04


«Dovete continuare a ridere per molto o mi date una mano?»

Guardo i tre gentiluomini davanti a me, letteralmente piegati in due con tanto di mano sulla pancia ad alleviare i probabili crampi, mentre cerco di raccogliere più roba che posso nel minor tempo possibile.

«Oddio scusa, scusami Becca, davvero.» E scoppia di nuovo a ridere.
Stupido Lorenzo!
Finisco di mettere gli ultimi indumenti in quella che era la mia valigia, metto una mano sul fianco e inizio a battere un piede leggermente nervosa.

Leggermente.

«Beh? Che ci fate in aeroporto Qui Quo e Qua?»

Fingono di darsi un tono schiarendosi la voce e lisciando pieghe immaginarie su maglie e camicie.

Prende parola Gianluca: «Siamo venuti per te, nostra bellissima signorina.» E fa la faccia più ruffiana che gli riesce.
Trattengo a stento una risata e scuoto il capo guardando in alto.

Ma perché a me?

«Quindi fatemi capire: siete venuti solo perché avevate la certezza che avrei fatto una figuraccia già prima di partire, o volevate solo augurarmi buon viaggio?»
Si guardano con aria leggermente confusa. Vedo Lorenzo muovere l'indice a destra e sinistra.

«No no no, cuginetta.» Si gira e guarda qualcosa dietro di sé. Mi sposto un po' per capire cosa ci sia di così interessante da vedere, quando i miei occhi le focalizzano.

Verde, bianca e rossa.
Ma che si sono messi d'accordo?
Volevano fare la bandiera italiana? Poi dicono che ci dobbiamo sempre far riconoscere.

Tre valige poggiate a terra, chiuse perfettamente, che non stanno minacciando un'esplosione.
No.
No no no.
Nooo no no no!

«NO!»

«Becky, veramente pensavi che tuo cugino ti avrebbe lasciata partire da sola? L'ultima volta ti è dovuto venire a riprendere al supermercato.» La voce di Giò è rimasta calda e leggermente graffiata, proprio come la ricordavo.

«Ehi! Non era un supermercato, era un centro commerciale immenso, senza segnaletica per l'uscita e con tutte le corsie del parcheggio uguali! E poi che ci fai tu qui? Non dovresti essere a salvare qualche vita con Meredith Grey?»
Scoppia a ridere e porta una mano alla fronte. È ancora bellissimo quando ride così.

Ora, giustamente ci sarebbe da aprire una piccolissima parentesi su chi sia Giordano -detto anche Giòamicoscemodimiocugino -senza spazi perché va detto tutto d'un fiato- ma la cosa porterebbe via davvero troppo tempo. 

Vi basti sapere che io e Giò ci siamo conosciuti circa sette anni fa. Lui era venuto in vacanza per l'estate dai suoi nonni, e aveva fatto subito amicizia con gli altri scemi del paese -perché si sa, tra scemi ci si riconosce subito- ovvero Lorenzo e Gianluca. Quando ero tornata dalla mia di vacanza, circa dieci giorni dopo il suo arrivo, li avevo ritrovati inseparabili, come se si conoscessero da una vita intera. Ricordo che addirittura mi ero sentita di troppo all'inizio.
Io!
Che ero con loro due da una vita ormai. 

Ovviamente ho fatto presto a recuperare il tempo perduto e siamo diventati i fantastici quattro di 'sta cippa. 

Tra me e Giò è nata subito una fortissima intesa, fatta di sguardi e scherzi vari, che non si è mai concretizzata perché io sognavo il grande amore, e lui sarebbe dovuto ripartire a fine estate.

Quando è tornato l'anno successivo dicendo che avrebbe concluso lì gli studi, io stavo con un certo Edoardo. 

E quando ci siamo lasciati, Giò stava con Isabella, una cavallona bionda a cui io arrivavo alle tette.
Rifatte tra l'altro. 

Quando si è lasciato con Isabella, io stavo col dentista-ginecologo, e poco dopo lui è andato in America per fare un master con specializzazione che sarebbe durato qualche anno. 

Persone forse giuste in momenti sicuramente sbagliati.
Che burlona la vita a volte. 

Ho saputo del suo ritorno circa un mese fa da Lorenzo ma, nonostante il paese non sia enorme, non ci siamo mai incrociati neanche per sbaglio, e non ci siamo mai organizzati per fare una rimpatriata degna di portare questo nome.
Gianluca si fa avanti e mi prende una mano, poggiando un ginocchio a terra come nelle migliore delle dichiarazioni e mi guarda fisso negli occhi 

«Nostra bellissima signorina, non saremmo degni di poterci chiamare uomini se la lasciassimo da sola a vagare tra le sconosciute strade di Tenerife, comprando droga da chissà chi. La preghiamo umilmente, col cuore in mano, di accettare la nostra modesta compagnia per questa settimana, rimembrandole laddove dovesse essere contraria che, sticazzi, abbiamo già i biglietti.»

Scoppio in una fragorosa risata che fa girare metà dei presenti.
«Va bene. Ma sono in minoranza, quindi avrò l'ultima parola su tutto.» stringo gli occhi per far capire la serietà della cosa.
«T.U.T.T.O.» Ribadisco.

Li vedo sgranare leggermente gli occhi. Staranno sicuramente pensando a quanto può essere pericoloso andare in giro con una donna che ha in mano il potere decisionale di scegliere tra andare a ballare nella discoteca più bella del posto, o andare in giro per le vie facendo shopping. Sfodero il mio sorriso migliore quando accennano un piccolo sì con la testa 

«Bene. Avete il permesso di accompagnarmi, allora.»

Mi avvio con lo sguardo fiero, deciso e soddisfatto afferrando la mia valigia per il manico, ma appena faccio due passi mi ricordo che è rimasta orfana della cerniera. Mi volto in tempo per vedere di nuovo tutta la mia roba per terra, e i tre dell'ave Maria coi pugni sulla bocca a trattenere una risata.

Molto bene.

Ricaccio tutto dentro e prendo in braccio questa cosa maledetta camminando come una papera e tenendo il petto in avanti e la schiena inarcata all'indietro per cercare di bilanciarmi un minimo.

«Dai, dammi qua.» Giò prende la valigia dalle mie braccia e inizia a camminare. «Pesa più di te, ti verrà un'ernia. Tu porta la mia.» 

E fa uno dei suoi sorrisi.
Gli sorrido anch'io e lo ringrazio, mentre mi avvio portando il suo bagaglio. Rallenta di poco il passo e si distanzia appena da Lore e Gianluca, poi si piega vicino al mio orecchio.

«Hai ancora la stessa bellissima risata.»
Sgancia un altro sorriso bomba e continua a camminare.

Molto male

****

Ho passato tutto il viaggio tra una signora che pregava santi che non ho mai sentito neanche nominare mentre teneva in mano un rosario di legno, e un bambino la cui attività preferita era trovare piccoli tesorini preziosi nelle narici. Sue e degli altri.

«Vuoi che guardo se hai una caccola?»

«Ehm, no grazie.»

«Perché?»

«Perché non credo di averne.»

«Se vuoi ci guardo, ho le dita piccole, mi infilo bene!»

«La mamma non ti ha insegnato che non si va in giro a infilare le dita nei nasi degli altri?»

«Infatti ho chiesto prima. Quindi posso?»

«NO!»

«Perché?»

«Per la ragione di cui sopra.»

Lo vedo alzare la testa e cercare qualcosa.
«Chi c'è sopra?»

Cristo santo.

Sono stata tentata per quasi cinque ore di rubare la coroncina alla signora per flagellare il nanerottolo.
Per una migliore riuscita della sorpresa, mio cugino ha ben pensato di prenotare i loro biglietti senza che la sottoscritta fosse presente, rendendo così impossibile assegnarmi un posto vicino ad almeno uno di loro tre. 

Mi ha lasciata in balia dei degni rappresentanti delle due categorie di persone che più minacciano il mio sistema nervoso: gli anziani e gli infanti.

Pagherai per questo. Anche nei negozietti "tutto a un Euro" ti trascino. Maledetto.

Finalmente scendiamo da questo piccolo girone dell'inferno dedicato a chi ha un cugino stronzo e andiamo a ritirare le nostre valige.
Arrivano le tricolori, ma della mia nessuna traccia. Mi innervosisco appena appena, e decido di chiedere informazioni a qualcuno che parli la mia lingua. 

Intercetto un ragazzo che sento parlare con una coppia italiana e mi avvicino. Non appena finisce con loro mi faccio avanti.

«Scusi, credo si sia smarrita la mia valigia.»
Si gira e punta i suoi occhi cioccolato nei miei.

Benvenuta a me.

«Come è fatta signorina?»

Beh sa, ha un tetto sporgente e un'elica sul davanti. Come sarà mai fatta una valigia?

«È quella che sembra un preservativo!» Dice sfoderando un sorriso lo scemo numero uno.

«Gianluca!» Mi copro il viso con la mano.

«Che c'è? L'hai impellicolata tutta per farla stare chiusa!» E alza le spalle come se non avesse detto niente di che.

Il bel moro davanti a noi con la divisa cucita apposta su misura per far vedere ogni singolo muscolo mi guarda inarcando un sopracciglio.
«Ah, quindi era una valigia quella?» Fa un sorriso imbarazzato mostrando i denti perfetti. 

«Scusate, credo che qualche mio collega l'abbia scambiata per un imballaggio da buttare, chiamo subito per avere notizie.»

Mi giro a guardare malissimo Lorenzo, ovvero la mente geniale che ha pensato di imballare quel che restava del mio bagaglio con la pellicola trasparente.

«Beh? In effetti i preservativi si buttano dopo aver finito.»

Scuoto il capo abbassandolo. Sento che questa settimana mi porterà via tanta, tanta energia. Butto l'occhio nella direzione della porta da cui è scomparso il baldo giovane a cui mi sono rivolta e lo vedo tornare trionfante col mio ammasso di vestiti e cellophane. Mi sorride avvicinandosi e mi porge quella cosa disastrosa che una volta era la mia valigia.

«Oh, grazie mille! Lei mi ha salvato la vacanza!» E gli faccio uno dei miei sorrisi migliori, con tanto di battito multiplo di ciglia.
«Si figuri, signorina.» Mi guarda un po' imbarazzato, poi dà un'occhiata ai ragazzi e torna con lo sguardo su di me.
«Alloggiate qui in zona? Vi fermate per molto?»

Non faccio in tempo a rispondere che sento un braccio trascinarmi via, poi la voce di Giò.

«Ci scusi, dobbiamo portarla alla casa di cura adesso, altrimenti chiude e siamo nei guai. Arrivederci e grazie ancora!» Lo saluta con la mano e poi fa roteare l'indice vicino alla tempia mimando "è matta" con le labbra.

«Dico ma sei scemo?»

«Becky, siamo venuti in vacanza per rilassarci dal lavoro, dallo stress e da tutte le energie negative che ci stanno attorno.» annuncia con fare accondiscendente, come quando si spiega ad una bambina piccola perché non si può mangiare il gelato al posto del pranzo.

«TU sei l'energia cattiva che mi sta intorno! Cretino!» Ritiro l'indice che gli ho puntato al petto, giro i tacchi e mi incammino verso l'uscita.

«L'uscita è di qua, Becca!» 

Mi blocco appena sento la voce di Lorenzo, giro su me stessa continuando a camminare tutta impettita come se niente fosse.
E li sento ridere come se non ci fosse un domani.

L'ho già detto che sono scemi?

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