8. La Festa di Primavera
Quello stesso sabato, Harry si recò nello spiazzo retrostante il ristorante di Sue, allestito ad anfiteatro con una cinquantina di panchine, prestate dal ristorante.
La cittadina era addobbata a festa: Colorado Springs non era una meta turistica particolamente rinomata, nonostante a pochi chilometri vi fossero le terme ed un lussuoso albergo. Occasioni come la sagra paesana erano foriere di novità e di scambi commerciali, per cui tutti i cittadini si impegnavano per sfruttare l'affluenza di visitatori. Nell'aria vi era odore di zucchero filato e di pop-corn, ed anche il panificio aveva partecipato attivamente alle bancarelle, preparando tutti i dolci, le focacce ed il pane che venivano venduti nel banco del ristorante.
Harry si recò nello spiazzo con gli zii, che si attardarono innumerevoli volte a salutare nel tragitto. Emily era comparsa di rado in paese negli ultimi mesi, e molti volevano porgerle i loro saluti e chiacchierare con lei.
Harry, intanto, si guardava intorno. In lontananza, l'imponente massiccio del Pikes Peak svettava maestoso, ed alcune nubi grigie ne nascondevano la cima, alta più di quattromila metri. Non era l'altitudine maggiore delle Montagne Rocciose, ma rientrava tra le prime tre. Harry aveva letto che il primo a raggiungere la vetta era stato un certo Ewin James, un botanico del Vermont che era vissuto nel secolo precedente.
Immerso nei suoi pensieri, fu colto di sorpresa dal gettarsi contro la sua pancia a braccia aperte di Grace, che lo fece indietreggiare di un passo.
-Ehi, calma- la blandì, ricambiando l'abbraccio.
-Sono emozionatissima, non sto nella pelle, mi tremano le mani- disse a raffica Grace, agitata per lo spettacolo.
-Non preoccuparti, andrà benissimo- la rassicurò il cugino.
-E se mi dimentico le battute?- Chiese in tono angosciato la bambina. Harry si abbassò al suo livello appoggiando un ginocchio a terra:
-Gracy, abbiamo ripassato la tua parte miliardi di volte. La sappiamo anche io e tua mamma. Se ti dimentichi qualche parola tu guarda verso di me, che te la suggerirò- le disse, serio. La bimba lo abbracciò di slancio:
-Grazie, Harry... sei il migliore!- E scappò via di nuovo, davanti alle quinte del piccolo palcoscenico che avevano allestito.
Harry rivolse la sua attenzione al gruppetto di bambini radunatosi sul palco, tra cui spiccava Louis. Sembrava giovanissimo a sua volta, ed elargiva sorrisi e carezze ai suoi piccoli attori, per rincuorarli. Grace gli si avvicinò e lui si abbassò per sentire cosa la bambina volesse dirgli all'orecchio; il giovane annuì e seguì la direzione indicata da lei. Sollevò lo sguardo su Harry, che sentì un vuoto allo stomaco, come una piacevolissima vertigine. Louis gli fece cenno di avvicinarsi, ed il ragazzo obbedì, con il cuore che batteva più velocemente. Appena fu loro vicino Louis si sporse dal palco:
-Ciao, Harry. Grace mi ha detto che sarai il nostro suggeritore ufficiale-
Harry sgranò gli occhi:
-Cosa?! Io?...-
Louis ridacchiò, ed Harry si beò di quella vista, da sotto in su.
-Non preoccuparti. Siediti qui davanti; questo è il copione. Se qualche bambino dimentica le parole, dagli l'imput. Io sarò occupato dietro alle quinte a coordinare le entrate in scena ed a suonare. Te la senti?- Gli disse Louis, chinandosi in avanti per porgergli un fascicolo.
-..Ah.. ok- acconsentì il ragazzo. Louis gli sorrise ringraziandolo, e tornò dai suoi bambini. Harry prese posto in prima fila, dove lo raggiunsero gli zii.
Nel giro di mezz'ora il piccolo anfiteatro era gremito; complice l'aria tiepida e frizzantina, la gente stava passando piacevolmente il proprio tempo all'aperto, perciò molti visitatori si erano aggiunti ai paesani dopo aver passeggiato tra le bancarelle, creando una vera e propria piccola platea. Harry percepiva l'eccitazione nell'aria, non stava nella pelle all'idea di veder concretizzarsi lo spettacolo che tante volte aveva letto ed aiutato ad imparare alla cuginetta, che aveva uno dei ruoli principali.
Poco dopo, proprio mentre tramontava il sole ed il palco veniva illuminato dalla luce dorata, Louis uscì, ed Harry deglutì. Era bellissimo. Indossava un abito elegante, scuro, ed era semplicemente fantastico. Un applauso spontaneo partì dal pubblico, che lui accettò con un inchino appena accennato. Harry si rese conto di stringere convulsamente tra le mani il copione, cincischiandone i fogli.
Louis prese la parola:
-Buonasera a tutti, e benvenuti. A nome mio e di tutti i miei alunni, vi ringrazio sentitamente di essere qui con noi, a godere insieme del frutto di molti mesi di lavoro dei piccoli cittadini di Colorado Springs-
Questa volta anche Harry battè le mani, sperticandosi, con gli occhi che gli brillavano.
-Signore e signori, ho il piacere di presentarvi la tragedia skakespeariana che i vostri figli interpreteranno stasera: Giulio Cesare-
Louis ringraziò di nuovo il pubblico, e tornò dietro alle quinte.
Furono bravissimi. Harry rimase incantato a sentir recitare i ragazzi, a vedere personaggi coordinati e realistici, e non dovette intervenire per dare suggerimenti in nemmeno uno dei lunghissimi discorsi che portarono in scena. Il suono del pianoforte di Louis aggiunse quel tocco di drammaticità che lo rese credibile. Fu un successo pieno ed entusiasmante, che procurò un applauso lunghissimo e meritato. Non era stata la solita recita scolastica: era stato uno spettacolo teatrale degno di nota, ed Harry non fu l'unico ad emozionarsi.
Quando finì era ormai l'imbrunire, e migliaia di lanterne iniziavano ad illuminare l'oscurità che avanzava. Harry aveva l'adrenalina a mille, proprio come se avesse recitato lui stesso su quel palco, e provava dispiacere per il fatto che la recita fosse finita. Ancora immerso nella tragedia, quasi non si accorse quando Grace li raggiunse, camminando ad un metro da terra dalla felicità, seguita da un sorridente Louis.
-Sei stata bravissima!- La elogiò la madre, ancora emozionata a sua volta.
-Grazie mamma! Hai visto? Non mi sono dimenticata niente!- Esultò la bambina saltellante.
-Signor Tomlinson, le faccio i miei più sinceri complimenti! E' stato qualcosa di incredibile!- Disse la zia, ed Harry si voltò, trovandosi a fianco Louis, in tutto il suo splendore.
-La ringrazio, signora Cox, ma è merito dei bambini- si schermì lui. Sentiva su di sé lo sguardo imbambolato di Harry, e non era certo di volersi girare. Facendo finta di niente, scambiò qualche parola gentile con Peter.
-Sul serio, Louis. Hai fatto un lavoro incredibile. Sono impressionato. Colorado Springs è fortunata ad averti-
-Sei gentile, Peter. Grazie. Mi sono fatto trascinare dall'entusiasmo dei bambini; è venuto da sé-
-Avremmo dovuto far pagare il biglietto; avremmo guadagnato di certo- constatò lo zio di Harry, guardando incredulo quanta gente li circondasse.
-Lo terremo a mente per il prossimo anno- convenne Louis, sentendosi obbligato a rivolgere la parola anche ad Harry, che ancora non aveva proferito verbo, limitandosi ad osservarlo. Deglutì, e poi si preparò a sostenere lo sguardo del ragazzo.
-Ed a te è piaciuto, Harry?- esordì, guardandolo finalmente. Era esattamente come lo aveva immaginato: l'espressione rapita, la bocca leggermente socchiusa, come se stesse guardando qualcosa di estremamente bello. Harry si riscosse e riuscì a rispondere:
-Oh, sì. E' stato meraviglioso. Sono ancora incantato-
Il breve elogio riempì di orgoglio il cuore di Louis più di tutti i complimenti che aveva ricevuto finora.
-Grazie. Ora scusatemi, il dovere mi chiama- sorrise Louis, congedandosi per raggiungere il sindaco, che gli stava facendo dei cenni.
-Harry, andiamo a cenare? Vieni?- Lo richiamò lo zio, distogliendolo dal fissare il giovane maestro in lontananza. Harry seguì gli zii e la cuginetta, senza accorgersi che ora erano due occhi cerulei a seguirlo da distante.
La serata proseguì allegramente, tra manicaretti deliziosi preparati da Sue e le chiacchiere infinite di Grace, ancora sottosopra per lo spettacolo. Harry rise un sacco nell'ascoltare alcuni aneddoti del dietro alle quinte, soprattutto quando Grace imitò il compagno che interpretava Bruto, che si era incastrato nella tunica subito prima di entrare in scena, rischiando di strappare il costume sventolando le braccia in aria e gettando nel caos tutto il gruppo, compreso Louis, che l'aveva liberato e letteralmente spinto sul palco.
Verso le dieci l'aria si era fatta fresca, e Peter decise di accompagnare a casa Emily e Grace, ora in preda alla stanchezza.
-Io rimango un po' ancora, se non ti dispiace, zio- Disse Harry. Capendo il bisogno di svagarsi del giovane, abituato ad andare a letto prestissimo a causa del loro lavoro, lo zio acconsentì:
-Certo, va bene. Fai attenzione tornando, e non tardare troppo, perchè l'aria promette pioggia-
Harry annuì e gli sorrise, salutandoli.
Girellò pigramente tra le bancarelle ancora in pieno fermento, rimase a guardare per qualche minuto dei saltimbanchi, e si concesse un bastoncino di zucchero candito. Lo stava appunto mangiando, quando una mano sulla spalla lo fece sobbalzare. Si girò, e con grande disappunto si trovò di fronte a Tom Blake, accompagnato nientedimeno che da una delle sue ragazze.
-Ehi, micino. Cosa fai qui tutto solo?-
-Perché non mi chiami Harry, una buona volta?- Si adombrò il ragazzo. Blake scoppiò a ridere, allungando una mano per accarezzargli una guancia. Harry si scostò. Era stanco di farsi prendere in giro da quell'insolente.
-So benissimo come ti chiami, ma mi ricordi un gattino. Un micetto che ancora non ha imparato a tirar fuori le unghie- rispose l'altro con un sorrisetto, portando la mano attorno alla vita della ragazza. Lei, appesa al suo braccio, ridacchiò.
-Preferirei che mi chiamassi col mio nome- replicò borbottando il ragazzo, le guance che si imporporavano, per la delizia di Blake.
-Chiedo perdono, giovane Harry. Non te la prendere. Ora scusami, ma sto lavorando. Vai a casa- lo liquidò l'altro, portandosi dietro la ragazza.
Indispettito, Harry proseguì il suo giretto, quasi propenso a dar retta a quel consiglio, quando casualmente diede un'occhiata alla sua destra, scorgendo Louis.
-Ehi- lo chiamò.
Louis si girò di scatto; stava trasportando un enorme fagotto di stoffe.
-Harry. Mi dai una mano?-
Il ragazzo, solerte, si fece rovesciare tra le braccia una parte degli indumenti, riconoscendoli come abiti di scena. Seguì poi il maestro verso la scuola, allontanandosi dal fulcro della festa.
Louis aprì il cancello, poi la porta, e lo precedette su per le scale, fino al suo appartamento, dove finalmente depositò la bracciata di abiti sulla poltrona.
-Grazie mille, Harry. Mettili pure qui. Pare che pioverà; le scenografie sono già state riposte al coperto, mi mancavano giusto gli abiti-
-Di nulla-
Louis annuì, dandogli le spalle per guardare fuori dalla finestra.
-Sta iniziando il vento. Ti conviene rientrare a casa, Harry-
-Va bene- rispose il ragazzo, senza però muoversi. Louis lo guardò; improvvisamente una folata sferzante spense il lume, lasciandoli al buio.
-Accidenti- imprecò Louis, cercando a tentoni i fiammiferi. Non avvertì lo spostamento, ma con la coda dell'occhio vide l'ombra di Harry avvicinarsi, trovandoselo tanto vicino da sentire in pieno l'inebriante aroma della sua pelle e di zucchero candito, ed il fiato sul suo viso.
-Harry...-
Il suo sussurro si perse nel vento, mentre le labbra esitanti del ragazzo sfioravano le sue. Ammutolito, Louis non riuscì a dire niente. Lo scostò leggermente, con meno convinzione di quella che avrebbe desiderato avere, ma subito dopo il corpo caldo del ragazzo gli fu contro il torace, tornando a cercare la sua bocca con baci soffici, tanto teneri che Louis si sentì struggere. Lo lasciò fare per qualche momento, senza reagire, beandosi di quel contatto, sentendosi sospeso nel tempo. Il primo lampo saettò nel cielo, seguito dal fragore del tuono, ed Harry sobbalzò, sorpreso. Louis allora gli circondò il corpo con le braccia, con un sospiro, maledicendosi mentre non resisteva più. Lo baciò con esasperata dolcezza, desiderando di poter lasciarsi andare, ma trattenendosi per non spaventarlo. Sentì il sapore dello zucchero quando Harry schiuse le labbra, offrendogli con innocenza la possibilità di assaggiare piano la sua bocca, accarezzargli la lingua, accompagnarne i movimenti con lento languore, sentendo girare tutta la stanza attorno, come se l'unico punto fermo fossero le braccia di Louis che lo circondavano.
Si staccarono, il fiato accelerato, con Harry che tremava.
-Vieni- gli sussurrò Louis, attirandolo verso la finestra e chiudendola. Grosse gocce di pioggia avevano iniziato a tempestare la strada ed il giardinetto, sferzando gli alberi.
Louis lo abbracciò da dietro, appoggiandogli il mento sulla sua spalla, facendo rabbrividire Harry col suo fiato sul collo, mentre lo cullava piano, per farlo calmare. Rimasero a guardare la pioggia, in silenzio, mentre il galoppo forsennato del cuore di Harry rallentava, sentendosi tutt'altro che sbagliato, tutt'altro che un errore. Stare tra le braccia di Louis lo faceva sentire giusto, lo faceva sentire potente, esaltato, completo.
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