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Attraverso una serie di villette, palazzi alti, negozi e caffetterie ritrovandomi nell'Upper Est side a Manhattan. L'angolo costoso e sofisticato di New York.
Anche l'odore puzza di soldi.
I balconi sono pieni di fiori colorati e gli alberi lungo i marciapiedi a delimitare i cancelli dei palazzi sono pieni di foglie gialle e rosse ormai sul punto di cadere ammassandosi per strada, sulle superfici di cemento.
Controllo ancora una volta l'indirizzo per accertarmi di non essermi sbagliata quando mi trovo di fronte un palazzo modesto.
La facciata bianca, le finestre arcuate coperte da tendine bianche a nascondere gli uffici.
Spingo il cancello in ferro battuto facendo due passi sul viale che conduce alla scalinata in marmo bianca con un corrimano centrale di ferro nero, forse messo lì proprio per non scivolare nelle giornate di pioggia o quando si è troppo distratti ad ammirare la zona.
Prendo un respiro e con tutta la disinvoltura di cui dispongo e la sfacciataggine tipica di una Stevens, premo il dito sul citofono attendendo pazientemente una risposta.
La porta emette uno scatto. Nessuno chiede niente. C'è solo un rumore metallico a permettermi di entrare.
È come se mi stessero attendendo.
Non so che cosa aspettarmi da questo incontro ma voglio davvero scoprire qualcosa in più sul sito e sulla possibilità di guadagnare da casa senza destare sospetti.
Spero solo di non essere giudicata duramente da zia Marin quando verrà a conoscenza della verità. Ma non devo necessariamente dirglielo. Almeno questo segreto, posso sempre tenerlo per me.
Spingo il portone ritrovandomi al centro di un atrio silenzioso, bene illuminato, pulito. Il pavimento a scacchi bianco e nero tenuto a lucido.
Dietro un vetro e una scrivania piena di carte: una guardia in età avanzata.
Mi sorride quando mi avvicino.
Leggo il cartellino appeso al petto che porta quasi con onore. Segno evidente che deve proprio piacergli il suo lavoro.
«Buongiorno, scusi se la disturbo. Cerco il piano dell'avvocato Emerson Douglas».
Il signore tutto sorrisi e cortesia alzandosi preme un pulsante da un quadrante posto sulla scrivania.
«Ha un appuntamento?»
La sua è una voce matura. Non riesco a sentire se puzza di naftalina perché il vetro davanti me lo impedisce. Ciò che sento è solo odore di pulito.
Evito di farmi accompagnare alla porta e mento. «Si, ho contattato l'avvocato e mi ha inoltrato l'indirizzo».
Dall'interfono si sente la voce di una donna.
Squittisce: «Si?»
«C'è qui una signorina, dice di avere un appuntamento».
«Falla salire. Douglas la sta aspettando nel suo ufficio».
L'uomo preme un pulsante indicandomi subito l'ascensore. «Ottavo piano».
«Grazie», mi incammino entrano nel quadrato lussuoso dove premo velocemente il pulsante rotondo con il numero del piano attendendo la chiusura delle porte. Lo faccio in fretta per non avere alcun ripensamento.
Aggrappata al corrimano lascio passare il momento della partenza. Lo scossone che fa contorcere il mio stomaco.
Per istinto mi guardo allo specchio aggiustandomi, cercando di apparire il più naturale possibile, nonostante io mi veda sempre uno straccio.
Non ho dormito, non ho mangiato e sto per conoscere probabilmente il mio capo. Un altro stronzo pronto ad approfittarsi di me.
Le porte si aprono ed esco ritrovandomi in un corridoio dove trovo una scrivania grande di un bianco marmorizzato.
Dietro, sulla parete, la scritta dello studio associato e una ragazza con un auricolare e una tazza in mano, impegnata in una conversazione frivola.
Quando mi vede smette un momento soppesando il mio sguardo prima di fare su e giù con la testa giudicando il mio aspetto.
Sto per alzare il dito medio quando parla.
«Aspetta, c'è una nuova cliente».
Mi sorride adesso in modo dolce. «Benvenuta signorina Stevens. Douglas la sta aspettando», indica una porta alla sua destra.
Sbircio e oltre la vetrata noto un ufficio pazzesco. Tutto nello stile minimale; sui toni del grigio, del nero e bianco.
Busso prima di entrare contro il vetro sentendomi in colpa perché potrei lasciare qualche impronta, tanto sono sudate le mie mani.
«Buongiorno sono Bambi Stevens. Ho inviato per email...»
«Ricordo chi sei», la sedia gira e davanti a me non c'è un vecchio porco ma una donna bellissima.
«Non accolgo di certo qui dentro chiunque».
Bionda, i capelli raccolti in uno chignon basso, le lunghe ciglia nere, le sopracciglia perfettamente arcuate ridisegnate a matita e grandi labbra rimpolpate dal lucidalabbra trasparente.
Emerson Douglas, indossa un tailleur nero, la camicia aperta a mostrare parte del seno abbondante.
Mi guarda tenendo una penna in bocca, un ghigno compiaciuto data la mia reazione.
«Sono Emerson Douglas prego, siediti pure», indica la poltrona davanti alla sua scrivania in vetro laminato.
«Fammi indovinare, credevi di incontrare un vecchio pronto ad approfittarsi di te?»
Accavalla le gambe mostrando un paio di tacchi a punta neri lucidi pazzeschi.
«Hai un bel viso», scrive qualcosa su un bloc-notes. «Allora...», toglie la cornetta per non essere disturbata poi incrocia le braccia sulla scrivania. «Dimmi cosa ti serve sapere».
Supero il tappeto zebrato sedendomi sulla comoda poltrona appoggiando bene la schiena senza accavallare le gambe. Stritolo le dita poi mi concentro e parlo. «Per iniziare: è necessario mostrare la faccia?»
Si mette comoda ondeggiando sulla sedia osservando ogni mio movimento con attenzione, prima di alzarsi raggiungendo una parte dell'ufficio, dove accanto ad un cassettone, contro il muro di mattoni chiaro, si trova un vassoio pieno di alcolici. Versa nei bicchieri della vodka porgendomene uno.
«Bevi, scioglierai i muscoli. Qui dentro non devi temere. In realtà penso proprio che inizierai a divertirti quando vedrai il tuo primo stipendio con un solo video o per delle foto che la gente visualizzerà», torna a sedersi.
Bevo un sorso di vodka. Non dovrei vista l'ora ma ho bisogno di rilassarmi. Sono tesa. L'alcol in parte attenua subito la tensione bruciandomi la gola.
«Ritornando alla tua domanda: non necessariamente. Ci sono ragazze che non hanno problemi a mostrarsi interamente. Sono quelle che hanno bisogno di attenzioni e il sito ne è pieno. Io non sono una di quelle per ovvie ragioni ma mi piacerebbe. Altre magari come te che intendono mantenere l'anonimato e lo fanno solo per non sentirsi sole, per passare il tempo e nel frattempo guadagnando.
Come fare? Be', innanzitutto girando video e scattando foto in posti che nessuno può riconoscere. Metti un pannello, un quadro diverso. Ah, se hai tatuaggi in posti specifici compra del fondotinta resistente, specie se intendi mantenere la privacy. Alcuni dei visitatori assidui scoprono subito chi siamo.
Qui passiamo alla prossima domanda che stai per fare...» sorride bevendo.
La sua sicurezza mi piace. Mi dà tanto l'impressione di essere una donna forte. «Puoi girare video di qualsiasi tipo. Non ci sono limiti. A meno che non sia tu ad averne. Puoi anche partire con un semplice video in cui ti togli la maglietta mostrando un completo intimo trasparente o pubblicare delle foto in determinate pose, non importa. La cosa importante è essere sensuali e anche un po' assidui».
«Questo mi rincuora», abbasso di poco le spalle.
Lei sorride digitando qualcosa sulla tastiera. Le unghie smaltate di rosso spiccano sulla carnagione pallida. Ha delle lentiggini sul petto e troppo fard sulle guance. Il suo profumo di fresia aleggia dentro l'ufficio impregnando ogni cosa. Non è stucchevole ma inizia a pizzicarmi il naso.
«Come funziona esattamente il pagamento?»
Gira lo schermo mostrandomi una carta. «Non è una truffa. È una carta creata da uno dei soci del sito. È virtuale. Una sorta di conto corrente bancario personale. Tutto quello che guadagni va a va a finire lì per poi esserti inviato. Non evadiamo le tasse ma guadagnamo abbastanza, alcune troppo, quindi dobbiamo tutelare quello che è nostro senza incappare in problemi come il fisco o... altro. Non hanno mai oscurato il nostro sito. A dire il vero alcuni di loro sono miei clienti. Abbiamo preso le giuste precauzioni per non esagerare. Ci sono delle regole. Posso continuare o vuoi scappare?»
«C'è un modulo di iscrizione?»
Sorride riempendosi un altro bicchiere che manda giù senza pensarci un secondo.
«Così mi piaci. Allora, per iniziare creeremo il tuo profilo. Non dovrai usare il tuo nome e le tue credenziali se non vuoi. È tutto fittizio. Avrai diciamo...» muove la mano. «Un nome d'arte, una chat privata con cui potrai interagire con i tuoi visitatori. È come Instagram ma in una versione sensuale».
«Devono essere necessariamente in diretta questi video?»
Nega. «Per te c'è l'opzione B. Video caricati come su YouTube. Potrai vedere i visitatori, leggere i loro messaggi e decidere chi di loro accontentare. Sempre se ti va, ovvio. Qui parliamo di video», specifica. «Se hai fantasia sei a cavallo. E sono sicura che prima o poi farai anche tu una live. Vedrai, ti piacerà».
Ho troppe informazioni da elaborare. Troppe domande da fare.
Detta così sembra facile. «Che cosa succede se voglio smettere?»
«Qui entro in gioco io. Firmerai un foglio. Hai a disposizione un periodo di prova. Per smettere mi dovrai annunciare con un mese di anticipo le tue dimissioni. La tua pagina verrà cancellata in quel lasso ti tempo. È un lavoro normale, Bambi».
Inspiro. «Ho messo all'asta la mia... purezza. Questo è un problema?»
I suoi occhi si illuminano. «Avevo rimosso questo dettaglio sulla tua verginità», sorride digitando ancora qualcosa. «Inseriremo nel tuo nuovo "curriculum" questo dettaglio con il link della pagina nella quale ti sei iscritta. Per esperienza: tra i tanti che guardano, tra questi ci sono anche donne, amano le novità e questo genere di notizia fa gola. Che rapporto hai con gli insulti o le critiche?»
«Mi piace stuzzicare, vale come risposta?»
«Notevole», annuisce. «Allora, sei dei nostri?»
«Avete un gruppo o siete tutte delle sconosciute?»
Si alza porgendomi il contratto. Noto che c'è scritto proprio tutto. Nessuna clausola alla fine del foglio.
«Te ne fornirò una copia e dopo che avrai firmato saprai se esiste una setta di conigliette in calore».
«Non mi hai ancora detto quanto è possibile guadagnare a visualizzazione».
«Dai cinquanta ai cento bigliettoni per ogni nuovo iscritto al tuo canale. Per quanto riguarda i video, tutto dipende dalle visualizzazioni. Non preoccuparti per questo, fidati: pagano per qualsiasi spettacolo a qualsiasi orario».
Sgrano gli occhi. «Per ogni video pagano...»
Annuisce. «Secondo te come posso permettermi questo studio o le mie scarpe?» muove il piede destro.
«Wow. Sono tante cose da metabolizzare», guardo il contratto poi pensando a zia Marin firmo velocemente.
«Bene. Creiamo il profilo. Puoi usarlo come un blog. Solo tu potrai modificarlo come meglio credi. Usando un tema, delle frasi. È come una finestra per quelli che hanno bisogno di svago. Bisogna solo sapere usare il proprio corpo».
«Ok», sussurro.
Mi solleva il viso. Le sue mani odorano di crema al lampone. Un po' troppo dolce. «Non sentirti sporca. Non devi necessariamente fare niente che leda la tua moralità. E per la cronaca, riguardo la tua decisione di mettere all'asta la tua verginità, non accettare la prima offerta, valuta bene i vari pretendenti. Conoscili e non scegliere quei vecchi maniaci ricchi».
Mi fa cenno di avvicinarmi. Sullo schermo compare una pagina in cui compiliamo il profilo fittizio. «Da questo momento sarai PureLily», sorride lasciandomi intuire l'accostamento. «Scrivi la password e il nome utente da qualche parte per non dimenticarlo».
Sistemo il cappotto. «Bene, direi che è tutto», mi guardo intorno. «È fatta», dondolo sui talloni.
«Quando inizierai non avrai più bisogno di regalare qualcosa che è tuo».
Capisco in fretta a cosa si sta riferendo.
«Siamo un gruppo. Con alcune ragazze ci vediamo una volta a settimana. Siamo poche quelle davvero amiche e credo proprio che ti piaceranno. Che ne dici di festeggiare il tuo arrivo... facciamo sabato?»
Mordo il labbro. «Prima lasciami metabolizzare bene questa nuova... vita nascosta. Ho bisogno di creare», indietreggio verso la porta.
«Ti manderò un messaggio. E Bambi, benvenuta nella nostra famiglia».
Sorrido. «Grazie», esco dall'ufficio stranamente serena.
Giunta a casa, trovo zia Marin davanti al televisore. Sta guardando una delle sue soap opere preferite. Sul tavolo basso il piatto con i rimasugli dei noodles.
«Hai saltato il pranzo. Mi vuoi raccontare che cosa è successo?»
Tolgo il piatto infilandolo nel lavandino preparandomi un toast.
«Ho lasciato il lavoro. Tranquilla, ne ho trovato un altro migliore. Patrick non mi dava quello che mi spettava ed ero stanca di essere sfruttata e sottopagata», mastico lentamente stando seduta sullo sgabello. «Merito di meglio».
Zia Marin guarda lo schermo. C'è la pubblicità quindi può conversare senza perdersi pezzi importanti. «L'ho sempre detto io che quello non mi piaceva. Anche Dan avrebbe potuto aiutarti visto che è anche lui il proprietario del locale. Purtroppo non ci sono più i ragazzi di un tempo», annuisce aggiustandosi la coperta sulle gambe.
Lavo i piatti. «Vedrai che adesso andrà meglio», guardo fuori dalla finestra assorta. «Non abbiamo bisogno di un uomo in casa per andare avanti».
Si lamenta e corro da lei. «Che succede?»
«I dolori, sono tornati».
Trattengo il fiato. «Vuoi che chiami il medico?»
Nega. «Dammi un antidolorifico e va a riposare».
Annuisco.
Zia Marin è sempre stata testarda. Ormai conosco ogni suo cambiamento di tono e, per questa ragione decido di non insistere.
A malincuore, dopo avere pulito per bene la cucina, salgo in camera chiudendo la porta.
Guardo tutto. Ho una stanza anonima ma spaziosa. Niente di personale appeso alle pareti. È tutto essenziale, semplice, triste.
Osservo il divisorio, la palma all'angolo, le luci, la fotocamera comprata per la mia passione.
Rimboccandomi le maniche sposto la scrivania all'angolo, sistemo il divisorio a zig zag in legno con i fiori di mandorlo stampati sopra, in modo tale che venga alle mie spalle. Sposto la palma e sulla sedia girevole liscio un plaid morbido. Posiziono la fotocamera sul cavalletto, accendo il faro che uso solitamente per i set fotografici e lo schermo del portatile attendendo il caricamento.
Nel frattempo mi guardo. Non indosso niente di sensuale quindi corro ad aprire il cassettone pescando i miei indumenti preferiti usati per il lavoro al locale.
In pelle, di raso. Non ho molta lingerie elegante ma per un primo video questi indumenti andranno bene.
Indosso una vestaglia nera di raso, un collare di stoffa ricamato con una pietra al centro. Trucco le labbra con una tinta scura che sovrasta nettamente il mio pallore e sedendomi comoda inizio a provare delle pose prima di collegarmi al sito accedendo con la mia password.
Sistemo la mia pagina usando un effetto marmorizzato per la copertina dove c'è il mio nickname. Modifico in maniera accattivante le credenziali sentendomi stranamente a mio agio ed eccitata. Poi, torno al video. Il primo.
Ad un certo punto mi sento a disagio e per superare questo momento, tiro il laccio della vestaglia lasciandola aperta mostrando sotto un corpetto di pizzo nero.
Mordo il labbro. E, senza ripensamenti premo il tasto di registrazione, controllando dallo schermo mentre provo a sfiorarmi la pelle.
Non so come si fa ad essere sensuale. Ad alcune ragazze viene naturale. Io mi sento ridicola.
Parto dalle labbra tirando giù con le dita un po' di tinta che diventa come sangue sotto il mento. Lentamente le mie dita scivolano lungo la gola per poi tornare su.
Sposto i capelli e sorridendo maliziosa mostro parte del completo intimo alzandomi lievemente. Poi copro l'obbiettivo stoppando la registrazione.
«Merda. No! Così non va».
Riguardo lo stupido video riprovando a registrare un'altra volta.
Adesso però, con determinazione, tiro indietro la sedia per mostrare tutto il corpo. Le gambe nude tenute appositamente accavallate.
Soddisfatta solo alla seconda ripresa, passo il video sul portatile montandolo per bene in bianco e nero sul mio programma di editing preferito. Aggiungo degli effetti facendo qualche zoom sulle scene principali ed infine salvo il video senza audio.
Insicura lo carico sulla mia pagina inserendo la voce: "pubblico", attendendo solo pochi istanti prima di ricevere la notifica del caricamento avvenuto.
Mi sento ansiosa e nervosa. In parte ridicola.
L'icona di un messaggio in arrivo mi distrae dall'ansia. Controllo. È Emerson.

CutieBunny: "Ottimo come inizio. Davvero brava!"
PureLily: "Grazie. Non è niente di che. Nessuno ha ancora scelto di vederlo o di iscriversi".
CutieBunny: "Io aggiornerei la pagina ;)"

Guardo quella faccina con l'occhiolino incuriosendomi.
Porto il cursore nella barra apposita riaggiornado il sito e rimango sconvolta dal numero di iscritti e visualizzazioni raggiunto in così pochi minuti dal mio primo video. Ci sono persino dei commenti che continuano a scorrere sotto. Alcuni mi imbarazzano così tanto da farmi arrossire.
Ma sto sorridendo. Scrivo velocemente ad Emerson.

PureLily: "Come è possibile?"
CutieBunny: "Hai del potenziale. Te l'ho detto. Le ragazze non vedono l'ora di conoscerti. Sono curiose. Ho tenuto per me i commenti piccanti sul tuo aspetto ;)".

Alzo gli occhi al cielo sentendomi euforica mentre sullo schermo continuano ad arrivare tante, troppe notifiche per poterle leggere tutte. Metto in modalità silenzioso per concentrarmi.
Controllo quindi le e-mail e anche l'altro sito per vedere come sta procedendo l'asta.
In particolare, trovo un messaggio che mi fa rizzare i peli sulla nuca.

"Cara B,
Se sei così disperata, recati all'indirizzo sottostante martedì alle 8:00 di mattina in punto.
Ho un lavoro da offrirti per la stessa cifra che hai scelto.
Mi sembra uno scambio equo e da trattare.
- MisterX".

Controllo l'indirizzo su google Maps che mi porta nelle vicinanze di una zona ricca da far schifo nell'Upper Est Side.
Torno all'e-mail. Le dita mi prudono prima di digitare una risposta.

"Caro MisterX,
Essere bisognosa di denaro non fa di me una persona necessariamente disperata. Per fortuna sono in salute e ho anche molti progetti e cose da fare nella vita, anziché fermarmi e piagnucolare.
Possiamo trattare, certo, ma solo se non sei un vecchio porco con una moglie psicopatica e una confezione di pillole blu sul comodino.
In quel caso, declino l'offerta volentieri e ti auguro una buona vecchiaia.
Baci,
- B".

Evito di guardare il sito anche se l'icona delle notifiche lampeggia continuamente e, chiudendo lo schermo decido di uscire.
Non sono molte le occasioni. Negli ultimi tre anni non ho avuto il tempo e i mezzi per qualche piccola gita alla scoperta di una città caotica e piena di vita.
Prima lo facevo. Scappavo tutte le volte che ne sentivo il bisogno. Avevo qualcuno da andare a trovare. Adesso però è tutto un po' spento. Il mio cuore è rimasto in silenzio.
Le cose cambiano in fretta. Un giorno ci sei, l'altro svanisci. È la vita. Una vita piena di insidie, ostacoli da superare e sfide da accettare.
Mi cambio velocemente scendendo con la stessa urgenza i gradini che portano in soggiorno.
Prima di fiondarmi fuori, controllo che sia tutto in ordine.
«Esci?»
«Si, le tue medicine sono già sul comodino, tutte numerate. Ho aggiunto un bicchiere di latte e dei biscotti al riso per come piace a te la domenica sera».
Mi abbraccia quando mi avvicino. «Sta attenta figlia mia».
Al di là della coltre di nuvole i raggi del sole filtrano riscaldando poco il suolo bagnato, pieno di pozzanghere.
Il telefono ronza. Apro l'e-mail appena arrivata più che curiosa.

"Cara B,
No, non sono un vecchio. Il mio uccello funziona bene. Ma non è questo che mi preme farti sapere. Vieni all'indirizzo e scoprirai tutto. Accetta solo il mio invito ed evita di leggere le altre email che, probabilmente saranno da parte di qualche uomo che si crede furbo o vecchio con pulsioni sessuali, pronto a rubarti ciò che tieni stretto da tempo senza piacere.
In attesa di risposta,
- MisterX".

Mi ritrovo al parco, seduta sulla mia panchina preferita. Quella verniciata di rosso. Osservo dei bambini giocare allegramente e sorrido.
Un aquilone vola in alto sospinto dal vento. Seguo i suoi movimenti sentendomi stranamente rilassata e a mio agio anche se un po' sola.
Ho sempre trovato nella solitudine una vecchia amica con la quale giocare. Ma, ci sono momenti in cui mi perdo, sento un vuoto incolmabile e tremo dentro.
Dei corridori passano intraprendendo il percorso più lungo. Un cane corre in direzione della palla appena lanciata lontano dal suo padrone.

"Caro MisterX,
Perché non adesso?
L'indirizzo non è lontano dal posto in cui mi trovo. Attualmente sono libera e disposta ad assecondare una possibile brutta sorpresa. Non assicuro, ovviamente, il mio consenso a qualsiasi atto che possa ledere la mia moralità.
Ah, e per la cronaca: giro con uno spray al peperoncino abbastanza potente.
Baci,
- B".

"Cara B,
Adesso non sono disponibile. Si dà il caso che io abbia pure un lavoro. Questo mi serve per guadagnarmi da vivere e non sono sempre nei paraggi. I soldi non crescono mica dagli alberi e non credo di essere tanto coraggioso da creare video sexy per coloro che sono in astinenza.
Dove ti trovi? Provo ad indovinare?
Un luogo pieno di foglie, alberi, panchine e gente distratta.
Non negare. Lede la tua sincerità. ;)
E per quanto riguarda lo spray: tienilo pure in borsa, prima di accecare qualcuno ingiustamente.
In attesa,
- MisterX".

Prendo un panino e un te' caldo tornando nel mio piccolo luogo preferito. Sorrido davanti allo schermo sentendomi proprio una stupida. Sto familiarizzando con la persona che, pagherà per avere una parte di me.
È assurdo.
Così com'è assurdo sentirmi a mio agio anziché nervosa o circospetta, date le circostanze.

"Caro MisterX,
Il tuo lavoro riguarda spiare una ragazza che vale un bel gruzzolo o hai solo tirato ad indovinare?
Si, mi trovo al parco e sto mangiando qualcosa godendomi il mio primo giorno libero. Era da tanto che non lo facevo.
Se lavori, perché stai attento alle mie email?
Questo lo chiamo: oziare, annoiarsi, distrarsi.
Elementi che dicono tanto su di te.
- B".

"Cara B,
Vali tanto, indubbiamente. Ma solo per i morti di fame e di altro che girano ancora su quel sito, pronti a spendere una fortuna per una sola notte priva di calore o divertimento. Mi ritengo fuori dalla massa, (prima che tu possa rispondere che questo vale anche per me).
La mia offerta è diversa. Vedrai, stuzzicherà la tua attenzione.
Riguardo gli elementi: ti sbagli. Non mi rappresentano. Userei: pragmatico, multitasking, solitario.
Non anticipo altro, non vorrei deludere le tue innumerevoli aspettative su di me. ;)
Ad ogni modo, attualmente sono in pausa anch'io. Mi sto godendo un piatto caldo leggendo e scrivendo ad una ragazza straordinariamente divertente e intraprendente.
E per precisare, prima che tu lo chieda: sono lasagne.
- Curioso, MisterX".

Bevo un sorso di te' spostandomi ad una mostra di quadri in una stradina trafficata, piena di strani personaggi in abiti straordinari, colorati e originali.
Scatto delle foto divertendomi a giare tra i vari corridoi pieni di innovazione.

"Caro curioso MisterX,
Non ho nessuna aspettativa. Solo un obbiettivo che intendo raggiungere ad ogni costo per potere tornare a respirare, a non avere più problemi.
Parli di offerta di lavoro. Non ho ancora accettato. Prima voglio i dettagli, i pro e i contro. Possibilmente un contratto stipulato come si deve, senza clausole scritte in fondo alla pagina. (I furbetti fanno una brutta fine e non mi riferisco solo all'inferno).
Attualmente mi trovo ad una mostra. Come vedi, non sono poi così disperata se ho anche il tempo per circondarmi di arte, musica e alcol.
Mi sto divertendo un sacco.
In attesa di spiegazioni,
- B".

Accetto un bicchiere di vino tenendolo solo in mano per scattare una foto che, inserisco in allegato all'email, poi spengo tutto, mi godo il resto della visita seguendo un gruppo di turisti.
Mi sento così libera e divertita da non accorgermi del tempo trascorso in compagnia di estranei.
Quando esco passeggiando tra i palazzi, i pedoni, la sfilza di taxi gialli da cartolina, mi rendo conto di essermi persa parecchie cose in tre anni apparentemente lunghi a causa dei problemi avuti in famiglia.
Zia Marin è stata male. Io sono stata male perché cinque anni fa, ho perso una persona importante.
Il mio amico nonché ragazzo Nic, aveva poco più di trent'anni quando è scomparso in un tragico incidente.
Era lui quello a prendersi cura di noi.
Parlare o pensare a quanto è successo, mi fa intristire. Eravamo legati, nonostante l'età, inseparabili. Ho ricordi belli, indelebili attaccati a questo cuore pieno di crepe.
Il telefono ronza dentro la borsa e lo estraggo dalla tasca interna per controllare che non sia zia Marin.
Sulla busta dell'app c'è una notifica in rosso.

"Cara B,
Spero tu non abbia bevuto quel bicchiere pieno di vino e chissà che cosa.
Premetto: parlo per esperienza. Non sempre è vino di qualità. Sapevi che riutilizzano le bottiglie per fare bella figura? Si, hai capito bene.
Spero che la mostra sia stata di tuo gradimento.
E per tornare al discorso principale, il contratto lo avrai tra le tue mani se e quando accetterai il lavoro. Niente clausole pericolose. Solo accorgimenti che sono sicuro rispetterai.
Per farti capire che ho buone intenzioni e che puoi fidarti, recati nel luogo che ti sto indicando. Non è troppo distante. Puoi sempre raggiungerlo a piedi.
Fammi sapere che ne pensi.
In attesa,
- MisterX".

Sorrido controllando l'indirizzo su internet prima di lasciarmi guidare da Siri che coinvolgo in questa follia.
Il percorso non è distante dal parco. Supero una serie di ville tenute in vecchio stile, una serie di negozi aperti da poco e parecchio affollati a causa del black friday sempre più alle porte.
Il percorso sulla mappa mi indica di voltare e mi ritrovo in un vicolo silenzioso e inquietante dove però a pochi passi le luci di un locale affollato mi regalano un certo sollievo. Soprattutto quando avvicinandomi alla vetrata con dei disegni intricati e la scritta del locale, noto il clima accogliente e festoso all'interno.
Entro quasi in punta di piedi lasciando aprire le porte scorrevoli.
Nell'e-mail non c'è scritto cosa devo dire o come devo comportarmi, per questa ragione improvviso avvicinandomi al bancone dove un signore ben vestito avvistandomi mi sorride.
«Lei deve essere la signorina Bambi Stevens, benvenuta al Tasti Pinkberry. Prego», mi fa cenno di seguirlo in sala e io indugio un momento.
Il posto è raffinato, curato nel dettaglio ma niente di snob. Ha quasi un'aria adatta alle famiglie.
«Grazie», dico quando mi spinge la sedia. Una poltrona comodissima con schienale imbottito e braccioli il legno. È come la casa delle bambole.
Tutto rigorosamente in mogano. Nonostante ciò c'è molta luce grazie ai fari che, attualmente sono tenuti bassi. Ogni posto a sedere è separato da un divisorio.
Un tavolo quadrato coperto da una tovaglia linda e un'altra a fare da scena del colore tipico del posto in rosso scuro e oro. Anche i bicchieri sono particolari. Hanno degli anelli in oro sul bordo e, al centro del tavolo un vaso pieno di frutta secca. Davvero particolare. C'è anche una candela. Tutto in stile autunnale.
Un cameriere mi serve un piatto coperto da una cloche lasciandomi sola.
Mordo il labbro prima di sollevarla sbirciando al di sotto come se avessi davanti una bomba.
Corrugo la fronte trovando una coppa di yogurt con frutta secca sopra e pezzi di anguria.
Perché non ho notato di essere in un locale per gli amanti dei dolci e dello yogurt?

"Caro MisterX,
Continuo a guardarmi intorno stupita dalla bellezza del posto.
Ho un solo dubbio: come facevi a sapere che adoro lo yogurt e che sono intollerante allo stesso tempo? Per caso mi stai seguendo? E cosa più importante: come fai a sapere il mio nome?
Sono turbata, ma per usare le tue stesse parole: proverò a fidarmi assaggiandone un po'.
Ad ogni modo grazie per la sorpresa.
Ammirata,
- B".

La risposta arriva immediata. Nel frattempo caccio in bocca un cucchiaio di yogurt. Oh mio Dio! È davvero buono.

"Cara ammirata B,
Non ho seguito nessuno. Era nel tuo profilo. Dovevi mettere meno dettagli, non credi?
Sapevo che avresti apprezzato. Ne sono compiaciuto. È il migliore in zona.
Prendi ovviamente quello che vuoi. Non preoccuparti, ho pensato a tutto io.
Spero di non averti spaventata con queste accortezze.
Passa una buona serata,
- MisterX".

"Caro MisterX,
Lo yogurt andrà più che bene.
Grazie ancora.
Buona serata anche a te,
- B".

Finisco di mangiare con un ampio sorriso permanente sulle labbra. Circondata dalla magnifica atmosfera.
Quando mi alzo dirigendomi alla cassa, il signore dietro il bancone, un uomo minuscolo dall'aspetto dolce, chiede se ho gradito.
Inizio una breve conversazione complimentandomi con lui per il locale e vengo a conoscenza del fatto che è stato aperto un conto per permettermi di mangiare ciò che voglio quando voglio.
La cosa mi distrae e non poco. Nessuno aveva mai fatto niente di così dolce nei miei confronti.
Uscita dal locale chiamo un taxi tornando a casa.
È tutto spento. Tutto silenzioso. Controllo che zia Marin dorma e poi salgo in camera dove aperto il pc do un'occhiata al video e alla mia pagina che, ha già un bel pò di seguaci in attesa di un nuovo video. Leggo infatti alcuni dei messaggi privati decidendo di non rispondere. Evito di controllare anche i commenti. Sono troppi.
Quando pesco il telefono noto che mi hanno anche aggiunto in un gruppo su Whatsapp. Connettendomi alla rete mi arrivano subito le prime notifiche.
Per non passare per quella antipatica, nonostante io odi scrivere nei gruppi, mi affretto a presentarmi alle ragazze con cui lavorerò.
Seduta sul letto a gambe stese ed incrociate, apro poi l'e-mail.

"Caro MisterX,
Scusa tanto per l'ora. Forse sei impegnato e io ti sto disturbando, ma volevo ribadire che sono davvero grata per il gesto.
Ho apprezzato tanto.
E in parte, sto scrivendo anche per scusarmi per il tono usato nei messaggi iniziali. Non intendevo offendere.
Non voglio essere presa in giro, tutto qua.
Notte,
- B".

Zia Marin si lamenta emettendo un urlo. Con il cuore in gola corro subito da lei.
Accendo la luce posta sul comodino aiutandola a sollevarsi a metà busto.
Sta diventando pesante. Non muoversi le fa accumulare dei chili che solitamente non avrebbe. Le mie braccia ad un certo punto non ce la faranno più. Dovrò trovare una soluzione.
La sua fronte è imperlata di sudore. Respira a fatica e sul volto ha stampato chiaramente il suo dolore.
«Che succede?» chiedo intuendo che qualcosa non va come dovrebbe.
Sta nascondendo qualcosa. Non credo alla storia del dolore passeggero. Quel lamento non lo era di certo.
«Ho solo avuto dei crampi», indica il bicchiere d'acqua.
Glielo passo controllando l'ora poi le porgo anche le pillole che deve prendere per riuscire a dormire senza dolori a tormentarla.
«Sembrano peggiorare. Domani posso accompagnarti in ospedale», dico massaggiandole le gambe.
Si rilassa chiudendo gli occhi. «No, niente ospedali. Ne ho abbastanza», risponde in un sussurro.
«Non vuoi dirmi la verità?»
Inspira. «È tornato».
Tremo dentro e incapace di attutire il colpo mi lascio avvolgere dal suo abbraccio che arriva per sedare la paura di perderla per davvero.
«Riusciremo a farcela», la rassicuro cercando di non ricordare quei brutti momenti passati in ospedale. Soprattutto tentando di tenere a freno il panico e le lacrime che rischiano di sgorgare.
Accarezza i miei capelli. «Questa volta è diverso, piccola».
Alzo il viso per capire. «Come...»
«Dall'ultima visita», risponde subito senza esitare.
«No...» sussurro tappandomi la bocca. «Tu ed io ce la faremo. Domani andiamo in...»
«No. Voglio morire in pace. Voglio i miei capelli e non una parrucca. Voglio i miei programmi in tv e la mia piccola bambina che corre da una parte all'altra».
Sorrido e con un enorme magone mi abbandono tra le sue braccia ad un pianto silenzioso.
«Non puoi lasciarmi», singhiozzo.
«Ti libererai finalmente di una zavorra», ride prima di tossire. Emette un altro verso di dolore e mi affretto ad aiutarla a stendersi.
La osservo fino a quando non si addormenta poi corro in camera asfissiata.
Mettendomi davanti alla fotocamera registro un altro video. In questo modo i soldi arriveranno più in fretta, mi dico. Cerco poi in zona le cliniche private. Alcune sono davvero belle anche se troppo costose perché all'avanguardia. Ma non importa. Troverò un modo, mi dico appuntando gli indirizzi per visitarli uno ad uno.
Presa dalla disperazione controllo il sito. Molti altri i messaggi da parte di estranei arrapati, nessuno da qualche conoscente.
Scivolo in un angolo, tra il termosifone e la finestra e affondando il viso tra le braccia inspiro ed espiro.
Il ronzio del telefono mi fa rialzare. Quando controllo: è una videochiamata di gruppo.
Mi ricompongo mettendomi sul letto. Davanti a me quando accetto premendo il tasto verde, si para la faccia di Emerson e di altre due ragazze. Mi salutano all'unisono alzando la voce come se non ci sentissi. Abbasso il volume ricambiando il saluto.
La ragazza dalla carnagione caffellatte si chiama Beverly Jones. Ha i capelli ricci tirati da un lato e indossa un intimo leopardato sotto una vestaglia con la coda.
Credo di avere visto una clip nella quale sculacciava con un matterello un ragazzo. La donna dai capelli scuri invece si chiama Natalie Wood ed è in pigiama impegnata a mangiare gelato e a guardare qualcosa che si nota in riflesso in tv.
Lei è quella che si mostra in posizioni intime con il marito.
Tutte quante se ne stanno con la faccia sullo schermo ad osservarmi.
«Sei davvero bella e il secondo video, che bomba! Ma sembri triste», nota Beverly avvicinandosi ancora ulteriormente allo schermo come se da un momento all'altro potesse scavare un buco ed entrarci per raggiungermi.
Asciugo le lacrime che silenziose scivolano via dagli occhi. «Scusate ma non è un buon momento», ammetto. «Non volevo fare la guastafeste. Ho risposto solo per questo ma al momento non mi sento tanto in vena».
Si fanno attente. «Che succede? Qualcuno ti ha fatto male?»
Nego. «Mia zia sta di nuovo male e io... io non posso lasciarglielo fare. Non posso lasciarla morire. Non se ci sono delle alternative. Ho appuntato il nome di alcune cliniche specializzate. Domani andrò a visitarle ma... sarò sincera con voi, sono disperata. Ho fatto quel secondo video perché mi servono un mucchio di soldi.»
Chissà perché parlare con loro che ascoltano attente senza passare a giudizi affrettati, mi sembra così normale.
«Scusate, avevo solo bisogno di dirlo perché...» gesticolo. «Perché stavo per scoppiare».
Tutte sembrano indaffarate. Digitano qualcosa e in breve mi arriva una notifica. Controllo accorgendomi che c'è stata una variazione sul mio conto.
«Tu chiedi e noi veniamo in soccorso. È questo quello che facciamo. Parlo a nome di tutte e ci dispiace davvero per la tua situazione. Non pensavamo stessi vivendo un dramma così forte. Scusaci se siamo state inopportune riguardo il tuo annuncio».
«Grazie ma non posso sottrarvi dei soldi che avete guadagnato. Farò più video o... non lo so. Magari accetterò quella stupida offerta e andrò a letto con un estraneo.»
Negano immediatamente. «Li riprendiamo in pochi minuti. Tu ne hai più bisogno più di noi. E non dire grazie. Lavoriamo e guadagniamo allo stesso modo, senza pregiudizi. Sta tranquilla, ti aiuteremo anche a scegliere la clinica. Emerson è brava in fatto di strutture mediche specializzate. Ha parecchie conoscenze».
Lei annuisce. «Sto già parlando con qualcuno», dice concentrata con un altro telefono tra le mani.
«Non vediamo l'ora di conoscerti di presenza», esclama Beverly con un sorriso dolce.
«Grazie ragazze, davvero. Non so come ricambiare io...»
«Non pensarci nemmeno. Hai bisogno di aiuto e ci siamo noi adesso», replica risoluta Natalie con la bocca piena di gelato.
«Adesso devo andare, ho un video da realizzare, vi saluto», con un sorriso ammiccante Beverly ci lascia.
Anche Natalie, sentendo la vocina di una bambina saluta.
Emerson invece mi invia un numero e un indirizzo della clinica che è anche una casa di riposo. Forse l'idea piacerà a zia Marin, mi dico intristita.
«Parlane con lei. Vedrai che le piacerà».
Dopo la videochiamata noto una notifica.

"Cara B,
Non disturbi. Sono sveglio e solo. In realtà non dormo molto la notte. Sono paragonabile ad un vampiro. (Odio il sangue però). Quindi questo fa di me un notturno vegetariano.
Interessante vero?
Non occorrono scuse. Sei stata diretta, spietata e sincera. Elementi che rendono l'idea della persona forte che sei e che mi serve per il lavoro.
Spero tu stia riposando,
Notte,
- MisterX".

"Caro MisterX,
Dopo il dolce purtroppo è arrivato l'amaro. Non riuscirò a dormire neanche io questa notte. Questo fa anche di me una vampira?
Non sono niente di speciale. Non ho alcun superpotere a parte far arrabbiare qualcuno a tal punto da perdere il lavoro e ritrovarmi in difficoltà perché...
La vita è uno schifo.
Grazie per l'ascolto,
- B".

"Cara B,
Perché ho il presentimento che tu sia triste?
Se vorrai parlarne, usa pure questo spazio. Non devi entrare nei dettagli, non sono invadente a tal punto, ma credo ti farebbe stare meglio.
Devo preoccuparmi?
Spero di no. Non mi piace vivere nell'ansia.
- MisterX".

"Caro MisterX,
Ho saputo che l'unica persona alla quale tengo e che ho della mia famiglia, presto andrà via per non tornare.
Non intendo un viaggio. Più un volo di sola andata. E questo mi distrugge.
Sto già dando di matto cercando cliniche e lavori possibili che possano permettermi di pagare tutte le cure necessarie, nonostante lei sia intenzionata a lasciare questo posto cito testuali parole: guardando i suoi film preferiti, vedendomi scorrazzare per casa come una trottola.
Spero di non averti turbato con questo, grazie per l'ascolto.
- B".

"Cara B,
Ti aspetto martedì. Il lavoro è già tuo. Devi solo decidere se lo vuoi o meno.
Ricorda che siamo solo di passaggio a questo mondo e che chi ci lascia non lo fa mai veramente.
A dirla tutta non sono bravo nel consolare ma posso farti mandare una confezione di yogurt al cioccolato con m&m se me lo permetti.
- MisterX".

Sorrido e mi scappa un singhiozzo che attutisco con il viso affondato sul cuscino.

"Caro MisterX,
Non disturbare un locale solo per portare ad una ragazza triste un po' di yogurt.
Sai consolare a modo tuo e forse questo ti contraddistingue dal resto delle persone false che si trovano in giro.
Grazie per il pensiero,
Dormi bene.
- B".

"Cara B,
Si chiama lavorare. Se non vuoi va bene, non disturberò chi si guadagna il pane portato yogurt.
Sappi che lo aiuteresti. I soldi non servono solo a te per guadagnarti da vivere.
Dovresti essere brava in economia.
Ad ogni modo, non paragonarmi ad un cubetto di ghiaccio. Sono umano anch'io, più di quanto pensi. Sono solo incapace a gestire questi momenti.
Adesso rispondimi ad una domanda:
Quanto sei triste da uno a dieci?
- MisterX".

"Caro MisterX,
La mia tristezza non ha una scala paragonabile. E comunque puoi sempre farmi portare lo yogurt a colazione, così almeno chi lavora lo porta di mattina evitando di addormentarsi alla guida o altro.
Adesso provo a dormire, sarà una lunga notte.
Dormi bene,
- B".

Abbiamo tanta paura di soffrire. Ci vergogniamo così tanto a mostrarci fragili. Ma nella vita bisogna scoppiare in lacrime, agitarsi, provare un così forte dolore da non riuscire a respirare.
Bisogna ridere, gridare, rimanere in silenzio. Bisogna sfogarsi, lasciarsi andare. Bisogna fermarsi e respirare. Bisogna toccare il fondo, avere il coraggio di darsi una spinta, quella giusta, per potere ricominciare. Perché non sempre una ripartenza è un addio.

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