23

Il rumore di una suoneria che non riconosco cerca di portarmi via dal sonno. Mi sento riposata come non succedeva da tempo. Rimango ad occhi chiusi mentre provo a fare mente locale. Sento una voce che tra il sonno e la veglia non riesco a distinguere bene. 

Apro appena un occhio e lo richiudo immediatamente quando metto a fuoco Giò. Provo a muovermi piano per girarmi dall'altra parte ma sono completamente bloccata. Cerco di focalizzarmi sul mio corpo per capire cosa stia succedendo. Mi capita spesso la mattina: inizio a percepire il mio fisico solo qualche minuto dopo essermi svegliata; a volte vado addirittura nel panico perché mi sembra di non sentire braccia e gambe e devo sforzarmi di muoverle per accertarmi che siano ancora attaccate a me.
Sento Giò continuare a parlare a bassa voce, probabilmente per non svegliarmi.
Provo a muovere appena un braccio, sentendo la sua pelle calda sotto di me.
Ci siamo cercati nel sonno.

Lì siamo riusciti anche a trovarci, a dire il vero.

Siamo su un fianco, ancorati l'uno all'altra, le sue gambe intrecciate alle mie, la mia testa sul suo petto, e il suo braccio che mi tiene stretta come se non volesse farmi andare via. Posso sentire chiaramente il suono del suo cuore da qui. 

Apro gli occhi pigramente, sicura che non riuscirei di certo a riprendere sonno abbracciata a lui in questa maniera; alzo appena la testa per guardarlo un po'. Solo un attimo, giusto il tempo di dare a me stessa un buongiorno coi fiocchi. 

Lo sguardo di Giò si incatena al mio facendomi mancare l'aria. Ha i capelli scombinati dal sonno e i riccioli che ricadono leggeri sulla fronte; gli occhi assonnati e la bocca leggermente gonfia. È legale essere così belli di prima mattina? 

Sento una voce dall'altra parte del telefono che continua a parlare, ma lui sembra non prestare più attenzione. Gli occhi ancora inchiodati ai miei, mettendomi in un imbarazzo difficile da descrivere.
Faccio per alzarmi ma la sua mano è pronta a riportarmi al mio posto.

È questo il mio posto allora?

«Scusami, ti richiamo dopo, devo fare una cosa importante adesso.»
Lancia distrattamente il cellulare come se non ci fosse niente di più importante al mondo che guardare me, in questo momento. Appoggia una mano sul mio viso e sento i nostri respiri farsi più corti. Fatico a prendere fiato e sento l'atmosfera cambiare nella stanza. Posso quasi toccare l'elettricità che ci circonda. La stiamo creando noi. C'è un desiderio tangibile che aleggia sui nostri corpi legati.

Avvicina il viso facendo sfiorare i nostri nasi. Un tocco così leggero da essere quasi inesistente, capace comunque di creare una scossa potente che si dirama in ogni muscolo.
Alzo appena la testa.
Un movimento impercettibile per fargli capire che sono qui.
Non vado via stavolta.
Resto.

So restare anch'io.

In un attimo le sue labbra sono sulle mie. I denti che si scontrano e le lingue che si cercano, si desiderano, si trovano.
Ed è uno di quei baci che non sanno bastare.
È uno di quelli che chiede di più.
Vuole di più.
Cerca di più. 

Lo sento dalle sue mani sotto la mia maglia ad accarezzare la pelle nuda.
Lo percepisco dalle mie unghie che affondano nelle sue spalle mentre mi stendo sotto di lui e intreccio le gambe sopra la sua schiena.
Lo avverto nei respiri e nei sospiri.
Lo vedo nei suoi occhi che riflettono la mia immagine, persa e confusa e felice. Felice da fare quasi male.
Blocca ogni contatto alzandosi sui gomiti e sento la pelle bruciare per il vuoto che lascia.

Non smettere. Non andare. Stavolta mi uccidi se te ne vai.

«Becky» è quasi una supplica nascosta dentro un sospiro «Ho bisogno di sentire che ci sei. Devo sapere che sei qui, che ci vuoi essere e vuoi restare. Ti prego...»

Ed io, che con le parole faccio schifo, glielo bacio sul collo che sono qui.
Glielo mordo sul labbro che non vorrei essere da nessun'altra parte al mondo.

Glielo graffio sulla schiena che non me ne vado.
Glielo grido negli occhi e con gli occhi che resto, che ho capito, che è adesso e sarà domani e dopo domani e per tutto il tempo in cui mi vorrà con lui.

E lui lo capisce. Lui mi capisce.
Mi bacia di nuovo, ride sulle mie labbra e sulla mia pelle.
Affonda le mani nella carne quasi a volersi accertare di essere sotto la mia pelle, nell'anima, nel sangue.

Ci sei. Ci sei sempre stato.

Lasciamo andare tutto quello che è stato e quello che non è riuscito ad essere. Prendiamo quello che abbiamo e ci regaliamo carezze e baci e sospiri e desiderio.
Ce lo diciamo con gli occhi che è tutto bellissimo, ma non riesce a bastare.
Se lo dicono i nostri corpi che vogliono di più.

E in un attimo, siamo persi l'uno dentro l'altra.

****

Siamo distesi su questo letto da un tempo che non saprei definire. La mia schiena contro il suo petto, le sue braccia attorno a me, le gambe e le mani intrecciate. Siamo così vicini che fatico a capire dove finisce il mio corpo e inizia il suo.

Esiste un confine netto tra due persone che hanno appena fatto l'amore?

Ho l'impressione di avergli regalato un po' della mia pelle in cambio della sua. Sono certa che siamo riusciti a mischiarne almeno un paio di centimetri.
Lo sento strofinare il naso nei miei capelli e sorriderci in mezzo. Mi volto piano e mi trovo faccia a faccia con lui. Gli occhi verdi si sono fatti un po' più chiari, ha le labbra gonfie dai miei morsi e i capelli spettinati dalle mie mani. È bellissimo.

Fa un sorrisetto stronzo, e spezza il silenzio che si era creato: «Finalmente ho ottenuto ciò che volevo. Puoi anche rivestirti ed uscire adesso.»

«Era ora! Sono dovuta scendere a compromessi fisici per potermi liberare di te. Adesso posso andare da Stefano, allora, il ballo di ieri sera mi ha fatto sentire particolari interessanti.»

«Immaginavo. Ti accompagno, così mi fermo a fare un saluto a Bea, magari la trovo in camera.»
Gli sferro un pungo in mezzo alle costole facendolo scoppiare in una risata.

La fossetta sulla sua guancia fa capolino mandandomi in tilt.
«Sappi, caro mio, che non avresti nessuna chance con quella specie di modella!»

«Dici? Eppure mi sembrava abbastanza interessata!» Fa un sorrisetto malizioso facendo vagare lo sguardo per la stanza.

«Oh certo, lo era sicuramente...» Ricambio il sorriso con l'espressione più dolce che posso
«...prima di sapere che hai le palle ridotte come due pomodorini secchi sott'olio.»

La sua espressione cambia passando dal divertimento allo shock nel giro di due secondi.
«Cosa?!»
Faccio spallucce e mi guardo in giro come se niente fosse, come se avessi detto che ho voglia di gelato al pistacchio.
Toglie il braccio da sotto la mia testa e si mette a cavalcioni su di me, prendendo i miei polsi e bloccandoli all'altezza del mio viso.

«Dimmi un po', signorina Rebecca, perché mai Beatrice dovrebbe essere a conoscenza di un particolare così intimo e assolutamente non vero riguardante le mie parti basse?» Cerca di mantenere un tono serio, ma il sorriso sul suo volto lo tradisce.

«Non saprei, forse mi sono lasciata sfuggire qualcosa...» La nonchalance con cui lo dico sorprende anche me.

«E come mai, sentiamo?!»

«E tu come mai volevi portarla al tuo concertino privato di pianoforte in riva al mare?»

Sorride trionfante. Posso vedere la soddisfazione mista alla felicità materializzarsi nei suoi occhi.
«Allora ce l'ho fatta!»

«A fare cosa?»

Lascia la presa sui miei polsi e si tira su in ginocchio, poi si lascia cadere di schiena sul materasso.
«Oh, niente! Ero solo curioso di sapere come avresti reagito se avessi proposto a lei la stessa cosa che avevo proposto a te qualche anno fa.» E continua a mantenere sul viso quell'espressione compiaciuta.

Adesso gli faccio male.

Ripeto i suoi movimenti di prima, piantando le ginocchia a cavallo dei suoi fianchi. Non ho certo la forza per bloccargli le mani, quindi mi limito ad afferrare il ciuffo di riccioli che scende sexy sulla sua fronte e a piantargli la mano libera al collo.

«Come hai detto, scusa?»
Strozza una risata fingendo di soffocare, porta una mano dietro la mia nuca e mi attira vicino alle sue labbra. Gli occhi puntati nei miei con un'espressione che si è fatta tremendamente seria.

«Ti amo Becky.» Sgancia la bomba così, come se fosse la cosa più facile al mondo da dire. Spalanco gli occhi sbattendo ripetutamente le palpebre per accertarmi che sia tutto vero, che non sia solo frutto della mia immaginazione, e lui continua il suo discorso: «Ti amo da qualcosa tipo sette anni. E non me ne frega un cazzo se sei una frana con le parole. Non ho bisogno di sentirmi dire niente. Tu, però, resta qui. Non te andare. D'accordo?»
Uno sguardo in cui leggo speranza ma anche supplica.

Ma dove diavolo potrei mai andare, ormai?

«D'accordo.» Un sorriso timido si fa spazio sul mio viso e lascio che le sue mani mi portino ancora più vicino a lui. Ricambio il bacio con tutta la passione di cui sono capace. Lascio dire alle mie labbra quello che la mia voce non è in grado di esprimere. 

Lascio che lo ringrazino per avermi aspettata.
Lascio che gli dicano che l'ho amato anch'io per tutto questo tempo.
Lascio che gli chiedano perdono per non essermene accorta prima, per essermi coperta di scuse e giustificazioni pur di non correre tra le sue braccia.

«Dio, quanto sei bella» e torna sopra di me con un movimento dolce ma deciso.
Mi lascio guidare da lui, lascio che prenda il comando. Gli permetto di prendere le redini del mio corpo, insieme a quelle del mio cuore e della mia anima.

Mi fido Giò. Non farmi male.



Spazio S.

E finalmente, dopo soli ventitré capitoli, ce l'abbiamo fatta signori e signore!!!
Vorrei mettere un'infinità di cuoricini e altri oggetti che simulino una sorta di festeggiamento, ma sto scrivendo dal pc e non riesco a fare nulla... voi comunque immaginate che siano qua :D
Mi ritiro nelle mie stanze e vi do appuntamento a domani, fanciulli e fanciulle, ricordandovi di commentare dove e quando vi va, che leggervi sarebbe un super onore!
Buona domenica, un abbraccio
S.

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