3. Un parco, due aranciate, quattro sconosciuti.

"Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano"
(Paulo Coelho)

Il parco, stasera, è pieno di luci. I lampioni illuminano i sentieri, conferendogli quell'atmosfera magica che mi fa sognare. Gli alberi oscillano seguendo il ritmo del vento, fresco ma piacevole. Il sabato sera, il parco è pieno di vita. Le panchine sono quasi tutte occupate, i sentieri attraversati da persone di tutte le età.

C'è chi si tiene per mano e cammina lentamente. C'è chi si parla sottovoce, e si guarda negli occhi, innamorato. C'è chi ride, chi scherza, chi piange.
Ci sono i bambini che si rincorrono, e che piangono quando si sbucciano le ginocchia. Ci sono le mamme e i papà disperati, ma felici, di esserlo. Ci sono le coppiette di anziani, sorrette dai bastoni, a respirare aria pura.

Poi, ci sono io, in mezzo a tanti sconosciuti. Me ne sto ferma, in mezzo a tutta quella gente e, ora come non mai, mi sento quasi un'estranea in quel luogo.
Emma, Matteo e gli altri ragazzi di cui non conosco i nomi, camminano al mio fianco, chi più indietro, chi più avanti.
Alcuni di loro si conoscono, altri sembrano amici per la pelle dopo una sola serata trascorsa insieme.

Vorrei davvero avere la loro capacità di legare con qualcuno così in fretta.

Parlano del più e del meno, ma non ascolto tutto ciò che si dicono, troppo impegnata a ricordare. Individuo subito il mio albero, in fondo al sentiero. Mi rivedo, piccola e bionda, seduta sul prato, sotto quei rami, ad osservare il cielo dal telescopio del nonno. Lui è accanto a me e mi sorride.

《Stella! Tu che ne pensi?》

Emma mi spunta davanti all'improvviso e quasi sobbalzo dalla sorpresa. Ha uno smagliante sorriso stampato in faccia, come sempre.
Penso che è l'immagine della felicità. Il modo colorato con cui si veste e i capelli rossi non fanno altro che trasmettere positività. Sprizza felicità da tutti i pori, quella ragazza.

《Come scusa?》
Le domando, visto che non stavo ascoltando i loro discorsi e la mia mente era da tutt'altra parte.

Ecco, prima brutta figura della serata fatta.

《Pensavamo di andare a prendere qualcosa da bere al chiosco. Okay?》Propone, gesticolando velocemente e indicando la struttura circolare poco più avanti. Sembra che conosca questo posto da sempre, quando invece è qui solo da due settimane, se non sbaglio.
La signora Agnese ha accennato qualcosa a cena.
Si sono trasferiti per motivi di lavoro della madre. Non una parola in più, non una in meno.

Piuttosto, dov'è il padre?

Altri ragazzi senza padre. Altra donna senza marito.
Ci assomigliamo, in questo.
La differenza è che l'assenza del padre non rattrista la famiglia, che continua a vivere, a ridere, ad amarsi.

《Sì, nessun problema.》Le rispondo dopo un po', quando ritorno alla realtà.

Non è una brutta idea, in fondo. Dovremmo pur fare qualcosa qui.

《Come va con quella?》Fa un ragazzo dietro di me che non conosco. Si sta rivolgendo a Matteo, credo.

Mi chiedo chi è quella e la risposta mi arriva subito.

《Ah,Bea? Benissimo! Domani è tre giorni che stiamo insieme!》

Bea? Beatrice, forse?

Come immaginavo. La voce di Matteo si distingue in mezzo a tutte le altre. Pronucia la parola "benissimo" lentamente, facendo lo spelling.

Quella risposta, inizialmente, mi spiazza. Dentro di me era nata la speranza. Quella speranza che, per lo più, è desiderio di avere qualcuno accanto, qualcuno di cui fidarsi, qualcuno da amare con tutta me stessa.

Poi, mi rendo conto che ho solo fantasticato troppo e che non ho nessuna speranza né con lui né con nessuno.

《Tre giorni?! L'hai appena conosciuta è già state insieme? Wow!》

《Bah, ci so fare con le ragazze!》 Sbotta Matteo, scompigliandosi i capelli, con una smorfia sul viso.

Continua a parlare della sua ragazza per i minuti che seguono, a macchinetta. Non riesco a sentire, purtroppo.

《La voglio conoscere! Da come ne parli...》

Poi il biondino, mi sorpassa Matteo lo raggiunge e nel farlo, mi spinge lateralmente, dandomi una botta alla spalla.

Mi scappa un gridolino.

《Scusami! Non era mia intenzione!》

Mi tocca la spalla. Mi guarda con i suoi occhi magnetici. Credo di essere diventata rossa in viso.
Gli sorrido, presa alla sprovvista.
Dovrei dire cose come"no, tranquillo" oppure "no, non mi hai fatto nulla" ma le parole mi si blocanno in gola.
Mi succede sempre, in questi casi.
Non so come rispondere. Probabilmente perché non sono in confidenza.

Mentre mi perdo nei suoi occhi, d'un tratto mi accorgo che non ci sono più.
Matteo si rigira, dice qualcosa nell'orecchio all'altro tipo e continua la sua conversazione su quella che dovrebbe essere la sua ragazza.

《Cosa dicevi? La vorresti conoscere?》Emma si inserisce tra loro, facendosi spazio tra i corpi.
Lo sconosciuto la squadra come incantato, incapace di parlare.

Ed ecco che la curiosità si impossessa di me. Mi avvicino camminando lentamente;voglio ascoltare.

《Se fossi in te》Dice Emma rivolgendosi al biondino 《Non vorrei proprio conoscerla.》

Come mai?
La domanda mi sorge spontanea.

《Perché? Sei gelosa?》Ride lui, cominciando a prendere in giro la rossa.

《Emma! Non dire così! Non la conosci. Non è come sembra.》
Matteo sembra abbastanza irritato. Inarca le sopracciglia, minacciandola con lo sguardo.

Vorrei tanto trovare un ragazzo che mi difenda così.

《Zitto!》Si limita a dire tappandogli la bocca, sotto lo sguardo incuriosito dell'amico.

Ho già detto che li adoro?
Si prendono a botte, si prendono in giro, si insultano a vicenda ma si vogliono bene. Questo è l'importante.

Continuo a camminare a testa bassa e, quando la alzo, siamo già di fronte al chiosco. Quattro o cinque persone ci precedono; ci tocca aspettare il nostro turno.
Mi alzo in punta di piedi per vedere all'interno. Camilla dovrebbe essere qui come ogni sabato sera. Vado alla ricerca dei suoi capelli neri e quando la intravedo in mezzo a una moltitudine di bicchieri e bottiglie, si volta verso di me.

《Ciao Stella!》

Tiene in mano due calici, attenta a non farli cadere. Li porge ai signori prima di noi velocemente.

《Camilla!》

La guardo meravigliata;riesce a fare qualsiasi cosa con una maestria incredibile.
D'altronde lavora qui da appena diciottenne. La conosco da quando ero bambina. Mi faceva da sorella maggiore, visto che ha otto anni più di me. Avevo dieci anni, un bicchiere di limonata in mano, il nonno accanto, e lei che mi riempiva di complimenti tutto il tempo.

"Brilli come le stelle e come questa limonata al sole." Mi diceva, con il suo fare dolce e gentile.

Io ridevo e la ringraziavo, seduta sulla panchina, sotto il sole cocente.
Me lo diceva sempre. Anche quando piangevo e il nonno mi portava in qui, dopo le stupide litigate con mia madre.
Mi faceva ridere e le lacrime sparivano.

"Vai da lui e mostragli chi sei!" Mi diceva ancora quando le raccontavo dei miei compagni delle medie, così piccoli ma così tremendi. Si approfittavano di me, della mia bontà e mi prendevano in giro.

Camilla è sempre stata un'ottima consigliera. Mi guardava negli occhi e capiva. Il nostro è un rapporto unico.

Mi guarda anche ora con i suoi occhi verdi. Continua a servire i clienti, ma non mi toglie gli occhi di dosso.

《Stella, la conosci?》

Ora Emma è al mio fianco, una mano sulla mia spalla.
Chi non sa che ci conosciamo da poche ore, direbbe che piuttosto siamo amiche da una vita. È così carina, ma non so se fidarmi. Ne ho conosciute tante di persone affabili, o almeno, che lo sembravano.
Si sono rivelate persone che non credevo fossero.
Chissà se Emma fa parte di queste. Spero di no. Una parte di me la desidera come amica. Un'amica divertente, positiva, che ti trascina con sé. Ho bisogno di persone così. Persone che mi aiutino ad essere felice, a cambiare.

《Sì. Lavora qui da molto tempo. Il chiosco è di suo padre. Siamo buone amiche.》

《Tu conosci questo parco molto bene, vero?》

Come fa a saperlo? Si vede tanto?

Non le rispondo. Aspetto che continui a parlare. Infatti lo fa un attimo dopo.

《Si vede dal modo in cui lo guardi, dal modo in cui ti muovi qui dentro. Ti senti a casa.》 Conclude e quasi mi vergogno. Spero se ne sia accorta solo lei.

《Allora bellezze, cosa vi faccio? Un'aranciata del colore dei tuoi capelli, dolcezza?》
Una voce maschile si rivolge a noi, interropendo la nostra discussione.

Per fortuna. Meglio così. Non mi va di raccontare il mio passato a una sconosciuta anche se per lei non lo sono affatto.

Ci voltiamo verso di lui, ritrovandoci al bancone. Ci rendiamo conto che è arrivato il nostro turno. Matteo e gli altri ragazzi sono un po' più indietro e discutono allegramente.

Emma scruta il tizio e studia il suo viso un po' da bambino, i suoi capelli arruffati e il tatuaggio sul collo.

Uno che ci sa fare con le ragazze. Emma non è una di quelle che si fa persuadere, o mettere i piedi in testa dal primo che capita. Questo si capisce subito di lei.

Prima che Emma possa rispondergli, interviene la nostra eroina.
Camilla lo spinge di lato scherzosamente, occupando il suo posto.

《Ragazze, non fate caso a lui! Lo fa con tutte!》Ride, dandogli una pacca sulla spalla. Lui, di rimando, le fa la linguaccia.

Sono in sintonia, quei due.

《Ditemi. Sono a vostra completa disposizione!》

Decidiamo di ordinare due limonate e quando le chiediamo quanto costano, Camilla rifiuta i soldi.

《Manuel, pensaci tu!》Ordina, indicando i clienti.

Ah, il tipo si chiama Manuel.

Camilla mi fa segno di seguirla, sul retro.
Suggerisco ad Emma di andare dagli altri e di aspettarmi lì.

《Okay, Stella!》Mi risponde, avvicinandosi a me per darmi un leggero bacio sulla guancia. Rimango meravigliata da quel gesto così intimo dopo così poco tempo.

《Stella!Cosa ci fai lì impalata? Vieni qui!》 Vedo Camilla sbucare dalla porticina sul retro.

《Arrivo!》 Le urlo, prima di scomparire lì dietro.

《So che stai male.》

Ecco la Camilla che conosco.
Quella Camilla che ti legge negli occhi, nel pensiero, nel cuore.

Chiudo gli occhi, abbasso la testa. Sospriro. Mi porto la mano sulla fronte.

《Cosa c'è che non va? Tua madre, vero?》

Annuisco. Lei mi prende le mani, si avvicina a me, e mi sorride.

《Vai da lei. Dalle un bacio. Abbracciala. Fai tu il primo passo. Vedrai che si aprirà con te. A poco a poco, ma lo farà. Non ti abbattere. Non essere pessimista. Riprendi in mano la tua vita.》 Mi sussurra all'orecchio.

Ed ecco, di nuovo, la Camilla che conosco.
Quella Camilla che ti aiuta, che ti consiglia e ti sta accanto nei momenti più difficili.
Quella Camilla che è l'unica vera amica che ho.

Improvvisamente mi ricordo di non essere sola. Quelle parole così semplici fanno nascere in me quella speranza che ho perso da tempo.

《Grazie,grazie,grazie!》 Riesco solo a dirle perché poi lei mi abbraccia, ed io mi sento protetta da una ragazza poco più grande di me, ma così matura da potermi fare da mamma.
Ricambio l'abbraccio e realizzo che sono la figlia che Camilla ha sempre desiderato.

Ci sediamo per terra, sul prato, tenendo in mano le nostre bevande.
Formiamo un cerchio, tutti insieme.
Una folata di vento invernale ci scompiglia i capelli.

Non ci voleva. Chissà che aspetto ho, con questi capelli indomabili.

Cerco di sistemarli, e quando non ci riesco, spero che non arrivino nella limonata.

Sarebbe il modo perfetto per concludere la serata.

《Ritornando al discorso di prima...》Comincia Emma, seduta accanto a me, sorseggiando la sua limonata.

《Ancora con questa storia,cretina!》Matteo alza leggermente la voce e sbuffa, sbattendo con forza la mano sul prato.

Adoro quando si arrabbia.
Cosa ho appena detto?
Devo toglierlo dalla mia testa.

《Ragazzo di cui non conosco il nome!》Fa Emma, provocando una risata generale. 《Ho detto tante volte a Matteo di lasciarla. Non è la ragazza giusta per lui. Gli farà del male, me lo sento.》 Conclude, convintissima. Queste sue parole sono un'ulteriore conferma del fatto che tenga tanto al suo gemello.

Adesso la voglia di conoscere questa Beatrice è ancora di più dentro di me.

《Okay, hai finito o vuoi parlare di lei fino all'anno prossimo? Non so, magaria la invito a casa un giorno di questi, così la conosci meglio e ci scambi due parole. Che ne dici, sorellina?》

Ridiamo tutti dopo quelle parole. La sta minacciando.

《Questo è un colpo basso, Emma!》ridacchia un altro tipo che non conosco, indicandola.

《Va bene, fallo. Ah, tu, cos'è tutta questa confidenza?》

Emma ha davvero un bel caratterino.

Trattengo una risata. Non ho parlato tutto il tempo. Mi sento quasi a disagio, in mezzo a degli sconosciuti e soprattutto in mezzo a così tanti maschi.

Sono solo quattro, ma sono tanti per una come me non abituata.

La serata trascorre così; tra chiacchere, scherzi stupidi, prese in giro, battute squallide.

《Che cosa fa un gallo in chiesa?》 Matteo fa una pausa, aspettando le risposte, e quando non ne riceve, continua:《Il chicchirichetto! Ragazzi, questa era facile!》

《Non faceva ridere.》 Fa Emma, per dispetto. Subito dopo e ride e con la sua splendida risata contagia tutti.

La gente intorno ci guarda incuriosita, anche infastidita; forse stiamo facendo troppo casino.
In realtà, stanno facendo troppo casino.
Io mi limito a dire qualcosa, e a ridere, senza mai aprirmi troppo.
Sono fatta così. Ci vuole del tempo prima che io mi apra del tutto con qualcuno.

Talvolta qualcuno mi fa delle domande. Mi chiedono il nome, se ho fratelli o sorelle, mi chiedono gli anni.
E quando dico loro che non ho un padre, rimangono stupiti e per un attimo cala il silenzio.

《Ci dispiace...》Sussurra Emma.
Tutti mi guardano ed io abbasso la testa. Odio stare al centro dell'attenzione.

Sentiamo solo il venticello invernale, le fronde degli alberi che sbattono l'una sull'altra, il vociare delle persone attorno a noi.

Penso che sarà difficile far ritornare l'allegria e mettere fine al silenzio. So, che però, non potevo fare a meno di dire la verità. Se lo sarebbero chiesti, prima o poi.

Ho lo sguardo basso quando vedo con la coda dell'occhio Matteo alzare la testa.

《Ragazzi ascoltate!》 Ci ordina. Alziamo la testa all'unisono, e lo guardiamo.

《Ascoltate bene!》 Dice qualcuno di cui non ricordo il nome.

Una melodia lontana giunge fino a noi, alle nostre orecchie. È una musica lenta, tranquilla, piacevole.

《Cos'è?》 Chiede Emma, mentre tutti i presenti si voltano verso il punto da cui proviene quella musica così delicata. Vedo i loro sguardi puntarsi alla mia sinistra, in fondo, lungo un sentiero deserto.

《Scopriamolo!》
Stavolta è William a parlare. Si alza in piedi, con il suo fare intraprendente e ci incita a seguirlo. Lo facciamo e, quando mi volto, noto che molte persone sono dietro di noi, spinte dalla nostra stessa curiosità.

Chi è che suona? Sembra il suono di una chitarra.

Camminiamo e camminiamo, e la musica si fa sempre più vicina. Ad essa si aggiunge una voce. Perfetta, dolce, intonata. Una voce maschile, giovanile.

Quando, poco dopo, arriviamo a destianzione, non ci meravigliamo poi così tanto. Non ci meravigliamo di chi abbiamo davanti ai nostri occhi bensì della sua bravura.

Sotto un albero maestoso, siede un ragazzo. La chitarra tra le mani, le gambe incrociate, la schiena contro il tronco, i capelli marroni che ricadono sulla fronte.

Riconosco quasi subito la melodia. Sta cantando "In my blood" di Shawn Mendes. Una delle mie canzoni preferite.

Osservo le sue mani sulle corde, intente a fare bene ciò che ama.
Suona con una maestria e con una facilità assoluta.

Concentrato, non si accorge di noi.
Tiene gli occhi fissi sulla chitarra classica, e talvolta li chiude, come per immergersi totalmente nella sua musica.

《Bravo, eh!》Bisibiglia al mio orecchio William.
Li faccio segno di stare zitto, non può rovinare quel momento. Alza le mani in segno di resa.

Continuo a guardare il giovane misterioso. Non si è ancora accorto della nostra presenza. Attorno a noi, tante altre persone lo ascoltano e si perdono nelle sue note.

Ci trascina nel suo mondo, con quel suo talento. È impossibile staccargli gli occhi di dosso o tapparsi le orecchie.

"Aiutami, è come se i muri stessero crollando..."

Conosco quella canzone a memoria. Conosco anche la traduzione a memoria.

"Ho paura di essere rimasto solo, lo odio..."

"Ho bisogno di qualcuno ora, qualcuno che mi faccia uscire"

È come se queste parole fossero rivolte a me. Chiede aiuto. Mi implora.
Ha bisogno di qualcuno. Le parole della canzone mi arrivano dritte al cuore. È come se mi stesse chiedendo di aiutarlo.

Forse non sa che, ora come non mai, sono io ad aver bisogno di aiuto.

Nessuno parla. Stiamo zitti, immobili, incantati. Persino Matteo che non può stare un secondo fermo, che ha sempre bisogno di muoversi, di dire qualcosa.

Succede tutto in un attimo.

Gli occhi si posano su di noi, su di me.
La musica si ferma. La gente, compresi noi, rimane stupita.

Il ragazzo si alza. Sembra spaventato, intimidito. Ci scruta con quegli occhi di un verde intenso, aggrotta la fronte, raccoglie le sue cose da terra. Scappa via con la sua chitarra come una lepre alla vista del predatore. Corre via, davanti al nostro stupore e alla nostra delusione.
Vedo qualcosa cadere dal suo zaino e appoggiarsi lontano, sul prato, sospinta dal vento. Vorrei prenderla, restituirgliela ma lui è già sparito nel buio.

SPAZIO AUTRICE.

Ragazzi! Sono tornata!
Cosa ne pensate di questo capitolo?
Spero vi sia piaciuto!

La storia comincia ad avere un senso. Stiamo iniziando a conoscere i nostri personaggi, abbiamo conosciuto Camilla, la barista consigliera😂

Se volete potete lasciare una stellina, mi fa tanto piacere❤

Al prossimo capitolo guyss🤯

P.s. Non so quando aggiornerò, spero presto. Intanto godetevi questo capitolo abbastanza lungo.
































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