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No.
Non credo di aver capito bene.
Ieri nonna mi ha dato del rum, io l'ho bevuto, è mattina presto.
Sì, sicuramente ho capito male le parole di Lorenzo. 

«Sporcarsi, dici?»

«Sposarsi.»

«Spostarsi?»

«Sposarsi, Becca.»

«Aaah, sputarsi. Beh ma perché scusa? Chi si sputa da solo oggi come oggi? Lo facevano una volta, forse. Oggi non credo davvero lo faccia più nessuno.»

«Rebecca...»

«No, Lorenzo! È impossibile. Dimmi come ti è venuta questa idea di merda, avanti.»

«Ti ho inviato una foto. Mettimi in vivavoce e guardala.»

Faccio come dice, aziono l'altoparlante in modo da avere accesso al menù del telefono. Una piccola cornetta segnala l'arrivo di un messaggio su WhatsApp. 

Non voglio aprirla.
So che è tutto un tremendo equivoco, Lorenzo avrà capito di nuovo fischi per fiaschi, eppure non voglio aprirla lo stesso.

«Becca, ci sei?»

«S-sì»

«L'hai aperta?»

«No, non voglio. Oggi lo vedrò e se davvero si deve sposare, me lo dirà in faccia. Non... non posso aprire la notifica.»

«Io non credo che lui sia a Tenerife, Becca. Credo sia qui, in città.»

Sospiro pesantemente e mi faccio coraggio. Clicco su quella maledetta icona e poi sulla chat con Lore. 

Quello che mi appare davanti è lo screenshot del profilo Facebook di Giordano. Ha caricato una foto in cui lui e Isabella sorridono. La didascalia recita: ci vediamo domani all'altare

Gli ashtag riportano paroline idiote come: la sposa più bella; il giorno più felice; grazie per avermi scelto. E altre puttanate simili.

Poi l'occhio mi cade sulla data di pubblicazione.
È di ieri, cazzo.
No.
No, no, no e no.
NO.

«Si sposerebbe oggi, quindi?»

«Così sembrerebbe...»

Esplodo in una risata che non ha proprio niente di divertito.
«No, Lore. È impossibile. Mettiamo anche il caso che si fosse innamorato di Isabella -cosa che ritengo alquanto improbabile, dato che ci è già stato insieme e non ha funzionato- ma facciamo finta che sì! Stavolta si sono trovati e si sono perdutamente innamorati. Lui non mi farebbe mai una cosa del genere; non sceglierebbe mai il 15 giugno come data per sposarsi. È il nostro anniversario oggi. E lo so che non è un anniversario degno di nota, perché è solo la data del nostro primo incontro, ma non lo farebbe lo stesso. Non lo farebbe mai!»

«Io non so che dirti, Becca. Ho visto il post appena mi sono svegliato e ho pensato di inviartelo.»

«Ma poi è lunedì! Chi cazzo si sposa di lunedì?»

«Non... ecco io non saprei proprio.»

Gli scemi. Ecco chi!

«Fai una cosa: vai al bar! Mario ne saprà sicuramente qualcosa in più di noi, no?»

«Tu lo sai che io ho qualcosa che si chiama lavoro

«Sì, beh, io ho qualcosa che si chiama attacco cardiaco. Sono dalla nonna, e senza macchina, perché mi è venuta a prendere lei ieri sera alla fine. Tu abiti di fianco al bar. Scendi, gira l'angolo e chiedi quella cazzo di informazione!»

«Cristo santo, Becca. Dovrebbero darti una medaglia per la calma e la gentilezza con cui chiedi le cose.»

«MUOVITI!»

Attacco il telefono e inizio a mangiucchiarmi tutte le pellicine possibili e immaginabili, camminando avanti e indietro per la camera.

Lo so che sono una stronza. Di solito non così tanto, ma quando sono agitata o sotto pressione il mio lato ignorante tende a venire fuori in modo molto prepotente.
Troppo.
Decisamente troppo prepotente.

L'attesa mi sta snervando.
Quanto cazzo ci vuole ad arrivare al bar?

Beh, in effetti non è che Lorenzo abiti proprio dietro l'angolo. Forse l'ho un po' minimizzata io. Comunque è sicuramente più vicino lui di me. Infilo i miei Hug ed esco di casa per prendere una boccata d'aria; lo so che è giugno, ma quest'anno il caldo sembra essersela presa con calma, in più non sono neanche le sette del mattino, e ancora fa freschino. 

Dio, sembro davvero una barbona in questo momento. Il pigiama che ho addosso è di quattro anni fa, eppure si è talmente deformato a forza di portarlo, che sembra di tre taglie più grande. La stampa dei Minions sulla maglietta è praticamente un vecchio ricordo sbiadito, e sul ginocchio sinistro c'è un buco che mia nonna ha provveduto a rattoppare con una pezza di paperino ritrovata chissà dove. 

I capelli li avevo raccolti in una coda, ieri sera, che si è ovviamente sfatta dandomi l'aria di una pazza appena scappata da una qualsiasi casa di cura. 

Blocco e sblocco il telefono da ormai dieci minuti; prima o poi si impallerà.
Alzo lo sguardo e vedo nonna dietro la finestra: scuote la testa con espressione indignata, poi alza gli occhi al cielo e torna in camera sua. Sicuramente penserà che sia così agitata per la partenza.

E invece no, cara nonnina. Ho solo ricevuto la notizia che oggi Giordano si sposa.

La suoneria del telefono mi fa irrigidire contemporaneamente tutti i nervi. Sento tirare parti del corpo che non pensavo neanche esistessero. Faccio un bel respiro, e poi rispondo.

«Dimmi. Tutto d'un fiato e senza girarci attorno, come quando si va a fare la ceretta.»

Lorenzo esita un attimo, poi prende fiato e parla:
«Mario dice che Isabella si sposa oggi alle dieci, con il nipote di Carlo e Teresa.»

«Carlo e Teresa sono i nonni di Giò.»

«Lo so. Ha detto che hanno tenuto tutto segreto perché volevano una cosa intima, senza tutto il paese a guardarli. Ecco perché hanno scelto il lunedì. La gente è a lavoro, non ci si prende la giornata libera solo per andare a vedere due che si sposano. In giro per strada ci sono i cartelloni. Sopra c'è scritto: viva gli sposi; Gio e Isa oggi sposi. E cose così, insomma.»

Chi cazzo fa un matrimonio di lunedì per avere una cosa intima, e poi attacca i cartelloni per tutta la città?

Mi gira la testa. Mi butto sul divanetto in vimini che è sotto il portico di casa e lascio che le lacrime trattenute fino ad ora scivolino libere dove capita.
Cazzo.

«Mi dispiace tanto, Becca.»

«Lo so. Grazie per essere andato da Mario. Ci sentiamo dopo, d'accordo?»

«Certo.»

«Ti voglio bene, cugino.»

«Te ne voglio anch'io.»

Attacco la telefonata e inizio a massaggiarmi il petto, che sembra fare male come non mai. 

Giordano si sposa.
Giordano si sposa ed io l'ho saputo per puro caso.
Non me l'ha detto; ha deciso di non dare una degna conclusione a tutto quello che è successo tra noi fino ad ora. 

Giò, il mio Giò, in soli due mesi si è accorto che riesce tranquillamente a mettere da parte otto anni di quello che lui ha sempre chiamato amore. 

Ero brilla, ma me la ricordo bene la notte che abbiamo passato insieme un paio di mesi fa. Ricordo ogni bacio, ogni "ti amo" sussurrato con voce strozzata, ogni carezza. 

E gli occhi.
I suoi occhi, più di tutto il resto, che mi guardavano in una muta richiesta di restare; che pregavano perché non fosse tutto un sogno, tutto frutto del troppo alcol. 

E invece io, come una stronza, sono scappata.
Di nuovo.
E adesso lui si sposa.

****

«Rebecca, non puoi piangere per tutto il giorno. Alza il culo, su. Ti ho preparato una fetta di torta sul tavolo in cucina.»

Mi alzo controvoglia dalla poltrona sulla quale stavo dignitosamente frignando da almeno due ore e mezza e seguo mia nonna, giusto perché è una vecchia dispotica, e se non lo facessi tornerebbe in salotto a rompere le scatole ogni due minuti. 

Mi siedo svogliatamente sulla sedia e inizio a giocherellare con la fetta di torta che nonna ha preparato stamattina, appena si è svegliata. 

Ha capito subito che qualcosa non andava, così le ho raccontato a grandi linee quello che è successo, mentre mischiava uova, zucchero e farina. 

«Lo sai che è successo prima che tuo nonno si fidanzasse con me?»

Sospiro. Non ho davvero voglia di ascoltare uno degli aneddoti di quando lei e il nonno erano giovani. Mi è bastato quello in cui ha raccontato che sono stati beccati dal prete perché stavano "amoreggiando" nel confessionale della parrocchia.

Sì, mia nonna si faceva smanacciare in chiesa.

«Non raccontarmi altre cose sconce, per favore! Già ho una nonna che parla come uno scaricatore di porto, non è necessario aggiungere altri dettagli strani, grazie.»

«Ha parlato la Vergine Maria!» risponde con un mezzo ghigno. Poi, per mia sfortuna, riprende il discorso.

«Comunque, prima di fidanzarsi con me, nonno mi ha fatto una corte spietata, lo sapevi?»

Sorrido a quel pensiero; il nonno è sempre stato un uomo abbastanza burbero. Ci ha amati tutti, certo, ma non è comunque un tipo... sentimentale, diciamo.

«No, a dire il vero no. Non me lo immagino neanche, in realtà.»

«Beh, è così. Mi ha corteggiata senza sosta per quasi un anno intero. Mi lasciava fiori sul cancello del condominio dove vivevo coi miei genitori; me lo ritrovavo sempre seduto dietro la domenica a messa; ogni posto in cui andavo, guarda caso, quel rompicoglioni era lì. Stava seduto, con la sua faccetta da pesce lesso, e sorrideva. Ogni tanto si avvicinava, mi faceva qualche complimento, e poi scappava via rosso come un peperone. Non è mai stato bravo con le parole, ma mi scriveva di quelle lettere che -se ci ripenso- ancora mi emoziono. E poi io le paroline dolci le sopportavo poco.»

Signori e signore, abbiamo una pista! Da chi avrà preso Becca la sua incapacità di comunicare? A voi l'ardua sentenza!

«Comunque, 'sto scemo, insisti oggi e insisti domani, alla fine mi sono ritrovata che ogni sera, prima di andare a letto, io lo pensavo. E immaginavo cosa avrebbe fatto il giorno dopo, dove lo avrei incontrato... tutte queste cose qui, insomma. Fatto sta che a un certo punto, così dal niente, non lo vedo più. Aspetto una settimana, ne aspetto due, alla terza mi fracasso le palle e inizio a chiedere un po' in giro ai suoi amici. E lo sai che fine aveva fatto?»

«Che fine aveva fatto?»

«Si era fatto fregare da un'altra, 'sto cretino! Aveva tutti gli amici che gli dicevano di non stare a perdere tempo con me, che tanto non gli avrei mai dato una possibilità. E c'era sta ragazzetta che invece gli faceva la corte, lo faceva sentire importante. Quindi lo sai che ho fatto? La sera c'era la sagra del paese, allora mi sono agghindata tutta, ho messo il mio rossetto rosso e i tacchi, e sono andata là bella sculettante. Ero certa di trovarlo, quella volta non è che i posti da frequentare fossero tanti, e appena c'era una festicciola ci si radunava tutti quanti lì.»

«E c'era? L'hai trovato?» chiedo con aria sognante.

«Certo che l'ho trovato! Ballava tutto appiccicato con quella. Dovevi vederla, sembrava una piovra! Allora sono andata lì, le ho bussato sulla spalla con la mia manicure perfetta, e le ho detto "Ehi, stronza, questo è il mio uomo!" e l'ho scansata con una spinta. Mi ci sono messa a ballare e non l'ho lasciato più.»

Scoppio a ridere immaginando la scena di mia nonna da giovane che, tutta impettita, va a farsi valere e a riprendersi quello che considerava il suo uomo, nonostante non si fossero scambiati nemmeno un innocente bacetto. 

«È una bella storia, nonna, davvero... ma qui la situazione è un po' diversa. Lui non sta solo ballando, si sta per sposare! Siamo stati insieme due mesi fa, ha ribadito di amarmi. So che ho sbagliato a scappare ma... non lo so, questa cosa mi ha distrutto, davvero.» 

«Oh, tesoro mio. Ti ha fatto tanto soffrire?» chiede con un tono dolce, di certo non tipico dei suoi modi solitamente bruschi.

«Sì, nonna.»

«E chissenefrega!»

«Nonna!»

«Nonna un cazzo, Becca. Sei grande e vaccinata. Vai da lui e digli quello che pensi. Se non sei capace a parole mimalo, scrivilo, fagli un cartellone! Se ti dice no, pazienza. Avrai tutto il tempo per frignare sulle poltrone altrui, ma adesso alza il culo e vai!»

Cazzo.
Ha ragione.
Ma com'è che sembrano sempre avere tutti ragione tranne me?

«Dammi le chiavi della macchina!» dico allungando la mano verso di lei.

«Ce l'ha il nonno, è andato a rubare le ciliegie nei campi del paese qua vicino.»

Ci manca solo un nonno nei guai con la legge, Cristo santo.

Beh, mi sono allenata apposta per questo, no? Ho aumentato le sedute in palestra e le ore di corsa.
Sarà uno scherzo fare qualche chilometro.

Scatto in piedi e corro verso la porta urlando un: «Grazie nonna!» e inizio a correre come una pazza. Il matrimonio è alle 10:00, mancano ancora quaranta minuti, se mi sbrigo ce la faccio!

Imbocco la strada principale, quella che porta al centro del paese, dove c'è la famosa chiesa. Ma che cos'è questo caldo allucinante? Di solito non sudo così tanto.

Ah, già. Ho gli scarponcini col pelo e il pigiama invernale addosso.

Bene, non è importante adesso.
Taglio per i giardini comunali per accorciare un po' la strada, la gente mi guarda come se fossi una pazza svitata.

Devo dire che, in una situazione normale, potrei anche fermarmi e fargli un bel dito medio. Tuttavia questo non è proprio il momento adatto per mettersi a discutere con qualcuno che, con tutta probabilità, ha anche ragione di guardarmi strano.

Imbocco la zona dei portici, è lunedì eppure sembra che i bambini siano tutti in mezzo alle scatole per rallentare me.

«SPOSTATI BAMBINO!» urlo ad un nanerottolo che sta tranquillamente facendo zig zag incurante della gente che ha fretta. Si appiattisce contro una colonna e inizia a chiamare sua mamma in maniera disperata.

Oh, beh. Supererà il trauma, un giorno.

Faccio la salita che porta al paese alto, rischio di cadere una decina di volte con tutti questi san pietrini scivolosi, ma vado avanti e sfreccio come... non lo so, non ho la mente abbastanza lucida per mettermi a fare paragoni decenti. 

Finalmente la vedo.
È di fronte a me, alta e maestosa, bella com'è sempre stata.
La chiesa dove oggi si sposerà Giordano.
La chiesa dove cercherò di fare andare a monte un matrimonio.

Ma è giusto tutto questo?
Voglio dire, se ha deciso di sposarsi vuol dire che è felice.
È giusto andare lì e dirgli che dopo otto anni, finalmente sono pronta a dichiararmi a lui? Finalmente sono pronta ad aspettarlo, se necessario, e a rimanere al suo fianco? Proprio ora che lui, con tuta probabilità, è innamorato di nuovo? 

Non lo so.
Se mi metto nei panni di Giò, mi vedo come un'irrimediabile stronza.
Se invece ripenso al discorso che mi ha fatto nonna Caterina mi dico che, sì, è giusto. 

E allora continuo a correre. Mi dividono pochi metri dalla chiesa, li faccio incurante di non avere nemmeno uno straccio di discorso pronto. 

C'è un po' di gente fuori, gente che mi guarda di nuovo come fossi una psicopatica, ma me ne frego e spalanco il portone della chiesa.

Quello che non avevo calcolato, è che ci potesse essere gente anche dentro.
Gente che stava amabilmente bisbigliando, magari facendo scommesse sull'abito della sposa e la sua acconciatura.
Gente che, appena entro in chiesa, ammutolisce e si gira indietro per vedere chi è stato ad aprire il portone di un luogo sacro con così tanta foga e prepotenza.

Ops.

Mi blocco un attimo, sorpresa dal fatto che ci siano così tante persone qua dentro.
Ma la sposa non andrebbe aspettata fuori, nel piazzale?
Che sono 'ste americanate?
Sento decine e decine di occhi puntati fissi su di me, vestita come una zingara e pettinata come una matta. 

«C-ciao a tutti.» balbetto piano.

Beh, almeno sono stata cortese.
Inizio a camminare nell'ala sinistra della chiesa, appoggiando una mano sul lato del viso per evitare di essere riconosciuta dagli abitanti del mio paese.
Nelle prime file vedo la nonna di Giordano, ed è a lei che punto!

«Buongiorno, signora Teresa!» dico a bassa voce, ma cercando di usare un tono affabile.

Lei si volta, e appena mi vede fa un'espressione stupita.
«Rebecca, cara! Ma che cosa ti è successo?» chiede squadrandomi dalla testa ai piedi.

«Oh, storia lunga. Senta, sa per caso dov'è Giordano?»

«Sì, tesoro. È in quella cappella, di fianco all'altare.»

«Grazie mille!»

Guardo la direzione che sta ancora indicando e vedo una porta proprio a fianco ai gradini.
Inspiro e inizio a camminare per provare a riprendere la mia felicità.




Spazio S.


Non ci posso credere, Becca ha mosso il culo!!!
Alleluja!
Noi ci rileggiamo domani per scoprire se sarà ancora in tempo o no!
Un abbraccio, S.

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