3.

Alzarsi il mattino seguente non fu facile.
Harry guardò con grande rimpianto il letto, mentre fuori era ancora buio pesto.
Con gli occhi che gli si chiudevano dal sonno si vestì senza far rumore, trovando lo zio già in cucina che gli porgeva una tazza di the caldo.
Sorseggiandola, uscirono.
Percorsero in silenzio la strada che li separava dal negozio, ognuno immerso nei propri pensieri.

Harry era ovviamente intento a ripensare alla sera precedente.
Tom Blake li aveva raggiunti poco dopo, sedendosi per qualche momento al tavolo con loro. Peter si era alzato per andare a salutare il proprietario dell'emporio, col quale doveva parlare di un ordine di prodotti da farsi procurare.

-Allora, signor Tomlinson..vista la gradita performance, vorrei invitarla a suonare qui più spesso, se lei ha piacere. Può venire quando vuole, anche di pomeriggio-
Louis corrugo' la fronte:
-Ma non è chiuso il pomeriggio?-
Blake fece un sorrisetto:
-Esatto. Ma per lei è sempre aperto. So riconoscere quando vedo la passione, signor Tomlinson. E lei ne ha da vendere al pianoforte.
Lo consideri una alternativa da sfruttare fintanto che non arriverà il suo piano da Boston-
Louis era spiazzato da tanta gentilezza.
-Non so che dire..la ringrazio infinitamente-
Blake gli fece un cenno, e poi rivolse l'attenzione ad Harry, che aveva la testa pesante di sonno e gli occhi vacui. Sembrava un bambino.
-Qualcuno qui ha bisogno di andare a nanna, pare- commentò, indispettendo Harry, che però non replicò.
-Si è fatto tardi. Ti riaccompagno a casa, Harry- disse invece Louis, mettendo mano al portafoglio.
Subito, la mano grande di Blake coprì la sua, fermandolo:
-Offre la casa. Glielo avevo detto.-
-In tal caso, la ringrazio. È stato un piacere. Su Harry, vieni. Andiamo a chiedere a tuo zio che intenzioni abbia- disse risoluto Louis, tirando leggermente Harry per un braccio.
-Sei bello come il peccato, ragazzino: te l'ho già detto- commentò inaspettatamente Blake, scandalizzando Louis che si voltò a fulminarlo.
Cogliendo lo sguardo su di sé, l'uomo si strinse nelle spalle:
-Beh? Che ho detto? Gli ho rivolto soltanto un complimento. La malizia sta negli occhi di chi guarda, se lo ricordi, Tomlinson- lo sorprese il proprietario del saloon.
-Ciò che mi scandalizza non è il commento in sé, perché lui è oggettivamente bello, ma il paragone: come può dire che è bello "come il peccato"? Ne dà un'immagine sporca, maliziosa, ed Harry invece ha l'innocenza della giovinezza-
Blake rise. Capiva quando si trovava davanti ad un cervello acuto, e l'osservazione appropriata del giovane maestro gli confermò l'idea che fosse un uomo sopra alla media.
-Non mi fraintenda, signor Tomlinson: a me piacciono prevalentemente le donne. I miei commenti sono provocatori, perché cerco sempre qualcuno che mi tenga testa. Lei lo fa. So anch'io che questo ragazzo sia innocente ed ingenuo; è proprio la sua non consapevolezza a renderlo una tentazione, non trova?- Affermò Blake sicuro, facendo arrossire Harry e dando il metro di misura a Louis, che iniziava a capire chi avesse davanti.
-Continuo a ritenere il paragone sbagliato. Non può paragonare Harry al peccato- ripeté.
Blake guardò Harry dritto in viso, facendolo avvampare ed abbassare gli occhi, e poi sorrise:
-Punti di vista, signor Tomlinson; converrà con me nel dire, però, che certi peccati hanno degli occhi bellissimi-
E con queste parole, si congedò.

Harry arrossiva al pensiero.
Tom Blake lo aveva sempre turbato; aveva un modo di fare malizioso, che faceva sempre intendere qualcosa di diverso, di sensuale. Forse dipendeva dal suo lavoro, pensò Harry, o forse era proprio fatto così.
Fatto sta che certi commenti, che aveva capito non avere altro scopo che metterlo in imbarazzo e ridere della sua ingenua innocenza, lo facevano sentire a disagio.
Perché Harry iniziava ad entrare nel pieno di quella fase ormonale in cui doveva delineare i contorni di sé stesso, capirsi, divenire un adulto con le proprie idee e le proprie inclinazioni personali.
Ed i commenti di Blake lo pungevano sul vivo, come qualcosa di leggermente ruvido passato su un'area di pelle ipersensibile.
Non aveva altri paragoni.

Lo zio Peter aveva troppo sonno per testare il terreno e sondare i motivi dell'insolito silenzio del nipote; inziarono a lavorare in una sorta di mutismo assorto.
Fu verso le sei, col forno caldo e le pagnotte pronte per essere infornate, che i due si ritrovarono seduti davanti ad una pasta, per mettere qualcosa sotto ai denti e prendere una piccola pausa.
-Cosa c'è, Harry?-
Il ragazzo non sapeva da dove iniziare. Non si capiva nemmeno lui.
-Onestamente..non lo so. Sono solo irritato per il modo di comportarsi di Tom. Continua a punzecchiarmi, ad insinuare senza affermare nulla, e non capisco cosa voglia da me. Mi innervosisce- confessò alla fine il nipote.
-Perché fa così con me?- Chiese, guardando Peter.
-Suppongo perché si diverta a provocarti. Ti vede ingenuo, innocente. E poi perché probabilmente ti trova bello- si arrischiò a dire l'uomo.
Harry arrossi':
-Ma sono un maschio, come lui! Non sono una ragazza!-
Peter sospirò.
-Lo so, Harry, e lo sa anche lui. Però a volte questo non conta, non credi? E poi voglio dire..sta solo scherzando, Harry. Non devi badare a quello che ti dice. Lascia perdere- lo consigliò lo zio.
-Hai ragione.. lo so. Ma riesce sempre a farmi sentire a disagio-

Peter non replicò, decidendo tra se e sé di scambiare qualche parola in privato con l'insolente compaesano.
Harry inforno' il pane e Peter lavorò le paste di sfoglia e mais; per le sette, tutto il viale principale di Colorado Springs profumava come al solito di pane appena sfornato.

Di diverso dal solito vi era la pioggia; era iniziata a cadere da un'oretta, e forniva un'atmosfera insolitamente quieta, tranquilla.
Peter tornò a casa, lasciando il nipote da solo per le prime ore del mattino; ormai si fidava di lui, era capace e responsabile. Gli avrebbe dato il cambio in tempo per andare a prendere Grace a fine scuola e a stare a casa il pomeriggio, mentre lui si sarebbe occupato del negozio e degli ordini all'emporio.

Louis entrò in panificio alle sette e dieci.
La porta scampanello', ed Harry uscì dal locale forno con un sorriso ed un sacchetto già preparato.
Louis lo guardò con affetto. Il ragazzo sapeva farsi benvolere da tutti.
Ma quel mattino lo sorprese estraendo, da un sacchetto che nascondeva dietro alla schiena, due bricchi di latte caldo e caffè.
Harry alzò un sopracciglio.
-Mi fai compagnia? Ho preceduto la tua escursione al caffè di Sue, mi ha preparato il tuo caffelatte- gli spiegò Louis, raggiungendolo nella stanza del forno dove c'era il tavolo.
Harry annuì, felicemente sorpreso di quella iniziativa.
Sue aveva fornito a Louis anche due tazze, ed i ragazzi condivisero serenamente la colazione, con un senso di benessere.
Harry mangiò una seconda pasta, e Louis invece il pane con la crosta croccante che aveva appena sfornato Harry.
Il silenzio che c'era era tutt'altro che imbarazzante: non c'era bisogno di riempirlo con parole superflue.
Quando finirono, Louis lo salutò, portandosi via il sacchetto con un secondo pezzo di pane che conservava per pranzo, ed entrarono dei clienti.
Iniziò così la loro giornata lavorativa.

Quella della colazione insieme divenne, ben presto, una piacevolissima abitudine.
Louis passava al caffè di Sue, facendosi preparare le bevande calde.
Harry preparava una tovaglietta, posandoci sopra il pane ed il dolce.
Il maestro arrivava, facevano colazione insieme, a volte interrotti brevemente da qualche cliente, a volte chiacchierando, altre semplicemente seduti al tavolo, a godere soltanto della compagnia reciproca.
La colazione condivisa fu piano piano sulla bocca di tutti, ma per il momento non vi era una vena critica: tutti volevano bene ad Harry, e tutti avevano iniziato ad apprezzare la bravura del nuovo maestro, grazie al quale i bimbi di Colorado Springs andavano a scuola volentieri e con profitto.

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Tutto iniziò a precipitare il primo sabato di novembre.
Louis non aveva scuola, ma come ogni sabato si alzava comunque presto per andare a fare colazione con Harry.
Quel mattino, però, qualcosa di diverso dal solito lo fece aggrottare la fronte: non vi era alcuna luce accesa al forno, e non vi era profumo di pane. Perplesso, andò a scrutare la vetrina del panificio da vicino: era chiuso.
Doveva essere successo qualcosa.
Andò al caffè di Sue più per cercare qualche notizia che per fare colazione; la proprietaria lo informò che la zia di Harry era stata male durante la notte, e che era stato chiamato il medico in urgenza, il quale non era ancora rientrato.
Louis si chiese se andare a vedere se avessero bisogno di aiuto o meno; non voleva essere inopportuno, ma era realmente preoccupato.
Così decise di andare.

La prima cosa che notò era il grosso cane accucciato sui gradini della veranda; abitualmente era all'interno della casa, ma evidentemente era stato messo alla porta.
Il cane lo riconobbe e gli corse incontro scodinzolando, abbaiando una unica volta.
Louis gli gratto' il pelo per qualche momento, ricevendo alcune leccate festose sulle mani.
La porta si spalancò, e comparve Harry.
L'espressione dell'amico strinse il cuore a Louis, che subito pensò al peggio. Si affrettò a raggiungerlo, col cane che gli trotterellava dietro, ed Harry lo fece sobbalzare gettandoglisi tra le braccia.

Louis esitò un momento prima di stringerlo a sé. Lo conforto' accarezzandolo sulla schiena, mentre l'odore della pelle del ragazzo lo inebriava.
-Cosa succede, Harry?- Si risolse a chiedere dopo qualche istante visto che l'altro taceva.
-Mia zia ha avuto un aborto spontaneo. Ha perso tantissimo sangue. È molto debole; abbiamo temuto che non sopravvivesse.-
-Ora come sta?- Chiese Louis, sollevato di sapere che non fosse accaduto l'irreparabile.
-Sembra meglio; il dottor Payne sta valutando se è abbastanza stabile da poterla trasportare in clinica; hanno paura di muoverla- spiegò il ragazzo, guardandolo finalmente negli occhi.
-Mi dispiace molto. Posso fare qualcosa per voi?-
In quel momento arrivò Peter: era un uomo distrutto.
Senza parlare si avvicinò a Louis, che lo abbracciò brevemente dandogli qualche pacca di conforto sulle spalle.
-Harry, devi andare all'albergo delle terme a chiamare il dottor Ferguson. Liam vuole un consulto; forse la devono operare.- Mormorò Peter.
-Posso aiutarvi? Vuole che accompagni Harry? Serve aiuto per Grace?- Chiese subito Louis.
-Gracy è dalla signora White; se accompagnasse Harry mi farebbe un favore. Non conosce bene i posti; sapervi in due mi fa stare più tranquillo. Sa dov'è la riserva?-
Louis annuì.
-Dovete costeggiarla. Le terme sono al di là della riserva. Fate il prima possibile- li congedo' l'uomo, affranto.
Harry prese Louis per un braccio e lo tirò verso le stalle.
-Sai cavalcare?-
-Sì-
Harry sello' i due animali che stavano pasteggiando con la biada.
Era da molto tempo che Louis non cavalcava, ma dopo pochi minuti aveva riacquisito tutta la scioltezza necessaria per affrontare tranquillamente la passeggiata veloce. Una volta scaldati i cavalli, passarono al trotto, facendoli galoppare per alcuni tratti.
Giunsero ad una zona di bosco che si apriva in una radura; vi era un piantone di soldati che sorvegliava l'ingresso della riserva.
Le cose non erano tranquille per gli Cheyenne. Qualcosa si era smosso, ma si era ben lontani dal garantire una vita dignitosa e libera secondo le proprie tradizioni centenarie. La riserva era, ormai, quasi disabitata: i giovani avevano preferito trasferirsi in città, "civilizzandosi", e lasciando soltanto alcuni membri anziani e qualche famiglia coraggiosa a fare da memoria storica.

Louis si rattristò nel pensare a quanto quel popolo fosse stato bistrattato e derubato dai suoi antenati.
Il Colorado era stato riconosciuto come Stato Confederato da ben ventiquattro anni, ma tanta era la strada da fare per garantire l'uguaglianza e la libertà che proclamavano i Padri Fondatori.

Costeggiarono la riserva e giunsero all'hotel delle terme. La zona era stata sottratta alla riserva qualche anno prima, e trasformata in una stazione termale con possibilità di soggiorno climatico.

Fu così che Louis conobbe il dottor Ferguson, un clinico di tutto rispetto, insigne studioso, un uomo tutto d'un pezzo, oltre che profondamente omofobo e razzista.

-Spazio autrice-

 " La conoscenza segreta degli Indiani d'America" di Enzo Braschi (foto nei media).

A tutti quelli che stanno leggendo: grazie! Siete uno stimolo per continuare con piacere!
Ora torno nel mio angolino :-)

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