VII. Confidenze
Il tavolo degli insegnanti all'estremità opposta della Sala Grande rispetto alle maestose porte d'ingresso era occupato dal personale al completo, con due aggiunte: Hermione sedeva con alla propria destra, più esterna, Rose, che nemmeno per la colazione abbandonava l'aria compita che assumeva sul lavoro.
Sulla sedia di legno dall'altro lato si trovava il professor Malfoy. La luce cupa del cielo grigio in cui si perdeva il soffitto incantato rendeva la sua carnagione persino più pallida; i capelli di un biondo sottile riflettevano le piccole e numerose fiamme delle file di candele a mezz'aria, riscaldandosi di sfumature dorate. Spiare le lievi occhiaie sulla cute chiara di Draco le rammentava con doloroso languore il tempo insonne trascorso sotto quelle mani che avevano intessuto segreti sul suo corpo.
Su un letto che non era il suo aveva percepito la carezza morbida della chioma che scivolava adagio sulla pelle, trascinando verso il basso la bocca dischiusa.
Mentre la sua mandibola si muoveva per masticare con gusto, sul mento dal profilo appuntito sfoggiava un accenno impercettibile di peluria chiara, di cui lei poteva evocare con perfetta nitidezza la sensazione che produceva strofinandosi sulla cute recettiva.
La barba corta si era sfregata sull'interno coscia, in leggerissime stilettate indecenti, mentre lui voltava il viso per dedicarsi al suo piacere.
La schiena dritta, le braccia ai lati del torace, i polsi che muovevano la forchetta e il coltello su un piatto ricco. Gliel'aveva detto, che aveva fame.
La bocca si era mossa voracemente sulla carne calda, la lingua più rapida dei suoi pensieri offuscati.
Calici e brocche di vetro fine accompagnavano sul tovagliato le posate accanto ai lucidi piatti di sottile porcellana, splendenti nella luminosità abbagliante delle torce. Ogni volta che venivano vuotati dai commensali che si servivano una porzione, i vassoi si riempivano per materializzazione di pietanze fastose, arrangiate in strabilianti combinazioni nello spazio: solo per magia il cibo poteva essere sistemato in disposizioni eleganti che trascendevano la gravità. Hermione si allungò a prendere due fette di pane tostato ancora calde, nel profumo fragrante del mattino.
Davanti a loro i quattro lunghi tavoli delle Case erano colmi di una convivialità che nemmeno i preoccupanti incidenti ai danni di due studenti erano riusciti a spegnere. Il metallo delle posate che batteva sulle stoviglie era sovrastato dalle conversazioni che avevano luogo al principio di una nuova giornata scolastica. Sapeva per esperienza su cosa potevano vertere: lo svolgimento dell'ultimo tema di Difesa contro le Arti Oscure, il preciso movimento della bacchetta per un incantesimo da apprendere, o ancora i pettegolezzi su una relazione appena sbocciata e le paturnie di drammi adolescenziali. Circa a metà del tavolo di Grifondoro la capigliatura rossa di Rose spiccava tra quelle dei suoi compagni – amici che le aveva presentato quando li aveva ospitati nella calura di pomeriggi estivi e altri che forse non avrebbe mai conosciuto. Mangiava, rideva, chiacchierava piacevolmente ed era bene attenta a evitare il rossore che le avrebbe colorato le guance se avesse incrociato lo sguardo della sua stessa madre. Hermione trattenne un sorriso divertito al pensiero, sarebbe risultato fuori luogo nella conversazione in corso tra i professori.
La preside, seduta al centro della tavola, appoggiò il bicchiere. «Ieri ho ricevuto un'altra lettera da parte di un genitore in ansia. L'anno scolastico è quasi al termine, tuttavia è necessario prendere provvedimenti per le poche settimane che restano.»
La professoressa Hanover, seduta accanto a lei, posò il tovagliolo di stoffa con cui aveva tamponato elegantemente la bocca e prese la parola: «Ha assolutamente ragione, ne va del buon nome della scuola.»
Hermione, che era in qualche modo d'accordo con lei, aggiunse, guardando la professoressa McGranitt: «Le ho già detto che considero la questione di una serietà estrema e intendo occuparmene personalmente. Resterò a Hogwarts per supportarvi in ogni modo possibile nelle indagini, mentre per il Ministero lavorerò a distanza.»
La strega la ringraziò sinceramente per il suo intervento.
Accanto a lei, Draco nascose un sorriso impertinente dietro la tazza da cui stava bevendo. Hermione protese una mano, nascosta sotto la tovaglia, a colpirgli scherzosamente un ginocchio. Lui, che una volta era stato malmenato da lei per motivi senza dubbio meno faceti, raggiunse la sua e la immobilizzò per un istante tra le dita, senza farle male; quindi la lasciò andare e portò la propria sulla rotula di lei, che si dedicò a sfiorare in un tocco molto più delicato, per poi muoversi verso l'alto lungo la coscia in una carezza brevissima. Tra i rumori del pasto, nessuno udì il sospiro a mezza voce che le suscitò.
Il rifugio ricavato all'interno della tempesta che aveva scosso la serenità del clima scolastico non si dissolveva di fronte al ripresentarsi dell'inquietudine per la minaccia di veleni impiegati ai danni di ragazzini inermi. Hermione scoprì che potevano convivere: era in grado di rivolgere attenzioni alle percezioni tattili evocate dall'uomo e al contempo confrontarsi razionalmente sui provvedimenti da adottare. Il suo tempo a Hogwarts poteva non riempirsi solo di nubi, le sue indagini potevano non riguardare un solo, palese elemento di mistero, bensì anche uno più intimo.
«Devo parlare della nuova regola agli studenti.» La preside si alzò, scostando la sedia all'indietro, e camminò con un'aria estremamente seria per portarsi davanti alla tavola e fronteggiare l'intero corpo studentesco, che si ammutolì non appena la scorse in quella postazione. Le dava le spalle, così Hermione poteva vedere solo i capelli raccolti in un'acconciatura stretta e il mantello sulla lunga veste da strega, del verde scuro degli arbusti bagnati fuori, ma ne udì chiaramente la voce amplificata per magia.
«Vi chiedo un momento di attenzione per un avviso urgente.»
Hermione scambiò uno sguardo sfuggente con Draco, mentre la donna proseguiva in un silenzio perfetto: «Alla luce dei recenti avvenimenti, da oggi nessuno potrà più entrare nelle cucine.»
Sapeva che non erano pochi i ragazzi a frequentarle anche quotidianamente, per il desiderio di uno spuntino fuori pasto o una bevanda calda che gli elfi erano sempre ben lieti di accontentare, perciò non fu sorpresa dal mormorio corale che percorse la Sala Grande in risposta a quella comunicazione.
La preside lo tacitò con un semplice gesto del palmo e continuò: «Gli elfi domestici hanno ricevuto l'ordine di accogliere chiunque abbia bisogno di qualcosa solo sull'ingresso, così saremo certi che siano solo loro ad avere accesso alle stoviglie utilizzate per i pasti. Inutile precisare che ogni tentativo di trasgressione sarà severamente punito. Vi prego di tenere a mente che il nostro unico fine è la vostra sicurezza.»
La professoressa terminò di parlare e le voci degli alunni ritornarono gradualmente a riempire lo spazio da un'estremità all'altra, mentre anche Draco, al suo fianco, commentava: «Mi sembra la cosa più sensata. Degli elfi domestici ci si può fidare, non farebbero mai niente che possa nuocere ai maghi per i quali lavorano.»
Hermione si ritrovò ad annuire. «Se i bicchieri di Peter Horton e di Rose sono stati avvelenati prima di materializzarsi sui tavoli nella Sala Grande, gli elfi sono gli unici ad aver avuto occasione di vedere chi l'ha fatto.»
«Quelle creature non disobbediscono mai: basta chiedere» intervenne la professoressa Hanover, ravviando sovrappensiero i lunghi e fluenti capelli biondi all'indietro.
Nel frattempo la preside aveva ripreso il suo posto a sedere: «L'abbiamo già fatto io e il professor Paciock, in qualità di direttore di Grifondoro.» Indirizzò una rapida occhiata alla persona citata, seduta più lontano, intenta a sacrificarsi con gentilezza in qualche stramba conversazione con la professoressa Cooman, quindi continuò: «Li abbiamo interrogati, ma non ne abbiamo ricavato alcuna informazione utile. E se non hanno risposto perfino alla mia autorità vuol dire che non hanno davvero visto nulla.» Le sue labbra si strinsero in una linea severa e corrugò la fronte per la preoccupazione.
«Com'è possibile che siano così disattenti da non notare qualcuno che armeggia con i bicchieri?»
Hermione si sentì in dovere di replicare al tono sferzante della professoressa Hanover e piegò leggermente il busto in avanti per sporgersi a guardarla, oltre le teste di Draco e della professoressa McGranitt: «Hanno tanto da fare tutto il giorno e le cucine sono frequentate da numerosi studenti. Inoltre anche il personale della scuola li tiene piuttosto impegnati.»
«È la loro occupazione» replicò la direttrice della Casa di Corvonero, scrollando le spalle noncurante, a sottintendere che non meritavano comprensione per il mero svolgimento delle loro funzioni.
Hermione fece per aprire bocca, ma fu interrotta dall'intervento di Draco, che le evitò di ribattere ulteriormente di fronte a quello sfoggio di indifferenza, nei confronti di coloro che tanto si adoperavano per la comodità dei maghi che servivano. «Il fatto che non se ne siano accorti non esclude che qualcuno abbia potuto manometterli a loro insaputa» disse, e lei gli fu grata: si rese conto che non era il caso di sacrificare l'obiettivo comune di analizzare la vicenda per una discussione accesa che non sarebbe giunta da nessuna parte.
La preside replicò: «Perciò ho ritenuto opportuno questo provvedimento e non ho dubbi che gli elfi lo faranno rispettare con rigore.»
Hermione ragionò a voce alta: «Ma non si elimina la possibilità che qualcuno possa aggiungere un veleno a una bevanda o a un cibo dopo che questi arrivano in Sala Grande.»
L'altra strega rispose pronta, doveva averci già pensato: «Gli studenti ormai sanno di dover prestare attenzione e gli elfi domestici li fanno materializzare solo nel momento in cui i ragazzi sono pronti a consumarli.»
«Io adotto le stesse precauzioni» rivelò la professoressa di Corvonero in un ammirevole sfoggio di cortesia, consigliando di fare lo stesso. «Il responsabile potrebbe avere anche altri obiettivi, non solo studenti.» Pareva genuinamente convinta del fatto che non potessero averci pensato anche loro.
L'aroma pungente del caffè le solleticò le narici: accanto a lei Rose, che non era intervenuta nella discussione, stava immergendo un cucchiaino nella schiuma bianca che arrivava fino ai bordi di una tazza alta. Era un sollievo averla al proprio fianco, riservata e sempre efficiente, in un posto all'ombra che non le stava stretto, ma in cui a suo parere splendeva per professionalità.
«Certamente, dobbiamo stare tutti attenti» concluse la preside, «e continueremo a indagare.» Poi fu impegnata dalla professoressa vicina in una conversazione sui nuovi volumi di incantesimi che lei riteneva dovessero essere acquistati per aggiornare la biblioteca della scuola.
Draco prese a muovere lentamente le dita in maniera casuale attorno al collo della camicia con aria riflessiva: i suoi occhi erano puntati su un'ombra umida lasciata sul tovagliolo di stoffa accanto al piatto senza metterla a fuoco. Si domandò quali ragionamenti stessero attraversando la sua mente e desiderò esserne messa a parte, richiamare la sua attenzione toccandolo con un palmo sull'avambraccio posato sulla tavola o sfiorandogli il viso per dirigerlo verso il proprio, in un gesto troppo confidenziale per essere discreto; così soffocò quegli istinti e si guardò intorno.
La Sala Grande aveva cominciato a svuotarsi: gruppi sparuti di allievi la stavano lasciando in direzione delle diverse aule del castello, con passi tranquilli perché non erano ancora in ritardo per l'inizio della giornata di studi. Attraversavano le porte all'ingresso con i mantelli che ondeggiavano intorno alle gambe e portavano borse cariche di libri e materiale scolastico: Hermione ne rievocò con nostalgia il familiare peso su una spalla vuota da anni.
Anche alcuni docenti si erano alzati. Vide Neville che si chiudeva il suo mantello addosso, in procinto di avviarsi verso le serre: il luogo delle sue lezioni era all'esterno del castello e il tragitto più lungo di quello degli altri insegnanti.
Pure Draco si girò nella sua direzione, quindi si mise subito in piedi e tornò a guardarla: allungò una mano – dietro il tavolo, celata alla platea scolastica – verso di lei, come per invitarla a seguirlo tenendolo per mano. Hermione aggrottò le sopracciglia e scosse lievemente la testa, lui non poteva certo aspettarsi un'azione pubblica di quel genere, non quando si erano confidati tra lenzuola stropicciate di tenere per sé qualunque segreto si fossero scambiati sulla pelle nuda.
Comprese che l'uomo non intendeva letteralmente camminare mano nella mano con lei, ma solo con lei, quando le indicò con un cenno del capo che voleva andare dal professore di Erbologia, prima che si allontanasse. Così, sentendosi molto sciocca, avvisò la sua assistente che l'avrebbe raggiunta appena possibile nella sala professori, dove intanto poteva iniziare a raccogliere e disporre in ordine cronologico la lista di leggi che avevano da analizzare. Si alzò per procedere accanto a Draco, il quale accelerò il passo dopo che lei lo ebbe avvicinato per riuscire ad annullare il distacco da Neville, che si inoltrava nella Sala Grande sotto un cielo di candele e fantasmi in volo tra i tavoli di Corvonero e Tassorosso.
Ne richiamò l'attenzione nella sala d'ingresso e il suo vecchio compagno di scuola si fermò vicino a una delle armature di pietra che presidiavano l'entrata della Sala Grande in una posa plastica, i lineamenti scolpiti e una lunga spada come arma; per contrasto l'atteggiamento con cui Neville si predispose all'ascolto era ben più rilassato.
«Ho ragione di credere che chi ha attaccato la signorina Weasley abbia utilizzato il veleno estratto da un Taxus baccata» gli rivelò Draco, serio in volto. «Saprai sicuramente se ce ne sono nel parco di Hogwarts.»
Gli studenti che uscivano giravano attorno a loro, dedicando solo un'occhiata fuggevole al trio di adulti riunito. Hermione si scansò appena in tempo quando uno invece attraversò le porte rincorrendo un amico, minacciando una Fattura Orcovolante per aver imbrattato il suo compito di Incantesimi e lamentandosi della punizione severissima che avrebbe ricevuto. Rise tra sé, la professoressa Hanover ne sembrava perfettamente capace, tuttavia i colleghi della donna non poterono reagire altrettanto divertiti, in virtù del loro incarico. Difatti il professor Malfoy alzò la voce per rimproverarlo prima che sparisse dalla sua vista: «Niente fatture contro un altro studente, Fleet, o sarò molto contento di favorire la vittoria della mia Casa per la coppa di fine anno togliendo punti a Tassorosso!»
Neville si lasciò andare a un sorriso bonario, poi rispose alla richiesta di Draco: «In effetti un esemplare c'è. La professoressa Sprite ci ha tenuto a raccomandarsi di averne cura, quando mi ha lasciato la sua cattedra, perché è un albero secolare e ne esistono pochissimi più vecchi in tutta l'Europa.»
«Possiamo vederlo?» lo incalzò sbrigativamente l'altro, interrompendo i suoi sentimentalismi vegetali.
Lui annuì. «Venite con me.»
Aveva iniziato a piovere – un lieve sentore di erba bagnata, cielo torbido tutto intorno e versi di piccoli uccelli che sfidavano le nubi. Le gocce fini non riempivano le orecchie col fragore di una tempesta, ma si insinuavano tra i vestiti e inumidivano il prato su cui posavano le suole che affondavano nel terreno morbido. Hermione prese la bacchetta, insieme ai due uomini a cui si accompagnava, e se la puntò addosso, pronunciando la formula Impervius. L'incantesimo di Draco lo raggiunse qualche secondo dopo: aveva impugnato la propria nello stesso momento, ma Hermione si era accorta del breve istante in cui lui l'aveva rivolta su di lei, prima di rendersi conto che ci aveva già pensato da sola.
L'albero a cui erano interessati cresceva non molto distante dalle serre, imponente e rigoglioso. Il tronco largo reggeva un'ampia chioma verde che si estendeva verso l'alto, l'intreccio di rami decorato da foglie fitte creava al suolo un perfetto spazio in ombra. Il vento le sfiorava lievemente e quelle cedevano appena alla sua pressione gentile, mentre i rami resistenti non si piegavano sotto il peso delle precipitazioni.
Stringendo gli occhi, Hermione scorse delle piccole infiorescenze tra le foglie. Neville, vicino a lei, seguì il suo sguardo e spiegò, allungando un braccio e muovendo le dita tra le fronde per toccarne un paio: «Queste tra qualche settimana diventeranno arilli, quando il seme si ricoprirà di una polpa rossa molto dolce.»
«Però l'albero è già velenoso adesso.»
«Assolutamente. La polpa in realtà è innocua, ho comprato per curiosità un manuale di botanica Babbano a Londra e ho letto che qualcuno la assaggia persino. Senza neanche un Bezoar a disposizione!» scosse la testa, incredulo.
Draco fece un passo in avanti. «Infatti io ho individuato tracce di foglie, analizzando la tazza da cui ha bevuto la signorina Weasley.»
Neville annuì. «Quelle sono senza dubbio velenose. Ma l'albero è enorme, potrebbero essere state strappate in qualsiasi punto» esclamò, probabilmente immaginando un'ispezione della pianta che non si sarebbe risolta in breve.
«Hai ragione» concesse Hermione, «ma qualcuno che usa una scopa o altri mezzi per volare verso i rami più in alto avrebbe dato nell'occhio. Avrebbe potuto usare Diffindo per tagliarli, certo, ma perché farlo, quando ci sono così tante foglie a portata di mano? È più istintivo cominciare da ciò che è davanti agli occhi.» Prese a camminare lungo la circonferenza del tronco, lo sguardo appena in su. «Io sono sicura che troveremo un ramo spezzato tra quelli più in basso. Aiutatemi a cercare» li pregò, tornando a guardarli. Draco la osservava con un'espressione affascinata e lei tornò con gli occhi sulla corteccia ruvida celando alla vista dei due maghi il sorrisetto che le aveva ispirato.
Si disposero intorno alla pianta procedendo in cerchio, le punte delle bacchette accese dall'incantesimo Lumos per poter vedere meglio all'ombra delle foglie, in una giornata neanche soleggiata. Scrutavano le superficie dell'albero alla ricerca di punti in cui fosse visibile il legno più chiaro interno, spigoli che avrebbero testimoniato una ferita della corteccia inferta da una mano ignota con l'intenzione di ferire altri anche più violentemente. Fu Draco a interrompere i suoi passi e lei lo raggiunse subito.
«Lumos Maxima!» La luce prodotta dalla bacchetta si intensificò, così che lui potesse guardare meglio per avere conferma del suo sospetto. Hermione si avvicinò di più per avere il suo stesso punto di osservazione e Draco lo illuminò pure per lei: una cicatrice nel tronco, la corteccia violata – una lesione che si sarebbe rimarginata nel tempo come anche Rose si era ristabilita in infermeria, ma lei non avrebbe potuto affermare con certezza lo stesso rispetto a un'altra, eventuale vittima, se non avesse scoperto quanto prima il responsabile.
«Neville» lo chiamò Draco. «Penso proprio che il veleno sia stato preso da qui.»
Il professore di Erbologia alzò la bacchetta ed entrambi si fecero di lato per permettergli di studiare il tronco in quel punto. Lo osservò per un breve istante, prima di affermare la veridicità dell'ipotesi di Malfoy.
Aveva avuto ragione lei: non c'era stato bisogno di spingersi fino alle parti più alte della pianta. Spesso i pensieri più ovvi si rivelavano proprio quelli da prendere in considerazione.
«Perciò sappiamo che il veleno usato viene da qui, ma questo non ci aiuta a restringere i sospetti. Chiunque può vagare intorno al castello.» Hermione si guardò in giro: ad avvalorare la sua affermazione, c'erano studenti di tutte le Case che si affrettavano per le lezioni di Erbologia e di Cura delle Creature Magiche che si tenevano all'esterno, e c'erano altri che erano usciti per una breve passeggiata mattutina e camminavano nella direzione opposta per rientrare.
«Mi dispiace non poterti dire di più.» Neville aveva parlato con un tono vivo di autentico rammarico, lei si affrettò a rassicurarlo invece sull'utilità del suo contributo. Si scambiarono un sorriso, poi lui si congedò per dirigersi verso le serre.
Lei e Draco erano rimasti soli, pur sotto gli occhi di tutti i presenti nei giardini del castello. Nessuno stava camminando nelle immediate adiacenze del Taxus baccata, ma ogni movimento meno che discreto sarebbe stato comunque visibile anche in lontananza, con le loro vesti scure sullo sfondo verde del prato.
L'uomo compì due passi per portarsi esattamente di fronte a lei, a guardarla negli occhi, scivolare con lo sguardo sulla linea sinuosa della bocca e ritornare sulle iridi castane.
Il vento spingeva il suo mantello verso quello di lei e lui era abbastanza vicino che ne fu quasi circondata. Le sarebbe piaciuto incastrarsi meglio tra i fili neri intessuti, avvolgere entrambi i loro corpi con il suo calore e celare quello che le mani avrebbero potuto fare, nascoste dalla stoffa; invece si trattenne e neanche lui si avvicinò di più. Azzardò solo un impercettibile movimento delle dita, che protese a sfiorare il suo polso sotto la manica carezzandolo dolcemente, al riparo da occhi indiscreti grazie a una falda del mantello – per il resto, la toccava solo con lo sguardo ardente e bastò ad accelerare il ritmo del suo cuore. La sua mente pregustava il ricordo e rammentava l'anticipazione.
«Devo andare anche io a lezione» pronunciò in un sussurro roco.
Lei annuì, combattendo l'istinto di socchiudere le palpebre in risposta al suo tocco delicato. Non mosse il polso di un centimetro e sospirò piano; una sfumatura mutevole nel suo viso le comunicò che non si era perso nessuna delle sue reazioni. Il vento soffiava contro la sua faccia, i ricci erano spinti all'indietro e perciò il viso era totalmente scoperto per lo sguardo assorto dell'uomo davanti a lei.
«Qual è l'argomento di oggi?» chiese, e se non fosse stato per il modo in cui i suoi occhi erano scivolati sulla gola di lui, sull'attaccatura del mantello e per la maniera combattuta con cui si era costretta a impedirsi che scendessero ancora, si sarebbe potuto dire che fosse realmente interessata solo al programma scolastico del corso di Pozioni.
«Come preparare e come rimediare a un'Essenza di Follia.»
Tirò indietro la mano nel pronunciare la sua risposta, e lei pensò che, se i suoi pensieri erano sul medesimo corso dei propri, come sembrava dal suo sguardo ardente, la ragione di quel gesto risiedeva tutta nella spiacevole impossibilità di approfondire il contatto, pubblicamente, quando ogni prossimità tra loro fino a quel momento era stata riservata alla confidenza di ambienti privati, quando ogni segreto era sussurrato sulla pelle nuda nel tempo di un sospiro affrettato.
«So tutto sull'argomento, l'ho approfondito al sesto anno con alcune letture collaterali alle lezioni, la biblioteca di Hogwarts è ben fornita in proposito e...»
Probabilmente fu l'ottundimento dei sensi che la spinse a parlare più del dovuto, affinché le uscissero di bocca solo parole innocue e nulla di più, nessun vocabolo ardito e nessun verso impetuoso. Tuttavia si interruppe non appena vide la sua reazione, mordendosi appena il labbro inferiore: Draco piegò lievemente la testa all'indietro e rise, modificando il ritmo del respiro, scoprendo i denti, sollevando le guance, socchiudendo gli occhi.
«Dimmi,» fece un passo nella sua direzione e lei ribatté con uno all'indietro, giungendo quasi con la schiena contro la corteccia, «vuoi che verifichi le tue conoscenze con un'interrogazione oppure intendi tenere la lezione al posto mio?» domandò senza che fosse intaccata la sua espressione ilare.
Anche i suoi lineamenti si fecero più divertiti, tentando di mettere insieme una risposta quasi balbettata: «Nessuna delle due.» Poi raddrizzò la schiena e continuò, per darsi un tono: «Io ora ho questioni importanti per il Ministero di cui occuparmi con la mia assistente.»
Lui le rivolse semplicemente un sorriso canzonatorio, inarcando un sopracciglio, e lei riprese a parlare: «E poi voglio parlare di nuovo con Peter Horton e con Rose.»
Draco annuì, stavolta più serio, a indicarle che condivideva la sua linea d'azione.
«Perciò gli interrogatori in realtà li faccio io» concluse lei con leggerezza.
Subito dopo lui si fece allusivo e Hermione pregò che nessuno fosse abbastanza vicino da intuire l'esatta piega della sua bocca, o non avrebbe avuto dubbi su cosa quella stessa bocca era stata in grado di fare sul suo corpo caldo la notte precedente. Draco alzò una mano che le si avvicinò pericolosamente al viso, prima di accorgersi della direzione inopportuna e deviare all'ultimo a sistemare il cappuccio del proprio mantello sulle spalle, invero già perfettamente in ordine.
«Avrai bisogno di passare a interrogare anche me, dopo?»
Lei strinse le labbra e mormorò a bassa voce, facendo finta di rifletterci. «Non lo so, Malfoy, dipende: se ti comporti male.»
«L'ho fatto anni fa» constatò con lo stesso tono con cui avrebbe discorso del meteo variabile, senza spostare lo sguardo dal suo, senza soccombere alla codardia dell'evitare il suo volto onesto di fronte a quell'ammissione. Poi gli occhi di lui contemplarono per un momento le sue labbra distese: «Perciò secondo me potresti passare più tardi a torturarmi in nome della tua potente autorità, Ministro.»
C'era stato un tempo, in passato, in cui lui si era ritrovato a venerare un'autorità diversa per timore delle conseguenze; mai per un istante le aveva dato da pensare che lei lo affascinasse nelle stesse circostanze.
Mentre si riprometteva che avrebbe dovuto fare qualcosa per togliergli il tono insinuante con il quale pronunciava la sua carica, a Hermione venne in mente ogni genere di tortura, nessuna lecita per un interrogatorio ufficiale.
«Vedrò quello che posso fare» disse, e il baluginio ammiccante e confidenziale nelle iridi di Draco fu la più perfetta delle promesse.
Inginocchiata davanti al camino nella sala professori, Hermione osservava la piccola testa di Hugo comparsa tra le fiamme accese con la bacchetta. Rosso su rosso, come l'amore.
La preside McGranitt ne aveva concesso l'utilizzo a lei e alla sua assistente rivelando loro la parola d'ordine richiesta dai due Gargoyle di pietra all'ingresso. Rose, che l'aveva preceduta recandovisi direttamente dalla Sala Grande, si era accomodata alla lunga scrivania al centro della stanza, con una serie di fogli di pergamena disposti davanti a sé che scrutava da dietro gli occhiali lustri. Quando Hermione l'aveva raggiunta, era seduta a leggere immersa in un silenzio perfetto poiché gli insegnanti erano occupati con le lezioni del mattino, e le aveva chiesto ancora qualche minuto di pazienza, mentre si metteva in contatto con il figlio lontano.
«E poi ieri ho fatto un nuovo disegno dal libro che mi ha regalato lo zio Percy» stava dicendo Hugo, con un'espressione adorabilmente seria.
«Ma che bello, bravissimo! Di quale creatura magica si tratta?» Parlava a bassa voce, per recuperare un brandello di riservatezza e per non disturbare l'altra, ma non limitò l'entusiasmo nell'intonazione delle parole, che sapeva sarebbe stato ricevuto con gioia.
«È un Kneazle. Mamma, tu sai cos'è un Kneazle?»
«Certo. È una creatura magica simile a un gatto, molto intelligente, con una coda di leone e grandi orecchie.»
Hugo annuì con un gran sorriso. «Esatto, l'ho disegnato proprio così! Tu sai sempre tutto, vero, mamma?»
Hermione non riuscì a trattenersi dal ridere: era il modo più bello in cui qualcuno le avesse mai detto di essere una inguaribile so-tutto-io, senza insinuare un insulto – come se ci fosse qualcosa di male nel desiderio di apprendere – ma con la palese meraviglia che poteva abitare solo gli occhi di un bambino. «Sai, una volta avevo un gatto che era per metà Kneazle. Si chiamava Grattastinchi.»
Hugo imbronciò la bocca, rimuginando. «Che vuol dire che era per metà Kneazle?» chiese, con la sua sottile voce acuta.
«Significa che la mamma era un gatto e il papà un Kneazle, oppure al contrario» spiegò lei.
Il bambino si illuminò. «Ho capito! Come quando tu vuoi leggere e il papà vuole giocare a Quidditch e quindi io leggo i miei libri sul Quidditch?»
I volumi illustrati di suo figlio, il compromesso inesatto che faceva convivere le anime diverse dei genitori: lei aveva scelto il contenente, Ron il contenuto. Lei sarebbe stata solo entusiasta di vedere Hugo impegnato con qualsiasi libro per bambini, magico o Babbano; il padre avrebbe voluto trascinarlo su una scopa prima ancora che imparasse a camminare stabilmente sulle sue gambe. Così, libri illustrati sul Quidditch, la scelta più ragionata in un matrimonio altrettanto razionale. «Esatto» rispose.
«Vuoi parlare anche con papà?»
Prima che potesse aprire bocca, sentì la voce di Ron da qualche punto lontano, senza vederlo comparire tra le fiamme. Lui, tuttavia, era più che consapevole che lei sarebbe stata in grado di ascoltarlo tramite il camino. «Hugo, la mamma è tanto impegnata, adesso lasciamola lavorare. Ci parlerò quando tornerà a casa da me, da noi.»
Quando tornerà a casa da me. Hermione tentò di controllare la reazione dei propri muscoli facciali: Hugo non doveva vedere l'irritazione che le parole presuntuose di suo padre le avevano causato, suo padre che era cieco e sordo anche quando lei gli aveva parlato onestamente, confidandogli l'acquisita consapevolezza del ritmo mutato del proprio cuore. Un palmo lungo il fianco si irrigidì di frustrazione, ma lo rilassò quando si rese conto che per il momento non poteva fare molto e che aveva impellenze più urgenti a Hogwarts.
Salutarlo e rispondere ai baci che il bambino le mandava con una mano davanti alla bocca la riscaldò di un tepore che non proveniva fisicamente dal fuoco acceso e la rasserenò, riconducendola allo stato d'animo che l'aveva pervasa in precedenza. Rimettersi in piedi per raggiungere Rose fu la più semplice delle azioni: lavorare, almeno, era una delle piacevolissime distrazioni che poteva permettersi.
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Note:
Lo studente rimproverato da Draco ha un cognome, Fleet, che compare nella saga di Harry Potter nel personaggio di Herbert Fleet, citato come giocatore di Quidditch della squadra di Tassorosso. Potete interpretare liberamente se sia un suo parente!
Le informazioni citate da Neville sul Taxus baccata corrispondono al vero nel mondo Babbano, considerando il periodo in cui è ambientata la storia, ovvero maggio.
"So tutto sull'argomento!" è una citazione adorabile dal film Harry Potter e la Pietra Filosofale, pronunciata proprio da Hermione.
Grazie a chi continua a leggere questa fanfiction! Come sempre, mi trovate su Instagram (__legar__) e Facebook (Legar Efp). Alla prossima!
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