39
La stanza è calda, in netto contrasto con l'ambiente esterno. Sulla lastra di marmo della finestra è accesa una candela rossa dentro un vasetto di vetro. Profuma tanto di frutti di bosco. Un po' stucchevole come fragranza ma accettabile. La fiamma ondeggia a causa della corrente che lascio entrare al mio passaggio, prima di chiudere la porta.
Zia Marin se ne sta sdraiata nel letto, sotto la coperta morbida di un rosso acceso, in netto contrasto con il suo incarnato ingrigito dalla malattia.
Gira il viso come se fosse affaticata. Non respira bene e quando lo fa dalla sua bocca esce un verso grottesco. La malattia deve avere raggiungo anche i suoi polmoni.
Incurva le labbra piene di segni del tempo e rughe mostrandomi il suo debole sorriso. Quello che non rivedrò più tra quanto: un giorno? Un mese? Un anno?
«Sono riuscita a raggiungerti», mi avvicino a lei posando sul comodino un vasetto di burro cacao al miele per le sue labbra screpolate, una nuova candela al profumo di zucchero filato e un mazzo di fiori freschi che sistemo subito dentro il vaso di cristallo sul cassettone, gettando quelli appassiti nel cestino.
Guarda subito fuori dalla finestra come se non avesse capito la ragione della mia risposta. Sicuramente Mirko non le avrà ancora riferito delle mie chiamate e della preoccupazione avuta per non riuscire ad esserci a causa del ghiaccio per strada e della bufera. Alla fine però ho rischiato lo stesso. Voglio esserci.
«Sta ancora nevicando?» Chiede infatti con una voce da raffreddore. Appare dimagrita, imbronciata, debole. Appare anche stordita, come se non capisse dove ci troviamo.
«In questo momento no. Forse arriverà una nuova bufera tra qualche ora. Ci sono i ghiaccioli attaccati ovunque», le mostro le foto che ho scattato prima di raggiungere la clinica.
Chiede un po' d'acqua e gliene verso un bicchiere. Beve dalla cannuccia. Non riesce a sollevarlo neanche perché non ha la forza. Segue però i miei movimenti, ogni mia espressione.
«Lui è con te? Sei diversa oggi.»
Sorrido raggiante. Non lo nascondo. «Si, ma ha preferito aspettare in auto. Non voleva disturbare», dico sistemandole meglio la coperta e riempiendole un altro bicchiere di acqua lo metto a portata di mano qualora le venisse sete.
Inumidisce le labbra. «L'hai già perdonato?» Domanda usando un tono asciutto. Sembra quasi seccata dalla cosa. «L'hai già fatto entrare in casa?» alza il tono. «Gli hai permesso di approfittarsi di te?»
Corrugo la fronte non comprendendo la ragione del suo comportamento. Poi però mi è tutto più chiaro.
«Tu speri ancora che sia Dan l'unico, capisco. Ma non puoi controllare il mio cuore, i miei battiti. Non puoi decidere per me.»
Tossisce un paio di volte provando a sollevarsi sulla schiena per affrontarmi. «Sai come la penso. Non ti darò la mia benedizione se è questa che vuoi. Quel ragazzo ti fa soffrire. Non fai che piangere ed essere distratta da quando l'hai conosciuto. Non è quello giusto per te. È proprio come Nic. Finirai per farti ancora male perché i tipi come lui si stancano facilmente del giocattolo nuovo. E poi chi troverai pronto ad abbracciarti e a proteggerti, eh?»
Sento le guance prendermi fuoco. Incasso le sue parole e alzandomi infilo velocemente il cappotto. «Ed io che pensavo che non avrei mai sentito queste parole. Mi sono persino illusa di poter ricevere il tuo sostegno. Le medicine ti rendono stronza o forse la mamma aveva ragione quando diceva che eri fatta così e che lo zio era uno stupido sciocco ad amarti perché riuscivi sempre a manipolarlo.»
Apre e richiude la bocca sbigottita. Lo sono pure io ma solo perché dalla porta entra proprio Dan e di seguito anche Travis. Quest'ultimo sembra affannato.
Zia Marin prova a scusarsi ma superando Dan senza neanche guardarlo in faccia, afferrando la mano di Travis, in parte confuso dal mio comportamento e sospettoso a causa della mia improvvisa agitazione, mi dirigo verso l'ascensore chiamandolo con insistenza.
Notando che non arriva, sbuffando rumorosamente, scendo in fretta le scale sentendo il dolore alla caviglia tornare, ma non me ne curo. Non è lontanamente paragonabile a quello che sento e porto dentro costantemente. Perché mi sto impegnando davvero tanto a mettere in piedi la mia vita. Per lei ho fatto di tutto anche quando pensavo di non avere la forza. Eppure non sembra affatto avere apprezzato i miei tentativi, i miei sacrifici.
Quello che vede è solo quello che ha immaginato troppo in tutti questi anni. La colpa non è solo sua. È anche la mia. Perché sono stata Io quella a perdonare Dan e a farlo entrare nella nostra famiglia. Avrei dovuto comportarmi come tutte le ragazzine del pianeta. Solo così avrebbe capito e adesso mi lascerebbe vivere in pace la mia storia.
Pesto i piedi sull'asfalto accelerando il passo. Vengo sollevata e fermata contro il muro. Strillo spingendo Travis che mi ha spaventata.
«Mi spieghi che succede?»
Sono affannata. Sento battere frenetico il cuore nel petto. In un moto di disperazione lo abbraccio forte. «Possiamo andare da qualche parte, adesso? Non nevica», mormoro agitata facendogli capire che ho bisogno di un po' di svago e di fare scemare questa rabbia che mi annebbia la mente.
Travis non fa domande mirate sull'argomento. Annuisce aprendomi la portiera della sua auto munita di catene. «Lasciamo l'auto e facciamo una passeggiata, ti va?»
«Ok», rispondo brevemente.
Durante il viaggio il silenzio avvolge l'abitacolo ma non è asfissiante. Piuttosto mi piace questa tranquillità.
Fisso fuori dal finestrino senza neanche vedere dove siamo. È tutto appannato. Tutto confuso ai miei occhi che rischiano di lasciare uscire lacrime tenute dentro ormai da anni.
Di tanto in tanto, la sua mano si posa sulla mia gamba distraendomi.
Passiamo in fretta dal centro alla zona piena di mattoni rossi in cui abito.
«Ti va di fare qualcosa in particolare o...»
«Non ho idee», replico secca scendendo dall'auto.
L'aria fredda penetra sotto lo strato imbottito del cappotto. Stretta e rigida cammino seguendolo in direzione Times Square.
«Devo preoccuparmi?»
Scrollo la testa e via anche i pensieri. «No. Ho solo avuto una breve discussione con zia Marin prima che arrivaste. A proposito: perché sei salito così in fretta?»
«Perché ho visto Dan», replica grattandosi il mento. Noto dell'imbarazzo e dell'incertezza.
«E...» attendo che continui.
«Ed è stato come vedere il diavolo. Vuoi davvero sentirti dire che sono geloso e non lo sopporto?»
Mi rilasso. «Si», sussurro.
Sorride. «Ok, vorrei non vederlo più nei paraggi ma so già che siete e sarete sempre amici e che tua zia farà il tifo per lui fino alla fine.»
Contraggo la mascella. «Lei non mi convincerà mai.»
«Questo dovrebbe rassicurarmi?»
«Forse», replico di proposito. «Ascolta, zia Marin non sta bene. Mi ha visto soffrire e lei è così. Oggi sono stata io quella cattiva. Ho lasciato uscire il peggio di me con le mie solite risposte acide. Lei non tifa per te ma il mio cuore si. Non conta di più?»
Riflette un attimo sulle mie parole. «Sei dispiaciuta più per quello che le hai detto o per quello che pensa?»
«La seconda?»
Nasconde un sorriso rimanendo concentrato sulla strada, facendo attenzione a dove mettiamo i piedi, evitando i cumuli di neve, il ghiaccio ben visibile sulla strada, sui gradini. Il fiato esce sotto forma di nuvola di condensa. Si perde insieme a tutto il resto in questa strada trafficata nonostante il mal tempo.
«Perché?»
«Perché dovrebbe sostenere le mie scelte e al massimo mettermi in guardia. Invece mi sbatte in faccia il suo rifiuto categorico. Il problema è che un giorno sembra accettare tutto e l'altro ha come un'altra personalità. Mi spaventa questa cosa.»
Mi abbraccio rabbrividendo.
Travis ascolta attentamente. «Ti confonde le idee o sei certa di quello che vuoi?»
«Non mi confonde. Mi piacerebbe che non fosse così acida o accecata dalla presenza di Dan. Tutto qua.»
«Ti manca?»
Alzo le spalle. «Non lo so», sospiro. «Mi piacerebbe che tutto si sistemasse di colpo.»
«Hai paura che tua zia rimanga delusa dalle tue scelte», esclama passando alle conclusioni.
Nego. «No, ho paura che sia proprio lei la ragione di ogni stupido ed inutile dubbio, perché io so cosa voglio. Vorrei che mi sostenesse nonostante il suo essere contraria. Invece...»
Travis guarda davanti a sé senza rispondere. Lo fa riflettendo a qualcosa in particolare. «Rispondi ad una domanda: faresti qualcosa che le provocherebbe comunque un dispiacere?»
«Fammi un esempio pratico», non capisco.
«Tipo stare con me o dirle che crei video per mantenerla nella clinica», replica pacato.
«Pensi che io non voglia vivere con te per lei? Ti sbagli. Ho sempre fatto quello che ritenevo giusto per me. Non nego di avere paura di deluderla ma succederà lo stesso perché non siamo uguali e perché non abbiamo gli stessi sentimenti. Lei è solo affezionata troppo a Dan. Non ha visto quello che mi ha fatto perché non se ne è resa ancora conto. Lui non cambierà mai. Non si ripulirà. Combinerà sicuramente qualcosa che mi ferirà e lei continuerà a volergli bene, a sostenerlo. Perché per lei sono sempre e solo io quella a sbagliare. Quindi continuerò a pensare con la mia testa e a prendere le decisioni in base a ciò che detterà il mio cuore.»
Travis continua a camminare verso il centro rimuginando su qualcosa.
Mettendomi a braccetto, spio di nascosto ogni sua reazione, ogni espressione, ogni mutamento nel suo sguardo. Apparentemente, dopo quello che ho detto, non sembra allarmato o particolarmente preoccupato.
Adesso, rispetto a prima, stiamo passeggiando lentamente, senza fretta. Siamo usciti non appena ha smesso di nevicare. L'abbiamo fatto per evitare di stuzzicarci, di saltarci addosso e poi avere difficoltà a staccarci. Siamo andati alla clinica e adesso lui ha accolto la mia richiesta di fare qualcosa per svagarci.
Appoggio la guancia sulla sua spalla. Gira il viso e con un sorriso circonda la mia vita con un braccio dandomi un bacio sulla fronte.
Mi fermo concedendomi questa sua breve attenzione all'aria aperta, sul marciapiede circondato da cumuli di neve bianca e altra ormai sporca.
«Dove stiamo andando?»
«So che non ami le sorprese. Dovrai resistere ancora un po'. Se non erro siamo vicini», cerca qualcosa per strada. Osserva le insegne leggendone le indicazioni, alza il viso verso i tabelloni pubblicitari e poi prosegue, affatto ammaliato dalle innumerevoli immagini che scorrono su ogni schermo.
«Siamo in centro e tu non hai ancora fatto dietrofront. Devo preoccuparmi?»
Solleva l'angolo delle labbra. «Ti stupisce sempre quando mi vedi in mezzo alla gente?»
Ci fermiamo. Intorno a noi delle persone che stanno uscendo per prendere un po' d'aria. Le feste non sono ancora finite e tutto sembra prendere il suo ritmo normale. Le lunghe file per entrare nei locali o nei musei. I taxi gialli fermi ai semafori. I pedoni distratti. E poi: le luci, il vocio. Una cacofonia insistente che sa tanto di vita.
«Non voglio che tu ti senta in dovere di portarmi in giro...»
«Bi, finalmente mi sto sentendo una persona, non più un uomo isolato. Tu mi stai spingendo ad uscire da questo», porta la mia mano coperta dal guanto sulla sua cicatrice. «Tu mi stai tirando fuori dal guscio duro che ho costruito. Mi stai strappando via la maschera e mi stai facendo vivere momenti che ho perso a causa della mia inutile chiusura.»
Arrossisco per il modo in cui mi sta guardando e parlando. È così tenero. Così sincero. Così vero.
Mi sento persino un pesce fuor d'acqua perché so di avere fatto poco per lui. Batto le palpebre velocemente.
«Tu mi stai aiutando senza rendertene conto. E credimi, mi fa impazzire questo tuo istinto di protezione nei miei confronti.»
«È un complimento?»
«Ti amo.»
Sorrido continuando a camminare con una strana leggerezza dentro.
Di tanto in tanto stringe la mia mano facendomi capire che siamo ancora insieme. Indossa un berretto nero, la maschera color carne, una sciarpa grigia e un cappotto che sprigiona la sua buonissima colonia. Quando arriva alle mie narici spero sempre che nessuno la percepisca perché ne sono gelosa. La incanalo, per tenerne un po' dentro di me.
«Che cosa ti fa più paura, il pensiero di venire a convivere o il fatto che poi ti sentirai in dovere di stare con me?»
Corrugo la fronte. «Mi spaventa il fatto di avere ancora tutto incerto nella mia vita. Voglio che almeno la nostra futura convivenza possa andare bene, senza ostacoli.»
Riflette un momento nascondendo il mento sotto il colletto alzato del cappotto.
«Ma se non provi non puoi saperlo. Magari scopri che non sopporti la vista della mia collezione di palle da baseball e dai di matto», getta lì la battuta.
Sorrido. «Ho già visto la tua collezione e non ho detto niente perché se piace a te a me va più che bene. Magari scopri tu di non sopportare il fatto che giro per casa scalza o che mangio le patatine nel sacchetto con il ketchup», replico.
Sta già scrollando la testa negando. «Impossibile», esclama.
«Allora perché ti spaventa che sia io quella a non sopportare qualcosa di te?»
«Perché so di avere molti problemi e so che magari stai riflettendo su come dirmi che non sei pronta ad una relazione con me. Forse mi sto abituando al fatto che mi lascerai con una scusa perché sarai tu quella a non riuscirci, a non essere pronta ad adattarti al mio mondo.»
Mi fermo in parte sentendomi offesa. «Trav, perché hai così tanti dubbi su di me?»
«Perché te ne vai. Tu te ne vai lasciandomi addosso un vuoto. Lo fai e quando succede io non riesco più a pensare, non riesco a respirare. Il mondo si restringe e...»
Mi alzo sulle punte premendo forte le labbra sulle sue. Le muovo passando la lingua sul suo labbro inferiore poi quando mi concede di prolungare il bacio, mi stringo maggiormente su di lui. «Io ti amo perché sei anche questo. Non dimenticarlo, mai.»
Scivolo giù arrossendo quando noto che qualcuno ci sta osservando. Travis si ricompone, a disagio mi stringe la mano aumentando il passo.
Mi ritrovo davanti al museo delle cere "Madame Tussauds". Parecchia la folla per entrare e vedere più di duecento sculture.
Lo guardo preoccupata. Non ci siamo mai trovati in mezzo a così tanta gente. «Trav, possiamo...»
Con un cenno mi mette a tacere. «Posso farcela.»
Attendiamo il nostro turno per entrare ed infine facciamo il nostro giro in mezzo alle celebrità di cera molto realistiche.
Scatto qualche foto con il telefono per avere un ricordo, per riempire l'album delle nuove scoperte, visto che a volte mi sento proprio come una turista nella mia stessa città.
Travis, ad un certo punto mi toglie il telefono dalle mani. Mi metto subito in posa e mi scatta una serie di foto insieme alle statue di cera alle spalle, poi mi si avvicina. Senza dire niente, senza chiedere, immortala entrambi negli scenari che sono davvero pazzeschi.
Avvicino il suo viso premendo le labbra sulle sue scattandoci una foto ricordo.
Vedo però che è inquieto quando indossa la maschera. Qualcosa gli frulla dentro la testa ormai da qualche ora. Tutto si ricollega alla sua proposta. Ha avuto inizio con quella.
«Io non voglio che tu ti senta in dovere», ripete di colpo spezzando il silenzio tra di noi. «Voglio che tu ti senta libera di decidere.»
Usciamo dal museo. Mi offre una cioccolata calda che accetto di buon grado per scaldarmi.
«E soprattutto voglio che non ti lasci condizionare dalla compassione o dal senso di protezione o altro. Voglio che decidi perché sei certa di volerlo. Altrimenti dimmi sinceramente di no e spegni l'incendio che ho addosso.»
Soffio sulla cioccolata sentendomi sul punto di dare di matto.
Come faccio a fargli capire che lo amo alla follia e non ho intenzione di mollarlo? Come faccio a fargli capire che ho solo bisogno di sistemare prima alcune cose che non vanno bene nella mia vita e poi lanciarmi tra le sue braccia e fondermi con il suo cuore che è il mio unico incastro perfetto? Come gli dico che sono sua dal primo istante senza sembrare stupida?
«Quando ti dico che ti amo, mi credi?»
Sgrana lievemente gli occhi. Questa reazione mi blocca lo stomaco all'istante. Capisco che la situazione è molto più complicata di quanto sembri.
«Ok», poso il bicchiere sulla panchina dove ci siamo seduti un momento, circondati dal bianco che sovrasta tutto.
«Io ti amo. Non ho mai amato nessuno così tanto e così forte. La cosa mi spaventa, non lo nego. Come non nego di avere ancora dei problemi da risolvere. Voglio sentirmi stabile mentalmente perché attualmente io so che non lo sono. Mia zia sta morendo e conosco perfettamente la parola perdita. L'ho provata sulla pelle molte volte. Ho iniziato da giovane», stringo le sue mani.
«Non ti sto dicendo che sarà facile. Non ti sto dicendo che andrà tutto a meraviglia. Non ti sto dicendo che andremo d'accordo o che ci sopporteremo. Non ti sto dicendo che non voglio stare con te. Io, ti sto dicendo di sì. Te lo sto dicendo in tanti modi da non trovare più quello giusto per rassicurarti. Voglio solo affrontare tutto da adulta», prendo fiato.
Lecco le labbra deglutendo a fatica. «Sei la mia prima storia. Sei la mia prima volta. Quello che ho vissuto in passato non era niente di tutto questo. Per me è tutto nuovo. Devo capire come muovermi. Devo imparare a pensare per due. Devo condividere. Devo... prendere un lungo respiro e non avere paura.»
«Paura di cosa?»
«Di questo», avvicino il suo viso. Le labbra formicolano a contatto con le sue. Il suo fiato caldo odora tanto di menta e caffè.
«Di amare e non avere occhi per nient'altro», spiego.
«Non capisco», corruga la fronte. «Mi vuoi, mi ami ma non pensi che questo sia il momento giusto per iniziare a stare davvero insieme? E allora quando?»
«Non proprio così... ma si. Lasciami organizzare la mia vita e preparati a sopportarmi perché ti costringerò ad esserci al mio risveglio», tiro il bordo del suo cappotto.
Mi lascia un breve bacio bevendo il suo caffè. «Vuoi farmi aspettare. Cara Bi, lasciatelo dire: sei una stronza!»
Rido. «Mi aspetterai?» Chiedo timida guardandolo da sotto le ciglia, tornando seria.
Alzandosi mi porge la sua mano. «Lo sto già facendo ma il più delle volte mi fai uscire di senno perché la voglia di averti accanto è così forte che mette a dura prova tutto.»
«Quanto tempo sei disposto a darmi?»
«Tecnicamente nessuno», risponde sincero.
Lo spingo e sorride abbracciandomi, tenendomi stretta a sé mentre proseguiamo dal parco di nuovo verso il centro della città.
«Vuoi una data di scadenza da segnare sul calendario?»
«Esattamente!»
Inarca un sopracciglio. Vedendomi concentrata soffia dal naso lasciando uscire una nuvoletta di condensa. «Trattiamo», dice contro ogni mio pronostico. Mi stupisce sempre.
«Inizia con l'offerta», lo incito.
«Una settimana è il massimo che posso darti», lo dice nascondendo un sorriso. Mi sta prendendo in giro.
«Un mese?»
Nega. «Non resisterò. Facciamo che prenderai il tuo tempo e nel frattempo inizierai a trasferire le tue cose da me adattandoti cosi all'idea.»
Mordo il labbro. «Perché?»
Si ferma. «Perché sei tutto ciò che mi basta. Se ho te accanto io non mi sento incompleto. Ascolta», inizia fermandosi davanti a me. «So che ti sto mettendo pressione e so che ti sto chiedendo tanto. Provaci. Vuoi che ci vediamo come una coppia di ragazzini oppure ci comportiamo come due adulti?»
Gratto la tempia. «Sei incredibile!» esclamo esasperata. «Tu non accetti la mia volontà», mi arrabbio.
«Invece si. Solo...»
«Che cosa? Cosa esattamente? Ti sto solo dicendo di fare le cose per gradi.»
Mi stacco e indurisce i lineamenti. «Ok.»
Sospiro. «Voglio tornare a casa», dico girando sui tacchi.
Mi blocca abbracciandomi da dietro. «Dobbiamo discutere in pieno centro nel nostro unico giorno insieme?»
Mi volto pronta ad affrontarlo. Sono più che arrabbiata. Quando lo faccio però mi scappa un sorriso. Non riesco proprio a tenergli il broncio. «Sei un vero idiota!»
Mi porta in un palazzo apparentemente normale, classico, elegante. Saliamo all'ultimo piano usando l'ascensore con le rifiniture interne in oro che odora tanto di profumo costoso.
Non appena le porte si spalancano con un trillo e Travis apre la porta dell'unico appartamento presente nel piano, mi ritrovo in una stanza simile ad una sala conferenze, ma molto più grande e spaziosa, piena di palloncini rossi a forma di cuore attaccati al soffitto, candele e petali.
Al centro della stanza vi è un plaid morbido. Sopra a questo vi sono due cuscini, due cartoni di pizza e due birre.
«Hai chiesto una pizza per cena, no?» Risponde alla mia domanda inespressa mente osservo tutto incredula.
Sento forte nel petto il senso di appartenenza a questo ragazzo che continua a stupirmi giorno dopo giorno. Mi getto tra le sue braccia inspirando il suo odore. Sentendomi follemente amata.
«Quando?»
«Eri distratta e ne ho approfittato. Allora», strofina i palmi togliendo i guanti. «Che ne pensi?»
«Sei matto!» sorrido raggiante.
Troviamo ai piedi la città innevata, grigia, piena di luci che iniziano ad accendersi e altre che si muovono per strada. Ammiro il panorama da questo appartamento vuoto in un palazzo in cui abitano alcune star della musica.
Il tramonto che lascia spazio per qualche minuto, nonostante il freddo, uno squarcio di cielo stupendo, dai tanti colori che vanno a mescolarsi contrastando il bianco.
Travis si siede battendo il palmo accanto a sé. Mi avvicino. «Questo rientra nella fase del tuo corteggiamento? Perché se è così allora hai già acquistato parecchi punti amicizia.»
Apre il cartone lasciando che intorno a noi si sprigioni l'odore della pasta, del sugo, della mozzarella. «Sono pieno di sorprese», replica passandomi un trancio di pizza margherita. «Mi piace viziarti.»
Mettendomi a gambe incrociate addento il pezzo. «E sei anche pieno di te.»
Solleva la birra in segno di brindisi. «Lo sono da una vita.»
«Non sei mai cambiato su questo?»
«No. Sono sempre stato così: convinto di ciò che faccio. Quando poi sbaglio, chiedo scusa, mi rialzo e riprovo. Ma se voglio una cosa, difficilmente lascio perdere. La parola mollare non rientra nel mio vocabolario.»
Lo ammiro sempre di più. Ha così tanto da offrire. Così tanto da mostrare.
Con un sorriso continuo a mangiare.
«Che c'è?»
«Mi è piaciuto sin dal primo istante questo tuo lato. Non so, mi trasmette una certa sicurezza. Ti rende anche molto sensuale», mi volto.
Mi avvicina. «Ho ancora tanto da imparare», gratta la nuca.
«Crescerai», gli bacio una guancia prendendo un altro pezzo di pizza.
Dopo cena mi alzo stiracchiandomi, avvicinandomi ancora alla vetrata.
Il cielo adesso è scuro, minaccioso. C'è anche vento.
«Dobbiamo proprio andare?»
Mi è piaciuta questa sorpresa. Mi ha fatto vivere un nuovo momento insieme in un posto tranquillo, in alto, quasi sulle nuvole, con la migliore vista sulla bellissima città che non dorme mai.
«Tra poco non potremo tornare a casa se ricomincerà a nevicare», mi risponde monocorde.
Faccio una lieve smorfia. Mi piacerebbe rimanere ancora un po' in questo posto. In fondo, siamo stati bene.
Travis si affianca, toglie la maschera infilando le mani dentro le tasche. Osserva anche lui lo spettacolo che abbiamo praticamente a 365°.
«Sono stato bene», mormora guardando giù.
Sfioro sul vetro l'immagine del ponte in lontananza, osservo il parco, tutti i palazzi a specchio, le case, le strade visibili e affollate. «Sono stata bene anch'io», ammetto. «Mi è piaciuto davvero tanto questo momento vissuto insieme a te senza problemi. Sei sempre così pieno...» mi volto notando un movimento da parte sua e rimango stordita nel trovarlo in ginocchio. «Di sorprese», lascio uscire in un soffio concludendo la frase.
Mi prende la mano. «Spaventarti credo sia il mio sport preferito ormai», abbozza un sorriso timido nascondendo allo stesso tempo il nervosismo, l'ansia.
Il suo volto è illuminato a metà dalla luce delle candele le cui fiammelle danzano senza mai traballare perché qui dentro l'aria e ogni cosa sembra essersi appena fermata.
«Credo tu sappia già che ti amo. Mi sembra ancora incredibile da dire ma lo sento e non posso e non voglio nasconderlo. Perché quando provi un sentimento così forte non puoi di certo tenerlo per te. Non puoi allontanarlo. Non puoi neanche controllarlo o fare finta che non ci sia. Esiste e devi mostrarlo.»
Prende un respiro allargando il colletto. Sta parlando pacatamente ma, allo stesso tempo la sua voce si è inclinata. Ha irrigidito le spalle e stretto impercettibilmente la presa sulla mia mano.
«Non ti farò mai stupide promesse che non intendo mantenere. Non ti dirò che sarà tutto rose e fiori. Che andrà tutto liscio o che staremo sempre insieme, felici, in parte anche contenti. Ah...» gratta la tempia. «Chi ci crede a queste stronzate? Io credo solo in quello che provo per te. È così forte da farmi perdere il controllo, da spaventarmi. Mi sento come se potessi scalare una montagna di ghiaccio senza imbracature. Mi sento come se tutto fosse possibile.»
Non so che cosa fare. Le mia ginocchia iniziano a tremare. I miei occhi ad appannarsi riempendosi di lacrime. Me ne sto impalata davanti a lui. Incapace di aprire bocca per paura di rovinare tutto.
«Se mi avessero detto che avrei perso me stesso e che avrei trovato l'amore, non ci avrei mai creduto. Perché a quelli come me non capitano mai cose simili. Eppure è successo. Ho perso completamente il sonno, la testa, tutto per te. Perché mi fai sentire completo. Un uomo. Non un ragazzino impaurito. E per questa ragione non potrò mai ringraziarti abbastanza.»
Prende ancora una volta il fiato. Ha la bocca impastata, gli occhi nei miei e la mano stretta. Non molla la presa perché potrei volare via come i palloncini.
«Forse mi odierai per questo. Forse ti ferirò perché oggi ho capito il tuo pensiero. Ma... non posso aspettare. Non è da me. Io rischio. Io mi lancio impulsivamente.»
Dalla tasca prende una piccola scatolina rossa di velluto. «Terrorizza anche me prendere un impegno così grande ma voglio farlo perché tu, Bambi, sei piombata nella mia vita per una ragione ben precisa ed io non intendo beffare il fato aspettando. Intendo solo fare quello che il cuore mi sta ininterrottamente suggerendo.»
Lascio scorrere le lacrime. L'emozione è tanta. Non mi sono mai sentita così. È come se fossi piombata dentro un film o una favola. È incredibile!
«E sarò avventato. Sarò pazzo. Sarò stupido. Io ti amo lo stesso. Questo non cambia. È una costante in mezzo ai litigi, ai battibecchi. Tu sei piombata nella mia vita come uno sparo, come un proiettile. Sei arrivata in un momento davvero difficile per me perché anch'io ero sul punto di mollare la presa. Non so se chiamarla fortuna o salvezza ma io preferisco dire che sia solo amore.»
Accarezza il dorso della mia mano delicatamente. «Avevo pensato tante cose orribili poi ho letto il tuo annuncio e mi sono lanciato. In fondo, non avevo niente da perdere. Alla fine ho incontrato te e ogni cattivo pensiero si è allontanato. Io non mi sono sentito più solo, incompreso. Quando mi hai guardato dritto negli occhi io... mi sono sentito completo.»
Singhiozzo. Non resisto. Non trattengo l'emozione. Travis non mi sta solo facendo la più bella dichiarazione d'amore, si sta anche aprendo mostrandomi una parte del suo cuore ferito e sul punto di spezzarsi.
Io non avevo idea... avevo notato quel taglio sul polso ma...
Mi sto sentendo così fragile in questo momento.
«Tu non mi hai giudicato. Non mi hai deriso. Non ti sei mai soffermata sull'aspetto facendomi sentire... un rottame. Mi hai accettato così, con i miei pezzi rotti dentro. E, anche se so di avere ancora tanto di cui farmi perdonare, io ho capito ormai da giorni che sei l'unica. La persona che voglio al mio fianco, nei miei giorni. Sei la mia piccola stella in questo universo senza luce.»
Sorrido emettendo un sonoro singhiozzo che rimbomba attorno. Tappo la bocca continuando ad ascoltarlo, a farlo parlare. A farmi colpire il cuore da una raffica di brividi.
«Ti chiederò scusa per averti fatto soffrire, per averti tenuta lontana dal mio passato, per averti nascosto come sono uscito in questo modo dopo quel giorno. Ti chiederò scusa, se sbaglierò ancora qualcosa, se non sarò all'altezza o se ti deluderò. Ti chiederò scusa se ti farò arrabbiare o se ti terrò il muso. Se sarò incoerente o se mi comporterò da bambino viziato. Ti chiederò scusa quando farò qualcosa che ti ferirà.»
Inspira. «Bambi, mi sto perdendo ancora perché non è facile parlarti con il cuore in mano e guardarti negli occhi allo stesso tempo. Io voglio che funzioni tra di noi. Voglio averti accanto.»
Deglutisce prendendosi un momento. Raccoglie le idee e mi concedo anch'io un po' di fiato.
Apre la scatolina. «Vuoi essere il mio incastro perfetto? Vuoi fare parte della mia vita?»
Toglie l'anello dalla scatolina avvicinandolo all'anulare. «Non ti farò pressioni. Promesso», sussurra. «Deciderai se e quando...»
«Si»
La vita è una questione di scelte. Devi scegliere se volere accanto a te con il suo carico di problemi la persona che più di tutte ti ha mostrato il mondo a colori e non più in bianco e nero. Quella che ti ha trascinato altrove strappandoti via come un fiore radicato e nato in un terreno insidioso. Quella che ti ha mostrato la bellezza delle piccole cose. Oppure lasciare perdere. Smettere. Smettere di provare amore, rabbia, risentimento, delusione. Smettere di sorridere. Smettere di vivere per paura di soffrire ancora.
La vita è una scelta. Ed io sto scegliendo di rischiare. Di non perdere la persona che rende tutto migliore.
Travis batte le palpebre interrotto dalla mia risposta secca, senza indugio. Il silenzio aleggia improvvisamente attorno rendendo l'atmosfera carica, più di prima.
«Cosa?» balbetta.
«Si», ripeto.
Le sue pupille si dilatano. Sorride lasciando uscire un singhiozzo. Infila l'anello al dito e senza aspettare lo tiro su per farlo alzare.
Non capisco niente. Mi sento stordita.
«Si, il mio è sempre stato un si!»
Sorride baciandomi non riuscendo a contenere la contentezza, la passione e la gioia. «Mi hai reso l'uomo più fortunato dell'universo.»
Indietreggio perché le mie gambe non riescono quasi più a reggere e ho bisogno di sostegno.
Dentro mi esplode il cuore nel petto. Le guance si surriscaldano perché con i battiti fuori dalla norma, mi stringo addosso a lui lasciando che mi si prema sulla pelle lasciando la sua impronta. Un nuovo segno che terrò dentro per sempre, nel bene e nel male.
Il bacio da lento si fa sempre più spinto, deciso. Non lo lascio neanche per dargli il tempo di un respiro. Stringo la presa e spingendo i fianchi crea un attrito in grado di farmi mugolare.
In affanno nasconde il viso sul mio collo.
Gli sollevo il viso per guardarlo e ancora incredulo preme la fronte sulla mia. «Mi hai...»
«Sssh», tappo la sua bocca.
Mi solleva per le natiche. Per istinto allaccio le gambe dietro la sua schiena tenendomi con le braccia sulle sue spalle. Gioco con il labbro inferiore tirandolo. Freme. Il palmo sul vetro per trattenersi. Muove i fianchi baciandomi tra il collo e la spalla continuando, ascoltando il suono dei nostri respiri che si spezzano, che riempiono la stanza.
Stringo la presa per trattenerlo ancora. «Ahhh»
Sorride e bocca contro bocca mi bacia con irruenza.
L'amore non è solo un gioco di sguardi, di sorrisi e di frasi lasciate a metà a causa dei baci. È anche una questione di dimostrazioni. Perché è facile stare accanto a qualcuno con la consapevolezza che ci sarà, che non ti abbandonerà mai. È facile stare accanto a qualcuno senza dimostrare niente. È facile dire io ci sarò a parole per poi sparire nel nulla. È facile fare promesse che non verranno mantenute proprio perché sono parole che si perderanno nel vento.
Credo che l'amore sia un sentimento che pur nella sua straordinaria potenza sia fragile come carta. È importante provarlo. È importante sentirlo forte nel petto. È importante persino perderlo per capire l'importanza che ha nella nostra vita.
Perché l'amore è come il seme di un albero. Mette le radici nel tuo cuore malridotto fino a formare bellissime foglie, rami che si intrecceranno intorno ad esso, fino a formare una parete resistente agli urti, alle ferite, al dolore.
Scivolo lungo il suo corpo ricomponendomi un momento. Lancio un'occhiata per la prima volta all'anello che porto al dito, la mano che tengo sul suo petto dove il suo cuore sta battendo all'impazzata raggiungendo il mio.
L'anello, un semplicissimo cerchio argentato sottile con una pietra incastrata al centro, in grado di mandare un bagliore spettacolare nonostante le sue piccole dimensioni. Per me è il più bello che abbia mai visto o provato.
Travis solleva la mia mano baciando proprio questo. «Niente contratto per noi», mi rassicura. «E già inciso nel cuore», continua. «E non si torna indietro.»
Chiudo gli occhi abbracciandolo, affondando la guancia sul suo petto caldo. «Dammi solo un momento», chiedo incredula. Ancora non mi capacito.
«Tutto il tempo che vuoi», mormora oscillando da un lato all'altro.
Inspiro ed espiro sorridendo. «Ok, ci sono!» replico intrecciando le dita dietro la sua nuca. «Tu sei incredibilmente pazzo, caro MisterX!»
Sorride. «E tu sei mia moglie, cara Bi», gongolandosi mi fa fare una giravolta attirandomi a sé.
«Quando i nostri figli ci chiederanno come ci siamo incontrati...» ipotizzo di colpo riflettendo sulle ripercussioni di una simile scelta.
Un lampo attraversa i suoi occhi. «Gli diremo la verità. Ci siamo incontrati su un sito dopo che hai messo la tua verginità all'asta per salvare...»
Rido, alzandomi sulle punte premo forte le labbra sulle sue per non farlo continuare. «Sapranno che ho girato dei video seminuda», arrossisco imbarazzata.
Si concede anche lui una risatina sciocca. «E che io ho partecipato sotto il nickname di "MisterX" che tutte stanno ancora cercando di immaginare e vogliono conoscere», tiene sollevato il labbro.
Gioco con il laccio della felpa. «Ma prima di pensare ai bambini...» non so come dirlo, arrossisco. «Bisognerà consumare...»
Nega. «Solo quando sarai pronta. A me basta averti con me. Certo, mi fai eccitare ma terrò tra le gambe il mio passero.»
Rido abbracciandolo. «Grazie», sussurro. «Ti amo.»
«Torniamo a casa?»
«Prima prendiamo qualcosa da mangiare al supermarket per domani?»
«Vuoi fare la spesa a quest'ora?» chiede sorpreso.
Annuisco. «Si, così poi rimani.»
Soppesa il mio sguardo lasciando uscire infine il fiato. «Va bene», replica stanco. Non aggiunge niente.
Ma anche se non parla io so a cosa sta pensando. Lui preferirebbe tornare in uno dei suoi appartamenti dove si sente a suo agio, al sicuro, meno esposto. Eppure si sta adattando ai miei modi, alle mie necessità. Si sta adattando al mio mondo, proprio come un tempo si è adattato al luogo in cui lavorava.
Fuori dal palazzo le temperature si sono abbassate ulteriormente. Saltello un momento per scaldarmi nascondendo il mento sotto lo strato della sciarpa.
Travis ferma un taxi. Non è affatto spaventato o allarmato quando entrando chiede al conducente di lasciarci al supermarket vicino casa. Nasconde però il viso dietro la maschera e il colletto del cappotto.
Durante il viaggio, mi avvicino a lui cercando di capire la ragione del suo strano cambiamento. Quando nascondo il viso nell'incavo del suo collo posandogli un bacio, si irrigidisce guardando subito davanti a sé mentre nell'abitacolo si diffondono le note di "My Way" di Frank Sinatra e il tassista canta ignorandoci.
Prima che possa anche solo prendere la carta pago la corsa in contanti augurando buona serata all'uomo che parte velocemente sparendo dal quartiere.
Travis appare contrariato e capisco che questo è proprio il momento giusto per affrontarlo. «Perché non mi dici a cosa stai pensando?»
«Perché finiremo per litigare e ti ho appena chiesto di essere la mia compagna. Non credo di volere rovinare tutto solo dopo pochi minuti», ammette entrando nel supermarket sempre aperto.
Prende un carrello ed io lo seguo senza neanche riflettere troppo su cosa prendere per riempire un po' la dispensa o il frigo.
«Dillo lo stesso. Non dobbiamo essere sinceri tra di noi?»
Si ferma a metà tra il reparto dei cereali e quello della pasta. «Mi piacerebbe averti anche solo come ospite in casa mia se proprio non riesci ad accettare di essere ormai tutto per me», afferma usando proprio queste parole per farmi capire che non riesce proprio a sostenere il fatto che io voglia vivere in quella "scatola di scarpe".
Metto dentro il carrello i cereali. «Questa notte da me, domani da te?»
Alza gli occhi al cielo. «Stiamo davvero scendendo a compromessi?»
«Ti ho risposto di sì. Adesso possiamo anche pianificare le nostre giornate insieme», replico con finta innocenza lanciando sulla confezione di cereali anche due scatole di biscotti ripieni. Passo poi nel reparto della pasta scegliendo accuratamente i vari tipi.
«Ok, stanotte da te e domani da me, compresa la notte e la colazione.»
Lo guardo un momento.
«Che c'è? Mi vuoi al tuo risveglio quindi dovrai sopportarmi per qualche altra ora anziché sgattaiolare via come un'amante», riempie il carrello di barattoli, lattine e scatolette. «Anche se non dovrebbe essere più così visto che stiamo insieme adesso.»
«Stiamo facendo la spesa per il mio o per il tuo appartamento?»
Sorride. Da questa sua reazione comprendo immediatamente il suo gioco e sbuffando lo supero. «Sei proprio uno stronzo!»
Mi raggiunge. «Per cosa esattamente? Per il fatto che faremo quello che dico io perché è la cosa più sensata?»
«Si. Esattamente. Perché non mi dici chiaramente che mi trascinerai via anche con la forza da quel posto?»
«Perché hai solo due valige e possiamo traslocare immediatamente, senza troppe cerimonie. Stiamo anche facendo la nostra prima spesa insieme da sposati», continua a sorridere.
Sbuffo incrociando le braccia al petto. «Non mi lascerai scelta, non è vero?»
Nega. «Devi smetterla di avere paura della nostra storia. Se mai dovessimo litigare avrai ancora la tua "scatola di scarpe" in cui potrai tornare, se proprio ci tieni. Adesso smettila di pensare e aiutami a fare la spesa.»
Lo fisso incredula mentire si allontana. Lascio uscire il fiato e ammettendo la sconfitta, lo seguo alla cassa.
Con il carrello e le buste raggiungiamo sotto casa dove senza neanche attendere inizia a riempire il cofano della sua auto. «Va a prendere le tue cose. Ti rapisco!»
Sorrido seppur con una smorfia poi salgo i primi gradini cercando la chiave. Indietreggio un momento e correndo da lui lo abbraccio. «Mi dispiace», sussurro staccandomi.
«Per cosa?» alza la voce quando sono già alla porta. Sembra allarmato.
«Dovrai sopportarmi per tanto tempo», mandandogli un bacio volante e con un sorriso sincero, salgo le scale raggiungendo il pianerottolo del mio piccolo appartamento.
Sull'ultima rampa sento i passi di Travis dietro. «Per tanto tempo, eh», mi afferra da dietro e trattengo uno strillo.
Voltandomi lascio che mi baci. «Per questo ti ho detto si», sorrido sulle sue labbra mentre mettiamo piede sul corridoio che separa le porte dei vari appartamenti.
Travis smette immediatamente di sorridere ed io staccandomi mi volto a rallentatore.
♥️🎄
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