51. Tutto comincia e finisce con il pane
Tante, tantissime cose passarono per la mente di Harry, mentre stringeva a sé l'amico. L'emozione del ritrovarsi, unita al dispiacere di sentire le ossa sporgenti tra le sue braccia, stupendosi di essere diventato così alto da sovrastarlo. Non disse niente, lasciando che i suoi sensi si riempissero di lui: l'odore di erbe e cuoio che da sempre lo contraddistinguevano, la crespa consistenza dei capelli lunghi sotto alle sue mani, il silenzio quieto che li circondava.
L'indiano sciolse l'abbraccio, tenendolo per le spalle e guardandolo in volto. Harry notò quanto il suo viso fosse sciupato. Una nuova cicatrice gli deturpava una guancia, era dimagrito, ed i capelli non erano più grigi, ma canuti. Sembrava anziano ed ammalato quanto lo era stato Avonaco.
-Sei cresciuto, Hiamovi- gli sorrise l'indiano, ed Harry riconobbe in quell'espressione dolce quello che era stato un tempo. Sembravano passati anni.
-Come stai, Piccolo Lupo?- Gli chiese Harry, sentendosi stringere il cuore nel vederlo tanto provato.
-Sono tornato tra la mia gente, ho visto il nipote del grande capo Avonaco, ora ritrovo i miei amici bianchi. Sto finalmente bene- rispose lui, facendo cenno ad Harry di uscire. Harry si girò a guardare Louis con gli occhi lucidi di commozione, ed il cuore del maestro si allargò: era riuscito a renderlo felice.
-Tante cose ci aspettano nei prossimi giorni, ma stasera è tempo di essere felici e festeggiare il tuo compleanno- affermò Piccolo Lupo, mettendo un braccio attorno alle spalle di Harry e sospingendolo verso il fienile, dove gli altri li attendevano. Misigi andò subito incontro all'uomo che per lei era come un secondo padre, sorridendogli. Si erano già parlati alla riserva, quel pomeriggio, e lei gli aveva espresso il suo desiderio: che Piccolo Lupo scegliesse un nome Cheyenne per il loro bambino, che risultava all'anagrafe americana come Alexander James Payne, ed al momento dormiva beato dentro alla fascia della madre nonostante la confusione.
Harry, come sempre, rimase imbambolato a guardarlo dormire. Sembrava una bambola di biscuit di quelle che sua madre faceva arrivare dalla Germania, con le ciglia lunghissime abbassate sulle guance paffute ed i capelli neri come il manto di Amira. Il bimbo, sotto ai suoi occhi incantati, sfarfallò le palpebre e si stiracchiò, ed Harry ne approfittò per poterlo prendere in braccio, dicendo verso Liam:
-Non l'ho svegliato io, eh! Si è svegliato da solo!-
Il medico scosse la testa, ridendo. Ormai lui e Misigi erano rassegnati: il loro bimbo sarebbe stato il più coccolato dell'universo.
Col piccolo in braccio, Harry chiacchierò un po' con tutti i presenti. Louis lo osservava da lontano, intenerito dalla destrezza con cui il suo ragazzo ninnava Alexander. Sarebbe stato un bravo papà. Sentì un vago senso di malessere, una sorta di rimpianto; Harry non avrebbe mai avuto figli da lui, non avrebbero mai allargato la famiglia. Eppure, Harry sarebbe stato un padre esemplare. Si chiese se la scelta della sua professione fosse legata a questo: aveva sempre saputo di essere omosessuale, ed il suo lavoro di educatore gli dava modo, forse, di soddisfare una sorta di desiderio di paternità. Poi scosse la testa, scacciando i pensieri alla visione del proprio ragazzo che, impacciato, restituiva un neonato urlante alla madre, e visibilmente sollevato lo cercava con lo sguardo. Individuatolo, si aprì in un sorriso, e Louis sentì il suo cuore battere un po' più veloce in petto, mentre un senso di calore gli rimescolava lo stomaco. Quel ragazzo meraviglioso era suo. Nonostante tutto, era rimasto suo; non gli importava di nient'altro, fino a che lo avesse avuto al suo fianco.
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-Dieci anni dopo-
Le forme di pane erano perfettamente lievitate, sferiche, spolverate di farina, ed emanavano un lieve sentore acidulo dato dal lievito madre.
Tutta la stanza odorava di pane: dal bancone di pietra, alle pale per il forno a legna, ai ripiani a vassoio su cui riposavano le pagnotte ancora da cuocere.
Harry sospirò, soddisfatto. A breve avrebbe finito di cuocere anche quell'ultima infornata, e poi avrebbe lasciato che Grace si occupasse di aprire il negozio. Era il primo dicembre 1912, e Tyler sarebbe arrivato a Colorado Springs col treno delle sette.
Erano dieci anni che non si vedevano, ed Harry era emozionato e curioso allo stesso tempo. Dopo i primi tempi caratterizzati da un silenzio imbarazzato, il ragazzo aveva preso contatto epistolare con lui, e da quel momento non avevano mai smesso di scriversi.
Molte cose erano cambiate, nel frattempo.
La novità più grande era che i suoi genitori avevano da tempo acquistato una casa a Colorado Springs, e spesso venivano a trascorrere i mesi estivi e le vacanze di Natale in paese. La casa era occupata in pianta stabile da Harry. Louis aveva rinunciato a tenere in affitto l'alloggio procuratogli da Tyler per trasferirsi a casa Styles; una sorta di compromesso, insomma, per cui i due erano di fatto conviventi.
Le malelingue in paese erano periodiche e legate all'arrivo di nuovi abitanti; una volta conosciuti Harry e Louis, la gente capiva che fossero brave persone. Non avevano avuto problemi irrisolvibili, finora, e tutto sommato avevano buone speranze che sarebbe continuata così. Dal canto loro, cercavano di essere il più discreti possibile; una mano di certo l'aveva data il padre di Harry, contribuendo finanziariamente a molte opere edilizie di utilità pubblica, per cui nessuno aveva dato più di tanto fastidio ai due.
Louis sarebbe arrivato a momenti. L'incapacità di alzarsi presto non era cambiata col trascorrere del tempo, pensò Harry sorridendo. Infornò con la pala le pagnotte crude, tergendosi la fronte con una mano. Un rumore improvviso lo fece sobbalzare.
-Zio! Ti aiuto!- Esclamò a gran voce Alexander, con un sorriso identico a quello di Liam.
-Certo, ma prima devi dire a papà e mamma che sei qui- gli rispose Harry sorridendo. Il bambino si precipitò fuori di corsa, e per l'ennesima volta Harry pensò che il suo nome indiano fosse estremamente azzeccato: Enapay, "senza paura".
Piccolo Lupo gliel'aveva dato nell'intento di infondergli il coraggio di vivere e guadagnarsi un posto nel mondo nonostante i pregiudizi legati al suo aspetto pellerossa; in realtà il bambino era inarrestabile, pieno di entusiasmo, curioso e disarmante, ed Harry era convinto che vi fosse un destino scritto nel suo nome, per cui avrebbe avuto meno difficoltà del previsto a vivere felicemente.
Piccolo Lupo. Harry pensò con serena nostalgia al suo migliore amico indiano, che li aveva lasciati due anni prima. L'esperienza della deportazione aveva gravato pesantemente sulla sua salute, e nonostante le cure dei due medici del paese, si era spento serenamente, circondato dai suoi cari. Harry l'avrebbe portato per sempre nel cuore, ed ancora adesso, a distanza di due anni, non riusciva a pensarlo senza commuoversi un po'.
Alexander tornò dentro di volata, e notando lo scintillio negli occhi del suo zio preferito, si fece serio:
-Ti manca il nonno?-
Harry annuì, ed il bimbo lo abbracciò stringendogli le braccia attorno alla vita, appoggiandogli la testa sullo stomaco.
-Dai, ora controlliamo che non si brucino- disse Alexander, ed Harry lo aiutò a manovrare la pala per girare le pagnotte. Poco dopo entrò Liam.
-Ehi, monello, eccoti qua! Tua madre vuole che tu vada ad aiutarla con i cavalli-
-Ma sto cucinando, papà!-
-Manca poco- intervenne Harry, controllando i pani.
Dall'uscio del negozio entrò qualcun altro: era Niall.
-Buongiorno! Maddie ha sentito il profumo del pane...-
Liam scherzò:
-Dì la verità, che usi le voglie di tua moglie come scusa per ottenere il pane prima di tutti-
Niall protestò:
-Non è vero! E poi questa cosa delle voglie è sottovalutata. Tu sei stato fortunato con Misigi, che non ne ha mai avute-
Harry scosse la testa, abituato ai continui battibecchi fraterni tra i due.
-Tra due minuti è pronto, Niall- li interruppe, sedando il bisticcio sul nascere. Il bambino ed i tre adulti rimasero a guardare l'ultima infornata che si cuoceva, quella che Harry preparava totalmente con il lievito madre che gli era stato tramandato da suo zio, e che a sua volta arrivava da suo nonno. Più invecchiava e più diventava delizioso. Aveva relegato la produzione di quel tipo di pane in favore di altri impasti più raffinati, più commerciali, per seguire le richieste di mercato, ma ne preparava ancora una infornata per chi ne chiedeva, solitamente la famiglia e gli amici.
Estrasse le pagnotte dorate dal forno proprio mentre entrava Louis, che battè i piedi a terra, intirizzito. Aveva ripreso a nevicare, ed aveva le mani gelate.
Harry gli porse un panno con dentro una pagnotta bollente, che lui afferrò con un sorriso, scaldandosi a quel tepore. Il compagno rimase ad osservarlo mentre preparava un sacchetto per Niall ed uno per Liam. Harry lasciò il resto a raffreddare sulla grata, mentre gli altri lo ringraziavano e si congedavano, e rimase da solo con Louis.
-Ebbene... è ora di andare- affermò Louis. -Grace sarà qui a momenti-
Harry annuì, e si avvicinò per abbracciarlo, traendo un piacere impareggiabile nell'affondare il viso sul suo collo, abbassandosi.
-Secondo te come sarà?- Chiese.
-Cresciuto, immagino. Sicuramente lo sarà di ego, viste le sue conoscenze- scherzò Louis, al che Harry gli diede una piccola spinta scherzosa. Louis accennava al fatto che il signor Wilson, il rettore amico del padre di Harry che l'aveva aiutato a studiare a Princeton, era da quasi un mese l'attuale Presidente.
-Ho sentito cose poco carine sul suo conto, sai. Tyler non ha mai detto nulla per lettera, ma temo che un fondo di verità ci sia- replicò Harry. Furono interrotti da Grace, che entrò e si scrollò la neve dal cappuccio e dai capelli che sfuggivano alla treccia:
-Dio, che tempo! Il treno sarà in ritardo-
Harry sciolse l'abbraccio da Louis ed andò a recuperare il suo giaccone, seguito da Louis. La ragazza, che era diventata una splendida donna, si legò il grembiule in vita e li salutò mentre uscivano.
-Sono nervoso- disse Harry, saltellando da un piede all'altro. Aveva in mano un involto uguale a quello di Louis di poco prima, solo che Louis aveva preso a sbocconcellare la sua pagnotta, che fumava nell'aria gelida.
Il treno arrivò nonostante la nevicata; ne uscì soltanto un giovane allampanato, avvolto in un elegante cappotto blu scuro, che teneva un bagaglio in mano.
-Tyler!- Lo chiamò Louis, prendendo Harry per un braccio ed incamminandosi lungo la banchina scivolosa.
Il giovane si voltò nella loro direzione e sorrise, raggiungendoli. Louis gli strinse la mano, e lo stesso fece anche Harry, imbarazzato da quella inconsueta formalità tra loro. Harry gli porse il pane ancora caldo avvolto nel panno, ed il giovane lo accettò, annusandolo.
-Quanto mi è mancato questo odore- sospirò, felice.
-Vieni, qui si gela- disse Louis, come sempre prendendo il comando per togliere d'impiccio Harry, ed i due lo seguirono, percorrendo la breve distanza che li separava dal panificio.
Grace, che era dietro al banco e studiava per un esame, aspettando che arrivassero i primi clienti, sgranò gli occhi.
-Tyler?!-
Lui esitò:
-...Grace?-
La ragazza annuì, girando velocemente attorno al bancone e gettandogli le braccia al collo.
-Bentornato! Ce ne hai messo, di tempo- lo rimproverò bonariamente, allontanandosi per guardarlo. Quasi non lo riconosceva.
-Hai ragione. Ma ora che sono tornato una prima volta, tornerò più spesso- promise lui.
-Come va con l'insegnamento?- Chiese Louis.
-Bene. Per ora ho fatto soltanto alcune supplenze, non sono ancora di ruolo, ma l'ambiente è bello. I problemi sono finiti nel momento in cui ho preso le distanze dal signor Wilson. Gli sarò eternamente debitore, ma ha una visione molto limitata di come possono essere le cose- confessò Tyler, confermando i sospetti di Harry. Il Presidente aveva una impostazione piuttosto selettiva per decidere chi poteva avere dei diritti. Non tutti erano uguali, ai suoi occhi.
-L'importante è che tu ora sia felice di quello che fai- commentò Louis, ed il giovane annuì, sorridendo.
Harry si sentiva intimidito, e non riusciva a parlare.
-Harry, perché non accompagni Tyler da Sue?- Lo spronò Louis.
Harry annuì, ed i due si incamminarono per la strada del paese. La neve ora cadeva più lentamente, c'era meno vento, ed i fiocchi fluttuavano come se fossero stati senza peso.
-Harry, mi dispiace di vederti in imbarazzo- esordì il giovane.
-No, dispiace a me. E' per colpa mia che te ne sei andato- replicò l'altro, prendendo finalmente parola.
-Harry, c'è una cosa che non ti ho mai raccontato. Tu sai che avevo un fratello, che è morto, che avrebbe dovuto abitare nella casa in cui è vissuto Louis, giusto? Ecco, lui non è morto accidentalmente. E' morto per mano di nostro padre. Sono venuti alle mani perché mio fratello mi ha difeso. Mio padre non tollerava che io avessi certe "inclinazioni deviate"; io ho avuto sulla coscienza per anni la sua morte, l'abbandono di nostro padre ed il mio essere omosessuale. Quando ti ho conosciuto, ed ho visto quanto tu fossi buono, generoso, amato da tutti, ho iniziato a capire che forse non ero poi così sbagliato. Tu eri come me, e non eri un mostro. Non so se capisci cosa voglio dire-
Harry si era fermato a guardarlo, gli occhi sgranati.
-Io... non ne sapevo nulla, Tyler-
L'altro annuì, le iridi color ghiaccio che sembravano ancora più chiare per via del candore tutto attorno.
-Mi hai aiutato più di quel che hai sempre pensato, Harry. Io ti devo tutto. Non solo l'aiuto per la mia dislessia, o per l'avermi fornito l'aggancio per Princeton. Volevo assolutamente dirtelo, perché non devi assolutamente sentirti in colpa. Tu mi hai salvato, ed io ti sarò per sempre debitore-
Harry si guardò le mani, non sapendo cosa dire.
-Mi sono innamorato di una persona, Harry. E' uno studente, è più giovane di me, si chiama James. Noi... ci stiamo frequentando da un po' più di un anno- buttò lì Tyler, ed Harry alzò gli occhi di scatto:
-E perché non me l'hai mai detto?!-
-Perché volevo dirtelo di persona. Questa era la mia prova del nove- spiegò il giovane sorridendo, ed Harry lo abbracciò di getto, sentendo un grosso peso sollevarsi dalle sue spalle.
-Sei un idiota, Ty- commentò Harry, ridacchiando.
-Paura, eh? Avresti dovuto vedere la tua faccia poco fa... sembrava che avessi visto un fantasma- lo prese in giro Tyler, sorridente.
-Non so, mi dici certe cose, mi hai sconvolto con la storia di tuo padre...- replicò Harry, tornando serio.
-Ehi... mi dispiace per Piccolo Lupo. So quanto foste amici-
Harry annuì, poi cambiò discorso:
-Vuoi vedere una cosa bella?-
-Certo-
Tyler seguì Harry fino alla vecchia casa di Louis, che era appartenuta alla famiglia di Tyler e che avevano venduto alla città quando Louis aveva recesso il contratto di affitto. Era appena al di fuori del centro abitato, e Tyler sgranò gli occhi, emozionato ed ammutolito.
-La vecchia scuola ormai era troppo piccola per il paese, e così Niall e Madison hanno acquistato il resto dell'edificio per allargare il loro appartamento. Non te l'ho detto perché era una sorpresa- spiegò Harry, osservando la reazione di Tyler.
La vecchia casa era diventata la scuola del paese. Vi erano varie aule, e banchi di legno, e lavagne. Era un bellissimo ambiente. C'era persino un vecchio pianoforte, che era di Louis.
-Che te ne pare?- Chiese Harry, mentre l'altro osservava le aule ancora vuote, che di lì a mezz'ora si sarebbero riempite di alunni.
-Sono felice. Tanto. E' bellissima. Quando tornerò con James gli piacerà moltissimo. Grazie, Harry-
Quella stessa sera, accoccolati sul divano del loro salotto, Harry e Louis erano occupati ognuno nelle proprie attività serali: Louis leggeva un libro, occhiali sulla punta del naso, ed Harry era semplicemente appoggiato con la testa sulle sue ginocchia, che pisolava. Le levatacce notturne si facevano sentire, e spesso si addormentava così.
-Harry?-
-...Mmh?-
-Secondo te, a tua cugina piace il dottor Thomas?-
Harry si sollevò di scatto:
-Ma che dici?!-
-Non so... a me pare che quei due si sorridano un po' troppo- commentò Louis, guardandolo da sopra gli occhiali.
-Proverò ad indagare. E' troppo vecchio per lei!-
-Disse quello fidanzato con uno di dieci anni più vecchio di lui- sorrise Louis.
-Louis, oggi Tyler mi ha confidato delle cose che mi hanno fatto riflettere un po'- cambiò discorso Harry, tornando a stendersi sulle sue ginocchia.
-Cosa ti ha detto, amore?-
-Mi ha parlato di alcuni fatti del passato, e mi ha fatto pensare che siamo proprio fortunati-
Louis si levò gli occhiali, abbassando lo sguardo sul giovane uomo che era il suo compagno.
-Hai ragione. Non è da tutti, incontrare l'amore della propria vita. Ringrazio il Cielo di essere venuto in questo buco di paese ad insegnare ogni giorno. Sono fortunatissimo-
Harry lo attirò giù, posandogli una mano sulla nuca, e si fece baciare.
-Sì, sei un uomo fortunato: il tuo amore sa fare il pane più buono del mondo- disse Harry, sorridendo.
Louis sorrise di rimando, labbra contro labbra, e rispose a modo suo, coinvolgendolo in un bacio che sapeva di pane, di amore, di casa.
Fine
Grazie a tutti voi. Lucia
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