Capitolo 12 di Ashton Taylor

Il clamore era alle stelle.

Non esisteva nulla al mondo in grado di tranquillizzarmi e, allo stesso tempo, farmi provare adrenalina allo stato puro come invece accadeva nel fare ciò che più mi faceva sentire vivo.

I motori, le corse, la vittoria.

Guardavo le auto più belle che avessi mai guidato mentre sfrecciavano a tutta velocità tra le corsie improvvisate del Covo, il rombo familiare che riesce a rilassarmi e a ricordare al mondo che anche Ashton Taylor esiste e resiste fino alla fine, fino alla vittoria.

Era illegale tutto questo, ma dopotutto chi di noi conosce il significato di legalità in un posto come quello che chiamiamo casa?
Il luogo in cui chi ti vede a terra ti passa sopra come se nulla fosse, quello in cui chi non mangia da giorni non si fa problemi ad aggredire donne, anziani, bambini pur di avere tra le mani qualche lurida banconota.

Ma che ne sappiamo noi di ciò che è giusto fare? Nessuno ci ha insegnato come vivere e allora noi lo facciamo a modo nostro. Questo è il mio modo di vivere e ora sono esattamente dove vorrei essere.

Seduto al posto di guida accarezzo il manubrio nero rivestito, regolo gli specchietti, controllo che tutto sia al suo posto, funzionante e pronto per affrontare l'ennesima gara del mese e guadagnarmi il famigerato primo posto.

Questa sera sono in palio £ 2.500 e all'aumentare dei rozzi e sfrenati spettatori le mani di Jp vanno a riempirsi sempre più di banconote.

Janpiere Varonsky, detto semplicemente Jp, è da sempre un mio caro amico, o caro manager, come lui ama definirsi. È nato in Francia ma ha origini marocchine da parte della madre. Alla morte di quest'ultima ha deciso, con gli ultimi risparmi, di partire insieme al fratello gemello per gli Stati Uniti.

Ed eccoli qui, a presentare le attrazioni paradisiache del Covo da fanatici del divertimento e del denaro quali sono. Ma non importa, lui è sempre stato un amico fedele e inoltre è colui che si occupa della mia auto quando non ci gareggio. La mia bimba è una stupenda Toyota Supra Turbo, elaborata da me e Jp nel giro di un mesetto con tanto impegno e dedizione.

Questa sera dovrò affrontare il campione del terzultimo quartiere, un certo tipo che si fa chiamare Ares.
Ho sentito parlare di lui mentre giungevo alla mia macchina e in molti hanno scommesso sulla sua vittoria e sulla sua velocità imbattibile. La cosa non mi tocca minimamente, anzi meglio così, più scommettono su di lui più soldi vincerò io alla fine della gara.

Chiuso tra gli sportelli della mia confortante auto, di tutta la confusione che vi è oltre mi giunge solo un brusìo ovattato. Non potrei chiedere di meglio.

Non è lo stesso quando, dal momento in cui mi ritrovo ad abbassare il finestrino, ogni rumore arriva dirompente, stravolgendo ogni mio pensiero.

«Hey amico, ti senti carico? Spacca il culo al Dio della guerra e avrai il rispetto anche di Zeus!» Jp poggia le mani sulla parte superiore della Toyota nera metallizzata con strisce laterali rosso fuoco e a tratti arancioni, per trovarsi faccia a faccia con me.

Le sue treccine sgambettano sul viso allungato e pronunciando quella frase i denti bianchi come la neve spuntano dalle labbra carnose.
Il suo entusiasmo e le sue parole suscitano in me un certo divertimento.

«Ci puoi contare».
Sono queste le mie ultime parole prima di rialzare il finestrino e, acclamati dai presenti, io e il mio avversario ci posizioniamo dietro la linea di partenza.

La mia amica Roxy, si fa per dire, si posiziona tra le due auto.
La sua minigonna si muove a ogni movimento delle gambe chilometriche e il top striminzito sembra incapace di coprire il petto generoso.

La guardo a malapena mentre si vanta del suo ruolo con le sue amiche che, da brave ochette starnazzanti, la incitano a dovere.

Si avvicina alla macchina che mi affianca e dalla mia posizione scorgo solo il finestrino abbassarsi e lei sporgersi verso di lui in quello che va definito lungo e passionale bacio. 

Ecco perché non voglio relazioni fisse, tanto meno con una come lei.

Avrei dovuto fare una foto e mandarla a quel cazzuto di Dylan, giusto per rendergli l'idea della ragazza con cui, da un anno a questa parte, cerca in tutti i modi di accoppiarmi.

"Non fa bene contenersi amico mio, devi sfogarti, altrimenti esploderai" Come se fosse semplice, come se bastasse una donna a distrarmi, come se io avessi davvero il diritto di potermi liberare dal peso che mi opprime.
Dylan dovrebbe saperlo che non c'è redenzione per uno come me.
Sono stato condannato, la maledizione che grava sulle mie spalle non può svanire, me la porterò nella tomba.

Dylan non c'è.

Di solito, durante le mie gare, si posiziona in prima fila pronto a farmi con le dita il buffo gesto della vittoria, accompagnando il tutto con un occhiolino che lui reputa affascinante, e per inciso, l'unica spiegazione plausibile per cui vinco ogni gara.

Proprio un coglione il mio migliore amico. Ma gli sono grato anche per questo.

Sospiro quando mi accorgo che effettivamente non lo vedo da nessuna parte, ma non ci faccio caso, probabilmente si trova più in fondo oppure tra qualche energumeno che mi impedisce la vista.

Ritornando a Roxy, mi scocca un occhiolino e un sorriso seducente che avrebbe ammaliato ogni uomo presente al mio posto, ma di certo non me.

La guardo impassibile svolgere il suo ruolo e quando finalmente sento il familiare countdown per la partenza, ritorno in me e lascio che ogni pensiero mi scivoli addosso come l'acqua dagli scogli.

«Pronti, via!» la voce rassicurante di Jp tramite il megafono sovrasta quella di Roxy e mi giunge chiara e cristallina. Neanche un secondo dopo sfreccio a tutto gas tenendo testa al mio avversario.

Ho intenzione di fargli mangiare la polvere ma ben presto mi dimentico di ogni cosa: partendo dalla rivalità con il mio avversario fino a tutti i problemi del presente, gli incubi del passato e le incertezze in cui barcollo del futuro.

Gli occhi fissi sulla strada e il cuore immerso nelle emozioni.
Sono vivo, le sento ancora, sono forti, sono scalpitanti quanto i battiti di questo cuore matto. E inconsapevolmente rido, rido forte, perché mi sembra di squarciare l'aria e nel frattempo risanare gli squarci che mi dilaniano il petto.

E i secondi scorrono, diventano minuti.
Secondo giro, rallento, leggero sorpasso da parte sua, gli resto dietro, serio, imperturbabile.

Quando mi è passato affianco, ho visto il suo ghigno espandersi, contento di avermi superato e certo di avere la vittoria in pugno.

Che stolto.

Lascio che mi tenga testa per alcuni minuti, lo illudo di potermi battere, di avermi sconfitto.

Cominciamo il terzo giro e capisco che è giunto il momento. Clicco il pulsante verde che brilla al posto della radio, azionando così il regalino lasciatomi da Jp.

Il massimo della velocità che io abbia mai sfiorato mi accoglie e mi lascio andare a un sorrisino giulivo.

Quando sono al pari con la Chevrolet Cruze rossa di Ares, anch'essa decisamente modificata, alzo il dito medio nella sua direzione continuando a guardare davanti.

Velocemente porto la mano sulla marcia, ed è un attimo.

Lo supero qualche metro prima di tagliare il traguardo, seguito pochi secondi dopo dall'ormai secondo e ultimo classificato.

Freno con una manovra da paura, tanto da sentire l'asfalto graffiarsi e l'adrenalina scemare mano a mano che realizzo di essere fermo, nella mia macchina con le mani strette sul volante.

Ce l'ho fatta, ho vinto. Ho vinto, anche se nella vita ho perso tutto.

Quando esco dalla macchina vengo sommerso da una moltitudine immane di persone. Si complimentano, mi acclamano, mi battono il pungo. Altri invece sono tutt'altro che contenti, perché il mio traguardo ha fatto sì che perdessero il loro denaro. Ma tutti, indistintamente, hanno occhi che brillano d'entusiasmo.

E anche questa è andata.

Accarezzo il cofano della macchina fino a giungere dall'altra parte. Jp mi sta aspettando, i cui occhi esprimono così tanta contentezza che le iridi nere sembrano brillare come le stelle.

«Il turbo è stato straordinario, vero? Sapevo che lo avresti saputo usare al momento giusto! Guarda qui, bello!» esclama agitando tra le mani ben cinque mazzette abbondanti di denaro.

Me le passa quasi a malincuore, come se il calore che emanano servisse a riscaldargli il cuore; che esagerato.
Le controllo di sfuggita e poi gliene lascio due in una mano mentre nell'altra gli affido le chiavi della Toyota Supra.

«Alla prossima gara, Jp» gli faccio un cenno della testa e prima di andarmene lo vedo posare accuratamente le banconote nel marsupio saldamente appeso al collo e sorridere compiaciuto.

«Ci puoi scommettere Taylor!» lo sento aggiungere e, senza voltarmi, alzo la mano in segno di saluto per assicurargli che sì, lo avevo sentito e che presto ci saremmo incontrati ancora.

Mi guardo intorno, mi si forma un cipiglio sulla fronte e le mie spalle s'irrigidiscono.

Normalmente, dopo ogni gara, sciolta la massa informe di gentaglia, mi si avvicina Dylan, pronti per andarci a prendere una bella birra e festeggiare la vittoria.

Ma questa volta Dylan non c'è.

E se Dylan non c'è vuol dire che deve essere successo qualcosa fuori dai piani, qualcosa che non doveva accadere.

Prendo il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e mi assicuro della presenza di qualche messaggio da parte sua. Nessun messaggio.

Rimetto il cellulare a posto e inizio a camminare velocemente per il Covo alla ricerca del mio migliore amico e del fottutissimo guaio in cui questa volta si è sicuramente cacciato.

***

Ho controllato ogni maledetto angolo del Covo, fatto partire più di dieci chiamate al suo numero, domandato a coloro che di solito frequentiamo maggiormente, ma tutto invano. Ho solo ricevuto la voce meccanica della segreteria telefonica e qualche occhiataccia ad ogni persona sbagliata che scambiavo per lui.

Sono andato persino al ring e alcuni mi hanno riferito che circa due ore prima Dylan si era battuto proprio lì, anche se non era programmato. Ma poi ha lasciato la postazione ed è andato via indenne. Dove si è cacciato?

Se avesse adocchiato una tipa mi avrebbe sicuramente avvisato e non è possibile che il cellulare si sia scaricato.
Oggi pomeriggio mi ha quasi ammazzato con uno scolapasta per estorcermi il caricabatterie!

Non mi piace per nulla questa situazione e, come se non bastasse, ho una bruttissima sensazione.

Se si è ubriacato o fatto senza di me e chissà dove, lo ammazzo.

Sono le 00:15 quando varco i cancelli improvvisati del Covo e inizio a cercare al di fuori di quell'area. Non è possibile che sia scomparso, da qualche parte lo devo pur trovare.

Spero di arrivare in tempo, se dovesse commettere qualche cazzata non me lo perdonerei mai.

Dylan quando è ubriaco impazzisce totalmente, diventa un'altra persona, il suo intelletto va a farsi fottere e inizia a sparare cazzate su cazzate.
Smettila Ashton, da quando sei diventato così paranoico? Mi sembri una fottuta femminuccia in mestruo!

Probabilmente da quando ho perso tutto ciò che avevo, incluso me stesso. E, di sicuro, non voglio ripetere l'esperienza.

Mi porto ripetutamente le mani tra i capelli, chiudo per un secondo gli occhi cercando di riacquisire lucidità.

Ora controllerò nell'ultimo quartiere circostante al Covo, poi ritornerò nel penultimo, dove c'è casa nostra. Se nelle peggiori delle ipotesi non dovesse trovarsi neppure lì, partendo dal penultimo lo cercherò negli altri quattro quartieri. Se non sarà in periferia, ci sarà davvero da preoccuparsi.

Dylan non mette piede nel centro da anni, si può dire. E lo stesso vale per me.

Non siamo i benvenuti da quei Fiorenti di merda e loro non sono i benvenuti da noi. Anche perché potrebbero finire ammazzati o derubati persino dei vestiti.

Ci sono due categorie di persone che noi della periferia odiamo più di ogni altra cosa: i poliziotti e i Fiorenti.

Per non parlare degli scontri tra i sei quartieri. Ormai l'anarchia è diventato il governo preferito dei periferici di Chicago.

Il tempo scorre inesorabile e, presto, mi ritrovo a tornarmene a casa con la testa china e i pugni serrati. Non l'ho trovato. Non so dove possa essere. E mi rammarico, me la prendo con me stesso perché non so fare altro.

Anche questa volta ho fallito.

Angolo autrice:
Heilá, pinguini! Come va?
Ecco a voi il capitolo di Ash.
Che impressione vi ha fatto? Fatemelo sapere nei commenti. Vi saluto.❤
//Lucy🐧

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