34 -Giò-
La stringo ancora un po' tra le mie braccia, quasi avessi paura che potrebbe sparire da un momento all'altro se mollassi un po' la presa.
Ha il viso incastrato nell'incavo del mio collo, e riesco solo a pensare che questo è il suo posto. Ci sono state tante donne che si sono appoggiate in questo stesso identico punto, eppure, solo lei sembra avere l'incastro perfetto.
Ha fatto a botte.
Questa scricciola che a fatica arriva al metro e sessanta, ha avuto il coraggio di suonarle ad Isabella.
Le arriva tra sì e no alle tette, Cristo Santo!
Scoppio di nuovo a ridere appena l'immagine di Becky aggrappata ai capelli della bionda si riaffaccia nella mia mente.
«Smetterai mai di ridere?» si stacca da me e mi lancia un'occhiataccia, mettendo su un finto broncio.
«Scusami! È che, davvero... è stata una scena esilarante! Sembravate un chihuahua ed un alano!»
«Beh, lei sicuramente è una cagna. Anche se non so di che razza.» ride con me mentre la tengo ancora legata al mio corpo.
«Sono lusingato, sai? Sei un po' una ciofeca con le parole, ma ne dici di cose coi gesti!»
«Non mi sembra di averti detto proprio niente, carino! Se mai è con lei che ho parlato.» fa l'indifferente e si guarda attorno, come se nulla fosse.
«Non fare la stronza! Sei tu che hai detto che è bastata un'allusione per farti scoppiare! Te ne sei già dimenticata?»
«Beh? Questo vuole semplicemente dimostrare che sono un po' troppo suscettibile! Dovrei lavorare sul controllo della rabbia. Chissà, magari fanno un corso da qualche parte.»
Scuoto la testa buttandola all'indietro perché no, non c'è decisamente speranza con lei. E a me va bene così. Non ho bisogno delle parole, mi bastano i gesti. Mi basta sapere che è stata qualche parola detta su di me a farle chiudere la vena. Non oso immaginare cosa le abbia potuto dire Isabella.
Ricordo che quando mi aveva confessato il suo interesse per me, le avevo raccontato di essere innamorato di un'altra ragazza; le avevo detto quello che -non- c'era stato tra noi, e le avevo fatto presente che era una persona che continuavo a vedere quasi tutti i giorni, una presenza costante nella mia vita.
Ricordo che le avevo dato una possibilità perché mi aveva affascinato il suo essere così convinta che sarebbe riuscita a togliermela dalla testa.
Solo chi non ha conosciuto Rebecca può avere una convinzione così assurda. Becky è una di quelle persone che si appoggia piano sotto pelle, e da lì non esce più.
È un po' come la Play Station. Per carità, fighissime la Wii e l'Xbox, gran baccano per il Gameboy ai tempi che furono, e super comodo il Nintendo portatile. Ma la Play ragazzi, non la batte nessuno.
Ecco perché Isa non l'ha mai sopportata. Certo, il fatto che io l'avessi messa al corrente della situazione non ha aiutato, ma conoscerla di persona deve averla fatta rendere conto che non sarebbe mai riuscita a vincere contro di lei.
Nessuno potrebbe.
Riporta gli occhi nei miei, finalmente, e mi manca il respiro quando inizia a parlare.
«Ha detto una cosa strana, sai?»
Merda.
Sento le mani che iniziano a sudare e il respiro farsi un po' più corto. Cerco di mantenere la calma.
Non è questo il momento.
«Ah sì? E cosa ti avrebbe detto?»
Corruga appena le sopracciglia mettendo su un'espressione confusa.
«Ha detto una cosa riferita al fatto che sarà lei a curare le tue ferite. E ha anche accennato al fatto che quando non ci sarò io, voi tornerete insieme... o una cosa del genere, insomma. È stato... strano.»
Sorrido, cercando di rimanere tranquillo.
«Lasciala perdere, Becky. Probabilmente voleva solo farti arrabbiare.»
«Sì, ma perché dire che sarebbe stata lei a curare le tue ferite? Perché dare per scontato che, ad un certo punto, non ci sarei più stata io?»
«Beh, mi sembra ovvio: perché non ci ha mai visto insieme.» le sorrido col cuore in mano, perché questo è fottutamente vero. Nessuno di quelli che ci ha visto mentre ci guardiamo potrebbe mai affermare una cosa del genere.
Vedo il suo volto rilassarsi, mi regala un sorriso che mi riempie gli occhi e mi stampa un altro dei suoi baci magici. Di quelli che riescono a lenire un po' i miei sensi di colpa.
«Sapeva che eri in vacanza qui. Come faceva a saperlo?»
Sorrido e le lascio un bacio sulla punta del naso, ora arricciato in una smorfia di disappunto.
«Capita che ci sentiamo, ogni tanto. Ci scambiamo pareri sugli ospedali nei quali abbiamo lavorato, o su qualche studio recente, le ultime ricerche e cose così... non devi preoccupartene, davvero.»
Fa un sorriso e la vedo rilassare le spalle.
«Vado dai ragazzi, vieni anche tu?» chiede con l'espressione finalmente serena.
«Certo... vai avanti intanto, non sia mai che ci vedano insieme!»
«E dai! Giuro che quando saremo a casa ne parlerò a Lorenzo e poi lo saprà tutto il paese in nemmeno ventiquattr'ore. Appendo gli striscioni, se vuoi!»
Scoppio a ridere mentre la guardo alzare e abbassare le sopracciglia ripetutamente con un sorriso a quarantacinque denti. La bacio in fretta e sciolgo le braccia che la tenevano ancora legata a me. La vedo avviarsi verso le brandine mentre cerco di elaborare dentro di me un discorso che possa essere abbastanza convincente.
«Tu e Becky, Giò? Sul serio?»
Mi volto di scatto e vedo Gianluca alle mie spalle.
«Ti attacco un campanellino al collo, cazzo. Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Giò.»
«Gianlu.»
«Lei lo sa?» Mi chiede, con l'espressione di uno che non ha affatto voglia di scherzare.
Abbasso la testa e la scuoto, in segno di diniego.
«Cazzo. Così la spezzi, Giò. Lo sai questo?»
«Era l'unico modo! Questo era l'unico modo e tu lo sai!»
«Lorenzo ne è a conoscenza?»
«Certo che no. Non mi avrebbe mai lasciato venire, altrimenti.»
Passa le mani sul volto più volte, come se volesse svegliarsi da un incubo. Ironico, vorrei farlo anch'io, e non può sapere quanto.
«Giò... io non voglio giudicarti, davvero! Siamo amici da anni, sei un fratello per me. Ma allo stesso tempo, Becky è come una sorellina. Quando sei tornato a casa dopo le vacanze, anni fa, avresti dovuto vederla. Le si erano spenti gli occhi. Era sempre con noi, parlava, rideva, giocava... ma era come se non ci fosse davvero. L'ho vista rimettersi un po' in sesto quando si è messa con Edo; ho pensato che magari stare con una persona nuova poteva farle bene, poteva riuscire a dimenticarti. Poi sei riapparso, e lei è crollata poco per volta, di nuovo. Quando si sono lasciati, lei non ha detto niente per più di un mese, ma io l'avevo già capito. Avevo visto come era tornata a guardarti, era viva, ancora! Poi ti sei messo con Isabella, ed hai fatto benissimo, non fraintendermi, ma io l'ho vista sgretolarsi ancora una volta. E ancora, l'ho vista rimettersi in piedi rassegnandosi a vedervi insieme. C'è stato il periodo di Valerio, e lì ha toccato davvero il fondo. Ad un suo compleanno di qualche anno fa, da ubriaca persa, mi aveva detto che si era resa conto che se non poteva stare con te, tanto valeva accontentarsi di qualcuno che sembrava amarla. Quando l'ha lasciato è rinata. L'ho vista riprendere in mano la sua vita poco alla volta. Era finalmente riuscita a capire che se non potevi essere tu, allora sarebbe rimasta da sola. Ha deciso di non accontentarsi più. Ha scelto sé stessa. Capisci quello che intendo?»
Mi fa male il cuore, cazzo. Non avrei mai immaginato tutto questo su e giù nella sua vita. Non avrei mai pensato che lei ha sofferto per me, tanto quanto io ho sofferto per lei. Cammino avanti e indietro nervosamente, poi lo guardo. È mio amico, lo so che sta dicendo tutto questo perché è preoccupato per noi ma, nonostante questo, mi dico che è facile giudicare quando non si vivono le situazioni.
«Tu cos'avresti fatto al mio posto, Gianlu? Sii sincero.»
«Non lo so. Quello che c'è tra voi è sempre stato qualcosa di grosso, è chiaro come il sole. Non sto dicendo che non dobbiate prendervi la vostra fetta di felicità. La meritate, cazzo! La meritate più di chiunque altro perché si vede lontano un miglio che siete perfetti insieme. Ma devi parlarle. Deve essere libera di scegliere.»
Abbasso di nuovo gli occhi, colpevole. Ha ragione. Se le farò male di nuovo, non riuscirò a perdonarmelo.
Annuisco piano.
«Giuro che glielo dirò. Ma non adesso. Ho bisogno di un po' di tempo con lei. Solo un altro po'.»
«D'accordo.» Abbozza un sorriso e mi dà una pacca sulla spalla.
«Dai, andiamo adesso. La tua bella ti aspetta.»
Non sai quanto lo spero, Gianlu. Non sai quanto lo spero!
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