52
Il viso di Giò è sempre più vicino, ed io mi sto maledicendo mentalmente per non essere in grado di spostarmi di un solo millimetro.
Non è quello che voglio, giusto?
L'ho superata ormai.
Devo per forza averla superata, perché lui mi ha mentito.
Ho abbassato le difese solo una volta nella mia vita, e l'ho fatto per il ragazzo di fronte a me, e lui ne ha approfittato ingannandomi.
Ha fatto due gesti meravigliosi per me a Natale e a San Valentino, e ho lottato con tutta me stessa contro la voglia che avevo di scrivergli, o fargli una telefonata.
Non dovrebbe essere arrabbiato con me? Perché ogni volta che siamo insieme, tutto il male che abbiamo provato sembra sparire all'improvviso?
Perché continuo a non riuscire a fare un passo indietro e aspetto questo bacio così tanto?
Perché, quando si tratta di Giò, la mia testa si riempie di così tante domande?
La porta della stanza si apre all'improvviso, facendoci distaccare immediatamente l'uno dall'altra. L'infermiera sulla soglia ci lancia un'occhiata severa, poi punta gli occhi su di me e inarca un sopracciglio con fare saccente.
«Signorina Forti, cosa ci fa in questa stanza?»
Come cosa ci faccio in questa stanza? Dove dovrei stare, secondo lei? Nello sgabuzzino delle scope?
«Beh, mi avete detto di aspettare, e qui c'era un posto letto libero, così...»
«Oh, benedetto il cielo» dice unendo le mani insieme in una preghiera immaginaria «In sala d'attesa! Ecco dove si deve aspettare! Si chiama così apposta, è fatta per attendere.» finisce la frase iniziando a battere con un piedino a terra.
Questa donna è alta un metro e un tappo, eppure mi sta terrorizzando da quando ho messo piede qui dentro.
«Senta, la ragazza ha subìto un trauma, è stata investita. Se ha sentito il bisogno di distendersi, non vedo dove sia il problema.» interviene Giò.
L'infermiera alza il sopracciglio, assumendo così un'aria stupita, e anche un po' stupida a dire il vero.
«Un trauma, dice?»
Oh no.
«Beh certo,» continua trattenendo a stento un ghigno, «D'altronde essere investita da un gatto deve lasciare segni indelebili nell'anima di un essere umano.»
«Come?» Giò si gira immediatamente verso di me con un'espressione confusa sul viso, mentre io inizio ad ammirare la punta delle mie scarpe.
Ho proprio buon gusto, queste le ho comprate tre mesi fa in un negozietto sportivo; devo ammettere che all'inizio questo color salmone non mi convinceva più di tanto, e invece riesco ad abbinarlo benissimo.
«Un gatto, Becky? Sul serio?»
Chino ancora di più la testa e inizio a disegnare dei cerchietti immaginari col piede. Sono bravissima a fare forme astratte sui pavimenti.
«Esattamente, un gatto. Lei e suo cugino hanno scatenato un pandemonio al pronto soccorso solo perché un micino di appena cinque mesi le è saltato in braccio. Roba da non credere.»
Giò porta un pugno davanti alla bocca per non scoppiare in una risata, e io gli assesto una gomitata nel fianco per farlo smettere.
Dio, che vergogna. Non poteva starsene zitta questa nana malefica?
«I moduli sono stati compilati, suo cugino credo sia andato a recuperare la macchina. Dunque direi che possiamo salutarci qua, signorina.»
Annuisco appena e mi incammino per uscire dalla stanza, seguita da Giò.
Gli sento dire un: «Arrivederci», al quale mi aggrego salutando l'infermiera demoniaca con un flebile: «A presto.»
«Speriamo di no, signorina Forti. Speriamo di no.»
Oh ma questa allora vuole proprio la guerra! Mi giro di scatto verso di lei e le faccio una mezza smorfia indispettita.
«Sì, beh, non è che io non veda l'ora di tornare a trovarla, sa?»
Giò mi afferra per il braccio e mi trascina verso l'uscita del pronto soccorso, mentre io continuo a girarmi di tanto in tanto per lanciare occhiatacce a quella stronza, che nel frattempo ha alzato un sopracciglio e mi guarda con espressione indignata.
Appena siamo all'aria aperta, Giò mi trascina di fronte a lui e, sempre trattenendo una risata, chiede: «Allora? Vuoi spiegarmi che cavolo avete combinato tu e Lorenzo? Mi ha chiamato in lacrime, mi ha spaventato a morte!»
«Ma niente...» accompagno la frase con il movimento della mano nell'intento di minimizzare l'accaduto «C'è stato un piccolo malinteso, tutto qua!»
Giò sgrana gli occhi, incredulo.
«Un piccolo malinteso, dici? Becky, ti ha praticamente spacciata per morta!»
Cos'ha detto? Mi sono un attimo persa a guardare i suoi occhi. Cerco di rielaborare la frase nel mio cervello. Qualche parola l'ho captata, ha detto qualcosa riguardo ad una torta, giusto?
«No, grazie. Non ho molta fame ora, vorrei solo andare a casa e fare una doccia.»
Giò mi guarda stranito, poi appoggia la mano sulla mia fronte.
«Non scotti. Dev'essere stato il trauma, allora.»
Scaccio la sua manaccia dal mio viso e mi avvio verso il parcheggio.
«Ferma un po'. Dovremmo parlare noi due, e devi ancora spiegarmi cosa diavolo è successo prima.»
Sbuffo alzando gli occhi al cielo, è così imbarazzante che preferire evitare il discorso.
«Ero al telefono con Lore... ad un certo punto, sovrappensiero, mi sono fermata in mezzo alla strada. Era buio, e c'era un gattino che mi stava venendo incontro; mi è saltato addosso, credo, e nello stesso momento sono svenuta. Tutto qua. Sarà stato un calo di zuccheri.» dico facendo spallucce.
«E perché Lorenzo ha parlato di incidente?»
«Uh quanto la fai lunga. Avevo dimenticato la giacca in negozio e Lina me la stava riportando. È arrivata e ha visto il capannello di persone attorno a me, quindi si è avvicinata e mi ha riconosciuta. I passanti le hanno spiegato che ero solo svenuta, ma lei è andata in panico. Quello stupido gatto era ancora appollaiato sulla mia pancia, così qualcuno le ha detto che era un angelo custode, o una cosa del genere, perché mi era saltato in braccio proprio mentre stavo perdendo i sensi -e ci terrei a precisare che, se un qualsiasi animale ti salta addosso mentre stai cadendo a terra, quello non va considerato come atto di eroismo! Piuttosto è un chiaro tentativo di aggressione- comunque, sono rinvenuta qualche secondo e ho farfugliato qualcosa su dei fanali, credo mi riferissi agli occhi del gatto, non lo so, e quindi Lina si è tranquillizzata, ma ha comunque chiamato Lorenzo dicendole che ero stata investita. Ovviamente ha cercato di spiegargli che parlava di un micino, ma lui appena ha realizzato dell'incidente le ha attaccato il telefono in faccia ed è corso al pronto soccorso. Ecco qua, niente di grave, insomma.» spiego guardandomi attorno.
Giò, che si era trattenuto da gentiluomo qual è, si lascia andare ad una sana risata liberatoria.
«Oh mio Dio. Me li vedo già i titoli sul giornale domani: "ragazza investita da un micio".»
«Ah. Ah. Ah. Molto divertente. Potevo sbattere la testa e procurarmi un trauma cranico!»
«Povera piccola Becky.» dice facendo il labbruccio. Dio non lo sopporto quando fa quell'espressione da bambino. Mi fa venire pensieri che, con i bambini, non c'entrano proprio nulla; e per non farci mancare niente, passa una mano sul mio viso, lasciando una carezza lenta e delicata.
Maledetto.
«Piccola!»
Mi volto di scatto riconoscendo subito la voce di Alessandro.
«Ale!» corro verso di lui e mi accoccolo tra le sue braccia, già aperte nell'intento di assicurarsi che sia ancora tutta intera.
«Mi ha telefonato Lina per avvisarmi, ma che è successo?»
«Oh, niente, solo un piccolo svenimento. Mi dispiace per la nostra serata.»
Ed è vero. Ale aveva organizzato una sorpresa per me, e dopo questo incidente non credo se ne farà più nulla. Lui mi sorride e mi lascia un bacio in fronte, poi uno sulle labbra.
«Non preoccuparti, appena starai meglio organizzerò di nuovo tutto.»
«Ma io sto bene! Dai, fammi vedere cosa avevi escogitato!»
«No no! Mi ha chiamato tuo cugino e ha detto che i ragazzi ti aspettano al pub. Non ho ben capito, ma credo che abbia spaventato tutti dicendo che eri stata coinvolta in un grave incidente.»
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa. Lorenzo sa essere veramente melodrammatico a volte.
«Confermo! Mi ha fatto correre qui come un dannato spaventandomi a morte.» La voce di Giò arriva come una secchiata d'acqua gelida. Per un momento, per un solo minuscolo momento, ero quasi riuscita a dimenticarmi della sua presenza.
Alessandro lo guarda, ancora sorridente, poi gli rivolge parola chiedendo: «Tu sei?»
«Giordano, piacere.» e gli allunga la mano ma, a differenza di Ale, lui non sorride per niente.
«Alessandro, piacere mio. Ma chiamami pure Ale. Vieni con noi al pub, Giordano?»
Oh no. Ti prego no. Dì di no.
Giò si prende qualche secondo prima di rispondere, tempo che utilizza per squadrare Ale dalla testa ai piedi, e per fare i raggi x alle nostre mani ancora intrecciate. Poi, finalmente, sembra riscuotersi.
«Certo, Alessandro!»
E ti pareva.
****
Vorrei fare un sondaggio: esiste, nell'intero universo, qualcosa di più imbarazzante dello stare al tavolo con i tuoi amici che guardano te e il tuo "ex" aspettando palesemente che uno dei due salti finalmente addosso all'altro, coronando così un sogno d'amore?
Visto che ho fatto io il sondaggio, vorrei anche dare la risposta: certo che esiste, ed è sicuramente la situazione in cui ti ritrovi a sedere tra questa sorta di ex e il tuo attuale bellissimo collega di lavoro che non fa altro che toccarti per accertarsi che tu stia bene.
Giò e Alessandro non si sono calcolati per tutta la sera, ma hanno fatto a gara a chi era più premuroso con la sottoscritta.
Ogni cinque minuti Giordano prende il mio polso per controllare che il battito cardiaco sia regolare, preoccupandosi dell'improvvisa accelerazione di quest'ultimo, senza rendersi conto che è proprio lui a provocarla.
Con gli stessi intervalli di tempo, Ale chiede se voglia mangiare o bere qualcosa, se sia il caso di tornare a casa per farmi riposare, o se si debba recare in farmacia per comprare qualche tranquillante.
Oh sì, un tranquillante lo gradirei eccome.
Nel frattempo, Lorenzo cerca di non scoppiare a ridere in faccia a nessuno dei due, Laura racconta di quanto sia elettrizzata per i preparativi del matrimonio, Gianluca la guarda con aria sognante annuendo ogni volta che svela qualche idea su come organizzare il tutto, e Vale flirta a distanza col cameriere.
Siamo allegramente riuniti da quasi un'ora, e la preoccupazione che ho letto sui loro visi è andata scemando appena hanno capito che non era stato niente di serio, e che Lorenzo aveva semplicemente capito fischi per fiaschi;
mi è arrivato addirittura un messaggio da Andrea, il nipote di Lina, che voleva assicurarsi che fosse tutto a posto.
Deve averlo chiamato lei presa ancora un po' dal panico, suppongo. Ovviamente Gianlu e Valentina appena hanno capito la situazione hanno ripetutamente insultato Lorenzo, e credo gli sia arrivato anche qualche scappellotto.
Sto cercando di prestare attenzione a come Laura ha immaginato il suo bouquet da almeno dieci minuti, ma il simpaticone alla mia sinistra -ovvero Giordano- ha ben pensato di mettersi comodo sulla nostra panca allungando il braccio sullo schienale, finendo così per sfiorarmi la schiena più e più volte.
La cosa mi sta letteralmente mandando in paranoia.
Non dovrebbero esserci contatti tra noi; non dovrebbe starmi così vicino, e non dovrebbe profumare così tanto. A voler essere proprio precisi, non dovrebbe essere nemmeno così bello.
Prima di raggiungere gli altri al locale ho preteso categoricamente di passare a casa per fare una doccia e darmi una sistemata; ottima mossa, se non fosse che questa mia decisione ha dato il tempo anche a lui di fare lo stesso.
E quindi me lo ritrovo qui a fianco, bello come il sole, vestito con pantaloni e casacca di lino sui toni chiari del bianco e del tortora, un leggero accenno di barba, e i riccioli che ricadono -come sempre- perfettamente sul suo viso.
È ingiusto.
Dovrebbe essere decisamente illegale, per lui, presentarsi così davanti a me.
Ed è anche abbronzato, lo stronzo!
Così abbronzato che gli occhi sembrano ancora più verdi del solito, ed io faccio ancora più fatica a non perdermici dentro. Di fianco a lui sembro un cadavere; pallido per giunta.
«Becca, tu vieni?» La voce di Vale mi riscuote, mi riporta al presente, allontanandomi da pensieri che non dovrei assolutamente fare.
«Mh? Dove?»
«Lasciala perdere, è una schiappa a biliardo, ho tentato di insegnarle giusto qualche giorno fa, ma è proprio negata! Giò, le fai compagnia tu mentre giochiamo?» il sorriso di Ale mi conforta sempre, quel ragazzo sembra sempre riuscire a leggermi dentro.
«Non è una bambina, non ha bisogno della balia.» La risposta secca di Giò non ammette repliche, e infatti Ale alza le sopracciglia, sorpreso da questo tono, poi fa uno dei suoi soliti sorrisi.
«No, certo, non intendevo questo... beh, vieni a giocare con noi, allora?»
«Ah... n-no» passa la mano tra i capelli, in evidente imbarazzo «Sto qui al tavolo con Becky.»
Serro le labbra tra loro per non scoppiare a ridere; prima fa il duro, e poi resta comunque con me per non lasciarmi sola.
È adorabilmente irritante.
Ale mi fa un occhiolino, si allunga per lasciarmi un bacio veloce sulla guancia e va con gli altri verso il tavolo da gioco.
Non credo di essermi mai sentita tanto in imbarazzo con Giordano; non è assolutamente da me non sapere cosa dire o cosa fare in sua presenza.
Mi sembra di essere tornata a quando avevo quindici anni ed ero col ragazzetto per cui avevo un'enorme cotta.
Rimpiangiamo tanto l'età dell'adolescenza, dimenticandoci spesso che era tutta una montagna russa di emozioni decisamente sfiancanti.
«Come stai?» Giò spezza il silenzio pesante che si era creato con una domanda apparentemente facile; come sto? Non dovrebbe essere difficile rispondere, eppure...
Faccio uno dei miei sorrisi di circostanza e prendo a giocherellare con il sottobicchiere in cartone davanti a me.
«Bene, davvero. Sarà stato un po' di stress accumulato sul lavoro...»
«No, Becky. Intendevo come stai davvero. Non mi riferivo allo svenimento di stasera.»
Fisso i miei occhi nei suoi che sembrano preoccupati, apprensivi.
«Beh, la risposta è la stessa. Sto bene!» sorrido un po' di più. Mento un po' di più.
Sorride anche lui, con un sorriso che sembra chiedere: "Ma per quanto ancora vuoi andare avanti così?"
Già, per quanto?
La musica nel locale cambia, avvisandomi che è passata l'una. Questo è uno dei motivi per il quale odio questo pub: a quest'ora mettono musica lenta, tutte quelle canzoni che ultimamente sto cercando di evitare per non cadere nella depressione più totale. Parte Accidental Babies di Damian Rice, ed io inizio a guardarmi attorno per cercare una corda con la quale potermi impiccare seduta stante.
Well I held you like a lover
Happy ends and your elbow in the appropriate place
And we ignored our others, happy plans
For that delicate look upon your face
Our bodies moved and hardened
Hurting parts of your garden
With no room for a pardon
In a place where no one knows what we have done
«Bene. Sono contento.»
Fa segno al cameriere di portare altri due cocktail e poi riprende: «Io non sto bene, Becky. Mi manchi.»
Faccio per aprire bocca, ma mi blocco quando alza una mano nella mia direzione.
«Lo so, ne abbiamo già parlato, e sei stata piuttosto chiara. Ma giuro, ti giuro che ti lascerei in pace se ti vedessi davvero felice.»
Abbasso gli occhi, da brava codarda quale sono, e faccio un piccolo cenno con la testa.
«Beh starò bene, comunque.»
«Ma perché? Perché non puoi semplicemente accettare il fatto che stiamo bene solo quando siamo insieme?»
Rialzo lo sguardo su di lui; ha l'espressione seria e gli occhi leggermente lucidi, non so se per l'alcol o per l'emozione.
«Giò, ti prego...»
Prende la mia mano e inizia a giocherellare col braccialettino di filo rosso; quello che mi ha regalato a Tenerife; quello che, nonostante tutto, non sono riuscita a togliere.
«Chi è quello?» Fa un cenno con la testa verso il tavolo da biliardo, e non ho nemmeno bisogno di guardare per capire che sta parlando di Alessandro.
Do you come
Together ever with him?
And is he dark enough?
Enough to see your light?
And do you brush your teeth before you kiss?
Do you miss my smell?
Is he bold enough to take you ok?
Do you feel like you belong?
Does he drive you wild?
Or just mildly free? What about me?
«Il mio nuovo collega. Lavoriamo insieme da poco, in realtà, ma ci siamo trovati bene da subito.»
Giò continua a fissarmi come se dovesse capire se sto mentendo o meno. Ma perché mai dovrei mentire su una cosa del genere?
«E sei felice con lui? Sei com'eri con me? Lo guardi nello stesso modo? Perché a me non sembra!»
Well you held me like a lover
Sweaty hands and my foot in the appropriate place
And we use cushions to cover
Happy glans in the mind issue of your disgrace
Our minds pressed and guarded
While our flash disregarded
The lack of space for the light-hearted
In the boom that beats our drum
Well I know I make you cry
And I know sometimes you wanna die
But do you really feel alive without me?
If so, be free
If not, leave him for me
Before one of us has accidental babies
For we are in love
«Giò, ma che cavolo stai dicendo?»
Lui sbuffa, visibilmente spazientito, passa una mano sul viso e riprende: «Perché ti accontenti di questi amori mediocri? Me lo devi spiegare, Becky! Non sei innamorata di quel tipo. E non tirare fuori il discorso del tempo, non c'entra nulla col fatto che lo conosci da poco. Io e te ci siamo innamorati la prima volta che ci siamo visti.»
Ma cosa cazzo sta blaterando?
«Giò! Alessandro è gay!»
«Non mi interessa cos... aspetta, cosa?»
«Non vedi che ci sta provando con Gianluca da tutta la sera?»
Ci voltiamo entrambi e la scena che ci si palesa davanti è vagamente pornografica: Ale sta impugnando la stecca con una mano, e l'altra la fa scorrere su di essa dall'alto al basso più e più volte, il tutto è accompagnato da uno sguardo malizioso puntato su Gianlu; il poverino lancia mute richieste d'aiuto alla sua fidanzata, che se la ride bellamente spalleggiata da Valentina e Lore. Ogni tanto sono un po' stronzi i miei amici, devo ammetterlo.
«Scusami. È che vi ho visti così vicini, ti ha anche baciata e... credo di aver perso un attimo la testa.»
Gli sorrido imbarazzata. Davvero ha pensato che bastasse così poco per cancellare tutto quello che ci ha legati fino ad ora? Un bel ragazzo sorridente e tutto si sistema?
Lo ha detto lui stesso, noi due ci siamo innamorati la prima volta che ci siamo guardati; mi è bastato vederlo suonare ad occhi chiusi uno stramaledetto pianoforte per sentire le farfalle nello stomaco.
Come cazzo la puoi cancellare una cosa del genere? Finisco quello che credo essere il quarto cocktail della serata; inizia a girarmi un po' la testa a dire il vero, ma forse è quello che mi serviva: un po' di alcol per avere la mente un po' più leggera, per pensare un pochino meno; soprattutto con lui così vicino.
«Quello che ho detto non cambia, comunque: io e te, Becky. Quella è la chiave. Lo so io e lo sai anche tu.»
No.
Non può essere quella la chiave, caro Giò.
Perché io temo che quella porta sia stata definitivamente chiusa.
Devono averla sigillata.
Avranno messo una di quelle blindature che si usano nei caveau delle banche.
No. Decisamente io e Giò non possiamo essere la chiave di nulla.
Perché, semplicemente, tra noi non dovrà esserci mai più nulla.
Mai più.
Spazio S.
Becca ha trovato l'uomo giusto per lei, è vero, ma solo nel senso lato della parola.
Ma come avrà fatto Giò a pensare che l'avesse già dimenticato, che fosse già andata avanti? Io proprio non capisco!!
🙄😂
Se a qualcuno interessasse, vi lascio qui sotto la traduzione della meravigliosa canzone Accidental Babies,
Buona giornata a tutti, S.
Bene, ti ho tenuto come un'amante
Mani felici e il tuo ginocchio nel posto giusto
E ci ignoravamo a vicenda, piani felici
Per quello sguardo delicato sul tuo viso
I nostri corpi si muovevano e si irrigidivano
Ferendo parti del tuo giardino
Senza una stanza per il perdono
In un luogo in cui nessuno sa quello che abbiamo fatto
Vieni sempre insieme a lui?
È abbastanza scuro? Abbastanza da vedere la tua luce?
Ti lavi i denti prima di baciarlo?
Ti manca il mio odore?
È abbastanza audace da prenderti con sé?
Senti di appartenergli?
Ti rende selvaggia? O almeno un po' più libera?
Cosa dici di me?
Mi stringevi come un amante
Mani sudate e il mio piede nel posto giusto
E usiamo cuscini per coprire
Ghiandole felici nel lento emergere della nostra vergogna
Le nostre menti sotto pressione e guardinghe
Mentre la nostra carne ignorava
La mancanza di spazio per la spensieratezza
Nell'esplosione che batte il nostro ritmo
So che ti ho fatto piangere
E so che a volte vorresti morire
Ma ti senti realmente viva senza di me?
Se è così, sii libera
Altrimenti, lascialo per me
Prima che qualcuno di noi abbia accidentalmente un figlio
Perché noi siamo innamorati.
Vieni sempre insieme a lui?
È abbastanza oscuro?
Abbastanza per vedere la tua luce?
Ti lavi i denti prima di baciarlo?
Ti manca il mio odore?
È abbastanza audace da prenderti con sé?
Senti di appartenergli?
Ti rende selvaggia? O almeno un po' libera?
Cosa dici di me? Cosa dici di me?
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