02


«Umberto, ti prego!»
«No!»
«Umberto, ti scongiuro!»
«Ho detto di no!»
«UMBERTO!»

Alzo la voce forse più del dovuto, lo vedo fare un piccolo saltello e guadarmi con gli occhi leggermente sbarrati... spaventati oserei dire.
Umberto lo sa bene che non sono la pazienza fatta persona, e che quando mi agito tendo a diventare leggermente isterica.

«Ora tu vai di là, e dici a Lina che le crostate sono finite e deve farne altre.» Cerco di assumere un tono più dolce e convincente, come si fa coi bambini per intenderci.

«Vacci tu, tutte le volte che vado io a chiederle qualcosa mi sgrida e minaccia di licenziarmi! Io ho bisogno di questo lavoro!»

«Ma se sei il proprietario!»

«Oh io lo so bene questo, ma lei credo che ancora non l'abbia capito! Ogni volta che entro nel laboratorio sbuffa, borbotta e mi guarda male! Lo sai che l'altro ieri mi ha minacciato con una baguette? Solo perché sono entrato per ricordarle di ordinare la frutta secca al rappresentante! Ha iniziato a rincorrermi intorno al tavolo con la baguette in mano e cercando di colpirmi, dicendo che non vuole essere disturbata quando fa le sue cose. Onestamente mi fa un po' paura...» abbassa gli occhi dicendo l'ultima frase e io fatico a trattenere una risata.

«Umberto, Lina è tua moglie, non credo che davvero ti colpirà mai col pane, e non credo nemmeno che dovrebbe farti paura!»

«Dici bene tu, siete tutte brave prima del matrimonio, poi bastano due giorni e puff, le dolci micine che erano in voi si trasformano in tigri in grado di sbranarti in pochi minuti.»

Non ce la posso fare, è una battaglia persa.
Butto indietro la testa e mi incammino verso il laboratorio con fare scanzonato, entro e guardo Lina tutta indaffarata a stendere la pasta frolla nelle tortiere.

«Lina, stai facendo le crostate per caso?» Alza lo sguardo su di me un secondo, fa un sorriso e torna a modellare l'impasto.
«Sì zuccherino, perché?»
«Oh niente, in vetrina sono finite e volevo giusto dirti di prepararne qualcuna.»

Il suo sorriso si trasforma nel giro di neanche un secondo.
Da tenera nonnina delle fiabe a vecchietta mangia bambini stile Hansel e Gretel in zero virgola cinque secondi netti.

«Certo, e non poteva venire mio marito a riferirmelo, vero? Ha dovuto mandare te a fare il lavoro sporco! Se avessi un centesimo per ogni volta ch-"»

Scuoto la testa ed esco rassegnata perché ogni volta che inizia così, va a finire che fa andare me a riferirgli qualcosa, a cui Umberto risponde sempre tramite me che torno in laboratorio, con lei che sbraita e mi rimanda a rispondere nuovamente eccetera eccetera... mi sento una pallina da flipper che al mercato mio padre comprò.

Tra baguette che volano e litigi vari si sono fatte le sei, e finalmente esco dal panificio diretta a casa di Lorenzo per farmi aiutare a prenotare il volo e la struttura in cui soggiornerò durante la mia meravigliosa, esaltante, emozionante e strameritata vacanza.
Sono già su di giri e -cosa non da poco- ho controllato su internet le temperature EFFETTIVE del posto.

Passerò da maglioncini e giacchette a canotte e infradito nel giro di poche ore di volo. Questa cosa è veramente figa per me! Ho sempre trovato più divertente poter fare il bagno quando a casa tua è freddo.

Invio un messaggio a mio cugino per avvertirlo che tra poco sarò da lui e continuo a camminare godendomi l'aria fresca. Passo davanti ad una delle vetrine del centro e ne approfitto per darmi una controllata: ho i capelli arruffati per via della cuffia tenuta a lavoro, mezza faccia sporca di farina e la bocca colorata dalla marmellata alle more, spia della fetta di crostata appena mangiata.
Ottimo direi!

Passo le mani tra i capelli cercando di dargli una forma che non faccia venir voglia ai passerotti di creare un nido adatto all'inverno, tolgo la farina con la manica del giacchino, e passo la lingua sulle labbra perché la marmellata alle more non va mai, mai, MAI sprecata! 

Apro la bocca serrando i denti per vedere che non ci sia rimasto in mezzo qualche semino, quando vedo il mio riflesso scomparire. Alzo gli occhi ancora con la bocca aperta e i denti digrignati e mi trovo davanti un signore che mi guarda con aria stupita. Faccio un sorriso imbarazzato e una mezza risatina isterica, chiedendo scusa. Continua a guardarmi con un'espressione perplessa.

Ma che modi!

«Beh?! Mi stavo solo specchiando, mica volevo fare una rapina!»
«Ho capito signorina, ma se non si sposta dal mezzo della porta io continuo a non poter uscire.»

Ah.

Faccio un'altra risatina e chino il capo affrettandomi a spostarmi e lasciandolo passare.
«Scusi...» dico talmente piano che non credo nemmeno abbia potuto sentirmi.
Mi fa un mezzo sorrisetto e si incammina.
«E comunque ha qualcosa di blu tra gli incisivi!»

Cheffiguradimmerda.

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