Capitolo 17 - L'appuntamento
Grazie all'aiuto di Risa, alla quale aveva deciso di non raccontarle dell'appuntamento, scoprì che il parco si trovava a soli dieci minuti da casa sua. Per tutto il giorno si era sentita come una scolaretta in attesa della gita e passò un sacco di tempo a scegliere cosa indossare, atteggiamento insolito per una come lei che non prestava particolare attenzione all'abbigliamento. Alla fine, preferì optare per un vestitino in maglina viola, su un paio di leggings neri e stivaletti con il tacco; non si fece mancare anche un po' di trucco, fondotinta, mascara e lucida labbra. Era troppo su di giri e desiderava che tutto fosse perfetto. Dopo essersi pettinata i capelli uscì di fretta dal bagno, senza prestare attenzione allo sguardo indagatore della madre.
«Dove stai andando?» le domandò la donna seguendola nella sua stanza.
«Esco» rispose Melany prendendo il lungo cappotto nero dall'armadio, mai messo da quando avevano traslocato. Desiderava apparire più elegante del solito.
«Non mi dirai che hai un appuntamento!» ironizzò sua madre, ridacchiando.
Melany si voltò a guardarla e sbarrò gli occhi nel vedere la sua reazione beffarda. «Esatto. Ho un appuntamento» rispose, infilando il soprabito e prendendo la borsa.
La donna rimase a bocca aperta e la guardò stupita. «Come? Ma... con un ragazzo? Un ragazzo vero?!» domandò isterica, con le mani giunte in preghiera e gli occhi che sembravano spargere stelline luminose.
Il volto della ragazza si fece ancora più indispettito. «Che cosa vuol dire "un ragazzo vero", scusa? Certo che esco con un ragazzo! Ti sembra così strano? Roba da matti...» borbottò Melany scocciata, avviandosi verso l'ingresso con passo pesante e poco aggraziato.
«No, è che... adesso devi raccontarmi tutto!» schiamazzò sua madre rincorrendola.
«Mamma, sto uscendo. Ne parliamo dopo» ribatté lei aprendo la porta.
«Aspetta... non sarà che ieri, quando ti ho telefonato, eri con lui?» domandò la donna incredula e Melany arrossì senza controllo.
«Ciao!» gridò e sbatté la porta. Da fuori, Melany tirava verso di sé la maniglia perché sua madre stava tentando di aprire la porta e sapeva che le avrebbe fatto perdere una marea di tempo con le sue domande moleste.
«Mellyyy, tesorooo! Parla con la mamma!»
«Smettila, mamma! Sono in ritardo. Non mi seguire!» ribadì lei e, con un grande scatto, si precipitò fuori dal portone.
Forse non era stata una buona idea quella di rivelarle del suo fidanzamento in un momento del genere, ma, se avesse negato, le spiegazioni sarebbero state ancora più complicate. Melany si sistemò la borsa sulla spalla, prese il telefono dalla tasca e vide l'orario: erano le sei e dieci minuti. "Manca pochissimo" pensò e sorridendo si avviò verso il luogo dell'incontro.
"Parco di Santa Caterina" recitava la targhetta affissa all'entrata. Come le era già stato anticipato da Risa, quel posto era fra i ritrovi più popolari della città: sin da subito osservò un gran via vai di bambini, gente intenta a passeggiare o a fare jogging e ragazzi fermi a chiacchierare raggruppati agli angoli. Si mosse lentamente lungo il viale di mattoni che delimitava le aiuole; nel suo vecchio paese non c'era tanto verde urbano e le sembrò di attraversare un boschetto, pieno di alberi e siepi ben curate.
Si fermò di fronte alla grande fontana centrale, dominata da una statua in marmo bianco di una donna con un vaso, da cui fuoriusciva l'acqua, e ne guardò il fondo pieno di spiccioli. Probabilmente, come a Roma e in altre città, si usava esprimere un desiderio buttando una moneta nell'acqua e, se in un primo momento cercò di non farsi trasportare da una credenza tanto banale, non riuscì a trattenersi dalla voglia di provarci.
Prese il portafoglio dalla borsa, trovò dieci centesimi nel porta spiccioli e li gettò nella fontana. "Per favore, fa' che fra me e Ren vada tutto bene! Non chiedo altro!" pensò vergognandosi un po', stringendo le mani in preghiera all'altezza del viso e chiudendo gli occhi. Si sentiva in ansia e, nonostante l'euforia, non riusciva a scacciare quella brutta sensazione che l'accompagnava dal giorno precedente. Si disse che, come al solito, stava esagerando. In fondo, era lì per un appuntamento che aveva chiesto lui stesso.
«Esprimi un desiderio?» sentì dire e subito voltò il capo, riconoscendo quel suono.
Alle sue spalle, con una felpa bordeaux, un paio di jeans blu notte e la giacca rossa, Ren era fermo a pochi metri da lei, intento a fissarla con sguardo incuriosito. Melany si girò verso di lui sentendosi molto emozionata, ma anche imbarazzata per essere stata colta in flagrante.
«Oh, beh... tentar non nuoce, no?» rispose rivolgendogli un timido sorriso, tuttavia distolse subito lo sguardo poiché il modo in cui la stava guardando la fece arrossire.
«Andiamo?» disse Ren voltandosi verso l'uscita del parco.
«S-Sì, dove?» domandò lei affiancandolo.
«Al cinema. Ti va?» chiese lui, mettendo una mano sulla spalla di Melany per spingerla a sé ed evitare che sbattesse contro un uomo a cui lei non aveva prestato attenzione. La ragazza era troppo distratta per rendersi conto del resto del mondo e quel gesto improvviso la mandò nel pallone.
«Ahm, sì, va bene. L'ultima volta che ci sono stata al mio paese riproponevano Men in Back» rispose un po' delusa quando lui levò la mano dalla sua spalla.
«Non credo di averlo mai visto» dichiarò Ren facendole strada fuori dal parco.
«Davvero? Allora un giorno dobbiamo vederlo insieme. Mi è piaciuto molto, anche il sequel» affermò e sorrise al ricordo delle vecchie abitudini.
Quando si trovava nella vecchia città, andava spesso al cinema in compagnia di Becca e un gruppo di amici denominati "I cinefili". Organizzavano anche serate in casa a base di pop-corn e film d'autore. Per un attimo Melany venne assalita dalla nostalgia, ma, guardando Ren, il suo magone sparì per lasciare spazio all'emozione. "Chissà se gli piace come mi sono vestita" pensò arrossendo, poi si disse che probabilmente lui non prestava attenzione a quel genere di cose e sospirò, sentendosi a disagio. Essere l'unica a provare quel senso di frenesia per il loro incontro la rattristò e, scuotendo la testa, cercò di non pensarci.
Quando furono di fronte al botteghino per comprare i biglietti, Melany tentò di prendere il portafogli, tuttavia Ren la guardò con sufficienza, inarcando un sopracciglio, e lei gli rivolse un sorriso di scuse.
«V-Vado a prendere i pop-corn, ok? Li vuoi?» chiese imbarazzata e lui annuì.
Non poteva considerarsi una serata perfetta senza qualcosa da sgranocchiare e subito si avviò al bar.
Arrivata al bancone osservò le coppette esposte sullo scaffale per calcolare la quantità di pop-corn che desiderava. Il suo primo pensiero fu quello di prenderne una grande, ma non voleva apparire una mangiatrice di schifezze al primo appuntamento e optò per una più modesta.
«Cosa prende?» le chiese la barista.
«Mi dà una Coca-Cola, una bottiglia di acqua e due coppette piccole di pop-corn. Grazie» rispose Melany fissando il mais scoppiettare nella vetrina di fronte a lei. Quell'aroma la inebriò dalla testa ai piedi, accoccolandosi nello stomaco pronto a ricevere quei gustosi fiorellini salati. A quel punto non riuscì più a resistere.
«Anzi, uno piccolo e uno medio!» corresse la sua ordinazione.
La ragazza la servì subito e, dopo aver pagato e inserito le bibite nella borsa, prese con entrambe le mani le porzioni di pop-corn per avviarsi verso l'entrata alle sale video. Ren, fermo a pochi metri dalla soglia, la guardò perplesso quando lei gli porse la sua porzione, quella più piccola.
«Cioè, questo è mio e quello è tuo?» scherzò il ragazzo.
Melany distolse lo sguardo e alzò le spalle. «Non mi hai detto quanti ne volevi...» mormorò imbarazzata.
Ren sorrise e si avviò verso la sala di proiezione. La ragazza lo seguì, ma, non appena mosse un passo, pestò qualcosa e si fermò. Abbassò lo sguardo e vedendo una catenina argentata sotto la suola, si chinò a prenderla, ritrovandosi fra le mani una piastrina come quelle dei militari, con su scritto:
«E questo cos'è?» mormorò Melany continuando a fissare il pendente. Ren si voltò e subito cercò di afferrarlo, ma lei allontanò la mano affinché non lo prendesse.
«Me l'ha dato mia madre quando stavo male. Aveva paura che mi succedesse qualcosa quand'ero solo. Mi sarà caduto dalla tasca, non credevo di averlo con me. Dovrei buttarlo» rispose Ren sbuffando, voltandosi per proseguire nel corridoio.
«Ah. Ma Gioren chi è?» incalzò la ragazza incuriosita, andandogli dietro.
«Sono io» mormorò lui proseguendo il suo cammino.
«Come, scusa?!» esclamò incredula fermandosi sul posto.
Ren si voltò verso di lei e sbuffò ancora, irritato. «I miei genitori hanno pensato bene di darmi un nome che riunisse le loro iniziali. Sei contenta? Adesso andiamo» spiegò seccato, ma ciò che lo infastidì di più fu lo sguardo attonito di Melany. La ragazza, rimasta piacevolmente sorpresa, non sapeva che "Ren" fosse un diminutivo e si sentì felice di essere venuta a conoscenza di qualcosa di così personale su di lui. «Perché stai ridendo?» chiese Ren con sguardo irritato.
Era la prima volta che confidava a qualcuno l'origine del suo detestabile nome e non sopportava l'idea di essere preso in giro, soprattutto da lei. Tuttavia, aveva pronunciato quelle parole senza averne il pieno controllo, come spesso gli capitava quando erano insieme.
«Non sto ridendo, sto sorridendo. È una cosa molto bella quella che mi hai detto. Esprime tutto l'amore dei tuoi genitori per te» affermò lei sorridendo ancora di più.
Ren la guardò per un attimo, poi si voltò pronto a entrare nella sala numero otto. «Ah, sì?» mormorò ma non era più seccato, perché concentrato a ragionare su qualcosa che non aveva mai considerato prima di quel momento. Aveva da sempre ritenuto il suo nome come una specie di dispetto, invece che un gesto d'affetto.
«Certo. Pensa a me... quella svampita di mia madre mi ha voluta chiamare Melanite perché è fissata con le pietre preziose. Mi ha dato il nome di una gemma scura e cupa come l'inchiostro di china. Ti rendi conto? Non ne parliamo, per piacere...» confidò Melany con tono irritato, scuotendo la testa per accentuare il suo dissenso. Ren scoppiò in una sincera risata. «Eh, no! Adesso tu sì che stai ridendo. Non è giusto!» esclamò lei arrabbiata, ma in realtà non lo era affatto. Come avrebbe potuto provare un'emozione negativa davanti a un sorriso così sincero?
Si sedettero in quello che Melany considerava il posto perfetto per guardare un film fantasy: al centro della fila di mezzo. Quando si spensero le luci e iniziò la proiezione dei trailer, la ragazza non perse tempo ad assaggiare i suoi agognati pop-corn, cosa che, per golosità, faceva sempre senza aspettare l'inizio del film, ma che, in quel momento, usò per sfogare la tensione. Non era la prima volta che andava al cinema né tantomeno che sedeva così vicino a Ren. E allora perché avvertiva tanta agitazione?
La proiezione incominciò e Melany si sforzò di seguire la storia cercando di liberare la mente da ogni altro pensiero, cosa che, a un certo punto, non le fu più possibile.
«Tanto non li mangi tutti, no?» le sussurrò Ren all'orecchio dopo aver sottratto dei pop-corn dalla sua porzione. La ragazza si volse subito osservandolo sorridere con un fiore di mais fra le labbra.
Alla fine, non ci capì nulla del film.
«Bello, no?» disse Ren quando furono fuori dal cinema.
«Chi? Ah, sì, molto bello!» esclamò Melany nel tentativo di ricordare qualcosa, anche solo il nome dei protagonisti sarebbe stato un passo avanti.
Ren l'osservò e la vide pensierosa, poi guardò lo schermo del telefono per controllare l'orario. «Andiamo a mangiare da qualche parte?» chiese e subito lei si voltò a guardarlo.
«Certo! Volentieri» rispose contenta, ma un brivido di terrore le corse per tutta la schiena. La fortuna sembrava averla abbandonata le ultime volte in cui era uscita a mangiare fuori e in lei era nato una sorta di trauma. Ren si accorse del suo disagio e ricordò l'episodio che avevano vissuto insieme alla tavola calda.
«Ti porto in un posto nuovo, ok?» la tranquillizzò e, prendendola per mano, cambiarono direzione.
Melany era al settimo cielo: non si sarebbe mai aspettata di passare una serata tanto splendida in sua compagnia e, per giunta, le aveva appena preso la mano! Adesso mancava solo una bella cenetta romantica per completare il quadretto perfetto, tuttavia, quando Ren aprì la porta del pub in cui l'aveva condotta, si rese conto che le loro idee di cenare insieme in un bel locale erano completamente diverse.
«Ti piace la musica rock?» le chiese Ren superata la soglia.
«Cosa?!» gridò Melany cercando di sovrastare inutilmente il frastuono della band musicale.
«Ho detto: ti piace la musica rock?» ribadì lui alzando il volume della voce.
«Ahh. Sì, sì» rispose, pur non essendo il tipo di musica che avrebbe gradito in quel momento.
Il locale era molto accogliente: luci soffuse, tavolini e mobilia in legno e un piccolo palcoscenico per la rockband. Melany si guardò intorno incuriosita e, anche se non era il posto che sperava, le faceva piacere ascoltare un po' di musica live.
«Vieni, ho preso un tavolo» disse Ren avvicinando il viso al suo orecchio perché la sentisse senza urlare e Melany, arrossendo per la sua vicinanza, annuì e lo seguì.
Si sedettero in un angolo del locale dove il suono non era molto forte, con la band ben visibile. Un cameriere lasciò loro i menù e Melany ne prese uno per sfogliarlo, tenendolo esattamente dinanzi al viso. Lo abbassò un pochino e accanto a lei Ren, con il mento poggiato sul palmo della mano, stava osservando i musicisti suonare. I suoi occhi azzurri brillavano nel buio mentre lei si abbeverava della sua immagine rilassata.
«È questo il genere musicale che ascolti nelle tue cuffiette?» gli chiese. Le era sempre parso di sentire un gran frastuono dagli auricolari quando, a scuola, faceva partire una canzone.
«Non solo. Mi piace molto anche il metal» rispose continuando a guardare la band, poi si volse verso di lei. «E tu? Cosa ascolti?» domandò fissando gli occhi nei suoi.
«Io? Beh, un po' di tutto...» rispose, lei alzando le spalle restando sul vago e cercando qualcosa da poter mangiare sul menù che ancora reggeva in mano.
«Tipo?» incalzò Ren senza distogliere lo sguardo. Melany alzò gli occhi su di lui, poi tornò a guardare la lista: si sentiva un po' a disagio e iniziò a preoccuparsi dei suoi gusti musicali, come fossero inadeguati.
«Non so... mi piace il rock, il pop... anche la musica classica. Non ho un genere prediletto. To'! delle verdure grigliate. Prenderò queste!» esclamò cercando di sviare il discorso e subito volse a Ren un sorriso, tuttavia lui sembrò assente. Il suo sguardo era spento e non fissava nulla in particolare, completamente differente da come le era apparso un momento prima. «Ehi... Tutto bene?» chiese preoccupata e lui sbatté le palpebre fissandola.
«Ah, sì, scusa. Ordiniamo?» disse e lei annuì.
Melany si sentì in colpa. Si era resa conto che aveva pensato solo a se stessa, a come voleva che fosse la sua serata, senza chiedere a lui cosa preferisse fare. Non si sarebbe mai perdonata se, a causa di un suo ennesimo errore, Ren si fosse stufato di lei. Era una pasticciona impulsiva, lo sapeva, ma avrebbe lavorato sul suo carattere per migliorare.
Per il resto della serata non si scambiarono tante parole, anche perché il mini-concerto procedeva sempre più rumoroso. Ancora una volta Ren pagò il conto e uscirono dal locale.
Melany guardò il suo cellulare: erano le dieci e mezza e sua madre le aveva mandato cinquantasei (cinquantasei!) messaggi. Roteò gli occhi al cielo e rimise lo smartphone nella tasca del cappotto, voltandosi a guardare il suo accompagnatore; nell'ultima ora non si era lasciato sfuggire un sorriso neanche per sbaglio e la ragazza temette che stare in sua compagnia si fosse rivelato più fastidioso di quel che pensasse. Desiderò fare qualcosa affinché tornasse ad apprezzare il tempo passato con lei, ma non aveva alcuna idea. La notte era ancora giovane e il loro appuntamento non poteva finire così presto. Magari potevano recarsi a casa sua e guardare un altro film o... Inaspettatamente le balenò un pensiero imbarazzante e si mise le mani sul viso nel tentativo di nascondere il suo viso in fiamme. "Che cavolo stai pensando?!" si rimproverò.
«Guarda» disse Ren all'improvviso. Melany scosse la testa portando lo sguardo davanti a sé e subito spalancò gli occhi dallo stupore. Il ragazzo l'aveva condotta in una piazzetta da cui, oltre il parapetto, si poteva osservare un grande albero di Natale, ancora spento.
«Oh... è vero. Domani è l'Immacolata. Il Natale si avvicina» commentò la ragazza appoggiandosi con le mani alla ringhiera.
Nel grande spiazzo che stava osservando erano sistemate molte luci e decorazioni natalizie, cosa che le fece venire in mente di dover pensare da sola all'albero e al presepe di casa, come sempre. Sua madre non aveva alcun senso artistico e tutte le volte che aveva tentato di aiutarla finiva per combinare un disastro.
Il vento soffiava gelido fra i lunghi capelli biondi di Melany mentre si stringeva e strofinava le braccia, ancora concentrata sul panorama, ignara del tentativo di Ren di posare una mano sulla spalla per spingerla a sé e riscaldarla, tuttavia un attimo prima di sfiorarla ritirò la mano, chiudendola a pugno per infilarla in tasca.
«Sei stata bene questa sera?» le domandò Ren, appoggiandosi alla ringhiera e perdendo lo sguardo nello scenario natalizio.
«Sì, molto bene» rispose lei sorridendogli, ma lui non si voltò a guardarla.
Ren stette in silenzio puntando l'orizzonte: i capelli neri mossi dal vento lasciarono intravedere i suoi occhi di cristallo brillare come se vivessero di luce propria, mentre si mordeva il labbro superiore con fare nervoso. Chiuse le palpebre, abbassò lievemente il capo e liberò un lungo respiro.
«Bene, perché non ce ne saranno altre» mormorò, voltandosi a guardarla.
Melany impietrì, immobile con le mani sulle braccia, lo guardò trattenendo il respiro. Forse aveva sentito male.
«N-Non ho capito bene...» sussurrò senza distogliere lo sguardo da lui.
«Che cosa vuoi da me, Melany?» domandò Ren con espressione seria. La ragazza provò a rispondere subito, ma sentì la bocca secca e dovette inumidirsi le labbra con la lingua, poi deglutì.
«Cosa voglio...? Beh, starti accanto, parlare con te, uscire con te...» borbottò abbassando lo sguardo e grattandosi la nuca.
Quella brutta sensazione che non l'aveva abbandonata neanche per un attimo iniziò a farsi strada prepotentemente nel petto, come un virus che si sveglia dal suo periodo d'incubazione.
Ren sospirò, le prese una mano e lei alzò lo sguardo puntando gli occhi nei suoi. «Allora per il resto della serata farò tutto quello che vuoi, esaudirò ogni tuo desiderio e mi comporterò da bravo fidanzato. Ma, tutto questo, oggi finisce qui, Melany. Da domani sarà meglio fingere di non esserci mai conosciuti» disse.
Gli occhi di Melany si spalancarono, sconvolti, increduli, mentre cercavano disperatamente un barlume d'incertezza o di dubbio in quelle iridi di ghiaccio così fredde da farle paura, poi, lentamente, abbassò lo sguardo sulla sua mano stretta da quella di Ren. Non riusciva a capire. La stava lasciando? E perché? Solo ieri gli aveva confessato di trovarlo diverso, più vicino a lei e... adesso? Che cos'era cambiato?
Una grande rabbia le crebbe dentro.
«Ma che diavolo dici?!» sbottò ritirando bruscamente la sua mano. «Ti comporterai da bravo fidanzato? Solo per stasera? Che razza di discorsi sono?!» aggiunse sentendo il respiro accelerare e il cuore bussare violentemente.
Il suo sguardo si fece severo, furioso perché non avrebbe tollerato un'altra alzata di testa o crisi psicotica, non arrivati a quel punto, dopo i baci, le parole di conforto, le carezze, non poteva credere che ancora una volta volesse allontanarla senza motivo. Non l'avrebbe sopportato e... non l'avrebbe perdonato.
«Per favore, Melany, non renderlo più difficile di quello che è. Hai detto di essere stata bene stasera, no? Non puoi fartelo bastare?» insisté lui portandosi una mano sulla fronte, scuotendo la testa.
"Non puoi fartelo bastare?" ripeté nella sua mente. Melany non capiva e non voleva assolutamente capire. La rabbia sembrò bruciale le vene.
«Tu vuoi scherzare? E sentiamo, per quale motivo ci dovremmo lasciare? Dammi una spiegazione valida. La esigo!» gridò per nulla interessata ai passanti che si fermavano a osservarli.
Ren, dopo essersi guardato intorno, la fissò per un attimo, poi distolse nuovamente lo sguardo. «Molto presto capirai anche tu che due come noi non possono stare insieme. È meglio se dimentichi tutto. Abbiamo commesso un errore e io lo sapevo...» spiegò portandosi entrambe le mani dietro al collo, mostrandosi in difficoltà, tuttavia Melany era troppo fuori di sé per riuscire a controbattere e fra loro ci fu solo silenzio.
La ragazza, senza distogliere lo sguardo da lui, prese un profondo respiro decisa a porgli quella fatidica domanda. Tanto non aveva altro da perdere.
«Ancora quella parola: errore. Mi hai sempre e solo considerata così, non è vero? Non hai mai neanche tentato di cambiare la tua idea, giusto?» mormorò fra i denti, sentendo una sgradevole emozione risalire l'esofago. «Che cosa hai provato per me finora? Cosa sono stata? Un passatempo? Un gioco divertente?!» alzò la voce senza controllo. «Perciò ti dimenticherai di me come se fra noi non fosse successo nulla? È questo che stai dicendo?!» Le parole si fecero strada fra le corde vocali bruciando ogni cellula incontrata al loro passaggio, cariche di disprezzo e rammarico.
Ren non replicò subito, schiacciato e risentito dal suo tono di voce ricolmo di ostilità. Sapeva che troncare quel rapporto non sarebbe stato facile, che lei non l'avrebbe accettato senza una dovuta spiegazione, ma quel che non aveva considerato era la sua stessa incertezza, alimentata dalle dure parole della ragazza. Tuttavia, aveva ormai preso una decisione e non poteva tornare indietro.
«No, Melany, non è stato un gioco. Io non... ti sbagli. Però... sì, mi dimenticherò di te, eliminando ogni ricordo, ogni attimo passato insieme. A scuola, a casa mia, al cinema, sparirà tutto. Come se non ci fossimo mai incontrati. È meglio così, credimi, e dovrai fare lo stesso» rispose deciso, come se stesse impartendo un ordine indiscutibile.
Melany abbassò lo sguardo, incapace di guardarlo ancora, mosse qualche passo indietro e gli diede le spalle.
«Allora, se per te è tanto facile dimenticarmi, vuol dire che quello che provavi per me non aveva alcun valore. Ti sei preso gioco di me, dei miei sentimenti. Sei spregevole... Sei solo... solo...» mormorò, ma non riuscì a completare la frase e andò via, prima che la tristezza s'impossessasse completamente di lei impedendole di trattenere le lacrime. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere per lui.
«Melany!» gridò Ren.
Sei solo un maledetto bastardo.
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