22 -Giò-
Drizza le spalle ed entra col naso all'insù come se avesse appena vinto la battaglia del secolo.
Ha i vestiti appiccicati addosso, i capelli gocciolanti e il trucco colato sul viso. Come fa ad essere così bella anche in queste condizioni? Come faccio a pensare che sia perfetta per me, anche quando sembra un mocio appena strizzato?
Vado in bagno e le preparo degli asciugamani puliti, si prenderà un malanno se non fa una doccia calda subito. Apro il getto dell'acqua ed esco.
«La doccia è pronta, ti preparo un cambio.» Non la guardo negli occhi, continuo a muovermi avanti e indietro per la stanza facendo vagare lo sguardo ovunque, tranne che su di lei.
«Grazie.» È quasi un sussurro. La vedo entrare in bagno e chiudersi la porta alle spalle. Tiro fuori dall'armadio la maglietta più piccola che trovo e un paio di pantaloni da tuta. Prendo anche un paio di boxer e uno di calzini. Li appoggio sopra il lavandino che c'è nell'anti bagno ed esco, cercando di scacciare dalla mente l'immagine di lei nuda nella mia doccia.
Non ha fatto un solo passo avanti in questi giorni. Non un solo gesto che mi facesse capire che vuole stare con me. C'è stata qualche avvisaglia di gelosia, quello sì, ma niente di più. Niente di serio. Non posso credere che abbia deciso di arrendersi così. Non riesco a capacitarmi di come si stia lasciando sfuggire questa occasione. Forse ha ragione lei. Forse mi sono davvero aggrappato a qualcosa che c'era e che non c'è più.
Eppure...
L'immagine degli occhi che aveva stasera continua a tormentarmi. I suoi non erano occhi che chiedevano di lasciar perdere. Il suo sguardo tradiva la sua bocca bugiarda e mi pregava di rimanere, di tenerla con me. Perché non li ho ascoltati? Perché ho preferito credere alle parole che ha detto piuttosto che a quelle che non ha pronunciato?
Per orgoglio, ecco perché.
Ho sperato fino all'ultimo che mettendola all'angolo e facendola ingelosire, qualcosa scattasse nella sua mente e mi dicesse chiaro e tondo quello che vuole; quello che prova.
Ma non sono stato forse io, anni fa, a dirle che avrei aspettato che fosse pronta, per poter ascoltare quello che sente?
E allora cosa speravo di ottenere stasera? Lo so com'è fatta, e se non riesce a dire quello che prova, mi farò bastare i gesti. L'ho sempre fatto, d'altronde. Il problema più grosso, è che mi sembra che non ci siano stati nemmeno quelli. Ci sono solo i suoi occhi a parlare per lei, quelli non riesce a farli mentire.
Ma io voglio di più.
Cammino il più silenziosamente possibile e vado di nuovo nell'anti bagno. Prendo i pantaloni che avevo preparato e li rimetto nell'armadio. Stasera non voglio barriere, né corazze o scudi. Stasera deve essere il più libera possibile con me. Voglio che provi vergogna, mi sta bene, ma la voglio nuda.
E non parlo certo di una nudità fisica; però sono convinto che farla stare con me in una situazione imbarazzante possa aiutarla a sciogliersi un po'. Ad un'altra verrebbe un colpo e si chiuderebbe ancora di più in sé stessa, ma Becky non ha niente a che fare con tutte le altre, questo ormai si è capito.
Sento accendersi il phon e mi stendo sul letto, senza preoccuparmi si spostare le coperte.
Esce dalla porta con i capelli appena arruffati che ricadono morbidi sulle spalle, il viso arrossato dalla doccia calda appena fatta, e la mia maglietta addosso che lascia le gambe scoperte da metà della coscia. È perfetta.
«Non hai un paio di pantaloni?»
«No, ho solo questi e ho freddo. Ti presto un paio di jeans se vuoi.»
«No, non fa niente. Anzi grazie per i vestiti... posso dormire sul divanetto comunque, non è un problema. Ci devono essere altre coperte nell'armadio.» Si guarda attorno con fare imbarazzato.
«Becky, vieni a dormire qui. Non ti tocco, tranquilla!» Ma cosa pensa? Che le voglia saltare addosso? Non sono un animale, Cristo.
«Oh, no! No, intendevo che magari sei abituato a dormire comodo col letto tutto per te.» abbassa lo sguardo arrossendo un po'.
Cos'era quella cosa che ho appena visto nei suoi occhi? Sembrava quasi... delusione?
Possibile che ci sia rimasta male perché ho detto che non l'avrei sfiorata? Riusciremo mai ad azzeccarne una, noi due?
«Sono abituato a dormire da questa parte del letto, tu non ne occuperai nemmeno un quarto. Vieni a dormire e smettila di preoccuparti.»
Accenna sorriso timido e viene verso di me.
Non sembra neanche lei con questo modo di fare così insicuro. Probabilmente l'averla lasciata senza i pantaloni deve aver sortito l'effetto che desideravo. Mi alzo per mettermi sotto le lenzuola e la guardo sdraiarsi con movimenti che fanno da spia alla sua agitazione. Si stende a pancia in su ed io la imito, tirando la coperta appena sopra la vita. Lei invece ci si rannicchia tutta e si mette su un fianco, rivolta verso me.
«Sono abituata a dormire su questo fianco.» e mi rivolge un sorriso come se volesse scusarsi.
Cambio posizione anch'io e ci ritroviamo faccia a faccia.
«Vuoi smetterla di giustificarti?»
«Non mi stavo giustificando. Stavo spiegando. Magari pensavi che fossi una di quelle strane che ti fissa mentre dormi.»
«Quindi sono strane le persone che guardano qualcuno dormire?»
«Beh no, se danno una sbirciatina va bene, ma fissare le rende inquietanti.»
La guardo sommersa dalle coperte, il viso che esce appena dal bianco del lenzuolo, gli occhioni castani puntati nei miei mentre sorride divertita, contenta di essere riuscita ad alleggerire un po' la tensione. Rilassa le spalle e scopre un po' il volto regalandosi un po' d'aria.
Non posso farle abbassare la guardia.
Non voglio che pensi che va tutto bene e che possiamo chiacchierare tranquillamente come due amici.
Noi non siamo amici.
Non lo siamo mai stati.
Sposto una ciocca di capelli che le è finita sulla guancia e lascio una carezza leggera col pollice.
«Sei bellissima, Rebecca. Io potrei passarci le ore a guardarti dormire.»
Arrossisce violentemente, sgrana gli occhi e socchiude le labbra. Il mio sguardo passa dai suoi occhi alla sua bocca più e più volte. L'aria intorno a noi si carica di un'elettricità quasi palpabile. Mi sembra di sentirla pesare su tutto il mio corpo questa forza che mi spinge verso di lei. Oppongo resistenza con tutta la forza che ho.
Ha l'aria stravolta, gli occhi arrossati dalla stanchezza -o dal pianto. Per stasera mi basta questo. Mi accontento di vedere che c'è, che non sta scappando, non si sta nascondendo. Ho aspettato sette anni, posso aspettare un'altra notte.
Voglio che sia lucida al cento per cento. Devo essere sicuro che non possa dare la colpa di nessun gesto alla stanchezza o all'alcol o alla febbre. Deve essere mia quando sarà completamente cosciente della sua decisione.
Sì, posso aspettare ancora una notte.
Stacco a fatica gli occhi dai suoi e mi volto per spegnere la luce.
«Buonanotte Becky.»
«Notte.»
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