33. A Denver

Louis era in treno. Stava concludendo l'ultima lunghissima tratta che lo separava da Denver. Aveva le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti, e si faceva aria con una rivista che stava leggendo. L'articolo parlava di una certa Marie Curie, nata Maria Sklodowska, una chimica e fisica polacca naturalizzata francese, che stava conducendo degli studi all'avanguardia sulle radiazioni. Louis era in un bagno di sudore, e non vedeva l'ora di arrivare a destinazione. Miglio dopo miglio, la distanza si accorciava aumentando il suo stato di agitazione. Non vedeva Harry da sei mesi, e stava per riabbracciarlo. Aveva immaginato così tante volte il momento, che ora che stava per concretizzarsi, si sentiva avvolto da una aurea di irrealtà.

Vide profilarsi la periferia della città, ed il suo battito accelerò. Aveva preso contatti con la madre di Harry, per cui si aspettava di trovarlo in stazione. Mano a mano che il treno rallentava, Louis sentiva crescere dentro di sé una smania irrefrenabile. Si alzò mentre il treno ancora si muoveva, trascinandosi dietro le pesanti valigie e la giacca, ed attese davanti alla porta, impaziente, mentre il movimento gradualmente cessava.

Non appena le porte furono aperte, si affrettò a scendere sulla banchina, allungando il collo per guardarsi tutto attorno, mentre la gente iniziava a fluire intorno a lui, creando un allegro brusio.

-Louis-

La voce alle sue spalle lo fece trasalire, e si voltò, trovandosi infine davanti al suo Harry. Era cresciuto ancora in altezza, ed il viso aveva perso del tutto la linea infantile, era dimagrito e molto abbronzato, ma era lì. Davanti a lui.

Emozionato, non seppe dire nulla, rimanendo a guardarlo. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma non poteva farlo. Il loro abbraccio non poteva essere fraterno, e Louis si immobilizzò, mentre un oceano di emozioni gli attraversava il petto e fluiva negli occhi, che dovette chiudere più volte per evitare di  lacrimare.

-Ciao- finì per dire, mentre vedeva negli occhi del ragazzo le stesse sue emozioni. Un saluto apparentemente cordiale, che ad occhi esterni non poteva essere frainteso.

-Vieni. Ti aiuto- si risolse di dire Harry, prendendogli dalle mani una delle valigie, e sobbalzando quando prese la scossa. Anche Louis sentì la fulminea scarica elettrica, e gli venne in mente il loro primo incontro, al panificio di Colorado Springs, due anni addietro.

Harry lo precedette in mezzo al marasma della stazione, sovrastando di una spanna la maggior parte degli uomini, e Louis non fece fatica a seguirlo, sentendo svanita tutta la stanchezza e la noia del viaggio, mentre l'adrenalina pompava a pazza velocità nelle sue arterie, tanto da fargli notare ogni più piccolo particolare di lui, dalla fine camicia di lino bianco che copriva le sue spalle larghe, alla cintura di cuoio che gli cingeva la vita sui pantaloni marroni, agli avambracci scoperti dalle maniche arrotolate. Gli avambracci. Dio. Poteva vedere le vene su quella pelle abbronzata, ed i muscoli, e le grandi mani. Louis si perse a guardare la mano di Harry che teneva la valigia. Harry si fermò, e quasi gli finì addosso.

-L'autista ci aspetta. Vieni- lo spronò Harry, prendendolo per un braccio per fargli attraversare la strada in maniera sicura, come se fosse un bambino. Il traffico nei pressi della stazione era intenso, carri e carrozze mescolati a qualche rara automobile.

Harry lo condusse vicino ad una macchina. Louis non immaginava che la famiglia di Harry ne possedesse una; mai nulla gli aveva fatto sospettare che provenisse da una famiglia benestante.

L'autista si occupò delle valigie di Louis, ed i ragazzi salirono. Louis era impressionato.

-Non sapevo possedeste una automobile-

-E' di mio padre. I vantaggi di essere un diplomatico- commentò Harry, lasciandolo interdetto per il tono stanco del ragazzo.

L'auto, una Mercedes 35PS,  raggiungeva i 70 km orari, e una volta fuori dal centro cittadino l'autista non lesinò sul portare il motore alla massima potenza, elettrizzando Louis che adorava tutto ciò che riguardava la meccanica, la fisica e le innovazioni tecnologiche. Harry era vagamente divertito dalla reazione del giovane, e lo osservò socchiudendo gli occhi nell'accecante bagliore del sole di agosto. In poco tempo giunsero ad una villa in stile coloniale, dove scesero.

Louis osservò l'imponente struttura, domandandosi come mai Harry non avesse mai fatto cenno a tutto ciò. Harry non parlava mai di casa sua, della sua famiglia, e Louis aveva supposto che il suo stato sociale fosse affine a quello della famiglia Cox. Per la prima volta, si sentì intimidito con Harry.

-Vieni. Mia madre vuole salutarti- gli disse Harry, scaricando una valigia e portandola per lui, mentre l'autista faceva lo stesso con l'altra.

Anne era, come sempre, immersa nell'arte. Una collezione di quadri proveniente da Parigi stava assorbendo tutta la sua concentrazione, e non li sentì entrare.

-Mamma, è arrivato Louis- la richiamò Harry, e la donna finalmente alzò sui due gli occhi chiari, illuminandosi ed andando loro incontro.

-Louis! Ben arrivato! Che piacere vederti! Com'è andato il viaggio? - Gli chiese, abbracciandolo. Louis, sfoderando la sua buona educazione, resse una breve e cortese conversazione con la donna.

-Mamma, Louis sarà stanco. Lascia che lo accompagni a rinfrescarsi. Potrai parlarci a cena- li interruppe Harry, ed Anne immediatamente si scusò:

-Perdonami, Louis, non ci avevo pensato. Vai pure, Harry ti accompagnerà nelle tue camere. Ci vediamo più tardi; fai come se fossi a casa tua. E' un piacere averti qui, come nostro ospite-

-La ringrazio, signora Styles. Siete molto gentili- rispose Louis, seguendo Harry. Percorsero dei lunghi corridoi e salirono le scale; la camera di Louis era in realtà un piccolo appartamento, con tanto di bagno personale, salottino e terrazzo. Louis si guardò attorno, incapace di far combaciare il suo Harry di Colorado Springs con tutto questo.

Harry si sedette sul suo letto, appoggiando  gli avambracci sulle gambe, a mani giunte. Alzò lo sguardo su di lui, intuendo la direzione dei suoi pensieri.

-Non ne abbiamo mai parlato. Mio padre è un diplomatico, e la sua famiglia è benestante. Mia nonna era una persona semplice, ma anche una delle più agiate di Denver- disse, come se non fosse poi una gran cosa.

-Va bene- rispose Louis, guardandolo, in piedi davanti a lui.

Harry deglutì, e per la prima volta da quando era arrivato Louis, parve esprimere un po' di emozione. Il suo viso si contrasse in una smorfia, ed il maestro finalmente riconobbe il caro volto del suo ragazzo che sfornava il pane. Lo tirò leggermente per le braccia, e l'altro gli si gettò contro, stringendolo finalmente in un abbraccio che sapeva di nostalgia e di casa.

-Mi sei mancato oltre ogni dire- gli disse Louis, cullandolo leggermente, mentre Harry rifugiava il viso sul suo collo, abbassandosi un po' verso di lui, sentendo un terremoto nel cuore.

Louis gli accarezzò la nuca infilandogli una mano tra i ricci leggermente lunghi, ed Harry sentì crollare tutte le sue barriere, completamente disarmato di fronte a Louis, che amava immensamente, mentre questi lo continuava a cullare, stringendolo tra le sue braccia.

-Io non voglio mai più starti distante- mormorò il ragazzo contro il collo di Louis, facendolo rabbrividire. Louis deglutì, emozionato, e cercò di riprendere il controllo su se stesso, perché stare così vicino ad Harry lo faceva sentire alla deriva.

-Harry, amore mio, lascia che mi faccia una doccia. Ho viaggiato per giorni, e...-

Harry lo zittì con un bacio, tirandolo verso la porta del bagno. Passandoci davanti, chiuse la porta della camera a chiave. La casa, ultra moderna, era dotata di acqua corrente, ed Harry poco dopo fece immergere nella vasca Louis, spogliandolo con dolcezza, strofinandogli la spugna insaponata sulla schiena, bagnandosi i risvolti delle maniche, facendo sentire il cuore in gola a Louis, che lo lasciò fare.

Io mi documento come posso, ma sicuramente ci saranno delle inesattezze, per quanto accurata io tenti di essere nelle mie descrizioni. Se ne notate, fatemi la cortesia di segnalarmele. Grazie infinite!

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