41
«Che il suo caro amore era una fottuta spia!»
Continuano a rimbombarmi queste parole dentro la testa. È come un eco senza fine. Così fastidioso. Così forte. Così insistente. Così doloroso.
Non riesco ad ascoltare. Non posso. Dan non deve rovinare così la memoria di un uomo morto ormai da anni. Non dovrebbe parlare neanche in questo modo perché Nic lo ha più volte salvato da morte certa.
«Una spia?»
Travis appare più stupito e scosso di me, chissà per quale strana ragione.
Dan invece sorride come un pazzo. Incoraggiato dalle domande continua a parlare, a blaterare, a confondere ogni ricordo che mi resta di lui.
«Gli avevo detto di non fidarsi di quel bastardo e invece come al solito ha deciso di lasciarsi convincere da una testa di cazzo che le ha solo mentito per tutto il tempo, che l'ha usata e alla fine come era prevedibile l'ha anche abbandonata.»
«È morto», mormoro più tra me in risposta. «Lui è morto», alzo il tono singhiozzando, sentendo esplodere nel petto una rabbia sconosciuta.
Staccandomi dalla parete mi avvento contro di lui sbattendolo contro il muro per togliergli quell'espressione soddisfatta dal viso. Ho capito il suo stupido gioco e non vincerà più.
Non credo di averlo mai odiato così tanto come in questo momento.
Perché mi sta facendo questo?
«È morto e tu non dovresti parlare così di lui. Non lo conoscevi neanche. Ti ha salvato il culo e tu...»
«Ho iniziato a fumare, a farmi a causa sua!» urla come un indemoniato a sua volta premendo la fronte sulla mia, guardandomi con rabbia, con occhi spiritati.
Non indietreggio. Lo affronto. Lascio che le sue parole mi annientino del tutto. Lascio che affondino gli artigli dentro la mia mente in subbuglio facendo crollare ogni cosa, facendomi sentire esposta.
«Tu sei malato», asciugo le lacrime allontanandomi da lui, abbracciandomi. Lo guardo male, con disgusto. «Tu hai bisogno di un vero aiuto. Come puoi dire una cosa simile?»
Si avvicina ancora. Travis gli sbarra la strada. Non lo tocca ma gli fa capire di non avanzare ancora verso di me perché altrimenti reagirà male. Dan rispetta questo confine tenendomi sotto tiro.
«No, sei tu quella che alla fine di questa storia avrà bisogno di una terapia, fidati», risponde. Non sopportando la distanza che ho creato e non demordendo si avvicina.
«Ti ha abbandonata perché sapeva che prima o poi qualcuno lo avrebbe fatto fuori. Ragionaci, Bi. Se ne andava per intere settimane e poi tornava e tu eri sempre lì, davanti quella maledetta porta, ad aspettarlo. Non ti dava mai una spiegazione quando gli facevi delle domande sulle sue mancanze perché non poteva. Ti rifilava solo delle bugie a cui tu credevi continuamente perché lo vedevi come il tuo "eroe". Per non parlare del fatto che non ti ha nemmeno portata a letto perché lo sapeva. Sapeva che ti avrebbe lasciata tutta sola.»
Indietreggio tappandomi le orecchie. Mi disgusta quello che sta dicendo. «Stai mentendo...»
«NO!» urla di un'ottava facendomi sussultare.
Con una mossa repentina mi spinge ancora contro la parete stringendomi per le spalle. «E io ero così geloso, così invidioso da volere dimostrarti che non era chi credevi. Davvero non ci arrivi? Ho fatto tutto per te. Un giorno l'ho seguito fuori città e ho scoperto che si incontrava di nascosto con degli agenti. Gli consegnavano sempre delle cartelle con dentro le informazioni sulle persone da tenere sotto controllo. Era una spia, Bi. Passava informazioni guadagnando tutti quei soldi che spendeva senza problemi per aiutare gli altri e qualcuno lo voleva morto per questo. È stato proprio lì che mi ha visto. Inizialmente ha fatto finta di niente ma poi mi ha spinto ad avvicinarmi a quella merda con le sue assurde preoccupazioni su di te, su come l'avresti presa se avessi saputo tutto quanto. In realtà voleva solo tenermi buono e...»
Nego. «No... non lo avrebbe mai fatto. Lui... non lo avrebbe mai fatto a te. Lo sapeva. Sapeva che avrei sofferto. Sapeva che ci stavo male. Lo ha visto quando ti hanno pestato a sangue come ho reagito... o quando sei finito in ospedale perché non respiravi più. Lui...» ansimo in preda ad una crisi asmatica. «Tu avresti dovuto dirmi la verità. Perché hai fatto passare tutto questo tempo? Sei uno stronzo! Un vero traditore!»
Travis lo spinge via afferrandomi per il viso. «Ehi, respira. Calmati. Cerca un pensiero felice e calmati. Fallo per me.»
Usa un tono preoccupato ma allo stesso tempo pacato, in grado di aiutarmi.
I suoi occhi per qualche attimo diventano la mia ancora e in breve riprendo a respirare normalmente. Singhiozzo nascondendomi contro il suo petto dove cullata dal suo calore ritorno con i piedi ben saldi sul terreno. Mi bacia la testa guardando male Dan che se ne sta appoggiato come se niente fosse alla porta.
Si guardano con astio.
«L'ha fatto, Bi. Lui sapeva tutto. Io sapevo tutto. Ho scoperto qualcosa di lui che mi avrebbe rovinato e che lo avrebbe rovinato. L'ho fatto per te, capisci?»
Prova ad avvicinarsi poi ci ripensa notando che Travis è pronto ad attaccarlo.
Massaggia la fronte. «Io lo capisco che per te questa è solo l'ennesima doccia fredda. Ma lui non è sparito nel nulla come pensi. Non se ne è andato a divertirsi. Non è andato a vendere quella merda come ti hanno fatto credere. Non è morto in una sparatoria tra clan. Lui è stato ucciso perché aveva scoperto qualcosa, perché sapeva troppo. Prima di sparire è venuto da me...» valuta la mia reazione a questa notizia.
Come dovrei reagire esattamente? C'è un modo preciso, un'etichetta da seguire per certe situazioni?
Lo guardo un momento di troppo valutando se attaccarlo o se rovinarlo. Sento allo stesso tempo il corpo di Travis tendersi. Stringo le dita sulle sue braccia per aggrapparmi a qualcosa di solido che non sia l'odio. Purtroppo ormai annebbia ogni briciola di razionalità.
«È... venuto da te?»
Annuisce. «Mi ha chiesto lui di darti quella collana che porti sempre al collo. Mi ha chiesto lui di prendermi cura di te perché non sapeva se sarebbe mai tornato. Mi ha chiesto anche...» fruga dentro la tasca pescando una busta bianca. «Di darti questa», dice. «Sono passati anni e ormai credo sia giunto il momento...»
Mi stacco da Travis come una furia. Gli mollo un pugno in faccia cogliendolo alla sprovvista. «Tu... tu mi hai tenuto nascosto tutto questo?» afferro la busta che abbraccio. «Per anni mi hai vista piangere, mi hai vista soffrire e mi hai tenuta lo stesso lontana dalla verità? Per quale assurdo motivo? Per quale ragione? Perché?» urlo con la vista che si annebbia ad ogni respiro, ad ogni singhiozzo. «Zia Marin sapeva tutto, non è vero? Perché... perché l'hai fatto?»
«Perché ti amo, Bi. Ti amo da sempre.»
Mi volto rabbiosa. Come un animale pronto ad azzannare la preda.
«Vattene!»
«Ti ho solo protetta e questo lo sai. Mi sono preso cura di te. Ti ho fatto da spalla. Ti ho sostenuta. Adesso non vado più bene, vero?» mi costringe a voltarmi e, ancora una volta Travis, l'unico estraneo ai fatti, lo spinge via. «Hai sentito quello che ti ha detto?»
Dan gli si avvicina rabbioso. «Non hai ancora capito», soffia dal naso. «Lei non ti amerà mai come ha amato lui. Non hai ancora capito che quei due erano inseparabili?»
Strizzo le palpebre sentendo il colpo che incassa emettendo un breve urlo di dolore. Travis lo colpisce forte al viso. Stringe il pugno macchiato voltandosi verso di me. «Come si chiamava», Chiede irrigidito.
«Nic Thomas.»
Boccheggia non appena pronuncio il suo nome. Mi guarda con occhi infuocati, come se per la prima volta lo avessi reso reale.
«Ho bisogno di una boccata d'aria.»
Passa il dorso sotto il naso e con rabbia e una strana espressione dipinta in volto, esce fuori.
Rimango stordita mentre Dan si rialza da terra tenendosi il fianco, versando sul pavimento altre gocce di sangue. «Nessuno sarà mai all'altezza. Lo sai meglio di me», tira su con il naso. «Nic non era chi credevi. Il tuo nuovo maritino non è chi credi...»
«Neanche tu», replico freddamente.
Spalanca gli occhi. «Io ci sono stato!» urla. «L'ho fatto per non vedere ancora quell'espressione vuota nei tuoi occhi. L'ho fatto perché me lo aveva chiesto lui!»
«No, l'hai fatto solo perché sei ossessionato!» replico a tono senza indietreggiare quando si avvicina rabbioso.
«Io non sono ossessionato. Io ti amo davvero. Ho fatto in modo che stessi bene. Ti ho tenuta lontano dai problemi ma...» scuote la testa. «Non è servito a un cazzo essere buono con te. Perché hai sempre voluto di più. Perché hai sempre amato la feccia. Tua zia ha ragione, potrebbero mostrarti il mondo, regalarti l'universo ma tu sarai sempre legata ad una inutile pietra.»
Gli mollo uno schiaffo abbastanza sonoro. «Sei un bastardo», la voce si inclina. «Sei un bugiardo! Un manipolatore!» strillo spingendolo verso la porta. «Sei sempre stato a conoscenza di tutto e non hai avuto le palle di dirmi la verità. Non sei stato sincero perché hai sempre pensato di avere una possibilità. Ma, ti sei sbagliato. Ti sei sempre sbagliato su di me, su di noi. E... adesso che hai scoperto che sto bene, che amo Travis, che l'ho persino sposato... hai escogitato questo piano per rovinare tutto. Perché sei sempre stato così. Tu sei veleno. Sai una cosa: è finita!»
Prova a parlare ma lo sbatto fuori dall'appartamento con tutta la forza di cui dispongo.
«Ho solo fatto quello che dovevo. Ricordati che ancora non ho finito. Tu sarai solo mia, Bi.»
Nego. «Morirei piuttosto che stare con te. Io ti disprezzo per quello che mi hai fatto», urlo senza controllo.
Passa la manica sotto il naso. «Vedremo... lo vedremo...»
Scuoto la testa. «Sei un mostro, Dan.»
Sorride. «Sai bene come finirà tutto questo. In fondo con Nic è stato facile.» Solleva il telefono. «Il tuo caro maritino dovrà vedersela con suo padre e tu... be' sarai sola...»
Gli mollo un altro pugno. Questa volta la mia mano fa male. Non me ne curo, perché sono pronta a colpirlo ancora.
«Ti consiglio di lasciarmi in pace, perché non mi fermerà nessuno se dovesse succedere ancora qualcosa a Travis.» chiudo la porta.
Sento il suo pugno che si schianta contro la superficie, il suo ringhio. «Lui non ti merita. Ti tradirà proprio come ha fatto Nic quando si stancherà di te perché sei piena di problemi.»
Sussulto ma non apro. Non gli urlo altro contro. Piuttosto scivolo giù, a terra.
Apro la busta chiusa ingiallita e leggo le ultime parole dell'uomo che diceva di amarmi ma che mi ha abbandonata. Leggo la lettera che Dan ha deciso di darmi per infliggermi la più dura e profonda delle pugnalate.
"Cara Bi,
Sembra strano, lo so, ma anch'io so scrivere una lettera. Non sono mai stato un uomo di tante parole. Non ho mai fatto gesti eclatanti, pieni di affetto o amore. Non sono mai stato il ragazzo perfetto, certo, ma non ho mai illuso con le parole. Mi sono sempre mostrato per quello che sono. Ho sempre offerto la mia spalla, il mio abbraccio, le mie labbra e un sorriso di riserva per ogni singolo momento perché non posso regalare nient'altro. Questo tu lo sai. Lo hai sempre saputo. Anche se non hai mai saputo davvero il perché.
Forse ho tanti rimpianti. Uno di questi è di non essere mai riuscito ad avere coraggio. Coraggio di dirti chi sono. Coraggio di dirti per cosa o per chi lavoro. Coraggio di dirti il perché delle mie fughe improvvise o dei miei strani modi di fare.
Scriverlo è davvero difficile. Non immaginavo tutto questo inizialmente, quando ho organizzato il mio viaggio pensando un po' a tutto, soprattutto alle conseguenze. E forse, è anche troppo tardi per fartelo sapere.
Mi odierai. Probabilmente dopo avere letto queste righe le strapperai con rabbia ma, per una volta voglio essere sincero con te. Voglio essere l'uomo che hai sempre visto riflesso in me e in cui io non ho mai creduto proprio perché ti ho sempre mentito.
Ci siamo conosciuti all'improvviso, proprio mentre ero al lavoro. Stavo tenendo d'occhio degli uomini che continuavano a confabulare incontrandosi per strada e ti ho visto. Non sono riuscito a trattenere l'impulso di fermarti e parlarti, avevi qualcosa che mi attraeva. Vedere il tuo breve sorriso poi... be' è stato come essere liberato per un istante da un enorme peso in mezzo alla pioggia.
È nato tutto da quel momento. Io ero troppo grande per te ma tu vedevi in me qualcosa di speciale, mentre continuavo a sentirmi un traditore perché non potevo dirti del mio lavoro, non potevo parlarti della mia vita e di come qualcosa di brutto da un momento all'altro mi avrebbe portato via. Ti avrei spaventata e ti avrei persa. E non volevo. Perché per me sei sempre stata una boccata d'aria fresca.
Forse avrei dovuto farlo, lasciarti decidere da sola se reggere con me questo fardello ma non me la sono sentito di appoggiare sulle tue spalle un altro peso, quello della mia coscienza.
Non mi perdonerò mai per le bugie che ho dovuto raccontarti per partire, per raggiungere posti lontani e pericolosi quando qualcuno mi ha elevato di grado facendomi entrare in un giro più pericoloso seppur eccitante.
Tu però eri sempre con me. Leggevo i messaggi scambiati a notte fonda, quelle foto che mi costringevi a fare dopo ogni esperienza insieme e mi sentivo lì con te, a casa. C'eri sempre anche quando non lo meritavo. Ci sei sempre stata, Bi. Io invece ti ho solo delusa e distrutta. Perché se stai leggendo questa lettera significa che qualcosa è andato storto e io adesso sono davvero all'inferno. Più di quello che ho visto nelle mie missioni. Già, sono una spia. Lo ammetto. Finalmente posso farlo. Mi inviano per scoprire segreti importanti e pericolosi. Prima o poi però, qualcuno mi eliminerà perché non sarò più utile o perché sarò diventato un elemento fastidioso. Ma sappi che non ho mai amato nessuno come amo te. Sappi che non ho mai lontanamente pensato di ferirti o tradirti. Proprio per questo ho preferito mentirti, anche se non esistono bugie dette a fin di bene. Ho solamente cercato di alleggerire la verità mostrandoti un aspetto di me.
Ti chiedo perdono per tutto. Soprattutto per le mancanze. Ti chiedo perdono se non ci sarò ad aiutarti, a sostenerti, a regalarti un sorriso. Ti chiedo perdono se sarai costretta a ricostruire tutto. Ti chiedo perdono se non ci sarò a proteggerti. Ti chiedo perdono se non ci sarò ad ingelosirmi quando incontrerai il tuo uomo, quello che amerai davvero. Non Dan come tutti affermano vedendovi. Lui... non è chi pensi. Sta attenta.
Spero non distrugga queste mie poche righe e che alla fine faccia davvero qualcosa di buono per te: lasciarti libera.
Purtroppo io non posso fare più niente. Ci sono cose che devono andare male. Il destino lo controlliamo noi, eppure ci sono volte in cui ogni scelta conduce verso una sola destinazione: quella che distrugge, quella che annienta tutto.
Quindi perdonami e se ci riesci, tieni un po' di me nel tuo cuore. Non chiedo altro. Ti chiedo di vivere, di divertirti, di innamorati, di piangere e urlare a squarciagola. Ti chiedo di scoprire nuovi posti, di trovare la tua casa. Ti chiedo di non mollare, di continuare a lottare. Ti chiedo di essere forte perché in questo mondo succedono troppe cose orribili. Ti chiedo di non dimenticarmi. Ti chiedo di amare.
Spero di avere fatto qualcosa di buono. Spero di non essere stato imperfetto. E spero con tutto il mio cuore che tu sia felice. Perché io ti conosco. Perché so che bella persona sei. Perché so che quando ami lo fai senza controllo. Perché so che sei dolce ma sai essere anche incredibilmente testarda e orgogliosa. Perché so con quanta fatica hai sempre cercato il tuo posto in questo mondo pieno di rinunce e dolore.
Spero che tornerai a vivere, a farlo per davvero. E che la smetterai di sopravvivere o di avere la propensione per tutti quei casi impossibili.
Spero che nella tua vita un giorno possa tornare il sole perché hai un mondo meraviglioso da mostrare ed è un peccato tenerlo nascosto. Perché vali tanto. Perché sei sempre stata speciale e unica.
Mi sto sentendo un coglione perché dovrei urlarle queste cose ma non posso. Ho scelto un lavoro che non me lo permette. Conoscerti è stato un grosso rischio. Non avrei mai dovuto amare così tanto qualcuno. Ma devo ringraziarti. Devo farlo perché è grazie a te se sono riuscito a provare qualcosa di intenso e forte. È grazie a te se ho riscoperto momenti di tenerezza, di debolezza. È grazie a te se ho provato qualcosa di unico. È grazie a te se sono sopravvissuto per tutto questo tempo. Perché il pensiero di lasciarti o di stare lontano da te, mi ha sempre fatto impazzire. E allora... come uno stupito, in ogni missione io ti immagino fuori dalla porta ad aspettarmi e quando sopravvivo e torno, so già che tu sarai sempre là. So già che mi salverai.
Anche se so che non succederà ancora per molto. Sento che qualcosa andrà storto questa volta. Come lo so? Be', sono una spia. Sono bravo a scoprire certe cose. Per questa ragione ti sto lasciando libera e sto parlando di me al passato. Perché quando i tuoi occhi chiari e meravigliosi scorreranno tra queste righe, di me non sarà rimasto che questo.
Forse ti mancherò. Forse mi odierai. Forse piangerai persino. Ma ti conosco e so che riuscirai a trovare una ragione valida per andare avanti. Perché io credo in te. L'ho sempre fatto. E non mi arrabbierò quando ti vedrò con qualcuno. Litigheremo quando mi raggiungerai e poi so che ci abbracceremo ancora come la prima volta, sotto la pioggia.
Mi mancherai in questo mio ultimo viaggio e so che non mi perdonerai mai per non averti salutata, ma non ho avuto il coraggio di guardarti, di sentire il tuo odore e di sentirmi perso. Non ho avuto il coraggio di dirti addio perché il mio è solo un arrivederci.
Ti amerò per sempre mia piccola cerbiatta dal cuore d'oro,
- Tuo, Nic."
Chiudo il foglio asciugandomi le lacrime, annusando la carta per sentirci l'inconfondibile colonia usata da quel pazzo che mi ha mentito spezzandomi il cuore. Dentro la busta trovo una nostra prima foto al Luna Park. È incastrata ma con un po' di sforzo riesco a tirarla fuori, ad osservarla e a perdermi un po' in quel ricordo.
I minuti passano. Continuo a fissare la fotografia tenendola tra le dita. Mi alzo sorridendo. Subito dopo scoppio inevitabilmente in singhiozzi.
Da quando non c'è più ho ricostruito me stessa. Ho eretto muri di cemento armato per non lasciarmi scalfire. Eppure le mancanze, l'amore, persino il dolore, lo sento lo stesso. Siamo fragili come i petali di un fiore. Appassiamo in fretta perché estirpati dalla terra, regalati a mani insicure.
Ho avuto bisogno di tempo per lasciarmi andare. Per incastrare ogni singolo pezzo di questo cuore che lui ha voluto buttare. Ho avuto bisogno di tempo per superare la paura. Ho avuto bisogno di tempo per imparare a crescere, per ritornare a sorridere. Sono sopravvissuta al dolore più forte e adesso, avrò bisogno di tempo per lasciarmi tutto questo alle spalle.
Cerco il telefono e a mani tremanti chiamo Travis, l'unico che voglio accanto a me, adesso.
È scappato ma io lo so che lo ha fatto per non crollare. So che aveva bisogno davvero di una boccata d'aria fresca per scrollare dalla testa i cattivi pensieri, le paranoie e i dubbi alimentati dalle parole di Dan. Devo anche avvisarlo del suo piano.
Al terzo squillo nell'attimo in cui credo che lui non risponderà, accetta la chiamata.
«So che sei arrabbiato ma torna a casa. Ti ho dato il tempo di una passeggiata. Ho anche saputo che Dan ha contattato tuo padre e sono preoccupata.»
Singhiozzo. «Trav... Volevo anche dirti che la mia vita è un enorme casino senza di te. Quindi torna al mio fianco. Spegni tutto questo rumore. Ti prego... torna. Ti prego... resta.»
Riaggancia e per un momento il mio cuore sprofonda nello sconforto. Questo solo per pochi istanti perché sento rimbombare in casa due colpi dati contro la superficie della porta. Non ho dubbi. È lui.
Corro ad aprire e non gli do neanche il tempo di entrare perché gli getto le braccia al collo.
Mi asciuga rudemente le lacrime che continuano a scorrere copiose sulle guance. Chiudo gli occhi lasciando uscire un singhiozzo, nascondendo il viso sul suo petto caldo e massiccio.
Preme forte le labbra sulla mia testa. Sollevo il viso e mi bacia insistentemente.
«Mi hai sempre detto che sono la tua stella nel tuo universo senza luce. Ti sbagli. Sei il mio universo pieno di luce. Io sono quella stella solitaria e triste, terribilmente spenta.»
Stringo il suo viso. «Tu mi hai salvata. Mi hai reso felice e io non ho fatto altro che deluderti. Perdonami», dico decisa e tra le lacrime.
Nega. «Sei ancora mia moglie?»
Sorrido lasciando sfuggire un singhiozzo insieme ad un sospiro. «Si», non ho dubbi.
«Allora posso esprimere un desiderio?»
«Portami a casa», rispondo.
Mi guarda meravigliato, attento. «Posso esprimere anche un altro desiderio?»
Annuisco timida.
«Non voglio più vederti piangere», mormora accarezzandomi la guancia.
Indietreggio verso la stanza. Travis si ferma in cucina indicando il foglio ripiegato.
«Posso?»
«Si», mi sposto in camera dove riempio le valigie prendendo tutto quanto. Tornerò qui solo se sarà strettamente necessario farlo, mi dico. In fondo, ho pagato per tutto il mese e mi serve un posto come la mia vecchia casa dell'infanzia per sentirmi a mio agio.
Esco dalla stanza trovando Travis seduto sul divano, i gomiti sulle ginocchia, lo sguardo assente. La busta sul tavolo.
«Era lui?» Indica la foto.
Confermo con un cenno della testa.
«Senti, lo so che sembra...»
Si alza. «Possiamo andare? Hai preso tutto?»
«Devo prendere la spesa e gli elettrodomestici. Ho ancora gli scatoloni», dico mettendomi subito al lavoro mentre se ne va caricando le mie cose in auto.
Quando finisco, infilo la busta dentro la borsetta guardandomi intorno. Chiudo la porta scendendo al piano di sotto dove Travis mi aspetta fuori dall'auto.
Guardo il palazzo vecchio sentendo di abbandonarci dentro tutto il dolore provato in questi ultimi due giorni.
In auto non vola una mosca. Penso di potere impazzire quando noto Travis stringere la presa sul volante, principalmente alla terza chiamata in arrivo sul monitor dello stereo da parte di Nan.
Risponde alla quinta chiamata più per esasperazione. «Che c'è?» replica brusco.
«Ci sono dei giornalisti sotto casa. A quanto pare qualcuno ha scoperto dove abiti. Stanno parlando di nuovo di te alla tv.»
Travis contrae la mandibola pensando subito a Dan, al suo colpo basso. «Andiamo in ufficio», ordina. «Organizza la protezione. Non voglio nessuno nei paraggi.»
«Va bene, signore.»
Facciamo un giro lungo. Ci troviamo nelle vicinanze della villa dove ci fermiamo un momento. Travis esce dall'auto recandosi nel suo giardino a grandi passi. Lo lascio fare aspettando pazientemente in auto. Quando torna non resisto e sistemandomi a cavalcioni su di lui gli tolgo la maschera. Annuso la sua pelle e odora di rose insieme alla sua colonia inconfondibile.
«Facciamo pace?»
Guarda in basso. «Non abbiamo litigato.»
«Hai saputo una parte del mio passato. Il nome dell'uomo misterioso che non ho mai nominato. Hai sentito le parole di Dan e ti sei convinto che...»
Nega fermandomi. «Ho visto la tua tristezza e non ho retto. Per questo sono uscito un momento.»
Sorrido provando a baciarlo. Tira indietro la testa. «Starai con me?»
«Si», gioco con le sue labbra corrugando la fronte. Non comprendo questa sua esitazione. Che gli succede?
Freme. «Dobbiamo fare molta attenzione. A quanto pare mio padre non si è ancora arreso e... potrebbe spopolarsi anche la notizia che ci siamo sposati.»
Alzo la sua mano. «Ti manca l'anello», gli faccio notare. «Nessuno ci crederà mai.»
Sta già negando. Sporgendosi apre il cassetto del cruscotto prendendo una scatolina rossa come la mia porgendomela.
La apro e dentro c'è un altro anello. D'argento un po' più largo del mio.
Sorrido prendendo la sua mano. «Travis Williams conosciuto in web come il focoso e tenebroso MisterX, mi vuoi come tua compagna e combina guai preferita?»
Solleva il labbro tenendo a freno un sorriso. «Si», sussurra.
Infilo l'anello sull'anulare baciandolo poi premo le labbra sulle sue. Ansima contro la mia bocca.
«Adesso dovrai mostrarlo per fare capire a tutte quelle che vorrebbero averti che sei solo mio.»
Mi abbraccia. «Gelosa?»
«Molto!»
Sorride. «Dobbiamo proprio mostrarci alle telecamere?»
Alzo le spalle. «No. Possiamo scappare per un giorno o due...»
Mi bacia. «Ho bisogno di una sbronza», guarda la villa quasi del tutto completa poi me.
«Possiamo sbronzarci nell'appartamento che usi come ufficio. Qui non se ne parla. Non lo vedrai fino a lavoro terminato, ne abbiamo discusso e sono le regole.»
Solleva gli angoli della bocca. «Rimettiti a sedere perché ho intenzione di arrivare a casa velocemente e bere fino a perdere i sensi. Non so, per una volta ho bisogno di comportarmi da ragazzino.»
Bacio ancora le sue labbra. «Saremo in due», torno a sedere.
Il viaggio verso l'Upper Est Side sembra più lungo. In realtà impieghiamo circa venti minuti a causa del traffico, di una manifestazione a bloccare le strade e dei giornalisti che, a quanto pare hanno trovato entrambi gli appartamenti di Travis. Tutto questo a causa della fuga di notizia partita da Dan.
Spero vivamente che il karma gli restituisca tutto e non in comode rate mensili. Che lo travolga all'improvviso.
Ripenso alle parole scritte da Nic su di lui e provo un enorme senso di fallimento. Perché in fondo, alla nostra amicizia io ci credevo. Sono sempre stata ingenua.
Riusciamo chissà come ad entrare dal sotterraneo senza dare troppo nell'occhio, anche se ormai è tutto assediato dai curiosi. Non oso immaginare quello che scriveranno su di noi tra qualche ora.
Travis sembra immediatamente a suo agio. Abbassa le difese anche se non del tutto togliendosi il cappotto, portando le mie poche cose in camera sua.
Aiutata da Mitch, che ci ha scortati fino all'appartamento, poso le scatole contenenti i miei nuovi elettrodomestici sul ripiano. Più tardi troverò un posto dove collocarli.
Quando Travis torna in soggiorno dove ce ne stiamo in religioso silenzio, indossa una tuta. «Grazie per l'aiuto», stringe la mano a Mitch guardandolo con affetto. «Prendete qualche ora libera. Staremo bene», lo avvisa. «Qui adesso ci penso io.»
Mitch si congeda con un breve cenno del capo senza protestare. Avrebbe però voluto, vista la situazione.
Si comporta proprio come un padre con Travis e la cosa non mi dispiace. Lui e Nan potrebbero anche definirsi i suoi nuovi genitori, proprio perché stanno continuando a proteggerlo, a farlo sentire a casa, ad amarlo e a sorreggerlo in tutto e per tutto. Sono delle persone fantastiche.
Travis lo accompagna con gli occhi fino alla porta poi gira intorno al bancone aprendo un'anta sul ripiano in alto all'angolo. Mette sul bancone qualche bottiglia leggendone stanco l'etichetta. In parte confuso, non in grado di decidere, stappa subito una bottiglia di vino rosso vecchio di tre anni tracannandone un intero bicchiere in poche sorsate. Inumidisce le labbra e versandone uno anche a me brindiamo silenziosamente dando inizio ad uno stranissimo festeggiamento.
Alla terza bottiglia di vino lasciata vuota sul pavimento, ci ritroviamo sul divano, a giocare a carte. Stiamo facendo una partita a poker, mangiando cioccolatini. Ridiamo persino senza una ragione. Forse vinti dall'alcol, dalla stanchezza. In parte anche per non fare vincere la tristezza.
«Scala reale!»
Si lamenta. «Sei proprio brava. Ma come diavolo...»
Gli faccio una linguaccia e lui afferrandomi mi trascina su di sé ridendo come un bambino.
«Ho vinto!»
Si rilassa. «Uhm», conferma.
Sul suo viso leggo immediatamente un cambiamento in grado di farmi mettere subito sull'attenti.
«Sei sempre stata così triste?» parla con voce impastata dall'alcol. Non attende neanche una risposta perché i suoi occhi sono appannati e altrove.
«Perché sei così masochista?»
«Perché ho un talento particolare per le cose tristi. Sono attratta dal dolore. Tutti hanno un talento per qualcosa. Questo credo sia il mio.»
Ho sempre pensato di essere forte. Di potere superare tutto, persino l'essere infelice. Invece credo di avere sempre sbagliato. Perché certe cose non le superi facilmente. Certe cose non le strappi di dosso perché restano lì, aggrappate e pronte a graffiarti l'anima, a farti compagnia soprattutto di notte quando pensi di non essere vulnerabile e di potere dormire tranquillamente. Invece no, ti raggiungono, ti fanno tremare dalla paura. Ti fanno stare male. Ti feriscono.
Da piccolo determinate cose le alleggerisci con un bugia che racconti a te stesso per stare bene ma, quando cresci capisci che le cose quando arrivano lo fanno perché nascono da dentro. Capisci che le delusioni non passano perché il cuore arriva al punto di rompersi e che le cicatrici che porti dentro non se ne vanno. Per non parlare delle assenze. Ci sono vuoti che non possono essere colmati e che sentirai, forse per sempre, ad ogni respiro. E ti sentirai perso. Ti sentirai solo. Ti sentirai a terra. Ti sentirai arrabbiato. Ti sentirai fragile. Ti sentirai fuoriluogo. Ti sentirai triste. Ti sentirai deluso. Spezzato. Morto dentro. Stanco.
Ma in fondo, è così che va la vita. Un giorno ti dà tutto, l'altro se lo riprende con gli interessi. Ti mette alla prova per farti capire quanto sei forte, se sei davvero resistente, se puoi sopravvivere.
Travis nega sollevandosi. Mi tira su e indietreggiando raggiungiamo il centro del soggiorno. Alle mie spalle la vetrata piena di luci che si accendono illuminando la serata.
Iniziamo a ballare, a sorriderci, a stringerci forte per non lasciarci andare.
Barcollo visibilmente ma lui riesce a tenermi in piedi. Mi bacia la mano leggermente gonfia a causa dei pugni dati in faccia a Dan. Io guardo i suoi sentendomi in colpa.
«Non ti ho fatto entrare come si deve in casa», riflette rimproverando se stesso.
Bacio il suo petto abbassando il colletto della felpa. «Abbiamo bruciato tutte le tappe, questo non cambierà di certo l'esito delle cose. Non preoccuparti. Inoltre... sono già stata qui», biascico tenendo gli occhi chiusi.
«Ma adesso sei mia moglie», replica tirando indietro la testa per guardarmi.
Sorrido. «È bello sentirtelo dire.»
Bacia il collo. «Mi dispiace per tutto quello che stai passando, Bi. Ma c'è una cosa che devo dirti.»
«Facciamo un bagno?» lo tiro in direzione. «Me lo dirai tra le bolle colorate.»
Mi frena. «Non sono poi così sicuro che sarai dell'umore.»
Lo tiro ancora. «Prometto che non darò di matto.»
Fa una smorfia. «Mi odierai, tanto...»
Trattengo il fiato. «Davvero?»
Annuisce. Indietreggia verso il divano dove ci sediamo. Stringe le mie mani abbastanza forte da farmi sentire salda anche se allo stesso tempo in equilibrio instabile a causa della sua espressione.
«Che cosa riguarda esattamente?»
Deglutisce a fatica. «Promettimi che non te ne andrai», inizia spaventato al pensiero.
Questo mi fa torcere le viscere. Una forte nausea mi investe. «Sto per andare a vomitare in bagno, Trav...» tappandomi la bocca corro in bagno vomitando tutto il vino bevuto. Non mi sento uno schifo per come dovrei. Sono piuttosto vigile, attenta. Curiosa di sapere quello che ha da dirmi di così urgente.
Lavo i denti e torno in soggiorno ma non trovo Travis. Allora lo cerco nel suo ufficio ma non è neanche lì. Controllo in camera e si è appena steso sul letto. Tiene il braccio sulla faccia e sembra essersi addormentato come un sasso.
Sorrido e salendo sul letto, facendo molta attenzione mi sdraio accanto a lui. Non sentendomi ancora del tutto a mio agio, mi avvicino trovando conforto rannicchiandomi infine su di lui.
È notte fonda quando si riscuote balzando a metà busto, affannato e sconvolto dopo avere urlato.
Mi guarda spaventato poi si trascina sul bordo del letto dandomi le spalle. La felpa imperlata di sudore, i muscoli tesi e il respiro spezzato. Passa le mani sulla testa scrollandole rabbiosamente nel tentativo di controllarsi.
«Ricordi che ti ho raccontato dell'incidente?»
Mi avvicino abbracciandolo da dietro. Le sue mani accarezzano le mie braccia prima di portare le mani alle sua labbra. «Si, ti ho chiesto com'è stato...»
«Ero lì, in mezzo al fumo, ai boati, alle urla. Ero in mezzo alla morte. Circondato dal dolore. Ero lì ad uccidere il nemico che, si è rivelato essere un mio compagno.»
Corrugo la fronte. «Che cosa vorresti dire? Mi avevi chiesto di non fare domande per non sapere quello che c'era davvero sotto questa storia. Mi hai spiegato che è un discorso che se mai dovesse uscire fuori potrebbe scatenare l'inferno. Non vorrei chiedere qualcosa di sbagliato quindi...»
Conferma. «Non siamo andati in missione di pace in quella terra arida. Non abbiamo raggiunto quel posto solo per liberarlo dalla feccia. Lì c'erano anche degli agenti sotto copertura, Bi.»
Sgrano gli occhi scuotendo la testa. Mi stacco indietreggiando e lui si volta fermandomi. Il cuore inizia a pompare più del necessario mentre una scarica fredda mi attraversa da capo a piedi folgorandomi.
«Ci hanno ordinato di ucciderli tutti», dice con occhi pieni di dispiacere e disprezzo verso chi li ha obbligati a commettere un simile crimine.
Mi alzo allontanandomi da lui. Mi abbraccio guardandomi stordita intorno. «Tu... eri lì per... uccidere i tuoi compagni?»
Passa le mani sul viso. «Ti avevo detto che avevo ucciso delle persone. Tra queste c'erano anche loro. Ritenuti ormai scomodi perché sapevano troppo. Quindi si, ma non lo sapevo. L'ho capito prima dell'esplosione. Ricordi che cosa ti ho raccontato?»
Batto le palpebre. Mi sento confusa. «Che ti sei ritrovato a pochi passi un ragazzo... che è stato ucciso davanti ai tuoi occhi e che...» tappo immediatamente la bocca. Mi sfugge un breve urlo, un singhiozzo abbastanza forte da strapparmi le corde vocali.
Lui annuisce dandomi la piena conferma. «Io...»
Indietreggio ulteriormente quando si alza. «Non... dire quello che sto pensando e cercando di non immaginare. Ti prego. Non... dirlo!» lascio scorrere le lacrime.
«Credimi io non... non sapevo che... l'agente speciale...»
«Smettila!» tappo le orecchie. «NO!»
Si avvicina provando a toccarmi e lo spingo con rabbia mentre dentro di me si ingigantisce quel vuoto. «Tu non lo hai ucciso...» piango come una ragazzina. «Tu non lo hai... ammazzato come un animale», singhiozzo cadendo a terra, in ginocchio quando le mie gambe cedono.
Travis prova ad abbracciarmi ma picchio forte i pugni contro il suo petto.
«Bambi io... ho saputo solo oggi che Nic... l'agente che ho provato a salvare ma che è stato ucciso sotto i miei stessi occhi non era altro che il tuo...»
Lo spingo con rabbia. «Basta!» urlo tra i singhiozzi.
Apre e richiude la bocca. «Mi dispiace, Bi. Credimi...» i suoi occhi si riempiono di lacrime.
Mi alzo scuotendo la testa e corro fuori dalla stanza. In soggiorno mi guardo intorno e sentendomi sopraffatta mi rannicchio in un angolo, tra la vetrata e il mobile, singhiozzando come una bambina. Strappo dal collo la collana lanciandola al centro della stanza perché pesa e brucia sulla pelle peggio di un tizzone ardente.
No, non può essere vero. Travis non può avere conosciuto Nic. Non può averlo aiutato e poi ucciso. Lui...
Perché il destino è così crudele con me?
Sento un dolore atroce al petto e mi piego in due tossendo. Vedo ogni cosa distorta. Piccoli puntini iniziano a comparire nel mio campo visivo. Annaspo in cerca d'aria raschiandomi la gola.
Travis corre subito in mio soccorso, pronto ad aiutarmi. «Bambi...»
Provo ad allontanarlo da me ma non ce la faccio. Non respiro. Diventa tutto opprimente. Così forte e indomabile il dolore che sento, da schiacciarmi.
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