#13 - Nevermore Chronicles - Sulphira
Care cavie, cavolo se faccio schifo con gli aggiornamenti. Questa raccolta finisce sempre sommersa sotto l'enorme matassa di cose da fare e finisco sempre per dare priorità agli altri libri. Ora che THE SMS GAME è finito mi dedicherò alla conclusione delle richieste, sperando che i mesi passati non vi abbiano fatto disaffezionare a questi piccoli esperimenti creativi.
La cavia di oggi è "Nevermore Chronicles - Sulphira" di Selethit-Vyra, un fantasy per certi versi sorprendente e che colpisce per l'enorme cura che l'autrice ripone nella forma, nelle descrizioni, nella presentazione grafica, nel tratteggiare personaggi e situazioni. Se dovessi descrivere quest'opera in un'unica frase direi "attenzione ai dettagli".
Per la mia modifica ho scelto proprio la prima parte del Prologo, secondo me assolutamente perfetta nelle sue atmosfere a divenire protagonista di questo scandalosamente azzeccato cambio di ambientazione. Quando ho riletto il capitolo modificato sono rimasto sconvolto ahah
Di cosa sto parlando? Beh! Proprio oggi, 16 anni fa, usciva al cinema Harry Potter e la Pietra Filosofale! Quindi, ritorniamo ad Hogwarts con questa mia versione rovinata di Nevermore Chronicles - Sulphira! Buona lettura^^
Il giovane si mosse con passi svelti nei bui corridoi di Hogwarts, stando attento a rimanere nel buio per non dare nell'occhio. Poteva capitare di incrociare qualcuno degli ultimi anni in giro a quell'ora, in barba alle regole. Un odore persistente di formaggio e di piedi permeava ovunque in quegli spazi chiusi e poco aerati, un odore pungente e nauseante, quasi acre. Mannaggia a Gazza e alla sua collezione di formagici stagionati di latte di unicorno.
Camminò velocemente per non tardare troppo alla chiamata urgentissima del sommo Preside e per non restare un attimo di più in mezzo a quel fetore insopportabile di stantio; il rumore prodotto dai pesanti scarponi in cuoio consunto veniva attutito dal pavimento ricoperto da un lurido tappeto macchiato dal sudiciume e incrostato di terra e sporcizia: Gazza, o Walder Frey come gli piaceva farsi chiamare a Westeros -tanto la simpatia è la stessa- era il peggior bidello della storia. Rompere le scatole bravo quanto vuoi, ma di pulire manco per il cazzo.
Una puzza insistente e ripugnante giunse al suo naso nonostante fosse sotto il mantello dell'invisibilità, talmente rivoltante che dovette trattenere i conati di vomito. Chissà se con l'algabranchia avrebbe evitato quel problema, ma era troppo tardi per scoprirlo. Storse le labbra in un'espressione quasi sofferta, nel constatare in quali misere condizioni dovessero vivere tutti gli elfi domestici del castello. Non gli parve giusto fare un tale abuso di quelle creature, facendole faticare tutto il giorno, per poi costringerle a vivere in un luogo che avrebbe fatto invidia a un porcile! Non tollerava un tale atteggiamento verso chi non poteva guadagnarsi dla libertà se non tramite il regalo di un indumento, verso chi era costretto a sudare sette camicie pur di ottenere una piccola razione di cibo con cui sfamare se stesso e la propria famiglia. Non solo era disonorevole e disdicevole, ma anche oltremodo ignobile. Scosse la testa, cercando di scacciare dalla mente quei pensieri tanto rivoluzionari. Nessuno gli avrebbe dato corda, lo avrebbero semplicemente deriso e umiliato senza ritegno, apertamente. Nel mondo della magia funzionava così.
Non sarebbe stato più ritenuto una persona degna di fiducia e rispetto, se avesse espresso davanti a un pubblico tali parole, avrebbe messo in dubbio le basi su cui era sorta pian piano tutta la società magica. Senza gli elfi domestici avrebbero chiuso baracca e burattini in mezza giornata.
E' così ingiusto! pensò, ma la resa aveva già venato ogni suo pensiero, per quanto la situazione lo disgustasse fin nel profondo. Era l'unica cosa che non riusciva più a sopportare di quel luogo, apparentemente perfetto, ma che sotto sotto celava una verità riprovevole. Tutti a fare i fighi con le bacchette, ma nessuno che pensa agli elfi che sgobbano dietro le quinte. E voi lettori e fan, non vi vergognate?
Scivolò tra le ombre, nascondendosi tra di esse come un borseggiatore del centro storico, con le spalle che radevano il muro spoglio e scrostato di vernice color ocra intenso. Questi muri dovevano avere la barba ed il protagonista un rasoio attaccato alle spalle, altrimenti non si spiega questa frase. Cercava di occultarsi dalle occhiate curiose rivoltegli dagli elfi che passavano di lì. Erano occhiate fugaci, nulla di più, rivolte con il capo abbassato nel tentativo di non passare per sfacciati o troppo indiscreti, probabilmente quelle creature sentivano il rumore dei suoi passi anche se non lo vedevano. Il ragazzo non poté far altro che storcere il viso in un'espressione di muta intolleranza davanti a quella maschera di sottomissione estrema. E dire che loro ci godevano a star così! Matti.
Approfittò di quel momento per osservare i volti scarni degli elfi. Vestivano di stracci, con abiti logori e bucherellati creati a partire da federe e tovaglie vecchie. Trasudavano sudiciume, erano ingrigiti e malmessi.
Sebbene la mezzanotte fosse passata da un bel pezzo, il viavai degli elfi domestici non era ancora del tutto cessato. Alcuni si muovevano rapidamente tra i vari corridoi, sicuri della direzione presa, trasportando o talvolta trascinando svogliatamente con sé qualcosa, altri si affrettavano a raggiungere gli alloggi dei servitori, con il marchio tangibile della stanchezza impresso negli occhi e dipinto sul viso. Alcuni traballavano sulle gambe ossute affaticate dall'eccessivo lavoro, in uno stato di dormiveglia quasi totale. Altri facevano finta di fare qualcosa, giusto per non fare una figuraccia al passaggio dell'intruso.
I visi pallidi facevano trasparire tutta la fatica, occhiaie profonde, scavate e ben visibili spiccavano sui volti biancastri, che vedevano di rado la luce del giorno, costretti all'ombra delle stanze. Sembrano quasi studenti nel periodo degli esami.
Il ragazzo dovette trattenere con forza l'istinto di correre a soccorrerli. Non poteva, per nessun motivo al mondo. Ogni contatto d'eccedenza era severamente vietato, una dura regola dettata dalla legge della Scuola. Decise, quindi, di pensare intensamente ad un bestemmione lungo 34 secondi che contenesse, tra le altre, le parole "dissennatori", "tazza", "microfibra", "macchina per la neve" e "Sigismondo".
Era stufo di tutto ciò che essa imponeva ingiustamente, non trovava corretto condannare un'intera stirpe per degli avvenimenti accaduti chissà quando. Dice chissà quando perché era una capra e la sua conoscenza della storia della magia era al pari di quella dei metodi per la manutenzione e la regolazione della fiamma pilota di una caldaia. Cioè , lascia perdere, zio.
Non poteva, però, fare nulla davanti alla legge, era impotente. E non nel senso che non gli funzionava il ponte levatoio, ma proprio che aveva meno voce in capitolo di un bambino al circolo di bocce. E la loro testarda volontà alla sottomissione era ancora più complicata da affrontare. Manco fossero dentro 50 sfumature di magia. Ma vabbé.
Si ridestò dai pensieri, facendo attenzione, finalmente, al percorso preso. Per lui era impossibile orientarsi in quei corridoi intrecciati, contorti e aggrovigliati. Non capiva come facesse la servitù a muoversi con tanta sicurezza in quel labirinto di svolte, curve e porte... numerose porte. Grazie al cavolo che ti ritrovavi sempre nella Stanza delle Necessità.
Per fortuna aveva memorizzato il percorso da prendere per non perdersi, santa Mappa del Malandrino, prega per noi!
Si guardò attorno, cercando di individuare qualcosa che potesse indicargli dove si trovasse e il suo muto desiderio fu ben presto esaudito.
Il corridoio si apriva lentamente, diventando sempre più grande e illuminato da fiaccole appese ai ganci resistenti e ben lucidati posti sul muro di pietra grezza. Cioè, cavolo, Gazza perdeva tempo a lucidare le fiaccole, le FIACCOLE, maledetto il basilisco, ma di fare una lavata a terra nemmeno a pregare in swahili.
Avrebbe tanto voluto riposare un po', domani aveva il Quidditch, ma la convocazione urgentissima da parte del Preside lo aveva preoccupato non poco. L'ansia non gli aveva dato pace e gli aveva impedito di dormire per quel poco tempo che aveva avuto a disposizione. Non era di certo normale fare una convocazione tanto urgente alle due di notte! C'era sicuramente qualcosa che andava storto, era poco ma sicuro! Che Voldemort fosse tornato? No, non voleva pensare a quella nefasta eventualità.
Il ragazzo sconfisse mentalmente la stanchezza, rinvigorito nuovamente da quel pensiero tanto strano quanto quasi scontato. Iniziò ad aumentare il passo, affrettandosi. Dalla fretta, rischiò pure di cadere malamente, inciampando nel lembo del mantello, ma riuscì a evitare di piombare giù, reggendosi faticosamente al muro di granito alla sua destra. La frenesia gli aveva dato alla testa, come succedeva ogni volta che era troppo preoccupato o dopo mezza pinta di burrobirra. Cercò di tranquillizzare i nervi tesi a fior di pelle, ma a nulla servì la sua fatica, era tutto vano, niente lo avrebbe calmato se non avesse scoperto in fretta ciò che turbava il Preside. O ciò che presidiava il suo turbante, qualunque cosa volesse dire.
In men che non si dica si ritrovò davanti ad una bella porta intagliata, che varcò con sicurezza. Qua non si bada a spese, manica di pezzenti!
Una miriade di candele erano poste sopra il candelabro di ferro lucente, in modo da poter illuminare tutt'intorno con quella luce calda e giallastra. In quel momento erano tutte spente, l'unica fonte di illuminazione erano le fiaccole appese al muro, a distanza tale che il legno non prendesse fuoco. E se anche fosse stato vicino, questo non sarebbe mai successo: il legno era pregno di magia, nulla avrebbe potuto bruciarlo. Sempre il solito sborone.
Il pavimento, anch'esso di legno incantato, sembrava assorbire il calore, per poi rilasciarlo lentamente, riscaldando il luogo. Un metodo ingegnoso, degno della più grande tecnologia avanzata di Hogwarts. Questi zingari se ne inventano una più del diavolo per risparmiare sulle bollette.
Il ragazzoschiuse gli occhi, cercando di abituarsi alla penombra crescente dell'ufficio del Preside, vagando con lo sguardo per la stanza per riuscire a scorgere, nel frattempo, colui che lo aveva chiamato. Girò attorno alla scrivania, davanti l'arco di pietra a sesto acuto, osservando la sua maestosa bellezza, ma non dandovi troppo peso. Volse la sua attenzione a tutta la stanza, avvolgendola con lo sguardo ansioso, ma stranamente calmo. Non vedendo nessuna figura, si volse nuovamente, si ciulò un bel pennino dal ripiano di legno, rimuginando se andarsene con la refurtiva oppure rimanere in sua attesa. Una voce interruppe i suoi pensieri, risparmiandolo dal dubbio della scelta.
«Sei venuto, allora... Temevo che il messaggio non fosse arrivato... Ti ringrazio per essere qui», disse una voce seria e profonda, proveniente dalla scala avvolta dalle tenebre. L'uomo con la lunga barba bianca si avvicinò e riuscì a scorgere la figura che prima non aveva notato perché si confondeva con le ombre della notte. Era affacciato al parapetto, dal lato più vicino alla porta finestra.
«Preside, non avrei mai potuto ignorare una vostra richiesta, importante o meno che fosse», replicò prontamente l'altro, togliendosi il mantello e facendo un cenno di devoto rispetto.
«Non c'è bisogno di convenevoli, ora, mio caro ragazzo!» disse stancamente Albus Percival Wulfric Brian Silente, Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Presidente del Tribunale Supremo dei maghi Wizengamot, Presidente della Confederazione Internazionale di Maghi, medaglia d'oro per il "Contributo Innovativo alla Conferenza Alchemica Internazionale del Cairo", Ordine di Merlino Prima Classe, il Gandalf inglese, il più grande mago vivente, colui che sconfisse il mago oscuro Grindelwald, l'unico mago che Lord Voldemort abbia mai temuto, l'inventore del Deluminatore, il possessore della Bacchetta di Sambuco. Con un'espressione angosciata, parlò di nuovo, ma con tono più grave e molto più serio.
«Harry, ti devo chiedere un favore», pronunciò queste parole con voce carica di apprensione e tristezza. «Sei l'unico che può aiutarmi.»
«Professor Silente, le vostre parole non fanno altro che portarmi felicità, ma cos'è che vi preoccupa? Cosa posso fare?»
Un'atmosfera tetra era scesa nella stanza, l'ansia era tangibile e poteva essere toccata con mano.
«Sette verticale, quattro lettere. Come minchia si chiama il celebre Gianni, doppiatore di Michael Gambon, Richard Harris e Ian McKellen?» concluse con un sonoro sospiro, portandosi la mano alla fronte e chiudendo gli occhi con mera rassegnazione. «Proprio non mi viene, dio se odio le parole crociate.»
Spazio del rovinatore
Bravi i miei lettori, grazie per aver letto tutto il capitolo. Il nostro caro Silente che ha fatto venire un infarto al povero Harry per un semplice dubbio sulle parole crociate, ma pensa te! Ovviamente la soluzione è Musy, il mitico ed indimenticabile doppiatore di Silente e Gandalf (tra i tantissimi lavori) che ci ha lasciato 6 anni. La tua meravigliosa voce resterà sempre nei nostri cuori.
Prima che mi commuova, torniamo al capitolo. Vi è piaciuto? Dai, non siate timidi, fatemi sapere cosa ne pensate, con dei pareri sono anche più motivato a continuare questa raccolta!
E tu, cara e paziente autrice? Ti è piaciuta la mia reinterpretazione del tuo scritto? :D
Scusa ancora l'attesa >.<
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top