XI. Conoscere

La Tentacula Velenosa è una pianta magica di colore rosso intenso (figura 22.3), provvista di lunghi tentacoli dotati di denti in grado di attaccare gli umani. Il suo morso può essere fatale.

Le voci provenienti dal corridoio crebbero di intensità e Hermione si sforzò di ignorarle per concentrarsi solo sulla lettura. Oltre la porta della sua stanza una conversazione stava avendo luogo, ma si rifiutò di cedere alla curiosità, concedendola esclusivamente al libro che uno dei due interlocutori le aveva dato la sera prima – regalato, e almeno quello l'avrebbe tenuto.

I semi, tossici, sono classificati dal Ministero della Magia come sostanza non commerciabile di classe C (cfr. Decreto Ministeriale n. 37) e perciò detengono un valore elevato sul mercato illegale, che l'autore non intende in alcun modo suffragare.

Un grido acuto e pieno di indignazione le giunse alle orecchie e, nonostante l'impegno, non poté impedirsi di captarlo: «Ma come osi? Chi ti credi di essere?»

La professoressa Hanover aveva sfoggiato il tono più drammatico che Hermione avesse mai sentito, da vera regina – o principessa, per coerenza – del dramma.

Chiuse il libro, stando attenta a non sbattere la copertina e deturpare le pagine rare a causa della propria irritazione: era impossibile leggere se continuavano a distrarla. Pensò con ardore ai tavoli silenziosi della biblioteca, ma considerò con sconforto la pila di messaggi sulla scrivania. Senza la sua assistente a occuparsi della corrispondenza dell'ufficio, il carico di lavoro era improvvisamente aumentato e non poteva permettersi di indugiare in una lettura, per quanto interessante, perciò lo posò in un angolo e trasse a sé le pergamene.

La voce da fuori fu seguita da una porta sbattuta poco elegantemente e poi, infine, dal silenzio. Hermione prese un lungo respiro e si rilassò, ma la sua opera di preparazione fu interrotta nuovamente: colpi ritmici sulla soglia, prepotenti, le fecero riaprire gli occhi di scatto e battere le dita con irritazione.

Si decise ad alzarsi solo per mettere a tacere quel rumore: se aveva ragione, non sarebbe stata entusiasta della fonte che l'aveva prodotto, non in quel momento in cui la diffidenza sembrava l'unica solida certezza del presente. Oltre la porta le si rivelò infatti il viso di Draco Malfoy, il mento liscio, spigoloso, le iridi grigie che odiava trovare così espressive, quando tutto il resto di lui era imperscrutabile e ignoto.

«Mi fai entrare?» chiese, come nella richiesta di una concessione più che dovuta.

Hermione fu tentata di chiudergli la porta in faccia, non aveva neanche spostato il palmo dalla maniglia: accennò un movimento col polso, ma lui lo intercettò e portò la mano sulla sua. Gentile ma decisa, la lasciò lì a impedire un'ulteriore iniziativa, ma liberò un dito per sfiorarla dolcemente sul dorso – la contraddizione della sua mano che offriva e che minacciava.

Le restò solo da contemplarlo, una proverbiale faccia da schiaffi, e lei aveva già reagito in precedenza all'irritazione nei suoi confronti offendendogli una guancia, ma non l'avrebbe più fatto – non poteva atteggiarsi a ragazzina gelosa, non alla sua età.

«Sei di cattivo umore, oggi?»

Hermione strinse le palpebre e ritirò di scatto la mano dalla sua stretta. Lui ne approfittò per infilarsi all'interno della camera e chiudersi la porta alle spalle.

«Ti hanno fatto un incantesimo di memoria, Malfoy? Non ricordi la delusione che ho ricevuto dalla mia più stretta collaboratrice solo ieri sera?»

«Ricordo di ieri sera. Ricordo che mi hai guardato come se fossi la persona più orribile nell'aula.»

«Non la più orribile.» C'era Rose Zeller nella stessa stanza.

Lui lasciò andare un brusco respiro. «Mente analitica e cuore tanto impulsivo: sei una contraddizione vivente» mormorò a voce bassa, ma erano soli nel silenzio e lei lo udì comunque. L'avrebbe udito anche tra la folla, per la curiosità violenta di scoprirlo che lui le aveva ispirato e la avviluppava in lacci insopportabilmente stretti – verso di lui, quando la razionalità di una conoscenza così nuova avrebbe dovuto tenerla a distanza.

Hermione mosse la mano verso la tasca che conteneva la bacchetta, per mostrare a lui, che era la vera contraddizione, il significato esatto dei propri istinti. Ancora una volta, Draco la precedette e la strinse nella propria – mano nella mano, come in una scena che aveva già visto con un'altra protagonista. La strattonò per liberarsi dall'imposizione del suo tocco, ma lui non fu clemente e lei dovette arrendersi a sentire sulla pelle la rigida morbidezza dei suoi polpastrelli.

Draco fece un passo in avanti verso di lei. «Tutta questa ritrosia perché ho usato una Maledizione? Mi sembra che per il risultato ottenuto ne sia valsa la pena.»

«Io non agisco per i miei fini con sprezzo delle conseguenze.»

«Io sì. Lo sapevi già.»

Lui sì. L'aveva voluta, sprezzante del suo matrimonio. L'aveva avuta, e Ron Weasley era solo il padre dei suoi figli.

«Lo vedo. L'ho visto.»

«Cosa hai visto, esattamente?»

Hermione distolse lo sguardo, voltandolo sulla porta chiusa sul corridoio in cui lui si trovava, prima, con la professoressa Hanover.

Alzò la voce. «Incurante nei confronti di chiunque potesse entrare accidentalmente in contatto con la Maledizione Flagrante. Incurante nei miei confronti: tieni per mano tutte le donne che conosci, Malfoy?» Scosse la testa, ironica, e si rispose da sola. «No, non ti accontenti.»

Lui seguì la direzione dei suoi occhi e ridacchiò. «Così acuta, appunto, eppure sei arrivata alla conclusione errata: l'orgoglio ferito ti avvelena la mente.» Con l'altra mano le prese il mento e piegò il viso verso di lui, così lei poté scorgere un lampo di trionfo percorrergli le iridi: lui aveva intuito cosa le passava per la mente, voleva che lei lo ammettesse a voce alta. Voleva che lei si compromettesse, in nome dell'interesse che mostrava nei suoi riguardi, palesandolo tra loro. Eppure intuirlo non contribuì ad aumentare di intensità la sua irritazione: Hermione Granger non era debole nelle parole, non era lei la codarda tra loro.

Draco continuò con un'espressione più seria: «Prima Margaret è stata più espansiva del solito e io le ho detto di non gradire che le sue attenzioni si approfondissero. Merlino, devi aver sentito anche tu la sua reazione indignata!»

Ma come osi? Chi ti credi di essere? Solo una donna tanto piena di sé avrebbe potuto reagire con quelle parole a un rifiuto e Hermione non le trovò inverosimili. Suo malgrado, sentì i tratti corrugati del viso rilassarsi. Però cedere al sollievo significava cadere da un precipizio in fondo al quale c'erano le sue braccia, e non sapeva con certezza che l'avrebbero presa al volo. Draco allargò le dita sulla sua guancia, racchiudendola nel palmo: adagiarla a quella mano avrebbe implicato concedersi un abbandono che non era sicura di potersi permettere, perciò non inclinò di un centimetro il viso.

Avendo notato che lei non gli aveva offerto alcuna replica, né verbale né tattile, insisté: «Ti assicuro che sono stato molto chiaro. Ti ho già detto che non l'ho mai considerata da questo punto di vista.»

Lei mi vuole perché pensa che io sia perfetto. Tu sai che non lo sono.

Hermione chiuse gli occhi e scosse piano la testa.

«Veritaserum.»

Li riaprì per rivolgergli un'espressione interrogativa e lui spiegò: «È al sedicesimo giorno di preparazione: altri undici e sarà tuo, se vorrai. Potrai scegliere di usarlo su Rose Zeller, o su di me.»

Hermione sollevò un angolo del labbro superiore, irridendo la sua proposta. «È questa la tua risposta? Io non mi faccio giustizia da sola, conto sull'operato del Wizengamot del mio Ministero.» Incrociò le braccia al petto. «E per quanto riguarda te, sono piuttosto sicura che non ti proporresti mai per ricevere del Veritaserum se non fossi già addestrato a resistere agli effetti.»

Draco la guardò con un sorrisetto ammirato e lei poté permettersi di pensare di conoscerlo, almeno in quello. Poi un'ombra gli oscurò il volto e parlò più serio: «Perciò tu non vuoi darmi ascolto. Non sei tanto diversa da Weasley e dalle sue false accuse.»

Non poteva accettare quell'allusione, quando lei stessa l'aveva difeso. Alzò il capo con fierezza. «Va bene, ti credo» concesse. «Hai ragione: ho sentito la risposta della professoressa Hanover.»

Lui annuì. «E qual è il tuo problema, ancora?» La sua mano discese su un fianco, costringendola ad avvicinarsi appena.

Lei abbassò gli occhi sul suo collo, sull'allacciatura del mantello che avvolgeva il corpo con cui aveva condiviso una prossimità accidentale, ma inaspettata e gradita. Scegliere di ritrovarla doveva essere una decisione razionale.

«Io non ti conosco

Draco lasciò ricadere le braccia lungo il tronco. «Io non sono Rose Zeller. Non ti ho fatto niente.»

Hermione alzò la testa e inarcò un sopracciglio.

«Non ora» precisò lui. «Andiamo, Granger. Hai di nuovo tredici anni?» insinuò con irritazione.

«No, altrimenti ti avrei picchiato» ribatté con aria di sfida.

Doveva ricordare anche lui quel precedente, ma non reagì. Socchiuse gli occhi, come nel tentativo di nasconderle le emozioni che li avrebbero attraversati. Le palesò nelle parole ponderate: «Ti ho detto cose di me che non sono esattamente di pubblico dominio.»

«Voglio sapere altro.»

«Chiedi.»

«Mi risponderai?»

«Prova a domandare e lo scoprirai.»

«Tu vuoi conoscermi?»

L'uomo le sorrise e il desiderio di affondare sul suo torace divenne più intenso. Si toccò il collo della camicia con aria meditabonda e poi chiese: «Qual è il tuo libro preferito?»

Hermione scoppiò a ridere, arrendendosi. Lasciò che la leggerezza la pervadesse, senza più combatterla. Harry era stato in grado di donargliela per il passato che li univa, Draco gliela concedeva per il loro presente ed era così inattesa che lei si aggrappava ai suoi contorni sfumati temendo sempre che le sfuggisse dalle dita come sabbia bruciata dal sole.

«Non c'è abbastanza tempo per questa risposta: non sei in ritardo per una lezione?» rilevò, puntigliosa.

Lui parve rendersene conto solo in quel momento, ma si ravvide subito e le mostrò un'espressione noncurante. «Faccio quello che mi pare, Granger.»

«Vai» lo rimproverò.

«Non prima di aver ottenuto qualcosa da te.»

Lei sbuffò, divertita. Gli aveva già dato non poco, di se stessa. «Cosa vuoi?»

Allungò una mano verso di lei e finalmente Hermione si sentì più tranquilla da permettersi di scivolare nel suo abbraccio. Era vero e innegabile: lui si era confidato con lei, anche lui le aveva dato qualcosa, di se stesso.

Draco la tenne a sé e inspirò tra i ricci increspati, poi piegò il capo per raggiungerla su una guancia e vi posò le labbra: la sfiorò l'impalpabile carezza del suo alito. Lei si lasciò stringere e incrociò le braccia dietro al suo collo. Quando Draco raggiunse la bocca la trovò già dischiusa, così le loro lingue si intrecciarono senza la fragile barriera delle labbra. Nel calore del suo palato, nel fuoco calmo del suo bacio, Hermione ritrovò una connessione che era recente, ma affondava le radici in un passato a cui negli anni non aveva smesso di pensare: era suo preciso dovere esplorare il presente che si disvelava, adesso che ne aveva l'opportunità.

Draco teneva una mano alla base della sua schiena, sollevata la stoffa; l'altra, sul mento, le racchiudeva il viso. Si separò dalle sue labbra ma non si allontanò da esse per parlare: «Andrai via, ora?»

Tornerai a casa, adesso? Gliel'aveva chiesto anche Harry, ma quella domanda da un'altra bocca si trascinava dietro un profondo carico di implicazioni ancora da sviscerare.

«Dovrò passare ad aggiornare e salutare la preside, prima.»

«Passerai a salutare anche me?»

Lei non gli chiese se intendesse quel saluto come un addio: per una volta, priva di audacia era lei. Sentì un groppo alla gola, le insicurezze che prima aveva voluto urlargli addosso le avevano tolto la parola.

Tu vuoi conoscermi? Lui non aveva risposto semplicemente sì, e lei preferì leggerlo sottinteso piuttosto che osare domandare e rischiare una risposta.

Lui la incalzò, risparmiandole di dover replicare: «Raggiungimi, dopo.»

«Vieni tu da me.»


Procedendo nel corridoio del secondo piano, Hermione ripensò alle parole della preside McGranitt, sollevata che il nuovo risvolto nell'indagine fosse stato prontamente allontanato da Hogwarts. Ci avrebbe pensato lei stessa a convocare il signor Potter o un suo collaboratore, se il Ministro non l'avesse preceduta.

Le torce bruciavano instancabili, disegnando sulle pareti le ombre delle armature immobili e delle panche disposte lungo i muri. Vide una sciarpa di Tassorosso dimenticata su una di esse e si chiese se il proprietario sarebbe tornato a recuperarla prima che gli Elfi Domestici la rimuovessero per mettere in ordine.

Era così assorta che non si rese conto subito che il silenzio l'aveva circondata anche dall'esterno: i passi dei gruppi di studenti si erano fatti radi, perché era giunta, sovrappensiero, nelle vicinanze del posto meno frequentato del castello. Quasi tutti si tenevano alla larga dal bagno delle ragazze del secondo piano, che Mirtilla Malcontenta si impegnava stoicamente negli anni a rendere inagibile, e quando Hermione non l'aveva fatto le conseguenze erano state imprevedibili.

Guardò davanti a sé e vide sopraggiungere da lontano Draco Malfoy. Si bloccò solo un momento, poi riprese a camminare verso di lui, mentre anche lui le andava incontro. Si fermarono alla minima distanza opportuna tra loro in pubblico, e lei considerò distrattamente che avevano raggiunto proprio l'ingresso di quel bagno in cui si erano conosciuti oltre tutto quello che sapevano già l'uno dell'altra – e lei voleva conoscerlo ancora, di più.

Lui parlò alle sue labbra. «Ti stavo cercando.»

Vieni tu da me, gli aveva detto, e lui aveva tenuto fede al suo impegno: stava salendo dai sotterranei verso di lei e lei, che non si sarebbe mai considerata in alto rispetto a chiunque, ma solo uguale, era scesa.

«Mi hai trovata» sorrise compiaciuta.

Draco protese le dita e la sfiorò dal polso al gomito, poi scosse la testa e le ritrasse per nasconderle in una tasca, come se quella fosse stata la destinazione che aveva inteso dal primo momento in cui le aveva spostate dal fianco. «Per quale squadra di Quidditch tifi?» domandò distrattamente.

«Non seguo il Quidditch.»

«Peccato» mormorò, increspando la bocca. «La tua materia preferita?»

Hermione si illuminò. «Quasi tutte. La tua non te la chiedo neanche.»

Malfoy rise piano, mentre una studentessa che passava accanto salutava il suo professore di Pozioni, e il Ministro, e loro ricambiavano sbadatamente.

Lui si guardò intorno, considerando i pochi che transitavano nel corridoio, e tornò a prestare attenzione a lei, alle sue labbra, ai suoi occhi, con un'espressione così colma di desiderio che era solo un bene che non fossero nell'affollata Sala Grande o nell'atrio di una Sala Comune qualsiasi. Non era esattamente interessata a promuovere la genesi di un pettegolezzo, quando si riteneva solo disposta a indagare con prudenza qualunque cosa potesse nascere. Lui lo era altrettanto?

I suoi occhi le percorsero i vestiti e ardevano come se lei fosse già nuda. La lingua si sporse a inumidire un tratto della bocca. «Malfoy, sei sfacciato.»

«Anche questo lo sapevi già» disse, senza mostrarsi affatto toccato. Ponderò la porta chiusa alla sua sinistra e quando tornò su di lei era acceso di determinazione. «Ti dispiace?» sussurrò.

Hermione si morse un labbro, incauta. Magari anche con meno prudenza.

Lui diede un'ultima veloce occhiata in giro per sincerarsi che in quel momento nessuno stesse camminando intorno a loro, poi allungò una mano per prendere la sua e con uno strattone la trascinò all'interno del bagno di Mirtilla Malcontenta, spalancandone l'uscio con la spalla.

Si concesse un istante per accertarsi che fosse vuoto anche quello, di umani e fantasmi, e per fortuna lo era. La spinse con la schiena sulla porta che lei aveva chiuso e Hermione abbassò le palpebre nell'accogliere il suo bacio, senza potersi concedere nemmeno l'opportunità di valutare con curiosità se il luogo era rimasto identico ai ricordi.

Draco mosse le labbra sulle sue toccandole senza riguardo e lei rispose allo stesso modo. Le morse delicatamente un labbro e glielo leccò voracemente – la contraddizione della bocca che offriva e minacciava.

Si aggrappò ai suoi capelli biondi, mentre lui la schiacciava con il proprio corpo contro l'ingresso alle sue spalle, togliendole il respiro non solo per l'imposizione esigente delle labbra. Aveva una mano affondata nella coscia, l'altra a stropicciare il tessuto della giacca all'altezza del fianco, come nella tentazione di rimuovere l'ostacolo, e Hermione ne sentiva il calore bruciante attraverso i vestiti.

Draco concesse a entrambi un momento per riprendere fiato senza farsi lontano. «Questo bagno è fuori uso da anni, ma tu e io sappiamo che non è così poco frequentato» disse, lievemente affannato, mentre spediva i palmi in una perlustrazione del suo corpo. Con il sinistro raggiunse la tasca in cui lei teneva la bacchetta e il suo atto di fiducia fu permettergli di prenderla, resistendo all'istinto che la spingeva a impedirgli di disarmarla. «Fammi vedere quanto sei brava» pronunciò in un sussurro roco, porgendogliela e accennando col capo alla porta dietro di lei.

«Stai pensando di passare alla cattedra di Incantesimi?»

«Non parlarmi di cattedre quando mi sei così vicina.»

Hermione pensò che sarebbe potuta arrossire, se fosse stata meno che ammaliata dal suo tono roco, che conservava traccia di una sofferenza che poteva estinguersi solo annullando ogni distanza.

«Non se prima non ti accerti che resteremo soli» continuò lui.

Le aveva dato la sua stessa bacchetta, perché fosse lei, ancora una volta, a decidere di cedere. Hermione si girò e si produsse nell'incantesimo di protezione più potente che le riuscì, sorprendendosi della capacità di trovare la concentrazione di lanciarlo alla perfezione mentre lui scostava i ricci con un lamento contrariato a mezza voce – «Troppi capelli...» – e si dedicava con la lingua alla pelle sensibile del collo.

«Questo terrà lontano persino un fantasma» annunciò fiera.

«Non preoccuparti di Mirtilla Malcontenta. Se non è qui, sarà a importunare qualcuno nel bagno dei Prefetti.»

Hermione rimise a posto la bacchetta, si voltò e con le mani libere lo trascinò a sé per i lembi della camicia sotto il mantello.

«Buon per noi» aggiunse lui, ammirando la sua iniziativa.

Il torace le premette addosso e lei accentuò quella prossimità spingendolo alla base della schiena. Le labbra si incontrarono, e si scontrarono, nuovamente e lei si beò della consapevolezza di stare imparando a riconoscerle, nel modo che avevano di tenere le sue tra di loro, nel modo che avevano di muoversi sulle sue, nel modo che avevano di toccare e accarezzare e assaggiare le sue.

Draco percorse con una mano un lato del busto per giungere a un seno e racchiuderlo. Con l'altra disegnò le tasche sul retro dei pantaloni, sfiorandone le curve e percorrendone i rilievi, e poi premendo perché il bacino aderisse al suo. Erano così stretti che nessun punto del suo corpo era risparmiato dal contatto con quello dell'altro: Draco era ovunque e il luogo che la circondava non aveva importanza, c'era solo lui attorno a lei, sulla sua carne accaldata.

Infilò entrambe le mani sotto la maglia per poter sollevare verso l'alto il reggiseno, senza aprirlo, liberando i seni. Si allontanò appena e la struggente aspettativa del suo tocco sul petto nudo fu insoddisfatta dal semplice tessuto dell'indumento che restava a sfiorarlo; Hermione imbronciò la bocca. Il suo sguardo bruciante la percorse dalla testa ai piedi e le mostrò che apprezzava ciò che vedeva: lei doveva apparirgli con i capelli più ingarbugliati del solito e i vestiti stropicciati e lui sembrava non trovare nulla di più eccitante.

La prese per un polso e la portò con sé, compiendo pochi passi all'indietro, allontanandola dalla porta. Draco camminava con confidenza e lei considerò che aveva imparato bene i confini di quell'ambiente in cui aveva trascorso più tempo di lei. Lungo la parete più lontana c'era una fila di cubicoli chiusi, nei quali il fantasma amava nascondersi a piangere, riempiendo l'ambiente di lamenti acuti. Le tubature di uno di quelli erano congiunte all'ingresso della Camera dei Segreti, ma l'unico segreto in quel momento era sibilato tra due bocche avide.

Draco si mosse intervallando ogni paio di passi con i suoi baci, spingendola tutte le volte contro il muro di pietra ruvida, e lei assecondò ciascun movimento.

Lo fece di nuovo e si piegò lievemente sulle ginocchia per abbassarsi all'altezza del torace, tenendo verso l'alto l'estremità della maglia per scoprirle il petto. Raggiunse con la bocca e con la lingua un seno, ne leccò la punta in carezze studiate, lo succhiò. Hermione si lasciò andare, sorretta dalla parete dietro di sé, una mano allargata sulla pietra fredda ai lati del proprio corpo.

L'uomo si interruppe e la maglia scivolò nuovamente in basso, ma non ebbe modo di fargli intendere la propria frustrazione. La riprese per mano per raggiungere il lavandino vicino, si precipitò ancora con le labbra sulle sue e Hermione dovette ignorare il fastidio del bordo di porcellana bianca premuto contro le natiche in seguito alla sua irruenza. Lui infilò ancora le mani sotto la maglia, sui fianchi nudi, e la strinse. «Hai detto di volermi conoscere» sussurrò, e lei annuì. Fece per ritornare a baciarlo, ma lui schiacciò più forte per bloccarla e la fece voltare. Hermione seguì il movimento della bocca che articolava parole riflesso nello specchio sopra il rubinetto chiuso: «Allora conoscimi. Guardami.»

Il suo tono roco le fece torcere lo stomaco in un nodo inesplicabile, la promessa di delizie che aveva già conosciuto ma non aveva studiato. Tenne gli occhi aperti, fissi sul loro riflesso, mentre lui piegava la testa per arrivare a baciarle il mento e poi scendere. I denti sfiorarono la pelle, la lingua la bagnò e il suo fiato la fece fremere. Nello specchio, le ciocche di capelli di un biondo chiarissimo sopra la sua spalla; nell'incavo del collo, il suo respiro famelico. Draco restò in quella posizione e furono le sue mani a muoversi: dai fianchi salirono sull'addome e ancora verso l'alto, si posarono sui seni nudi e affondarono, mentre anche il suo bacino, dietro di lei, le si premeva contro.

Lui le aveva detto di guardarlo, ma aveva nascosto gli occhi vicino a una sua clavicola e le mani erano celate dai vestiti. Ciò che Hermione poté vedere fu solo se stessa e spiò il modo con cui si arrendeva al suo tocco ancora superficiale e lo inseguiva: il capo inclinato di lato perché lui potesse accedere più liberamente al collo, la schiena abbandonata sul suo torace, il rossore che le aveva colorato le guance. «Guarda cosa ti faccio.»

Draco sollevò la testa e la osservò, lei così stretta a lui, schiacciata come se fosse possibile esserlo di più: le sue iridi erano il fuoco rovente del metallo argenteo fuso, la lingua si sporse appena a inumidire un labbro. «Guarda cosa mi fai.»

Non spostò gli occhi dal suo viso riflesso mentre riprendeva a muovere le mani per dedicarsi alle punte dei seni, solleticandole in una cadenza che le fece presto aprire la bocca per respirare affannata. Due dita strinsero forte e la fitta acuta le provocò un gemito che non aveva niente del dolore: vide le labbra nello specchio aprirsi per lasciar andare quel verso. Si aggrappò con i palmi al bordo lucido del lavandino e spinse il ventre all'indietro per ritrovare il suo.

Draco lasciò una mano su un seno, mentre l'altra scivolava verso il basso, dallo sterno all'ombelico, raggiungendo il bottone dei pantaloni. Lo aprì e fece scendere la cerniera per poter infilarsi liberamente sotto il cotone dell'intimo e prendere ad accarezzarla. I polpastrelli si mossero tra le pieghe della sua carne umida e lei rilassò la testa all'indietro, sulla sua spalla, e chiuse gli occhi.

L'uomo bloccò le dita, pur senza allontanarle, immobili a una prossimità struggente. Hermione aprì la bocca per protestare, ma fu silenziata dai suoi denti sull'orecchio – la passione imbrigliata nella delicatezza – in risposta ai quali lei la richiuse per ingoiare un ansito inaspettato.

«Ti ho detto di guardare.»

Aprì gli occhi. Non si erano denudati e riflesso nello specchio c'era solo il profondo coinvolgimento sui loro volti, l'unica porzione di pelle scoperta, l'unico modo in cui si sarebbero conosciuti in quell'occasione, nel luogo in cui si erano conosciuti davvero anni prima.

Conscia che non avrebbe più spostato lo sguardo perché lui non osasse interrompersi ancora, Hermione percepì le mani che riprendevano a muoversi. Nello specchio quadrato adombrato da un sottile velo di polvere le loro figure arrivavano solo fino alla vita, ma lei sentì su di sé i palmi che si muovevano al di sotto di quell'immagine virtuale: Draco tenne tra le dita e i pollici il bordo dei pantaloni e delle mutande insieme e poi restò solo a fissarla, sul vetro. Inarcò un sopracciglio, invitandola a domandare la prosecuzione di quel gesto dall'esito scontato.

«Vai avanti.» Hermione tentò di imprimere alle proprie parole la debolezza di un ordine invece che la forza di un'implorazione.

Il mago, che non aveva atteso altro che il suo assenso, li tirò verso il basso in un unico, rapido movimento. Non erano larghi e si arrestarono a metà delle cosce senza cadere sul pavimento, ma non costituirono più un intralcio alla spinta impetuosa del suo bacino. Pur coperta dal tessuto che inevitabilmente doveva mettere in rigida tensione, la sua eccitazione premette contro di lei e Hermione soffocò un gemito: strinse più forte il bordo del lavandino davanti a sé, senza abbassarsi a spiare il rilievo delle nocche sul dorso delle proprie mani. Ne allungò poi una all'indietro per poterlo toccare, e spogliare, ma lui la anticipò: udì il rumore della cerniera che scivolava in basso, il fruscio del tessuto che sfregava contro i muscoli delle cosce e, quando lui si spinse nuovamente contro di lei, fu percorsa da un fremito nell'ottenere la certezza della sua nudità.

Non l'aveva neanche più baciata: la sensazione di lontananza che le bruciava la bocca non si esauriva nel ricordo, ma trovava combustibile vergine nell'attesa. Voltò il capo all'indietro perché la mancanza della sua si era fatta insostenibile e lui si sporse ad accontentarla, nell'unico atto in cui le avrebbe concesso di chiudere gli occhi e abbandonarsi al suo tocco. La lingua penetrò tra le labbra dischiuse e si mosse dolcemente contro la sua, lenta e languida, mentre una mano sulla nuca la teneva vicina e l'altra si insinuava nuovamente tra le sue cosce, fermandosi poco dopo, quasi solo per sentirla, calda e umida contro di lui, e tenerla vicina, più che per prepararla. Quasi.

Quella mano riprese a stuzzicarla, mentre Draco interrompeva il bacio e ne posava uno sul collo, al confine con il bordo della maglia. Dalla gola di Hermione si librò un verso indistinto nel silenzio del bagno vuoto. Non solo il senso del tatto, ma anche la vista le comunicò la destinazione dell'altro palmo: l'indumento si gonfiò al suo passaggio, si sollevò nello specchio e un capezzolo tornò a essere destinatario delle sue impudiche attenzioni.

Fu stretta a lui, una mano tra le gambe e una sul seno, che udì, e ascoltarono entrambi, la voce acuta di Mirtilla Malcontenta fuori dalla porta: «Perché non riesco a entrare nel mio bagno? Perché continuate a divertirvi con la povera Mirtilla?» Le domande lamentose sfumarono in piccoli singhiozzi, che si fecero più flebili mentre si allontanava sconsolata.

La ignorarono: lei piegò la schiena in avanti, la inarcò aggrappandosi con le mani al lavandino per sorreggersi e vide il riflesso di lui abbassarsi leggermente, mentre piegava le ginocchia per ricercare la posizione in cui sarebbe entrato in lei.

La colmò della sensazione che l'aveva condotta ad agognare e ritrovarlo in profondità fu esporre la pelle nuda alla pioggia, al vento, alla tempesta e alla burrasca. Presero a muoversi in sincrono con destrezza, come se sapessero cosa fare per una consuetudine rincorsa da anni, seguendo in realtà un istinto primordiale che non sbagliava. Hermione assecondava le sue spinte, andandogli incontro con il bacino e manifestandogli il medesimo desiderio. Lui portò una mano su una natica e la fece scivolare verso la coscia per afferrarla: la alzò e la piegò per appoggiarla al bordo basso del lavandino, ricercando un'inclinazione differente. Trovò un incastro nuovo e le sensazioni inedite che lei ne ottenne furono come sentire sulla cute recettiva il sole, la calura, l'arsura e il fuoco.

Non aveva smesso di toccarla, sul petto ormai fin troppo sensibile al punto da risultare quasi dolente, e quando tutto fu semplicemente troppo il piacere raggiunse un apice che le esplose dietro le palpebre e la travolse in pieno: solo alla fine chiudere gli occhi non avrebbe portato con sé le conseguenze di un suo rimprovero e così l'immagine nello specchio si infranse, quando ne aveva già ottenuto tutto, mentre la conservava incastrata tra un battito e l'altro del cuore agitato.

«Mi scriverai, quando sarai andata via» le ordinò in un orecchio, spingendosi ancora in lei, e smorzando il rigore con un bacio delicato su una guancia.

«Scrivimi tu» ribatté, il respiro ancora affrettato, riaprendo controvoglia gli occhi per rivolgergli un sorrisetto.

Raggiungimi, dopo.

Vieni tu da me.

Si sarebbero incontrati a metà strada, di nuovo? Due gufi a incrociarsi in volo nei cieli britannici e due corpi e due menti che sperimentavano congiunzioni insospettate su un sentiero nuovo. Draco sorrise e annuì e lei dedusse che la risposta poteva essere affermativa.

Si mosse un'ultima volta dentro di lei, liberandosi nell'esalazione roca di un sospiro che originava dalla parte più intima e nuda di lui.

Lo specchio le rimandò l'immagine di lineamenti stravolti dallo sfogo della passione. Solo il volto, giacché erano ancora vestiti per la maggior parte, nella scomodità di un bagno pubblico – l'unico modo in cui si sarebbero conosciuti in quell'occasione, nel luogo in cui si erano conosciuti davvero anni prima.


«Mi sono distratto prima» disse Draco, e lei trattenne un sorriso malizioso a quell'allusione, «cosa intendevi con "quasi tutte"?»

Hermione ricordò che le aveva domandato delle sue materie di studio preferite e gli raccontò dell'abbandono delle lezioni di Divinazione al terzo anno.

Lui la guardò divertito. «Non credevo ne fossi capace.»

«La nobile arte della Divinazione» declamò. «Per favore!»

Draco si fece incredibilmente costernato. «Di recente la professoressa Cooman ha predetto la morte del mio gatto.»

Hermione aprì la bocca per rassicurarlo, certa che il suo gatto sarebbe stato più che bene, ma lui la precedette: «Una terribile disgrazia, visto che in effetti non ho un gatto.»

Rise con lui e ammirò la luce che gli accendeva lo sguardo maturo.

Camminavano l'uno accanto all'altra, i passi sincroni e il tono basso, come nel tentativo di prolungare l'intimità che era esistita tra rubinetti asciutti e specchi impolverati e si sarebbe infranta non appena fosse stato sciolto l'incantesimo protettivo posto sul bagno, se non avessero continuato entrambi a ricercarla. Le loro dita erano vicinissime e non si sfioravano e Hermione le sentiva quasi dolere per lo sforzo di trattenerle. Si chiese se lui avesse lo stesso istinto, dato che le infilò nelle tasche e la toccò solo con gli occhi avidi.

«Un suo classico intramontabile è predire la morte degli studenti. Harry era il suo bersaglio preferito.»

«All'improvviso mi è più simpatica.»

«Che le tue simpatie non siano sempre ben indirizzate è risaputo» ribatté Hermione, alludendo al passato di lui con una leggerezza che non avrebbe detto possibile, prima.

«Da un mago oscuro a una strega matta» considerò in tono ilare. «Teniamola d'occhio: arriverebbe a uccidere lei stessa pur di avverarle.»

Hermione rabbrividì. «Non scherzarci.»

Svoltarono l'angolo e si ritrovarono in prossimità di una rampa di scale. Una scena insolita li fece bloccare sul posto, si scambiarono uno sguardo preoccupato e poi affrettarono i passi in quella direzione.

Un'agitazione inconsueta animava i maghi ritratti alle pareti, e di riflesso cresceva la sua. Hermione udì distrattamente parole concitate – povera ragazza, immobile, qualcuno la aiuti – mentre si precipitava verso le scale con Draco accanto.

Ai piedi dell'ultimo gradino, un corpo si trovava riverso a terra, con la faccia rivolta verso il pavimento. Non si muoveva. Il mantello della divisa lo copriva e lei non avrebbe saputo dire se si sollevasse al ritmo del respiro. La sciarpa blu avvolta al collo lo identificava come appartenente alla Casa di Corvonero, la borsa a tracolla si era aperta e la copertina rossa di un libro sporgeva dall'interno. Il cappuccio era scivolato a oscurare quasi del tutto il volto, solo una ciocca di capelli scura era libera. Hermione considerò con orrore quella vista, sebbene una piccola parte di sé fosse sollevata che quei due indizi non suggerissero nessuno degli alunni di Hogwarts della sua famiglia.

Attorno alla testa il sangue, copioso, aveva imbrattato la pietra, insinuandosi tra le fughe.

Al suo fianco, Draco imprecò.





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Note:
Non è noto quale legge regola le sostanze non commerciabili e perciò il dettaglio sul Decreto Ministeriale n. 37 è inventato.
Ho scritto la conversazione sulla Divinazione tra Draco e Hermione basandomi sul fatto che in Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban lui non compare durante le lezioni, perciò evidentemente non l'ha scelta come materia facoltativa al terzo anno, quindi non ha assistito all'abbandono del corso di lei o alle costanti allusioni della professoressa a un destino nefasto per Harry.

Insomma, a Hogwarts non si può stare tranquilli un attimo. Al prossimo capitolo!
Vi ricordo che sono anche su Facebook (Legar Efp) e Instagram (__legar__).
Grazie a chi continua a seguire questa storia.
Legar

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