28 -Giò-
Sono un coglione.
È ufficiale.
Ci sono stati momenti nella mia vita in cui ne ho dubitato, ma ora è chiaro e limpido: sono sicuramente un coglione.
Uno stronzo.
Se ci fossero le olimpiadi degli stronzi arriverei sicuramente primo.
Probabilmente mi farebbero vincere a tavolino. Mi guarderebbero in faccia e direbbero: 'gli altri non abbiamo neanche bisogno di vederli, vince questo, sicuro!'.
Cammino avanti e indietro davanti alla sua porta da almeno mezz'ora senza trovare il coraggio di bussare, di prenderla tra le braccia e chiederle scusa; di dirle che mi dispiace se si è scelta un imbecille come uomo.
L'ho vista andare via dalla discoteca con gli occhi gonfi e l'ho seguita fino agli alloggi stando lontano abbastanza da non essere visto, ma sicuro di essere pronto nel caso in cui avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa.
Conoscendola sarà stesa sul letto a piangere; e se mi va bene, avrà pianto per le parole che le ho detto. Nella peggiore delle ipotesi, si sarà data della stupida per essersi lasciata andare con me e avrà fatto un'analisi dei fatti convincendosi che non siamo fatti per stare insieme.
E lo sappiamo tutti che quando Becky si mette in testa una cosa non la smuove più nessuno.
La mia unica speranza è che dia più retta al cuore che al cervello.
Che si faccia guidare dai brividi che ci scuotono quando siamo vicini.
Dai sorrisi che compaiono spontanei, senza che ce ne rendiamo nemmeno conto.
Dal bisogno di morderci e graffiarci e fare l'amore.
Le ho detto che abbiamo scopato, cazzo!
Ma cosa mi è saltato in testa?
Non la merito.
Sono sempre più convinto del fatto che non riuscirà a perdonarmi quando saprà tutta la verità.
Non mi perdonerei nemmeno io se fossi in lei probabilmente.
Ma noi siamo Giò e Becky!
Non esiste nessuno di più giusto di noi in questo mondo.
Non c'è qualcosa che sia bello come noi due mentre ci baciamo.
Non c'è qualcosa che sia meglio di noi due mentre ci guardiamo.
O di lei e basta.
Basta anche solo lei.
Forse è questo il problema.
Lei è perfetta già da sola, non ha bisogno di nessuno che la completi, o che le stia accanto per renderla ancora più... qualsiasi cosa.
Lei è già 'più' da sola.
Ma io dovrei aiutarla. Dovrei essere un valore aggiunto per lei.
Quello che la fa ridere un po' di più.
Quello che le infonde sicurezza un po' di più.
Quello che la ama un po' di più.
Tanto.
Decisamente tanto di più.
Di questo sono sinceramente convinto: come l'ho amata io, non c'è riuscito mai nessuno.
Tanto quanto l'ho amata io, nessun'altro.
Ecco perché sono ancora più certo di essere un coglione.
Smetto di autocommiserarmi e prendo coraggio. Tiro un respiro profondo e busso alla sua porta.
Non si sente niente da qui porca puttana.
Busso di nuovo, con un po' più di forza. Magari si è appisolata.
«Becky, apri per favore.»
Mi sembra di sentir muovere dei passi, ma non ne sono certo finché non vedo la porta aprirsi, mostrandomi un'immagine che mi spacca il cuore.
Rebecca ha gli occhi rossi di pianto, le labbra gonfie e i capelli stravolti. Il trucco le è colato sul viso e tiene le spalle leggermente ricurve in avanti, come a volersi proteggere.
Mi sembra talmente fragile adesso, che ho paura di poterla spezzare solo guardandola.
«Che cosa vuoi, Giordano? Sei venuto per farti una scopata?»
Così mi ammazza. Me lo merito, ma fa comunque un male cane.
«No. Per fare l'amore.»
Non le do il tempo di rispondere o ragionare o fare qualsiasi cosa possa allontanarmi. Entro dentro e chiudo la porta alle mie spalle con un calcio, prendendole il viso tra le mani e baciandola con tutto l'amore che riesco a trasmetterle.
Un bacio sulle labbra per chiederle perdono.
Uno sugli occhi per averla fatta piangere.
Uno sull'orecchio per averla costretta ad ascoltare la merda che le ho sputato addosso.
Uno sul collo perché la amo da impazzire, e ho bisogno che sia mia.
Adesso.
E domani.
E dopo domani.
E tutti i giorni che mi vorrà con sé.
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