7.
Era ormai primavera, ed Harry aveva da poco ripreso a panificare completamente da solo. Lo zio lo aveva affiancato fin dopo Natale, lasciandogli poi l'incarico di preparare gli impasti, stimolandolo così ad aver fiducia nelle proprie capacità, e nel contempo tenendolo occupato.
Le cose si erano calmate; la zia Emily aveva riacquisito forze, Grace continuava a frequentare la scuola con profitto, ed Harry non aveva più parlato con Louis.
Lo aveva visto in più di un'occasione, poiché la cittadina era davvero piccola; però si erano scambiati soltanto un cenno di circostanza.
Harry ne era ferito. Sapeva che Louis avesse parlato con lo zio, e capiva i motivi per cui il giovane maestro non gli rivolgesse la parola; ogni volta che l'aveva incrociato per sbaglio, però, la freddezza con cui l'altro lo ignorava lo colpiva come una freccia dritta al petto.
I suoi compaesani si erano resi conto del suo cambiamento, ma a nessuno parve strano, collegando la cosa al fatto che la zia era stata davvero male, e la vita andò avanti così fino alla Festa della Primavera.
La Festa della Primavera era un'usanza antica, che corrispondeva all'equinozio di primavera; il cambio della stagione era tradizionalmente salutato con una festa paesana, una sorta di sagra, con bancarelle e visitatori provenienti dalle città attigue. Il sabato era solitamente allietato da recite, canti e danze; quell'anno, la scuola di Colorado Springs avrebbe partecipato con un vero e proprio spettacolo teatrale.
Louis si era buttato anima e corpo sul lavoro. Aveva coinvolto tutti, dal medico al barbiere, per racimolare i fondi, e con l'aiuto delle mamme aveva preparato costumi e scenografie. I bambini non parlavano d'altro, le prove occupavano due pomeriggi a settimana, e vedere l'entusiasmo con cui tutti ne parlavano era motivo di soddisfazione per il giovane maestro, che reputava l'evento un po' come la prova del nove per essere definitivamente accettato dalla cittadinanza.
Quella era l'ultima settimana prima della festa, e Louis camminava distrattamente lungo il viale principale di Colorado Springs, con la mente occupata da alcuni problemi organizzativi che stava cercando di risolvere. I visitatori avevano già iniziato ad arrivare in paese, lo poteva notare dall'insolito via vai di persone attorno a lui. Il cielo era limpido e l'aria era definitivamente più tiepida, e stava appunto guardando per aria, assorto, quando venne investito in pieno da qualcuno che lo fece finire col sedere a terra.
-Ops...-
Louis afferrò la mano che gli veniva offerta per rialzarsi, accecato dal sole negli occhi, ma riconoscendo quella voce tra mille.
-Ciao, Harry-
-Scusami.. stavo portando il pane a Blake e proprio non ti ho visto..-
Louis, spolverandosi i pantaloni pieni di polvere, notò solo allora che erano effettivamente davanti al saloon.
-Non preoccuparti, Harry-
Il ragazzo, rosso in viso ed in preda all'imbarazzo, si torceva le mani tra di loro e continuava:
-Sono desolato.. non volevo..-
-Harry, non è successo niente, calmati-
-Ti sei sporcato tutto di polvere.. mi dispiace..-
-Non me ne frega niente, Harry- sbottò il giovane maestro, ottenendo finalmente l'interrompersi dello sproloquio di Harry, che incrociò lo sguardo con quello di Louis, sentendosi rimescolare lo stomaco. Gli occhi di Louis erano due zaffiri cerulei, incastonati in un viso tanto bello da star male. Come sempre si imbambolò a guardarlo. Louis lo scrollò lievemente per un braccio, con fare spazientito:
-Dai, entra. Beviamo qualcosa. Sembra che tu abbia visto un fantasma- brontolò, guidandolo di nuovo dentro al saloon, ancora chiuso.
Blake venne loro incontro, alzando un sopracciglio:
-Che succede, piccoletto? Stai male?-
-Gli porti qualcosa da bere, per favore- gli chiese Louis, facendo sedere Harry al bancone. Blake tornò poco dopo con due tazze di caffè:
-Se avete bisogno, sono nel retro- si congedò l'uomo, sparendo alla loro vista.
Harry strinse le mani, gelide e sudate nello stesso tempo, attorno alla tazza calda, traendo conforto dall'aroma che si sprigionava dalle volute di vapore. Louis lo osservò di sottecchi, inalando a sua volta l'odore del caffè per distogliere il proprio naso dal profumo di pane che proveniva dal ragazzo, mescolato a quello lieve di sapone e di pelle scaldata dal sole. L'odore di Harry era qualcosa che lo aveva sempre inebriato.
-Come stai, Harry?- Ruppe infine il silenzio, osservandolo trasalire.
-...Be-bene- balbettò Harry annuendo, come per risultare più convincente, non osando guardarlo in viso. Già la sola vicinanza col maestro lo mandava in confusione; se si fosse girato il suo cuore non avrebbe retto, ne era certo.
-Tua zia come sta?-
-Bene-
-Ed al forno, come procede? -
-Bene...-
Louis annuì:
-Quindi come procede in generale? Bene anche lì?-
Il tono sarcastico del giovane maestro fece arrossire ed impappinare il ragazzo, che spalancò gli occhi e cercò di venirne fuori:
-Sì, certo..va tutto..bene-
Louis annuì.
-Bene- concluse a sua volta, mettendo mano al portamonete ed alzandosi.
-No Louis.. aspetta- lo fermò la voce tremante di Harry.
Louis si voltò a guardarlo, già pentito di non averlo ignorato anche oggi, come tutte le volte precedenti negli ultimi mesi.
-Io... io ti devo parlare-
-L'avevo intuito-
-Dai, ti prego. Non fare così- sussurrò il ragazzo, con le lacrime agli occhi. Louis si impietosì e si sedette di nuovo sullo sgabello, stancamente.
-Cosa c'è, Harry?-
Trascorse qualche momento di silenzio, poi Harry si costrinse a tirare fuori un po' di coraggio, e mormorò:
-Mi manchi-
Louis sentì un macigno depositarsi sul cuore, o forse no, un masso che finalmente si sollevava dal suo petto e lo faceva sentire di nuovo leggero. Improvvisamente la bocca si seccò, nonostante avesse appena bevuto un caffè.
-Harry... io e te dovremmo stare lontani- mormorò in risposta, tentando di ammorbidire le sue parole con un tono gentile. Harry annuì, ma rispose:
-Lo so, ma non mi importa-
-Deve importarti-
-No, Louis... io non voglio perderti. Mi fa star male tutta questa situazione. Io voglio che tutto torni come prima-
-Harry... non può tornare tutto come prima- tentò di nuovo Louis, usando lo stesso tono paziente che usava con i suoi alunni all'ennesima spiegazione dello stesso argomento.
-Per favore.. facciamo finta che non sia successo niente. Ti prego, Louis-
Louis sospirò, passandosi una mano sulla fronte, indeciso. Gli sembrava una pessima idea.
-Mi sembra tanto di giocare col fuoco, Harry-
-No, ti prego. Fai tornare le cose come prima, Louis. Ti prego- lo supplicò Harry, guardandolo finalmente negli occhi, con quello sguardo che faceva tremare il cuore di Louis.
-Cosa dirà tuo zio, Harry?-
-Gli parlerò. Gli dirò.. che mi è passata. Che mi manchi come amico. Che voglio che tu torni a frequentare la mia famiglia...-
-Non mi pare una buona idea; ma non riesco a dirti di no, Harry, perché lo voglio anch'io- sospirò Louis, facendo illuminare il viso di Harry in un sorriso enorme, sollevato, che lo abbagliò.
-Grazie, Louis!-
Louis annuì, alzandosi. Si sentiva leggermente ubriaco, ma non toccava alcool da mesi.
-Ci si vede, Harry- lo congedò, dirigendosi verso l'uscita.
Harry lo guardò andare via, sobbalzando alle parole di Blake, che era arrivato di soppiatto alle sue spalle.
-Ti senti meglio?-
-Ah?.. Si sì, grazie..-
-Ed allora vai. Non vorrai far nascere voci strane sul tuo conto, no?-
Harry si voltò a guardarlo, con la bocca spalancata ed arrossendo furiosamente. Si alzò indietreggiando, mentre l'altro lo ammoniva:
-Devi stare attento, micino. Se giochi col fuoco, rischi di scottarti-
Harry annuì, deglutendo.
-Sì, certo.. grazie. Ora vado-
Blake gli sorrise, facendogli un cenno, ed Harry scappò fuori, con l'assurda sensazione di avere l'appoggio dell'insolente proprietario del saloon.
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