Capitolo 1
Non torno ad Orlando ormai da quasi undici anni. Mi sono abituata alla vita parigina. Le uscite di sera con le mie amiche a guardare le luci color oro della Turre Eiffel accendersi. Le discoteche migliori della cittá, il poter bere superalcolici a diciotto anni. Mi mancheranno tutte quelle cose, ma mia madre deve ricevere delle migliori cure mediche perché il suo cancro ai polmoni sta peggiorando sempre di più, giorno per giorno. La vedo soffrire e stare male in continuazione. Piango e soffoco le urla con il cuscino, ogni notte, cercando di non farmi sentire. Da quando è morto mio padre, lei è sempre stata il mio unico punto di riferimento. Ma adesso, vederla in quelle condizioni, non fa altro che farmi provare un dolore immenso al cuore.
«Tesoro, vieni qui, fatti abbracciare. Non ti vedo da un secolo e guarda quanto sei diventata bella», mi dice mia zia Margaret appena ci vede all'uscita dell'aeroporto. Staremo a casa sua fin quando le cose non si sistemeranno. Spero di riuscire a trovare un lavoro al più presto così da cercare una casa stabile in cui stare con mia madre, anche se ha bisogno di essere controllata ventiquattro ore su ventiquattro. «Ciao zia». La abbraccio calorosamente cercando di fare un mezzo sorriso per nascondere la sofferenza che mi porto dentro.
«Lui è mio marito Richard. Ci accompagnerà a casa».
«Sono Kristen, piacere». Mia madre cerca di alzarsi dalla sedia a rotelle per abbracciare sua sorella. «Mamma, ne abbiamo già parlato. Non hai le forze per stare in piedi».
«Kristen, non vedo Margaret da undici anni».
«Kristen ha ragione. Devi rimanere seduta», le dice mia zia stringendo mia madre comunque in un abbraccio.
«Ciao, Richard. Spero che mia sorella ti abbia parlato bene di noi». Entrambi si stringono la mano. «Molto bene. Soprattutto di questa monella qui», le risponde mettendomi una mano in testa e iniziando a scompigliarmi i capelli. Iniziamo già male.
Dopo circa mezz'ora di viaggio in macchina, finalmente arriviamo nella nostra nuova casa, sperando di rimanerci per poco. Ammetto che non sono una ragazza che segue molto le regole, e vivere insieme a tre adulti non fa che peggiorare le cose.
Orlando è rimasta uguale a come la ricordavo. Prima di entrare in casa mi fermo alcuni secondi per guardarmi intorno. «Qualcosa che non va, tesoro?», mi chiede mia zia.
«No, tutto bene. Devo solo fare una cosa».
«Che cosa?». Decido di non risponderle. Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e apro l'applicazione delle mappe. Inizio a camminare velocemente mentre seguo le indicazioni stradali. «Kristen!», sento mia madre urlare, ma non mi fermo. Continuo a camminare fin quando non arrivo al cimitero di Greenwood dopo venti minuti.
«Ciao, papà. Hai visto? Sono tornata a salutarti», dico appena trovo il suo loculo. Mi bacio la mano e la passo sopra la sua foto. Mio padre si chiamava George. Da quanto ricordo, era un bravo papà. Purtroppo la vita gli è stata tolta troppo presto, quando io avevo solo dieci anni. Mia madre ne fu distrutta e quando ricevette una proposta di lavoro a Parigi accettò subito. Voleva cambiare vita e dimenticarsi una volta per tutte di quel maledetto incidente che mi ha portato via la stella che brilla di più nel cielo. Guardo la sua foto ed è la stessa che porto spiegazzata nella custodia del cellulare. Rimango seduta per terra, a fissare quella parete per circa mezz'ora. Ho ricevuto almeno dieci chiamate da mia madre, ma non le ho risposto.
Quando vedo che il sole sta per tramontare, decido di incamminarmi verso la casa di zia Margaret.
«Kristen? Kristen Collins?», sento una voce maschile provenire dalle mie spalle. Quando mi giro, i miei occhi si illuminano. Non ci posso credere.
«Chi sei?», gli chiedo, anche se so perfettamente chi è. «Lucas Johnson. Giocavamo insieme quando eravamo piccoli». Mi sorride. È cambiato parecchio. Credo che si sia anche iscritto in palestra visto che il mio braccio è grande quando la metà del suo. Ricordo che non gli piaceva mai correre e che si lamentava sempre della troppa stanchezza. La luce arancione del sole fa risaltare di più il colore dei suoi occhi, che non ho mai dimenticato. Un grigio mischiato ad alcune sfumature d'azzurro. Lo prendevo sempre in giro dicendogli che in realtà gli alieni lo avevano rapito ed era per questo che aveva tale colore degli occhi. Ovviamente, lui si metteva sempre a piangere e correva da sua madre chiedendole se veramente quando era più piccolo lo avevano spedito sullo spazio per farsi mangiare il cervello dagli alieni. Mi faceva ridere come una pazza.
«Scusa, non ricordo», mento. Vedo che si intristisce un po' dopo la mia risposta. Decido di girarmi di nuovo dall'altra parte e iniziare ad incamminarmi più velocemente, guardando sempre le indicazioni stradali che ho sul telefono.
Fortunatamente, riesco a trovare la casa di mia zia. «Ti rendi conto di quante volte ti ho chiamata signorina?!», sbraita mia madre appena mi vede. Ha un cancro ai polmoni ma quando mi deve sgridare non fa difficoltà a tirare fuori tutta l'aria che ha dentro. Non le rispondo e salgo le scale sentendo mia zia parlare con mia madre. «Ma che le è successo?», le chiede. «Fa sempre così. Ormai, ho perso le speranze con lei». Non so quante volte le ho sentito dire questa frase, ormai ci ho preso l'abitudine.
Vedo le mie valigie nel corridoio, davanti ad una porta bianca. La apro e porto le valigie dentro la camera, chiudendo con un piede la porta dietro di me. La stanza non è male. Il letto è matrimoniale e le pareti sono bianche con alcuni dipinti appesi al muro. Noto di avere anche il bagno dentro la camera. Questa cosa mi solleva. Mi sentirei un po' a disagio ad uscire dal bagno che c'è in corridoio mentre magari Richard sta facendo colazione.
Cerco nello zainetto il mio solito pacchetto di sigarette. Prendo l'accendino e apro la finestra. Mi siedo sul davanzale e rannicchio le gambe mentre guardo la luce del sole cambiare sempre di più colore. Accendo la sigaretta e mi godo il paesaggio, ripensando a mio padre e soprattutto a Lucas. Quando eravamo bambini ero segretamente innamorata di lui. Anzi, mi piaceva, perché in fondo, non ho mai saputo che cos'è veramente l'amore.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top