2.
Sopravvivere al primo giorno di scuola era stata un'impresa, ma ce l'aveva fatta.
Aveva una ventina di alunni, dai 7 agli 11 anni, e non era semplice diversificare le attività in base all'età.
Ripensando alla mattinata appena trascorsa, Louis radunò le sue cose e le portò di sopra, accingendosi a disfare finalmente la valigia. Pranzò al volo con le paste che gli aveva regalato il garzone del fornaio, sorridendo brevemente tra se e sé, ed in poco tempo aveva sistemato tutto. Decise quindi di uscire.
Il caldo lo fece cercare l'ombra, e si sedette su una panchina al riparo degli alberi, estraendo un libro dalla borsa a tracolla. Non usciva mai senza qualcosa da leggere. Avrebbe passato così un'oretta, per riposare la mente.
Era immerso totalmente nella lettura quando qualcuno gridò, facendolo sobbalzare. Si voltò di scatto, e fu allora che sentì uno sparo. Istintivamente si accucciò a terra proteggendosi la testa, spaventato a morte.
Una mano dalla presa salda lo afferrò per un braccio, spaventandolo ancora di più, ma si rese subito conto che fosse il ragazzo del panificio, Harry, che gli stava..sorridendo?
Senza capirci nulla si rialzò, cercando di capire cosa stesse succedendo.
-Non si preoccupi, signor Tomlinson..è soltanto uno sparo a salve della signora Greene-
Louis si girò a guardarlo, senza capire.
-Un cosa?-
-Uno sparo a salve. Ha comperato un fucile e lo sta provando. Non è abituato a questi rumori, eh?- Sorrise il ragazzo, divertito dalla reazione del giovane maestro.
Arrossendo, Louis convenne con lui.
-Anche per me è stato un po' strano, all'inizio.. ma è un bel posto, tutto sommato- commentò Harry.
-Non sei di qui?-
-No; sono di Denver. Sono qui solo da qualche mese-
Louis lo osservò, stimando che non arrivasse ai diciotto anni.
-Quanti anni hai, Harry?-
-Sedici, signore-
-Puoi darmi del tu- gli disse gentilmente Louis.
-Oh, no..non mi sentirei a mio agio..voglio dire, grazie, ma lei è..- si impappino' il ragazzo, e Louis lo guardò arrossire.
-Ok, ho capito. Ma mi fai sentire vecchio. Almeno chiamami per nome, per favore. Lo fanno anche i miei alunni-
Harry sorrise. Grace glielo aveva raccontato.
-Lei di dov'è?-
-Sono nato e cresciuto a Boston- rivelò Louis, sedendosi di nuovo sulla panchina su cui aveva abbandonato borsa e libro.
Il ragazzo prese posto accanto a lui, e senza accorgersene intavolarono una chiacchierata piacevole per entrambi.
Harry, al quale parevano passati solo pochi minuti, si interruppe a metà di un discorso con gli occhi sbarrati, mentre il campanile della chiesetta batteva tre tocchi.
-Merd...cavolo sono in ritardo per aprire il negozio!- Esclamò alzandosi in piedi, divertendo Louis.
-Ti accompagno, è colpa mia se hai fatto tardi- gli disse, alzandosi a sua volta.
In pochi minuti erano al negozio. Per fortuna nessun cliente era in attesa davanti, per cui Harry si rilassò un pochino. Non gli era mai successo di fare tardi, finora.
Attraversarono la stanza accogliente che fungeva da negozio ed entrarono in quella del forno.
-Ora ti lascio lavorare..- disse Louis, anche se non aveva nessuna voglia di andarsene. Harry era l'unica persona che conosceva in quel posto, e trovava la sua compagnia gratificante.
-Non mi disturba affatto; possiamo parlare mentre preparo le torte per il caffè di Sue-
Louis aggrotto' la fronte, non capendo.
-Non facciamo solo il pane e le paste che vendiamo, ma riforniamo anche il piccolo caffè di Sue, il ristorante..ed il saloon-
Il tono con cui aveva finito la frase fece intendere a Louis che non gradisse molto l'ultimo locale nominato.
-Ho visto l'insegna stamane, quando sono arrivato. Che posto è?-
Harry spalancò gli occhi ed arrossi', e Louis si affrettò a spiegare:
-Intendo, a Boston ci sono dei locali in cui c'è il palcoscenico e vengono messi in atto degli spettacoli, dei balletti, cose così..Volevo chiederti se il vostro saloon era in quello stile, o in stile..come dire..-
-Bordello?-
Fu il turno di Louis di arrossire.
Harry, anche se imbarazzato dall'argomento, continuò:
-Sì, è decisamente in stile bordello. Ed il proprietario, Tom, beh lui..è un uomo che non ha la mia stima-
Louis fu colpito dalle parole del ragazzo, e rimase in silenzio per qualche minuto, mentre lo osservava radunare gli ingredienti per preparare gli impasti. Era rapido ed aggraziato, perché era a suo agio. Faceva presagire l'uomo che sarebbe diventato.
Louis era seduto sul bancone e si sentì all'improvviso a disagio. Cosa ci faceva lì, ad importunare con le sue chiacchiere un ragazzino di dieci anni più giovane di lui? Avrebbe potuto essere il suo insegnante!
Si alzò con un moto di irritazione che Harry non colse, intento ad estrarre il burro dalla ghiacciaia.
-Harry, grazie della compagnia, ma ora devo andare, ho da fare.-
L'espressione delusa degli occhi verdi del ragazzo lo fece sentire in colpa, e gli si rivolse in tono più gentile.
-Ci vediamo presto, Harry. Grazie-
-A rivederci, Louis- lo salutò lui, trovando finalmente il coraggio di chiamarlo per nome.
Le settimane seguenti passarono veloci.
Louis si ambientò nella scuola, conoscendo e facendosi conoscere a sua volta dagli alunni; la solidarietà dei compaesani lo fece sentire ben accolto, perché non ci fu sera in cui non fu invitato a cena ora da una ora dall'altra famiglia, che parevano quasi contenderselo.
Tornò tutti i giorni nella piccola bottega del fornaio, abituandosi a fare colazione col latte ed il pane appena sfornato di Harry.
Al pomeriggio, usciva per andare a leggere all'ombra degli alberi, e spesso il ragazzo si fermava a fare due chiacchiere.
Arrivò così ottobre.
Quel giorno il tempo era incerto, per la prima volta da quando era arrivato. La cappa di calura abituale era alleviata da un venticello fresco che prometteva pioggia.
Louis stava telegrafando a Boston, voleva sapere perché la sua famiglia non gli avesse ancora mandato il suo pianoforte.
Al minuscolo ufficio del telegrafo, quel giorno, entrò dopo di lui il proprietario del saloon, il signor Blake. Non vi aveva mai scambiato più di un saluto; quindi si stupì alquanto quando l'uomo, che poteva essere sulla quarantina, gli rivolse la parola.
-Signor Tomlinson. Non l'ho ancora vista passare nel mio locale. Ho involontariamente ascoltato i suoi discorsi: se vuole, al saloon abbiamo un piano- gli disse, con un sorrisetto.
Louis, ben lontano dal farsi spiazzare da uno così, gli rispose subito:
-Lei è molto gentile, signor Blake, e la ringrazio tanto; tuttavia il mio ruolo qui prevede che io sia anche di esempio per i miei alunni, e temo che il frequentare il suo locale non lo sia. Senza offesa-
L'altro rise, gettando la testa all'indietro. Pareva avere senso dell'umorismo, considerò Louis.
-Capisco; tutto sta negli occhi di chi guarda e giudica, comunque.. Anche il parroco non disdegna di venire a prendere uno whisky da noi, di tanto in tanto, giusto perché lo sappia- disse poi, con una luce ironica negli occhi che fece sfuggire un sorriso a Louis.
-Terrò presente, allora. Grazie- si decise a rispondere.
L'altro lo considerò come un sì, perché subito ribatté:
-Allora la aspetto stasera. Niente scuse. Le offriro' da bere il primo giro-
Louis non disse né sì né no, riservandosi di decidere per proprio conto quando e se andare, e si salutarono.
Tom Blake lo guardò andarsene, soffermandosi sulla sua figura esile ma ben strutturata. Non vedeva l'ora di avere il giovane maestro nel suo locale.
Era ormai sera, e Louis era un po' nervoso. Non riusciva a spiegarsi quella sensazione di stomaco sottosopra.
Stava andando a cena dallo zio di Harry: la piccola Grace glielo aveva accennato quel mattino, a scuola, e l'invito era stato ripetuto dal fornaio in persona all'uscita da scuola, presentatosi al posto di Harry. Gli aveva detto: -Spero che lei sia libero una sera di queste, signor Tomlinson. Mia figlia mi sta facendo ammattire affinché le chieda se per favore può venire a cena da noi. Se questa sera non ha impegni...-
Louis aveva subito accettato, felice di quell'invito.
Ma nel tardo pomeriggio, mentre si vestiva, aveva iniziato a sentire una vaga apprensione.
Forse, semplicemente gli mancava la sua famiglia, rifletté. Ed il pensare a quella di Grace ed Harry gliela faceva tornare in mente con nostalgia.
Con questi pensieri, si presentò a casa Cox. Salì le scale del patio e bussò alla porta, sentendo abbaiare un cane e una voce femminile che diceva:
-Caro, vai tu alla porta per favore?-
Subito dopo l'uscio si spalancò, ed Harry si trovò di fronte un mazzo di fiori.
-Ehm..buonasera- disse, appoggiando una mano sul polso di Louis per fargli abbassare il mazzo ed allungandosi al di sopra per vederlo.
-Ciao Harry- lo salutò il maestro, ed Harry sentì il cuore fare una capriola osservando il bellissimo viso di Louis aprirsi in un sorriso.
Si fece da parte per farlo passare, mentre veniva avanti il signor Cox.
-Benvenuto a casa nostra, signor Tomlinson! Venga da questa parte, le presento mia moglie-
Harry richiuse l'uscio, cercando di calmare i battiti impazziti del suo cuore. Louis era l'uomo più bello che avesse mai visto, più bello ancora di Tom Blake, e lo faceva sentire strano.
Raggiunse gli altri in salotto proprio mentre Louis conosceva finalmente la zia Emily, che era rimasta per qualche tempo a riposo per un problema di salute. Ad Harry non era stato detto direttamente, ma aveva capito che la gravidanza avesse presentato qualche disturbo, e si prodigava per aiutare più che poteva in casa, sostituendo di fatto, con l'aiuto di Grace, la zia.
-La ringrazio tantissimo, signor Tomlinson. Sono meravigliosi- lo ringraziò Emily, aspirando il profumo del fascio di fiori che teneva in braccio.
-Mi perdoni se non mi alzo, e mi scuso tantissimo del ritardo di questo invito, ma ho avuto qualche problema di salute- si scusò la donna, seduta sulla poltrona.
-Ma sono io a scusarmi, non volevo disturbare accettando il vostro invito..- replicò Louis, al che la donna lo interruppe con un sorriso:
-Lei non disturba affatto, anzi ci fa molto piacere avere l'onore della sua presenza stasera. Hanno preparato tutto mio nipote Harry e mia figlia, io non ho fatto nulla-
-E poi Grace ci avrebbe dato il tormento, se avessimo aspettato ancora- scherzo' il signor Cox sorridendo ai danni della figlia, che avvampo', protestando:
-Ma papà!-
Louis si sentì subito a suo agio. Erano cordiali e semplici, e gli ricordavano davvero la sua famiglia.
Harry aveva davvero preparato la cena con l'aiuto della cuginetta, e sostituì la zia in tutto e per tutto, alzandosi per servire, mentre Grace, servizievole, cambiava i piatti.
Il ragazzo non pareva affatto a disagio nell'avere quello che abitualmente era un ruolo da donne. Louis lo apprezzò moltissimo: era chiaro che lo facesse per la zia, che aveva tutto il suo affetto, e questo glielo rese più caro.
La giovane donna, dal canto suo, lo trattava come un figlio. Louis si chiese come fossero i genitori di Harry. Non ne avevano mai parlato.
Durante la cena chiacchierarono piacevolmente; sia Emily che Peter, lo zio di Harry, erano di buona compagnia ed in grado di sostenere una conversazione gradevole ed interessante.
Grace era ovviamente intimidita dalla presenza del suo maestro, per il quale aveva preso una cotta paurosa, come quasi tutte le bambine della sua classe. Nel suo cuore il giovane era arrivato quasi vicino al posto di Harry, ed era tutto dire.
Quest'ultimo era stranamente silenzioso. Ascoltava quietamente, intervenendo solo se interpellato; osservava Louis con un'espressione imbambolata.
-Cosa ti succede, caro? Sei stanco?- Gli chiese ad un certo punto Emily.
-No, sto bene, zia- rispose Harry, tornando all'improvviso alla realtà.
Si era incantato ad osservare Louis, ed arrossi', sperando che nessuno se ne fosse accorto.
-Sei un cuoco eccellente- si complimentò Louis, facendolo avvampare maggiormente.
-Grazie..mi ha aiutato Grace- minimizzò.
-Anche tu sei stata bravissima- le si rivolse il maestro, e Grace si illuminò, gratificata.
Finito il pasto, Louis rimase ancora a lungo a chiacchierare, fino a che non si rese conto che Emily sembrasse stanca. Allora decise di togliere il disturbo.
-Se ne va di già?- Protestò cordialmente Peter.
-Rimarrei volentieri, ma ho già approfittato anche troppo della vostra ospitalità.. e poi ho una mezza promessa a cui, onestamente, non so se tener fede- disse, decidendo di chiedere un parere all'uomo.
-Cosa deve fare?-
-Il signor Blake mi ha chiesto esplicitamente di passare al suo locale, che io non conosco, e non so se sia il caso. Non mi interessa il genere di intrattenimenti che offre, ma non voglio nemmeno essere scortese, capisce?-
Peter gli sorrise:
-Lei è un brav'uomo, signor Tomlinson. Se vuole, e se Emily se la sente di stare a casa con Grace, potremmo accompagnarla io ed Harry-
Harry sussulto': odiava entrare al saloon. Odiava le occhiate di Blake, anche se ammetteva che era un gran bell'uomo. Finora, complice la sua giovane età, aveva sempre evitato il più possibile quel luogo, costretto ad entrarci soltanto per evadere gli ordini di prodotti da forno.
-Vai pure tesoro; Grace ed io andremo a letto. Tenete d'occhio Harry- disse Emily.
-Ma io non voglio disturbarvi..- protestò Louis; ricordava quello che gli aveva detto il ragazzo in merito.
-Non è un disturbo. Ogni tanto ci vado, per bere uno whisky, anche se in genere preferisco rimanere qui a godermi la mia famiglia- rispose Peter guardando la moglie con un sorriso talmente tenero che Louis ed Harry distolsero lo sguardo.
Presero le giacche, ed uscirono.
Era ormai buio, ma le stelle e la luna erano coperte dalle nubi.
Peter e Louis chiacchierarono tranquillamente, mentre Harry restava in silenzio dietro di loro.
Lo zio si rese conto dell'imbarazzo del nipote, perché ad un tratto si fermò ed attese che Harry li raggiungesse, mettendogli un braccio sulla spalla:
-Suvvia, Harry, sembra che tu stia andando al patibolo! Sei ancora offeso con Tom?-
Il ragazzo ringraziò l'oscurità che impediva a Louis di far vedere le sue gote vermiglie.
-No, ma che dici..- protestò.
-Perché, che è successo?- Si incuriosì Louis, divertito.
Harry gli scoccò un'occhiataccia che brillò nel buio.
Lo zio intervenne:
-Tom..beh, l'ha visto anche lei, è piuttosto libertino e sfacciato; ha fatto degli apprezzamenti su mio nipote, il quale l'ha presa male...ma ti ho detto che non devi far caso a quello che dice- finì, rivolto al nipote.
-Zio, basta- lo supplicò Harry, facendolo ridacchiare.
-Ok, ok. Beviamo qualcosa e poi torniamo a casa, d'accordo? Altrimenti domattina non riusciremo ad alzarci, e nessuno mangerà pane- scherzò.
Davanti al saloon c'erano un paio di uomini che bevevano birra, coi boccali appoggiati a dei tini rovesciati. Dall'ingresso provenivano risate e chiacchiere, ma non musica, notò Louis.
Salirono i gradini, e Peter venne salutato da tutti. Si fermò a scambiare qualche parola gentile con ognuno di loro; era proprio un uomo cortese e disponibile.
Una volta entrati, Louis sospirò. Era esattamente quello che si aspettava: un bordello.
C'erano due tavolini su cui alcuni avventori giocavano a poker, c'erano persone sedute al bancone che sorseggiavano bicchierini, e c'erano alcune ragazze in abiti discinti che passavano discretamente tra i tavoli, per trovare clientela per i loro servigi.
Si sedettero ad un tavolino libero, mentre Tom in persona si avvicinava:
-Peter Cox! È un secolo che non ti fai vedere da queste parti! Ed il signor Tomlinson! Sono felice che mi abbia preso in parola-
L'uomo fece scivolare il suo sguardo divertito su Harry, mettendolo a disagio:
-Vedo che avete con voi la compagnia del giovane Harry..benvenuto, ragazzino-
-Buonasera, Tom. Io gradirei uno whisky; lo stesso per lei, signor Tomlinson?- Chiese Peter. Louis annuì. Peter si rivolse al nipote:
-Tu cosa prendi, Harry?-
Il proprietario intervenne con un sorrisetto strafottente:
-Al giovane Harry non posso servire alcolici..ha ancora la bocca sporca di latte, Peter-
-Oh, sono certo che troverai il modo di portargli qualcosa di adeguato, allora- esclamò Peter, mentre Harry arrossiva.
-Per te farò un'eccezione, ragazzino. Cosa vuoi bere? Una birra?- Gli si rivolse in tono strafottente il proprietario, guardandolo come un gatto guarda un uccellino, con sguardo famelico.
Louis si senti' in pena per lui, ed istintivamente gli diede un colpetto con la mano sul ginocchio sotto al tavolo, come per rassicurarlo. Harry si sbloccò:
-Portami un the per favore, Tom. Se bevo birra, non riuscirò ad alzarmi tra poche ore-
Blake buttò indietro la testa sganasciando fragorosamente, coi lunghi capelli biondi a sfiorargli le braccia muscolose.
-D'accordo, ragazzino. Ti riconosco il coraggio: ci vuole fegato ad entrare qui ed ordinare del the- disse infine, allontanandosi.
Harry si rilassò visibilmente, rivolgendo uno sguardo grato a Louis.
Rimasero qualche istante a guardarsi intorno, poi Louis esclamò:
-Mi aveva detto di avere un pianoforte, ma non vedo niente del genere..-
Peter gli indicò la direzione giusta.
-Ah, eccolo là- disse, soddisfatto.
-Lei suona?- Gli chiese Harry.
-Strimpello- rispose Louis, modesto. In realtà era piuttosto bravo.
-Ci faccia sentire qualcosa!- Si illuminò subito il ragazzo.
-Oh no, no, è un secolo che non suono- disse precipitosamente Louis, ma Harry lo sorprese appoggiandogli una mano sul braccio:
-La prego..mia madre suona sempre il piano, e mi manca sentirlo..-
Ammaliato dagli occhioni sgranati di Harry, Louis non poté fare a meno che annuire, soggiogato dalla supplica che vi lesse. Peter rise, e colse su di lui uno sguardo consapevole.
-Ha lo stesso sguardo di mia sorella, sua madre. È impossibile dire di no quando ti guardano così- spiegò. Harry protesto', ma era felice di aver convinto il giovane a suonare.
Appena Tom tornò con le loro ordinazioni, facendo arrossire nuovamente Harry per il suo - eccoti il tuo the, micino..vedi di non scottarti le labbra, sarebbe un peccato- e tirandosi contro un bonario rimprovero di Peter, Louis gli chiese il permesso di poter suonare.
-Aspettavo che me lo chiedesse, signor Tomlinson. Prego: è tutto suo- rispose, con un gesto rivolto allo strumento, mentre tornava dietro al bancone.
Il giovane bevve un sorso di whisky, facendo una piccola smorfia verso Harry, per farlo ridere. Poi si avvicinò al piano, sedendosi sullo sgabello.
Subito una ragazza gli si avvicinò.
-Buonasera..è il nuovo pianista?- Chiese sorridendo.
-No..sono il maestro. Louis Tomlinson, signorina- si presentò cortesemente.
La ragazza si appoggiò con fare provocante al piano, mettendo in mostra il décolleté.
Louis non la badò.
Cercò lo sguardo di Harry, poi alzò gli occhi al cielo, segretamente contento di vederlo ridacchiare. Certo di avere la sua attenzione, si sgranchi' le dita ed iniziò a suonare la prima canzone che lesse sullo spartito.
Harry era affascinato. Louis era bravissimo; la sala era passata dalle chiacchiere e le risate sguaiate ad un chiacchiericcio sommesso, perché molti avventori erano all'ascolto del giovane.
Louis suonò qualche canzone leggendo gli spartiti, poi chiuse gli occhi ed improvvisò, beandosi della musica, traendone godimento puro.
Quando smise, scattò l'applauso. Si era quasi scordato di dov'era e si sorprese. Da dietro al bancone vide persino Tom accennare un lento applauso e rivolgergli un cenno con la testa.
Fece un breve inchino scherzoso, e tornò al tavolo da un Peter stupito. Si sedette, mentre l'uomo si complimentava:
-Per Dio, lei è bravissimo! È un musicista nato!-
Louis si strinse modestamente nelle spalle, ringraziandolo, e solo allora guardò Harry.
Degluti'.
Il ragazzo aveva gli occhi inumiditi, e sembravano ancora più grandi e più verdi di sempre. Le gote erano lievemente arrossate, e si stava mordendo un labbro, nel palese tentativo di non farsi scappare una lacrima.
Il ragazzo si era commosso.
Non trattenne l'impulso, e gli accarezzò una guancia col dorso di un dito, sorridendogli.
Su di loro, due sguardi. Quello bonario e paterno di Peter, e quello consapevole di Tom, che si vedeva sfuggire sotto le dita due dei più affascinanti ragazzi che avesse mai incontrato.
-Pazienza- disse. Il suo aiuto cuoco lo guardò interrogativamente.
-No, niente- disse, e l'altro tornò a lavoro.
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