Capitolo 30 di Ashton Taylor
Essere accusato ingiustamente è una delle cose che odio di più, forse una di quelle che riescono a farmi male davvero. Senti la rabbia crescere rapidamente in te e vorresti stravolgere tutto, vorresti gridare che no, non sei tu il colpevole, non sei tu colui contro cui dovrebbero sbraitare. Ma diventa difficile quando il mondo non ti crede, quando nessuno ti crede. E allora tu non parli, non fiati, incassi i colpi e nel frattempo lucidi i guantoni per il round che decreterà la fine dello scontro.
Dopotutto noi siamo abituati a questo, siamo abituati a sentirci dire che valiamo zero anche quando di noi stessi diamo sempre il cento percento.
Per quelli come noi, è sempre stato così, fin da piccoli. Prima di imparare ad andare in bicicletta, abbiamo dovuto imparare il modo per difenderci dai pregiudizi. E prima ancora di fare i conti con loro e con i pessimi individui che sono soliti parlare senza riflettere e giudicare senza conoscere minimamente, abbiamo dovuto batterci contro noi stessi, accettare quello che siamo, le nostre origini, la nostra famiglia. Poi, dopo aver accettato e incassato, bisogna difendersi. E noi, quando si tratta di difendere l'orgoglio e la dignità attacchiamo senza nessuna pietà. È così che, prima di poter desiderare una sorta di tregua o la benché minima briciola di coscienza da parte di entrambe le facce della medaglia, ci siamo ritrovati in guerra contro chi, ogni giorno, ci guarda dall'alto verso il basso, credendosi diverso grazie al conforto e al calore del portafogli nella tasca. Come se non avessimo tutti due occhi, un naso, una bocca e, soprattutto, un cuore.
È questa nostra mancanza di comprensione l'apocalisse da cui tanto cerchiamo di sfuggire. Ma non possiamo scappare, nessuno può farlo. Prima o poi, ognuno di noi pagherà tutte le conseguenze. È solo questione di tempo, lo so bene.
Quando scendo al piano di sotto per fare colazione, Dylan è stravaccato sul bancone della cucina. Tra le mani agita una birra, facendo ondeggiare il collo della bottiglia sotto il naso.
«Dy, ma come riesci a scolarti una birra di prima mattina?» gli domando, annunciandogli così la mia presenza. Mi avvicino e prendo il contenitore di vetro dalle sue mani, annusandone il contenuto.
«Ma questo è succo di frutta!» lui alza le spalle.
«Si è rotto il cartone»
Scuoto la testa un po' confuso.
«Sembri ubriaco»
«Nah, mi deprimo in silenzio»
«E perchè mai?»
«Siamo arrivati fino a lì e non l'ho vista, capisci?» sussurra stropicciandosi gli occhi, come se fosse disperato.
«Chi?» domando in un primo momento, non capendo a chi si riferisse.
«Come chi? Lei!»
Ah, ora è tutto più chiaro.
Sta degenerando. E la colpa è tutta da attribuire a Violet, la coinquilina chic di Anita.
«Ci siamo intrufolati nella scuola di notte, abbiamo vagato per venti minuti nel buio più totale, sostenuto un quasi combattimento con delle guardie e, in tutto questo, non sono riuscito a vederla» mi comunica sempre più abbattuto di secondo in secondo.
Scuoto la testa più contrariato. Nulla da fare, è completamente andato.
«A quanto pare, qui qualcuno è innamorato perso» lo punzecchio un po', giusto per ottenere qualche segnale di vita da parte sua.
«Sì, e io non ho paura di ammetterlo, a differenza di qualcun altro» controbatte in modo deciso.
Ahia, questo è un colpo basso.
Do un morso alla mela che ho tra le mani e fingo la massima indifferenza. Dannato migliore amico che mi conosce come le sue tasche.
«Preoccupiamoci di cose serie: ci siamo infiltrati di notte in un edificio pubblico vigilato, uno dei più importanti di Chicago, aggiungerei. Ci hanno beccato e volevano metterci dentro per un fottuto furto con il quale non c'entravamo un emerito cazzo. Adesso cosa facciamo, eh?»
«Ash, calmati. Era buio e la nostra reazione è stata immediata, non ci hanno visto accuratamente, siamo fuori pericolo, fidati»
«Ma le hai viste quelle guardie? Sono quasi certo che in quel dannato posto ci siano più telecamere che figli di papà, e lì ce ne sono tanti, sai?»
«Altro motivo per cui tranquillizzarci, le telecamere avranno ripreso certamente i veri colpevoli di quella misfatta e, nel casino generale, non si ricorderanno neppure di due ragazzi un po' trasgressivi beccati per caso»
«E se qualcosa andasse storto? Potremmo essere nei guai Dy»
«Smettila di essere così pessimista, amico. Ieri abbiamo fatto una cazzata, che lo sarebbe stata di meno se avessimo raggiunto il nostro obiettivo, ovvero vedere e parlare con le ragazze»
«Il tuo obiettivo, vorrai precisare»
«Intanto tu eri lì con me»
«Non lo avessi mai fatto...»
«Non ricominciare, beviti una finta birra anche tu e andiamo in officina, altrimenti Leonard ci fa un culo così» con le mani indica la grandezza del culo che ci ritroveremmo se il nostro capo si arrabbiasse di lunedì mattina. Annuisco, concordando con il mio coinquilino. Sbuffo più volte prima di dirigermi in bagno per lavarmi i denti.
Il mio sguardo si posa sulla figura che appare nello specchio. Il vero Ashton è proprio lì, intrappolato senza alcuna via di fuga, che persiste a fissarmi e a pormi la domanda che segretamente temo più di ogni altra cosa:
"Tu chi sei?"
Purtroppo, è una di quelle domande a cui non basta rispondere semplicemente Ashton Taylor, una di quelle a cui non trovi risposta in alcun modo e allora finisci per trascorrere tutti i giorni della tua misera vita almanaccando senza sosta, senza un momento in cui fermarsi e poter finalmente affermare di essere consapevoli di ciò che si è, fino in fondo, senza paura. Le cose non potranno mai cambiare, sono destinato ad essere il riverbero di qualcun alto e a rimanere impotente dinanzi alla sconvolgente verità.
Passo l'asciugamano pulito sul viso, tamponando i ricci disordinati e umidi. Vari pensieri mi tormentano, e una brutta sensazione s'insinua dentro di me. Mi sento così dannatamente inquieto da non riuscire a spiegarmelo.
Trovo assurda la grandissima coincidenza che abbiamo vissuto un paio di ore fa, beccati insieme e in piena notte nello stesso piano in cui pochi attimi prima era stato compiuto un furto, per giunta in uno degli edifici più importanti di Chicago. La situazione non fa altro che destarmi paranoie su paranoie, eppure qualcosa non torna. Per tutta la notte non ho fatto che rimuginare, riflettere, senza trovare quel dettaglio, quell'unico e maledetto dettaglio in più che mi avrebbe concesso il lusso di una certezza. E, per tutto il tempo, il vivido sospetto che qualcuno abbia fatto sì che le cose finissero di proposito in quel modo si è insinuato viscidamente nella mia testa e nei meandri della mia ragione.
Possibile che ci siamo soltanto trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato? Che si sia trattato solo di una stupida coincidenza che, tuttavia, potrebbe danneggiarci a tal punto?
Pensa, Ashton, pensa. Chi avrebbe potuto mai immaginare che a quell'ora io sarei stato lì, nello stesso edificio in cui per altro vive anche Anita?
C'è solo una persona che avrebbe potuto seguirmi e spiarmi, procurarsi velocemente informazioni sul conto di Anita e organizzare tutto un complotto per incastrare me e automaticamente anche Dylan.
E quella persona è lui: Connor Bennett.
Maledetto pezzo di merda.
Maledetti scagnozzi che gli leccano il culo e lo venerano come se fosse un Dio. Quel giorno mancava così poco. Avrei potuto liberare il mondo da un peso ingombrante come il suo e, premendo il grilletto, l'avrei trascinato all'inferno, il posto in cui merita di stare. Ma non l'ho fatto, non nè ho avuto le palle, non ci sono riuscito perchè dietro quei tubi vi era la figura mortificata di una pazza che, in un attimo, ha reso la mia vita tutta una meravigliosa follia.
Straordinaria, ma pur sempre una follia. Di quelle pericolose, di quelle che t'illudono, di quelle che ti lacerano nel profondo, ti fanno impazzire perchè arrivi a non provare alcun dolore e nel frattempo muori dissanguato.
Corro nuovamente verso la cucina, entrandoci di slancio. Scorgo Dylan intento ad analizzare minuziosamente l'interno del frigorifero e, in fretta, lo richiudo per ottenere tutta la sua attenzione.
«Dylan, devo parlare assolutamente con Anita»
Lei è in pericolo, sanno dove abita, l'hanno scovata, potrebbero farle del male per colpa mia.
«Ahhh, finalmente ti sei deciso!» un gran sorrisone illumina il suo volto.
Mi sono deciso un corno!
«Ad ogni modo, credo che tu debba aspettare ancora un po', non mi sembra il caso di farci beccare nei dintorni dell'università» asserisce, fingendo una prudenza che non gli è mai appartenuta.
«Tu non capisci, Dy. Io ho bisogno di parlare con lei, subito»
«Ash, non...» la voce del mio migliore amico viene interrotta da colpi insistenti battuti sulla porta di casa. Confusi voltiamo la testa verso quella direzione e, in seguito, come se una terribile previsione avesse sfiorato all'unisono le nostre menti, torniamo a guardarci negli occhi e a comunicare attraverso un lungo sguardo d'intesa. Mi sporgo oltre i fornelli e con la mano sposto di poco la tendina grigia che copre la piccola finestra.
Cazzo, cazzo, cazzo.
Mi abbasso di scatto e con una presa ferrea lo costringo a fare altrettanto.
«Siamo nella merda»
«Non dirmi che...?»
«Sì, Dylan, fuori ci sono due fottuti polizziotti!»
«Qui è la polizia, aprite immediatamente o saremo costretti a sfondare l'ingresso e proseguire con la forza!» una voce autoritaria giunge alle nostre orecchie.
«Vado ad aprire, vorranno essere a conoscenza di tutto quello che sappiamo»
«No! Dylan, dobbiamo andarcene»
«Ma sei impazzito? Scappare è l'atteggiamento tipico di una persona colpevole, e noi non abbiamo fatto nulla!»
«Non capisci Dylan...io...mi hanno incastrato, ci hanno incastrati! Ti prego ascoltami, dobbiamo andarcene, ti giuro che dopo ti spiego tutto»
Lui mi guarda con esitazione, indeciso sul da farsi. Ma infine annuisce.
«D'accordo, mi fido di te. Vieni, passiamo dal retro» gli faccio segno di aspettare un attimo e senza produrre il minimo rumore posiziono una sedia sotto la maniglia della porta d'ingresso.
Poi, raggiungo Dylan e ci spostiamo per la cucina, fino ad attraversare la porta d'uscita secondaria. Attenti a non far rumore cerco di mettere un freno al suono rimbombante del cuore che batte accelerato nel mio petto.
Se ci prendono, è finita.
Connor manderà una sua spia del cazzo nella mia cella di notte per farmi fuori in un attimo, magari prima mi farà avere tra le mani le foto della fine che farà fare a tutte le persone a cui tengo. Quelle che, consapevoli fino a un certo punto di chi sia stato Ashton Taylor e di chi sia tutt'ora, hanno comunque strappato un briciolo del loro amore per donarmelo.
Il sudore mi si appiccica sulla fronte, a tratti vedo soltanto rosso intorno a me. Picchio con forza due schiaffi sulle guance, fregandomene altamente di poter sembrare un idiota. Devo restare lucido, devo trovare una soluzione e devo farlo in fretta. Quando i polizziotti tentano di forzare l'ingresso con l'intenzione di invadere il nostro appartamento, noi agilmente raggiriamo il cortile e ci ritroviamo sulla strada principale.
Avremmo dovuto darcela a gambe, correre fino a sentire i polmoni in gola, fino a percepire la pelle accaldata e il corpo in fiamme, fino ad ascoltate i battiti tumultuosi che senza sosta avrebbero permesso al sangue di fluire più velocemente nelle nostre vene.
Ma io non mi muovo, mi paralizzo completamente e sembro fatto di piombo quando davanti a me, a circa tre metri, c'è l'unica persona che, nonostante non avrei mai dovuto desiderare rivedere, era l'unica che volessi realmente avere al mio fianco.
Il suo sguardo mi scruta impassibile, i suoi occhioni scuri mi perquisiscono fino a denudarmi anche dell'anima. Il suo petto si alza e si abbassa ritmicamente per via del fiatone persistente. Ha corso senza sosta, è entrata in periferia nonostante i miei avvertimenti, ed ora è qui, davanti a me. Lei sta donando a me, che ho saputo offrirle solo delusione e amarezza, la cosa più preziosa che potesse mai concedermi: la sua presenza. E quando le sue labbra si muovono con estenuante lentezza, sparisce ogni cosa. Inspiegabilmente, è come se mi fossi messo a correre pur restando semplicemente immobile.
Dannazione, cosa mi sta facendo?
Angolo autrice:
Salve! Come state?
Ecco a voi il capitolo di Ash.
Cosa pensate che accadrà, adesso? Ashton avrà la possibilità di parlare con Anita? Lui e Dylan verranno arrestati o riusciranno a scamparla anche 'stavolta? Quanto accaduto nei capitoli precedenti è solo una coincidenza o un piano premeditato da Connor come Ash teme che sia? Spero di avervi un po' incuriositi! 😉
//Lucy🐧
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