L'edizione del giorno della Gazzetta del Profeta, datata 2 maggio 2018, recava in copertina una vecchia foto della Sala Grande durante la battaglia di Hogwarts, irriconoscibile nella disordinata distruzione prodotta dallo scontro. C'erano bambini e adolescenti nel Mondo Magico che non l'avevano mai vista meno che perfetta, con i quattro tavoli allineati e ordinatamente apparecchiati, la meravigliosa volta celeste del soffitto incantato e le innumerevoli candele a mezz'aria a illuminare l'ambiente. Per loro, la guerra esisteva solo nei racconti degli adulti e nelle lezioni di Storia della Magia, ma molti altri maghi più grandi ne avrebbero ricordato le drammatiche conseguenze, in occasione del ventennale della sua conclusione. Hermione sospirò, perché era una tra loro, quindi continuò a leggere il quotidiano sulla scrivania, che iniziava con la ricostruzione accurata degli avvenimenti storici a partire dal ritorno del Signore Oscuro nel suo corpo.
Il fruscio della prima pagina che veniva voltata fu seguito da alcuni colpi in successione alla porta, che fu aperta subito dopo. Alzò gli occhi dai caratteri d'inchiostro per posarli sulla testa bruna della sua assistente, che si sporse a lasciarle una comunicazione: «La preside McGranitt ci ha avvisato di aver appena disattivato le protezioni anti-Materializzazione all'ingresso. Possiamo andare, Ministro.»
«Ti ringrazio, Rose.»
Preso atto del fatto che la scuola fosse pronta ad accoglierle, Hermione si mise in piedi per raggiungere la segretaria sulla soglia del suo semplice ufficio, lanciando un'occhiata distratta alla pila di libri davanti al giornale, che non aveva ancora riordinato negli scaffali alle pareti. Accanto a essa, una tazza piena per metà di tè ormai freddo era poggiata sul ripiano di legno, sul quale aveva lavorato da quando era arrivata al Ministero, di buon mattino.
La donna le porse un braccio e lei lo strinse gentilmente. «Non soffri di nausea, vero Rose?»
La sua assistente rise con leggerezza. «Per fortuna no, Ministro» rispose, quindi usò un dito per sistemare in su gli occhiali squadrati sul naso.
Hermione annuì e guidò la loro Smaterializzazione Congiunta. Apparvero davanti alle imponenti porte della Sala Grande, trovandole chiuse, dal momento che a metà mattina tutti gli studenti erano occupati con le lezioni, nelle diverse aule del castello. Era certa che, nelle cucine poste in corrispondenza nei sotterranei, numerosi elfi domestici si stavano dando da fare per ultimare le pietanze del banchetto che vi si sarebbe tenuto, in condizioni lavorative finalmente accettabili, grazie al suo operato all'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Lei avrebbe presenziato al pranzo per raccontare ai giovani maghi e streghe gli eventi che erano accaduti nello stesso luogo, perché la memoria era un valore irrinunciabile affinché non fossero ripetuti.
La preside stava lì ad aspettarle, con un aspetto severo nella veste lunga e scura e i capelli raccolti e tirati indietro, e Hermione la salutò calorosamente, incapace di mantenere il medesimo contegno davanti a colei che in passato era stata la sua professoressa e solida guida e supporto. «Lei è Rose Zeller, la mia segretaria» continuò. «Era molto più giovane quando l'ha conosciuta.»
«Zeller?» La strega parve per un secondo persa nel tentativo di associarle un volto tra le cospicue file di facce infantili che affollavano i ricordi dei suoi anni da insegnante e direttrice della sua Casa a Hogwarts. «Eri tra i Grifondoro?»
«No, professoressa. Lei era la mia insegnante di Trasfigurazione, io sono stata smistata in Tassorosso» chiarì Rose, che Hermione sapeva essere di cinque anni più giovane di lei, e in effetti non ci aveva mai avuto a che fare durante i suoi anni di scuola. Lavorava già per il precedente Ministro quando lei aveva ricevuto l'incarico e aveva deciso presto di confermarla nel suo ruolo, convinta dalla sua esperta affidabilità e probabilmente irrazionalmente conquistata dal nome che condivideva con sua figlia.
«Bentornate a Hogwarts.» La preside quindi guardò solo lei, continuando a parlare: «Mi è stato detto che ti piacerebbe fare un giro nella tua vecchia scuola prima e io non ho nulla da obiettare, quindi noi ci rivedremo più tardi nella Sala Grande.»
«La ringrazio, preside.» Seguita dalla sua assistente, prese a camminare verso le mutevoli scale del castello, meno affollate di com'erano nelle sue memorie. Ritrovandosi circondata dai volti familiari dei personaggi nei ritratti alle pareti, fu invasa da una nostalgia dal sapore dolceamaro: sorridevano e salutavano e lei riabbracciava nella mente gli anni più belli, da cui si era congedata nel modo più duro. La serenità che aveva conquistato dopo la fine della guerra era stata possibile solo strappandosi dal petto il ricordo del suo vero significato, quando essere una ragazzina voleva dire, tutto sommato, solo un'avventura pericolosa a fine anno, non morte e distruzione.
Scendere per prima cosa verso i sotterranei non fu una scelta: man mano la luce si faceva più fioca e la temperatura più bassa, un istinto che non seppe controllare la riscaldò di aspettativa, mentre il suo cuore galoppava. I suoi piedi sapevano dove andare e non perché nell'aula di Pozioni ci aveva trascorso tanto tempo per le lezioni durante il periodo della sua istruzione magica, bensì aveva già deciso, prima di rendersene conto razionalmente, il volto che voleva rivedere, dopo anni passati a seppellire in un posto sempre più profondo dentro di sé il condizionale che lui e lei rappresentavano – cosa avrebbero potuto essere, cosa non avrebbero mai potuto essere. Erano passati anni, e non erano passati affatto, e lei si stava di nuovo affidando al pretesto di una pozione per dare corda ai turbamenti del suo cuore.
La donna che le procedeva accanto avrebbe potuto scomparire e lei non se ne sarebbe accorta nell'immediato. Prestava solo un'attenzione superficiale alle chiacchiere leggere di cui la rendeva partecipe – «Quanti anni sono passati», «È incredibile tornare qui» – anche lei nostalgica, nel modo giusto.
Hermione si ricompose per far sì che i tumulti della sua interiorità non trascendessero il suo cipiglio professionale. Il tono leggero non serbava nulla delle sue riflessioni senza voce: «Visto che ti sei accertata che mia figlia è impegnata a Erbologia, possiamo passare a salutare la classe di Pozioni. Rose non mi perdonerebbe mai se comparissi durante una sua lezione.»
Rose rise, senza sospettare mai che, in quel momento, non si stava tenendo lontana dalle serre nei giardini del castello, ma era invero attratta dall'aula nei sotterranei.
Arrivandovi, udì il professore dietro la porta interrogare uno studente: «Broadmoor, dove guarderesti se ti dicessi di trovarmi un Bezoar?»
Broadmoor, in risposta, produsse solo un breve mormorio incerto; Hermione decise di giungere in suo soccorso, bussò ed entrò. Gli studenti seduti nei banchi davano le spalle all'uscio, ma si voltarono non appena videro il loro insegnante guardare stupito al di là delle loro facce. Le loro occhiate curiose le impedirono di palesare ogni inafferrabile sensazione nei suoi lineamenti, che mantenne cristallizzati in una perfetta espressione affabile. Sul sottofondo dei bisbigli degli studenti che commentavano la presenza del Ministro della Magia in persona, con file di calderoni fumanti e libri aperti posti sui banchi tra loro due, Hermione studiava Draco Malfoy e Draco Malfoy studiava lei.
«Io guarderei nella pancia di una capra.»
Tornavano a studiarsi dopo anni, davanti a un pubblico che allora non esisteva nemmeno – ad eccezione di Rose, dietro di lei.
Sapeva di non potersi ritrovare di fronte allo stesso giovane uomo con cui aveva condiviso un bagno, confidenza inaspettata e accidentale prossimità, ma lui era sempre lì, dietro il volto appena segnato e i capelli chiari un po' più radi. Non vestiva un'uniforme scolastica, non portava i colori verde e argento della sua Casa, ma si ergeva davanti a lei lo stesso uomo che l'aveva conosciuta, indagata, baciata, nel tempo limitato di realizzazione di un antidoto composto.
«Dieci punti per il Ministro della Magia» concesse con un cenno del capo, e la sua classe rise.
La sua voce era più vera delle sue fantasie. Naturalmente non poteva dirsi sorpresa: la preside la teneva al corrente delle decisioni che, in autonomia, prendeva per Hogwarts, incluse le nuove assunzioni del personale docente, e sua figlia e i suoi nipoti avevano parlato a casa di quel giovane professore alto e biondissimo, competente ma anche severo ed esigente. Però, non era stata in grado di figurarsi la voce arrochita e le parole pronunciate con il suo accento nel modo esatto in cui custodiva il ricordo mai incrinato del suo tocco irruento.
Il professore svelò nel palmo aperto una piccola pietra scura di forma irregolare con la superficie raggrinzita. Mentre enunciava per i suoi studenti la definizione di Bezoar fedelmente a quella riportata nel libro di testo, lei la ripeté nella mente e per un istante ritornò un'alunna con una divisa conquistata inaspettatamente e conoscenze costruite ponderatamente. Un Bezoar è una pietra magica impiegata come ingrediente per preparare pozioni e, soprattutto, un antidoto universale che funziona per quasi tutti i veleni comuni. Lo sguardo di Malfoy si posò sul suo nel momento in cui citò la parola "antidoto" e lei seppe per certo quale ricordo aveva attraversato i suoi pensieri.
In seguito non sarebbe stata capace di ripetere le successive battute: saluti, discorsi incoraggianti agli studenti tenuti distrattamente, automaticamente, ovattati dai pensieri che la sua mente, per una volta, non si pentiva di rievocare. Malfoy parlava, e il tarlo che non era mai morto dentro di sé erodeva tutto il resto prepotentemente. Ron. Rose, Hugo.
Ron era stato la scelta più ovvia. Lei amava i suoi figli in una maniera che non sapeva neanche descrivere: erano una cosa infinitamente bella nata da un matrimonio in cui era scivolata con facilità, perché il ricordo di altre braccia, altre labbra, era diventato troppo surreale nell'anno che aveva passato a scappare dalla compagnia a cui l'altro si era ritrovato a aderire e poi passato a combatterla. E quando infine avevano vinto, a raccogliere e rimettere insieme i frammenti disseminati del suo equilibrio lui non c'era.
Il suo cervello reagì più prontamente poco dopo, quando Malfoy terminò la lezione e gli alunni uscirono per dirigersi verso l'impegno nella Sala Grande. Non aveva smesso di fissarlo, ma lo fece, per un secondo, per rivolgersi alla sua segretaria: «Rose, ti dispiacerebbe lasciarmi un momento con una vecchia conoscenza, per favore? Ci ritroviamo a breve nella Sala Grande.»
La donna annuì e d'altronde non aveva motivo di mettere in discussione una richiesta perfettamente lecita. «Certo, a fra poco.»
Attese che anche lei avesse lasciato l'aula prima di riportare lo sguardo sull'uomo che, in piedi davanti alla cattedra, incarnava il sapore proibito del rimpianto e il profumo enigmatico di un interrogativo. Mentre si avvicinava, lui inarcò un sopracciglio: «Una vecchia conoscenza?»
«Un antidoto?» sussurrò lei, con un cenno verso le file di banchi vuoti, e la sua voce proveniva direttamente da un ricordo.
«Non gira tutto intorno a te, Ministro» trascinò l'appellativo relativo alla sua carica in una esagerata quanto tagliente blandizia verbale – era stata chiamata così ormai numerose volte e in nessun caso quell'epiteto era riuscito a sollecitare inaccessibili punti di tensione dentro di lei. «Io stavo solo facendo lezione.»
«E io, in visita a Hogwarts, sono passata a salutare un vecchio nemico» ribatté, ritrovando con familiarità persino le discussioni in cui non si sarebbe mai arresa.
Malfoy inclinò il capo da un lato, ponderando per un istante fuggevole le sue labbra, mentre si muovevano; Hermione sentì distintamente la propria agitazione e deglutì il meno vistosamente possibile.
«Una volta ho avuto la sensazione che non fossi più una mia nemica.»
Non era certa di quali fini la muovessero, non aveva alcuna intenzione in particolare se non osservarlo, dopo tutto il tempo trascorso a non farlo, perché non aveva mai negato niente alla sua curiosità. Desiderava apprendere e memorizzare ogni più piccolo cambiamento del suo aspetto, perché così avrebbe potuto utilizzarlo nel futuro prossimo per dare una forma aggiornata alle fantasticherie in cui i suoi "se" si compivano. Chissà se anche lui, almeno una volta, era stato invaso dagli stessi pensieri che lei reprimeva, quando si presentavano, con lo stesso impegno con cui seguitava a formularli.
«Quella volta è parso anche a me che tu potessi non essermi nemico» disse, ponderando attentamente ogni parola scelta, sillabandole con cura, per il recondito auspicio di prolungare un'interazione che non si sarebbe ripresentata di nuovo. «Ma di sicuro non mi sei mai stato amico.»
«Uno disposto a esserti amico non avrebbe fatto ciò che ho fatto» riconobbe lui.
Hermione si domandò a cosa si riferisse in particolare, se quello fosse un modo complicato per chiedere scusa per tutto il resto che era esistito fra loro fuori dal bagno di Mirtilla Malcontenta, dopo anni di redenzione in cui si era perfettamente inserito nella comunità magica, rinnegando il credo in nome del quale erano stati commessi crimini di guerra. Si domandò se lui intendesse riconoscere le colpe che non avevano avuto la possibilità di esplorare, per il modo in cui era fuggito da quell'opportunità con il tentativo di un incantesimo di memoria.
«Per esempio provare a Obliviarmi?»
Lui scosse la testa. «Ricordare.»
Io non dimenticherò. Non farlo neanche tu.
I suoi occhi si allargarono a quella rivelazione: uno disposto a esserle solo amico non avrebbe rammentato il bacio che aveva dato adito alla reazione impulsiva di cancellarlo. Malfoy aveva impugnato la sua bacchetta magica per non lasciarle memoria delle sue labbra brucianti e lei non si sarebbe mai perdonata una reazione difensiva meno rapida di quanto era stata, perché un errore le sarebbe costato l'oblio. Doveva dirglielo che anche lei aveva ripercorso accuratamente la precisione del suo tocco, più spesso di quanto le sarebbe piaciuto ammettere? Doveva dirglielo che si vergognava di ogni memoria che era sopravvissuta a un'altra relazione e al contempo gradiva anche quella vergogna, a testimoniare che quel passato inconfessato era esistito davvero? Fece un passo in avanti verso di lui, accorgendosi solo con noncuranza di infrangere il limite della distanza interpersonale che sarebbe stato da considerare consono a una conversazione.
Fu lui a rompere ogni indugio e a tirarle con malagrazia il viso sul suo, infilando le dita nella gabbia ingarbugliata dei suoi ricci, e lei si scoprì per una volta grata dei suoi capelli impossibili, nell'immaginare che avrebbero potuto intrappolarlo in una prigione da cui non sarebbe evaso con la stessa semplicità di anni prima. Le labbra si muovevano sulle sue con un'urgenza che aveva già conosciuto; lei posò le mani sulla sua nuca e aprì le sue immediatamente, per l'irrazionale curiosità di verificare se il suo sapore era come quello che non aveva dimenticato. Indagare con la lingua le profondità della sua bocca era una tentazione a cui non poteva impedirsi di cedere, una volta soltanto, e procrastinò il più possibile la necessità persino di respirare perché quell'unica, agognata volta non terminasse più presto di quanto era disposta a sopportare.
Ma Malfoy si spinse oltre il limite dei suoi ricordi, sondando un territorio che al tempo non era stato esplorato: il suo torace aderiva al suo, come il suo bacino, e affondò una mano sul suo fianco per cingerla più strettamente. Hermione temette che chiunque avrebbe potuto vedere l'impronta lasciata sul tessuto liscio del suo vestito – chiunque.
Un pensiero tremendo squarciò il dolce torpore della mente intossicata dal miele velenoso del suo tocco: «Mio marito...»
«Non è qui» rispose subito lui, totalmente indifferente alle sue remore. Per tutta risposta, impugnò la bacchetta e sigillò con la magia l'ingresso della stanza, poi la mise da parte.
Le respirava pesantemente addosso e i suoi polmoni condividevano quel ritmo accelerato. Lui fece per ritornare a sottrarle l'ossigeno prezioso che inspirava, ma lei lo interruppe nuovamente. «E tua moglie...»
Un'ombra che non seppe spiegarsi percorse le iridi chiare di lui: «Lei non è e basta», ma passò in fretta e tornarono ad accendersi solo di puro desiderio; Hermione non ebbe modo di investigarla ulteriormente perché le mani di lui presero a disvelarle addosso la profondità della sua brama, distraendola, e lei si accorse che un solo bacio non le sarebbe mai bastato. Aveva intere memorie da collezionare per costruire i rimpianti di una vita intera ancora da vivere.
Audaci, i palmi di lui si mossero verso la schiena raggiungendo la cerniera che chiudeva l'abito lungo, per farglielo scivolare lungo il corpo. Come sempre, c'era più coraggio nel suo tocco che nelle sue parole e in ognuna delle sue azioni passate. La stoffa cadde a terra con un tonfo ovattato che lei riuscì a sentire distintamente perché impegnata a trattenere i sospiri che minacciavano di sfuggirle.
Lo sguardo di lui scivolò sul suo corpo, coperto unicamente dagli indumenti intimi, per un istinto maschile che non riuscì a tenere a bada e Hermione non fu intimidita dalla sua indagine, poiché era lei per prima a volerla e determinata a ricambiarla. Per lei, erano già arrivati oltre il punto di non ritorno, oltre il punto in cui anni prima si erano interrotti, e il suo sguardo intrusivo non poteva farla arrossire, quando ormai si figurava ben altra intrusione, per una volta soltanto.
Lui la afferrò per i fianchi nudi e la poggiò sulla cattedra, spostando sbadatamente con una mano i libri e i fogli di pergamena che la occupavano, senza neanche prestare attenzione al fatto che, se ci fossero state fiale di pozioni, si sarebbero infrante sul pavimento e mescolate tutte e loro ne avrebbero inalato i fumi potenzialmente tossici. Hermione gli morse lievemente un labbro e ridacchiò: «Questo è a dir poco blasfemo, professore.» Si sentiva intossicata anche quando tutti i set di provette erano al sicuro e non aveva più la presa salda sulla sua ragionevolezza, perduta a causa degli effetti di un veleno dolcissimo per il quale non avrebbe voluto impiegare alcun antidoto.
«Per fortuna il professor Piton non lo verrà mai a sapere» le disse, in un sussurro irriverente a un centimetro dal suo orecchio, che la fece tremare per motivi che non avevano niente a che fare con il clima nei Sotterranei.
Lei ricompensò la sua intraprendenza con altrettanta: con le mani sul suo torace lo allontanò quel tanto che le consentiva di svestirlo, rapidamente, e osservare la carne che disvelava, perché tanto tra loro avevano fatto, in passato, occhiate sempre più penetranti. Non avrebbe avuto la possibilità di studiare ogni angolo del suo corpo, attardarsi tra le sue gambe, assaporarne ogni punto e indagarne ogni reazione e capì, dalla celerità con cui la liberò della biancheria, che anche lui ci aveva pensato. Tutto tra loro si riduceva a pochi attimi, da cogliere di getto perché le sue emozioni forti le davano contezza del fatto che ne sarebbe valsa la pena, anche al prezzo di sopportarne i successivi ripensamenti.
Malfoy fu rapido anche nel prepararla con tocchi studiati, efficaci, come se avesse avuto tutta la vita per apprendere come accendere il suo corpo di un fuoco inafferrabile e Hermione non credeva che potesse esistere una tale istintiva compatibilità fisica. La distese di schiena sulla scrivania e una mano fu sul suo seno – tenerlo nel palmo aperto, massaggiarlo, stringere tra le dita un capezzolo – e l'altra nell'umidità tra le sue cosce, che gli diede ulteriore conferma del fatto che poteva permettersi di non indugiare. Un dito la stuzzicò solerte, un altro si spinse a fondo dentro di lei: Hermione a quel punto non si preoccupava più di mascherare o trattenere le reazioni vocali ispirate dalla sua prossimità.
Quando la tirò di più verso di sé, la sua eccitazione entrò in contatto con la sua pelle accaldata, pronta come lo era lei. Incrociò le gambe dietro di lui per spingerlo ad annullare l'ultima distanza che ancora rimaneva tra loro. Lui la penetrò e la colmò, era dentro di lei e intorno a lei, nelle mani che non lasciavano le sue parti più reattive anche mentre si spingeva nell'unico posto di lei che non aveva mai conosciuto. Le impose da subito un ritmo appassionato ed energico e lei si predispose ad accettarlo e accoglierlo, perché immaginava li unisse la consapevolezza che niente di tutto quello sarebbe potuto durare molto di più. Muoversi con lui, nella stessa cadenza furiosa, era compromettersi in nome di un passato che non aveva avuto il tempo di essere approfondito e venerare il corpo di un comando rispettato. Io non dimenticherò. Non farlo neanche tu.
Si aggrappò agli avambracci su cui sapeva non esservi alcun segno oscuro e fu lei a lasciarlo impresso, senza una bacchetta o una maledizione, con le unghie corte conficcate nella cute pallida. Li strinse mentre la sua eccitazione raggiungeva il culmine, scuotendola su un piano innegabilmente fisico, e lei rovesciò il capo all'indietro nell'estasi di un momento carnale mai pianificato.
Lui finì poco dopo e, ritraendosi, lasciò che i suoi occhi la accarezzassero da capo a piedi, come a imprimersi nella mente quell'immagine. Hermione sentiva un nodo che le stringeva la gola e non comprendeva se fosse dovuto all'inevitabilità di quella conclusione o al ritorno della consapevolezza di cosa aveva fatto, mentre il suo cervello diventava più lucido, con lui appena più lontano. Si fissarono solo per un istante, senza parole.
Poi lei si precipitò a raccogliere i suoi indumenti, in quella che avrebbe potuto definire una fuga: incrementare la distanza dal suo corpo nudo e dai suoi occhi profondi, non respirare la sua stessa aria, erano i comandamenti che la sua mente le imponeva per salvaguardare quanto restava della sua integrità, che un recesso oscuro di se stessa aveva sacrificato per quel cedimento scellerato. Si mosse quasi con impaccio, per la fretta di andare via.
«Stavolta sei tu a voler dimenticare?»
Malfoy non aveva scordato neanche come colpire con precisione. Non si era spostato affatto e la sua voce la raggiunse mentre stava per alzare l'abito per infilarlo da sopra la testa. I suoi occhi si concentrarono su un ricamo nero che lo adornava, così non poterono vedere come lui reagì al fatto che lei non reagì per niente: non una risposta, non un barlume di emozione sui suoi lineamenti pietrificati dalla coscienza di aver peccato, perché ce n'erano state anche troppe, prima.
Una striscia luminosa si intrufolò nell'aula attraverso i muri e la raggiunse, in una massa magica informe, fermandosi davanti al suo viso; Hermione si riscosse repentinamente, per lo sgomento di ricevere un tipo di comunicazione che aveva sempre preteso fosse riservata alle urgenze. Rose non era in grado di produrre un Patronus corporeo, ma quell'impalpabile fumo argenteo parlò con la sua voce, allarmata e così diversa dal piatto tono professionale che era solita usare sul lavoro: «Ministro, dov'è? Ci raggiunga subito in Sala Grande, uno studente è stato avvelenato!»
Lei e Malfoy si guardarono di nuovo per un istante, sconcertati, poi lei prese a rivestirsi ancora più velocemente e stavolta lui fece altrettanto.
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Note:
Rose Zeller è una strega che viene solamente citata, in Harry Potter e l'Ordine della Fenice, in occasione del suo Smistamento; pertanto, ogni informazione al di fuori di nome, cognome, età e appartenenza alla casa di Tassorosso a Hogwarts è di mia invenzione.
La domanda che Malfoy fa allo studente è la stessa che il professor Piton fa a Harry Potter in occasione della prima lezione di Pozioni in Harry Potter e la Pietra Filosofale; mi sembrava carino presentare Draco come professore di Pozioni allo stesso modo. Questa sua professione non è menzionata da J.K. Rowling, a differenza di quella di Hermione come Ministro della Magia, che è confermata in Harry Potter e la Maledizione dell'Erede.
In Harry Potter e il Principe Mezzosangue è presentato il modo di comunicare attraverso i Patronus usato dai membri dell'Ordine della Fenice: l'ipotesi che sia possibile farlo anche con un Patronus incorporeo è mia.
Con questo primo capitolo inizia la storia, con Draco e Hermione adulti, rispetto al prequel Come un antidoto complesso. Spero che la fanfiction vi piaccia, sarei molto contenta di sapere cosa ne pensate.
Ricordo che potete seguirmi su Instagram (__legar__) e Facebook (Legar Efp) e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
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