeno sei puntuale. Mettiti dove posso vederti la prossima volta. Avanti, entra» brontolò seccata.
Melany superò la soglia e analizzò la classe: contò una ventina di ragazzi, con banchi disposti in tre colonne a coppia di due, di fronte a lei c'erano due ampie finestre coperte dalle avvolgibili a bande per non fa entrare troppo sole e sulla sinistra due armadi chiusi.
Si chiese quale sarebbe stato il suo posto quando la professoressa, con voce atona, disse: «Da oggi avrete una nuova compagna. Il suo nome è...», abbassò lo sguardo sul registro, «Melanit...»
«Melany, Melany Rose, grazie!» intervenne lei, sperando di evitare d'essere presentata con l'imbarazzante nome scelto da sua madre.
L'insegnante la guardò seccata. «Bene, Melanite, puoi sederti» concluse, ignorando la tacita richiesta della ragazza. Volse il capo per cercare un posto vuoto per lei e puntò il dito sull'ultima fila alla sua sinistra. «Lì! Ah... no. Quello è occupato. Facciamo così: va' al piano di sotto dove si riuniscono quegli scansafatiche dei bidelli a prenderti banco e sedia. Su, fa' presto. Non ho voglia di ripetere quello che sto per spiegare». Accompagnò la frase con un movimento oscillatorio della mano che parve dirle "sparisci".
Melany rimase immobile per qualche secondo, incredula verso quell'assurda situazione. Doveva davvero prendersi il banco da sola? Poi, anche su consiglio dei compagni che la invitavano a muoversi, uscì dalla classe e si diresse al piano inferiore. Sempre più perplessa, dovette girare a vuoto per un bel po' prima che qualcuno le dicesse di scendere ancora più giù dove, finalmente, trovò una bidella.
«E cosa sono io? La tua schiava? Scherzo, tesoro. In quale classe devo portarlo?» La signora robusta ridacchiò e le rivolse un sorriso gentile.
«VB, al piano terra. Grazie» rispose Melany, caricandosi la sedia per non affaticare la donna.
«Non capisco cosa gli prende a certi insegnanti. Mandare in giro per la scuola una ragazza nuova alla ricerca di banco e sedia... Roba da matti! Chi ti ha mandato?» domandò affanna a causa delle scale che stavano salendo.
«Se ho capito bene, credo fosse la prof di italiano. Mazzavigni, mi pare. Bassina, capelli arruffati, per nulla simpatica...» Melany fissava un punto indefinito dello spazio come se potesse facilitarle il ricordo. Aveva imparato i nomi di tutti i docenti per non trovarsi impreparata, doveva solo associarvi un volto.
«Ah, già... avrei dovuto intuirlo» borbottò la signora, facendole capire dal tono di voce sarcastico che la prima impressione avuta su quell'insegnante non era stata soltanto sua.
Arrivate in classe la bidella, di nome Anna, sistemò il banco dietro l'ultima fila, ma poiché la professoressa non vedeva bene la nuova studentessa, lo fece spostare al centro fra due file.
"Perfetto! In mezzo a due file, a vista di tutti. Ottimo!" brontolò Melany nella mente, sperando di riuscire a mascherare l'espressione contrariata mentre si accomodava.
Infastidita e imbarazzata, pensò di approfittare di un momento di trance della docente per rivolgersi alla ragazza dai capelli neri che sedeva accanto al posto libero, ma fu subito interrotta dal preside che, dopo aver bussato, entrò nell'aula.
«Buongiorno a tutti e scusate l'interruzione. Sono qui per augurarvi un buon anno scolastico e per dare il benvenuto alla nuova alunna, Melanite Rose. Spero ti troverai bene qui con noi». L'uomo brizzolato, bassino e tondeggiante, le rivolse un sorriso.
Melany, anche se disturbata dall'aver sentito due volte nello stesso giorno quel terribile nome, era pronta a ringraziare quando fu distratta da una signora dietro di lui, intenta a ondeggiare le braccia nella speranza di catturare la sua attenzione. Come se quell'atteggiamento non fosse abbastanza imbarazzante, Claudia sussurrò uno "Yuhuu" con tono allegro.
Melany coprì il volto con una mano e scivolò di poco sulla sedia; abbassò il capo e pregò con tutta se stessa che cessasse all'istante quel vergognoso comportamento. Sua madre era diventata ingestibile e, spesso, perdeva ogni barlume di decenza.
«Professoressa Mazzavigni, mi raccomando a non strapazzare troppo gli studenti già dal primo giorno» disse il preside fissando l'insegnante.
«Non si preoccupi! Anzi, come primo giorno, oggi ripasseremo dei concetti chiave del programma dell'anno scorso e ci dedicheremo a qualcosa di leggero» rispose la docente accomodante, evidente ricerca di approvazione per le sue buone intenzioni.
«Molto bene. Buona lezione». L'uomo si congedò e portò con sé la madre di Melany.
Non appena venne chiusa la porta, la professoressa fissò per qualche secondo il registro, prese il libro e si avvicinò alla lavagna.
«Aprite il testo a pagina dieci, nuovo argomento. Non perdiamo altro tempo» dichiarò con tono duro, del tutto diverso da quello precedente.
«Prof, ma non aveva detto che avremmo ripetuto?» domandò una ragazza dai capelli corvini, seduta al primo banco con la mano alzata.
«L'ho detto? Non ricordo. Pagina dieci, signorina Latorre». La fulminò con lo sguardo.
«Simpatica la prof...» commentò Melany, rivolgendosi alla ragazza seduta accanto al posto vuoto. Quest'ultima, però, forse per solidarietà nei confronti dell'atteggiamento della docente, la fulminò di rimando.
Melany si trovava troppo a disagio in quella posizione, troppo esposta, troppo al centro dell'attenzione; così, durante una piccola pausa che si era presa la singolare prof, chiese alla medesima ragazza se potesse sedersi di fianco a lei finché non fosse tornato il proprietario del posto. Aveva ben capito che la sconosciuta non voleva essere disturbata, ma doveva pur fare qualcosa per migliorare la sua condizione.
«È occupato» rispose lei con tono freddo, senza neanche alzare lo sguardo dal quaderno su cui stava scrivendo da inizio lezione.
«Solo per oggi. Ti prego!» replicò Melany supplichevole.
La ragazza smise di scarabocchiare e la guardò in silenzio, sospirò e annuì stizzita. Melany cambiò posto in un lampo, timorosa che potesse cambiare idea.
«Grazie, non potevo iniziare in modo peggiore questa giorna...»
«Ti avverto» la interruppe puntando l'indice verso di lei. «Non mi piacciono le chiacchiere. Se ti sento parlare ti rispedisco al tuo posto». La guardò negli occhi per un solo istante e tornò a scrivere.
«Capito...» sussurrò Melany, abbandonando il sorriso infastidita da tanta ostilità. Anche lei non era una gran chiacchierona, ma quella ragazza superava ogni limite immaginabile.
Quando tornò la docente calò il silenzio; senza proferire nulla riprese la spiegazione sul Romanticismo, che doveva risultarle alquanto difficile visto il modo in cui sbraitava incolpando l'inutilità e l'imprecisione dei libri moderni. Tuttavia, nessuno dei ragazzi, per quanto tutti lo pensassero, volle ricordarle che era stata lei stessa a sceglierli, ma non sarebbe stata un'idea intelligente né educata evidenziare l'incompetenza della prof.
«Ma è sempre così?» mormorò Melany senza pensare. Tuttavia, la sua provvisoria e "amorevole" compagna di banco continuò a ignorarla, troppo presa dalla stesura del suo racconto o dalla infinita lista nera che stava compilando. Con il suo fare scontroso, serio e cupo le diede l'idea di essere una di quelle ragazze che odiano tutti e nel silenzio compongono maledizioni per chi le infastidisce.
Molto inquietante.
Quando suonò la campanella per annunciare l'inizio della ricreazione, Melany non avrebbe voluto rischiare un'esecuzione da parte della sua vicina, ma necessitava di sapere se ci fossero e dove fossero dei distributori automatici per poter sgranocchiare qualcosa. Si voltò titubante verso di lei e la ragazza, con il rossetto nero che sottolineava la sua anima dark, intuendo la domanda che stava per rivolgerle, contro ogni aspettativa disse: «All'ingresso». Poi si alzò e abbandonò la classe.
Pur non avendo notato niente al suo arrivo, Melany si diresse verso l'entrata e con grande sorpresa scoprì una piccola area accanto alla presidenza dedicata alle macchinette di snack e distributori di bevande. A casa sua dovevano sempre frazionare in modo preciso il denaro a disposizione, per cui si controllò le tasche dei pantaloni alla ricerca degli spiccioli. Mentre contava le monete sul palmo della mano, sentì alle sue spalle il preside rimproverare qualcuno con voce ferma ma preoccupata.
«Per favore, facciamo del nostro meglio per completare quest'anno scolastico, d'accordo? Ti sei messo nei guai già dal primo giorno, tu e la tua banda si scalmanati... Vi prego di rispettare le regole e questa scuola o sarò costretto a sospendervi, com'è già accaduto a qualcuno di voi». Era chiaro che stava parlando con chi aveva creato il disagio prima dell'inizio delle lezioni.
Incuriosita, voltò un po' il capo e osservò l'uomo tondeggiante, con i pugni sui fianchi, redarguire un ragazzo dalla felpa rossa, seduto su una panchina con le mani in tasca. Il cappuccio sulla testa le impediva di guardargli il viso, permettendole di osservare solo alcuni ciuffi neri scendere ai lati del collo. La parte di sé profondamente curiosa le suggerì di girarsi di più per poterlo guardare meglio, tuttavia decise di non sfidare la sorte e tornare a concentrarsi sulla scelta del suo snack.
Il preside continuava imperterrito con le sue raccomandazioni e Melany, dopo aver preso i tarallini scelti, sgattaiolò via in fretta sperando di non farsi notare da quel piantagrane. Aveva rivalutato la sua posizione: in realtà, una studentessa nuova poteva risultare un bersaglio appetibile per i bulli, o almeno così ricordava di aver visto in un film.
Tornata in aula, le venne l'istinto di cercare la sua amica Becca per raccontarle di aver quasi incrociato un teppista, ma poi, conscia della situazione, andò a sedersi al suo posto precario e fissò amareggiata i tarallini posati sul banco.
«Quella donna in compagnia del preside era tua madre? Ti fai accompagnare dai genitori?» domandò la simpatica compagna dai capelli neri e trucco pesante.
«Ma se sono io che la devo accompagnare e sostenere in ogni sua stupida decisione! E poi, come mi ripaga? Portandomi in questa schifosa città! Gran bella riconoscenza del cavolo!» sbottò Melany, buttando i tarallini a terra con uno schiaffo in un impeto di rabbia. Li guardò sul pavimento nella speranza che qualcuno glieli raccogliesse perché non aveva voglia di alzarsi dalla sedia. Senza pensarci oltre, si drizzò in piedi, li prese e aprì il pacchetto giusto in tempo per scoprire dal suono della campanella di aver perso l'occasione per mangiarli.
«Spero che il prossimo docente sia meno schizzato di quella di prima» borbottò Melany fra sé e se, mentre cercava di mandar giù qualche tarallino prima dell'inizio della lezione.
«Questo piace a tutte, ma vedi di non esagerare. Ci sono fin troppe gatte morte in questa classe» rispose la compagna, prendendo da sotto al banco il solito quaderno per riprendere a scrivere.
"Piace a tutte? In che senso?" si domandò, continuando a mangiucchiare più veloce che poteva.
Osservando la porta, non si sarebbe mai aspettata di veder entrare un affascinante uomo di circa trent'anni, con un fisico asciutto, voce suadente e un sorriso da svenimento.
«Noo, ma dai! Si può fare?» esclamò sottovoce rivolta alla compagna di banco, sputacchiando briciole dalla bocca. «Cioè, è legale?» Si voltò a guardarlo ancora per paura che fosse solo frutto della sua immaginazione.
Melany seguiva il docente con gli occhi mentre si accomodava dietro alla cattedra e in quell'istante comprese che non tutto il male vien per nuocere. La sua vita scolastica pareva aver preso tutta un'altra piega, e anche interessante.
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