Capitolo 1: Vacanze
Esther si incammina per la strada che dalla stazione porta in centro.
Uff!
Non ricordava che la sua città natale fosse così faticosa. Forse era troppo abituata alla comodità e alla versatilità di Vienna. Oppure qualcuno per farle uno scherzo aveva messo degli incudini nella sua valigia. Probabilmente la seconda. Eppure si sentiva con le ali ai piedi.
Un anno!
Era un anno che non tornava a Neptun, la cittadina di neanche quattromila abitanti dove aveva passato l'infanzia. Le sarebbe piaciuto andarci più spesso, ma tra esami e lezioni, non aveva avuto un attimo di tregua. Tutto ciò da quando, tre anni prima, aveva vinto la borsa di studio per il corso di Lettere alla prestigiosa Maria Theresia Universität , dedicata alla grande Imperatrice d'Austria. Era così felice che aveva imparato tutta la sua storia, sapeva persino il suo gusto di tè preferito. Ovviamente era l'unica della sua classe ad averlo fatto. Si distingueva sempre, gli altri la chiamavano streber, secchiona, i suoi amici ungewöhnlich, particolare, sua sorella minore di dodici anni menschlicher Fall, caso umano, i suoi genitori invece, besondere, speciale.
Sinceramente, lei vorrebbe solo che la considerassero per ciò che è: una ragazza di ventidue anni, alta un metro e settanta arrotondando per difetto, che nasconde la miopia dietro due lenti a contatto. Amante della lettura e della scrittura, della musica pop, del viola e del cioccolato. In poche parole, sopravviveva a libri fantasy e film d'amore, anche se d'amore sapeva ben poco.
Stava pensando questo mentre prendeva l'autobus, praticamente vuoto visto visto che quasi tutti avevano l'automobile. Controlla il cellulare con la cover dei Måneskin:
Mamma- Ciao mein schatz, quand'è che arrivi?
Alza gli occhi al cielo. Quando inizierà a chiamarla in un modo diverso da "tesoro mio"?
Tu-tra una ventina di minuti
Mamma-❤️
Tu-❤️
Chiude il cellulare. Intorno a lei ci sono molti anziani, qualche adulto, e anche dei ragazzi, che hanno in viso espressioni che vanno dal sollievo all'ansia, passando dall'insofferenza alla gioia pura. Ragazzi come lei, che tornano dalle città in cui studiano per passare l'estate in famiglia.
E lei, che espressione ha? Si immagina, come se fosse un altro passeggero che la guarda. Sicuramente è felice, ma anche un po' malinconica. Malinconica? Sbatte le palpebre. Perché dovrebbe essere malinconica? Ci arriva da sola. La situazione attuale è tragica. Alla sua scuola, a Vienna, è scomparso uno studente dell'ultimo anno, in circostanze misteriose. La polizia non intende accantonare l'ipotesi che si tratti di un rapimento da parte del gruppo "Red Rose". Come se non ce ne fossero stati tanti altri nel corso degli ultimi tre anni. Da quando aveva iniziato l'Università c'erano state decine di casi simili, e altrettante vittime. Gli insegnanti avevano fatto una testa così agli alunni, li avevano messi in guardia fino alla noia.
Alla fine, anche gli studenti vampiri erano stati penalizzati. Alcuni li insultavano, gli lasciavano scritte offensive ovunque, anche gli insegnanti avevano iniziato a fare discriminazioni. In quanto a lei, Esther aveva sempre cercato di essere imparziale. I suoi compagni vampiri non avevano rapito o ucciso nessuno, perciò non aveva senso trattarli con ostilità.
Stava pensando questo mentre scendeva dall'autobus, e lo stava pensando ancora mentre si incamminava verso casa sua.
La situazione peggiore però, era stata con i ragazzi umani che stavano con dei vampiri. Le occhiate sghembe, i sospetti, e soprattutto gli amici che ti dicevano: ma...forse non è meglio che vi lasciate? Non si sa mai...
Esther aveva consolato una sua amica vampira, Elle, perché la sua ragazza l'aveva lasciata dicendo, forse è meglio che ci prendiamo una pausa, eh?
Tutto ciò è assurdo, pensava, mentre disincastrava le ruote del trolley da una crepa nel selciato. Come dargli torto, però? Sembra di essere tornati nel Medioevo, tra un po' ricominceranno le cacce ai vampiri.
Si guarda intorno. Poche cose erano cambiate. L'albergo più rinomato aveva cambiato il colore delle pareti esterne da bianco a un mix tra nero a dorato, secondo le tendenze del momento. Erano stati cambiati alcuni nomi di locali. Per esempio, un ristorante da "L'antro del Vampiro" era diventato "Il palazzo del Vampiro", un parrucchiere da "La testa a posto" a "Il parrucchiere di Dracula", e il bar da "Che birra ti porto" a "Che sangue ti porto".
Il resto era più o meno uguale... Ah, no, come in altre città il simbolo della farmacia era stato cambiato dalla croce a un semplice caduceo. Le gioiellerie vendevano meno accessori in argento, e le librerie mostravano sempre libri dal gusto un po' dark.
Eh già, es hat sich etwas geändert. Qualcosa è cambiato. Passa davanti alla strada della sua scuola. Non ci sono bambini, sembra un po' desolata. Le altalene si muovono da sole nella leggera brezza di fine primavera, sembrando possedute dagli spiriti che prima vi giocavano allegramente. Più avanti c'è la scuola media, ed Esther è tentata di allungare per vederla, ma poi cambia idea. Non può fare tardi. Tutte le sue intenzioni si vanno a fare benedire, però, quando si ricordò del suo liceo, alcune centinaia di metri più avanti. Cercò di non pensare alla pesante valigia, e si incamminò. Avrebbe fatto un po' di ritardo, ma si disse che ne sarebbe valsa la pena. Dopo dieci minuti di camminata, si ritrovò davanti al non imponente edificio, ma ai suoi occhi bellissimo.
Dalle grandi finestre bianche alle pareti azzurre, dal portone in ferro alla grande palestra al lato, dalle bandiere dell'Austria e della città alla targa in bronzo mezza illeggibile affissa sul muro esterno. Una volta degli studenti poco amanti della scuola l'avevano imbrattata di graffiti, allora lei era andata dalla preside e le aveva chiesto di poterla pulire. Dopo una settimana, alla fine delle lezioni, lei e due collaboratori scolastici avevano passato un'ora e mezza a pulirla. Alcuni hanno detto che è stato un gesto inutile, ma lei ne andava fiera. Ancora si ricorda cosa c'è scritto: "Das Studium im Dienste des Guten". "Lo studio al servizio del bene".
Esther non sa se tutti gli studenti abbiano seguito quel precetto. Lei di sicuro sì. O almeno, farà del suo meglio. Sente una vibrazione.
baka (schwester)- ehy, pk nn sei quà? 🙃
Sua sorella. Ma imparerà mai a scrivere bene al telefono?
Tu: sì, il pullman ha fatto tardi
baka (schwester)-ok, a dopo menschlicher Fall 😜
Tu: a dopo, baka 💘
Si sono accorti che ha fatto tardi, meglio sbrigarsi. Fa dietrofront a malincuore e si incammina verso casa sua, praticamente dall'altra parte della città
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Si ferma a bere un po' d'acqua. È il venti Giugno, ma fa già caldissimo. Controlla l'ora. Se si sbriga, tra cinque minuti sarà a casa. Si fa forza, e ricomincia a trascinarsi dietro la valigia. Ormai la poca gente che passa la guarda strana. Sarà ora di pranzo, l'una passata, e lei è lì a tirarsi dietro una valigia bianca con motivi viola e neri, arrancando per una salita, sudando e ansimando.
Non vedeva l'ora di arrivare dalla mattina, ma ora aveva un motivo in più.
Mancavano ormai poche centinaia di metri. Senza accorgersene, stava ripercorrendo il tragitto che faceva quando tornava da scuola, nonostante non ci fosse quasi nessuno a causa dell'ora. Quanta nostalgia! Ecco, lì c'è il parco, con gli alti alberi e le panchine in legno, poi l'edicola dove comprava il materiale scolastico (avevano riverniciato le serrande da giallo a color crema), e il bar dove prima comprava dolciumi e stuzzichini vari, e più avanti il latte quando se n'era dimenticata di farlo la sera prima e la madre le ordinava di andare, o qualche Gratta & Vinci, nella disperata idea di diventare ricca prima dei vent'anni.
Si sentiva già quasi il profumo della cucina di sua madre e delle chiacchere intelligenti con suo padre, nonché dei battibecchi con sua sorella e delle video chiamate ai parenti che abitavano distante.
Rivedeva la sua camera d'infanzia, con il letto con le lenzuola rigorosamente viola, e i poster degli anime che si guardava un tempo (ora non abbastanza spesso quanto vorrebbe).
Rivedeva il giardino curato in cui aveva giocato tanto, pieno di fiori rosa, rossi, bianchi e gialli, con lo sgabuzzino della caldaia usato anche come rimessa di bici, palloni da calcio, racchette da tennis, parasole e sedie di plastica.
Le sembrava tutto così reale, che probabilmente perse qualche battito quando sentì una mano gelida coprirle la bocca, un'altra che le bloccava le mani dietro la schiena, facendole cadere a terra la valigia, mentre una voce sconosciuta le sussurrava delle parole con voce decisa all'orecchio.
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