Capitolo 6
Perché è venuto in ufficio se non avevamo un appuntamento?
Forse ci ha ripensato e ha incontrato un nuovo avvocato. Lascio che Jack veda la mia confusa preoccupazione.
«Non ci siamo visti oggi», dico. Lui sembra altrettanto confuso, corruga la fronte schiudendo leggermente le labbra, prima di stringersi nelle spalle.
«Avrei giurato che fosse lui.» Liquida velocemente la questione e io mi tranquillizzo. «Meglio così, tornando all'adone—»
«Sai che ha anche un nome, vero?» Gli faccio notare, ma lui ignora il mio appunto e prosegue.
«Dovresti dargli una possibilità.»
«Ho appena chiuso una storia di quattro anni con Travis, non potrei avere un po' di tempo per me stessa?»
«Non ho mica detto che devi sposartelo, ti sto solo dicendo che del sano sesso occasionale non fa male dopo una rottura.» Alza le mani, come fosse innocente, insistendo con la sua opinione.
«Non posso avere una storia di una notte con lui.»
«Perché? Non lo trovi sexy?» Mi parla come fossi pazza a non essere attratta da lui.
«Uno: siamo colleghi, non possiamo andare a letto insieme e fare finta di niente. Sarebbe troppo imbarazzante doverlo rivedere ogni giorno. Due: io non sono il tipo da una botta e via, dovresti saperlo.»
Jack rinuncia al tentativo di farmi cambiare idea sul sesso occasionale, ci salutiamo per poi dirigerci ognuno verso la propria macchina.
Mentre sono in auto ripenso al divorzio di Matt, tra soli due giorni il contratto verrà certamente firmato e le nostre strade si separeranno per la seconda volta. Questo pensiero possiede la stessa dose di euforia e nostalgia, quindi per ora decido di concentrarmi sul positivo.
Sono appena riuscita a stamparmi un sorriso sul volto, mentre parcheggio sotto casa mia, quando ecco che qualcuno me lo fa sparire di nuovo.
Mi sta aspettando fuori dal portone, con in mano una piccola scatola marrone. Sospiro pesantemente, scendo dalla macchina e cammino verso di lui con quanta più sicurezza riesco a mostrare. Quando mi vede fa di tutto per evitare il contatto visivo con me, ricordandomi quanto male io gli abbia fatto.
«Ciao Travis.» Mi fermo a distanza di sicurezza per il bene di entrambi. Lui non è il solo ad essere stato male per la fine della nostra storia.
Lui sposta il peso da una gamba all'altra, più volte, segno del suo nervosismo. So che in questo momento la sola cosa in grado di calmarlo è una lunga corsa intorno al quartiere, ma si costringe a stare fermo. Di punto in bianco, qualcosa cambia: fissa i suoi occhi scuri nei miei, lo vedo stringere la mandibola prominente e mi porge la scatola con uno scatto.
«Ti ho riportato alcune cose che avevi lasciato da me», parla velocemente.
Prendo la scatola, vedendo al suo interno alcuni miei vestiti, un libro e il mio spazzolino da denti. Torno a guardarlo, sapendo che probabilmente è l'ultima volta che ci vediamo. Si sta sforzando di mantenere gli occhi marroni nei miei, la pelle scura è illuminata a malapena dalla luce sopra la porta, creando ombre nere che gli tagliano il volto.
«Ti ho amato per davvero.» Colgo la mia ultima occasione di fargli capire che non ho rotto con lui per cattiveria.
«No», scuote la testa, spostando lo sguardo su qualcosa di lontano, nella sera. Sappiamo entrambi che ho mentito, che non l'ho mai amato del tutto, ma gli ho voluto bene e Travis sa anche questo. Ho sempre apprezzato il modo in cui capiva me e le mie decisioni. Proprio come adesso: potrebbe odiarmi, insultarmi per avergli fatto sprecare quattro anni della sua vita, eppure so che non mi detesta. Vedo nei suoi occhi che è solo ferito.
Ci guardiamo per un altro secondo, lui copre la distanza tra di noi e posa delicatamente le sue labbra piene sulle mie. Sposto la scatola di lato, affinché lui possa stringermi la vita con un braccio, mentre l'altra mano si posa sulla mia guancia. Le nostre bocche si muovono in una danza nostalgica, prima di separarsi di nuovo.
«Buona fortuna», sussurra quando le sue mani hanno già lasciato il mio corpo.
«Anche a te.»
Matt's P.O.V.
Non sarei mai dovuto venire qui. Ma cosa credevo che avrei ottenuto presentandomi a casa sua?
È ovvio che sia andata avanti con qualcun altro, anche se speravo non fosse con uno come quello che sta baciando adesso. È una fottuta montagna!
E la sta stringendo proprio come ho fatto io anni fa.
Per un istante, la mia mente me li fa immaginare a letto insieme e sento il sangue scorrermi nelle vene come fosse lava, mentre lo stomaco minaccia di ripresentarmi il pranzo. Non che abbia mangiato molto, da quando ci siamo rivisti.
Oggi avrei davvero voluto chiederle di uscire a pranzo, magari usando come scusa il lavoro. Per fortuna sono stato un codardo, così ho evitato di fare la figura dell'idiota. Che stupido sono stato a pensare di poterla riconquistare; i sette anni che sono trascorsi non hanno cancellato ciò che ho fatto.
Rimetto in moto la macchina e me ne vado prima che lei possa vedermi.
Non capisco nemmeno perché sono arrabbiato. Lei sta baciando un altro e, anche se non ho visto anelli al suo dito, l'altra volta, sono stato io ad infrangere la promessa di aspettarla, sposandomi.
Forse lei non ha problemi a lavorare per me proprio perché si è lasciata la nostra storia alle spalle. Quindi dovrei fare lo stesso. Non posso essere ancora innamorato di lei, sicuramente ciò che sento è solo un sentimento nostalgico, per quello che c'è stato tra noi.
Arrivo ai cancelli della mia vecchia casa quasi senza accorgermene. Spero solo di non aver passato qualche semaforo rosso. Percorro il vialetto lastricato e parcheggio nel garage che l'assenza dei miei genitori ha lasciato vuoto. Mio padre mi aveva detto che sarebbero andati a qualche cena di lavoro e in questo momento staranno fingendo di essere la coppia perfetta, con la famiglia perfetta. Quasi riesco a sentire la voce stridula di mia madre lodare i miei successi accademici, omettendo la prima parte della mia vita.
Le luci nella grande villa sono tutte spente, ad eccezione di quella in camera di mia sorella.
È da ottobre che Amelia è tornata nella sua vecchia stanza con la scusa che i dormitori del campus erano pieni, ma prima o poi i nostri genitori scopriranno che è stata cacciata dall'università. Io ne sono venuto a conoscenza grazie ad una lettera del rettore che le intimava di restituire la tessera della mensa.
Non vedo l'ora di guardare la faccia di mia madre mentre capisce che la sua adorata figliola non è perfetta come crede.
Percorro l'ampia scalinata in ingresso e vado nella stanza per gli ospiti, in cui vivrò fino a che starò qui. La mia precedente camera è stata trasformata in un'estensione della palestra di mia madre. Quando l'ho scoperto non ho volto darle alcuna soddisfazione, ma è riuscita a farmi incazzare, come sempre. Non importa quanto io sia bravo nel mio lavoro, per lei sarò sempre la pecora nera della famiglia.
Le note di una canzone pop vibrano attraverso la porta chiusa di Amelia, difronte alla mia, e sento chiaramente la sua risata essere seguita dal borbottio indecifrabile di una voce maschile.
Mi blocco sulla soglia della mia stanza, so che non dovrei interferire con la sua vita e non dovrebbe importarmi chi si porta a letto, dato che ha compiuto da un pezzo i diciotto anni. Ma, per quanto lei mi tratti male, io rimango suo fratello e in quanto tale ho l'obbligo di proteggerla anche da sé stessa.
Mi avvicino alla sua porta e busso con decisione, prima di cambiare idea. La musica non viene interrotta, solo abbassata, poi sento un paio di imprecazioni provenire dall'interno. Dopo qualche decina di secondi la porta viene aperta e una lieve corrente fredda, prodotta dalla finestra aperta, mmi porta un leggero odore di erba, riportandomi alla mente ricordi spiacevoli.
Il precedente sorriso, che aveva preparato in caso avesse dovuto accogliere uno dei nostri genitori, viene velocemente sostituito da una lieve irritazione. «Ah, sei solo tu.»
Guardo la stanza dietro di lei, noto la luce soffusa e il letto disfatto, vicino al quale ci sono dei pantaloni da uomo. Questa ragazza non ha proprio idea di come si fa a nascondere qualcosa.
«Non voglio dirti come vivere la tua vita—»
«Allora non farlo.» Mi interrompe infastidita. «Sei solo un mezzo fratello che non si è fatto vivo per anni.»
Mi fa male il disprezzo che vedo nel suo sguardo. «Amelia —»
«Amy.» Mi corregge velocemente, come a sottolineare il fatto che non la conosco abbastanza da sapere come preferisce essere chiamata. «Domani sera devo chiedere a mamma e papà il permesso per fare una festa qui a casa, quindi fammi il piacere di non essere nei paraggi. Buona notte.»
Mi sbatte la porta in faccia prima che io possa ribattere e sento la musica aumentare dopo qualche secondo. Sospirando, vado a letto. So che ha ragione: dopo il diploma sono partito per l'università il prima possibile e non sono più tornato indietro. Quando si avvicinavano le festività facevo in modo da essere occupato con progetti e stage, così da non dover tornare a casa. Pensavo che Amelia sarebbe cresciuta meglio se non avesse visto il modo in cui nostra madre mi trattava, non volevo rovinarle l'immagine che aveva della nostra famiglia.
Ho scoperto di sbagliarmi solo un paio di anni fa, quando, non avendo più scuse per evitare la festa del Ringraziamento, sono tornato a casa e ho visto l'ambiente pieno di freddo risentimento e falso amore in cui ho lasciato la mia sorellina. Lei mi odia perché l'ho lasciata da sola e i miei l'hanno assillata fin da piccola perché non commettesse i miei errori.
Metto il telefono sotto carica. La batteria è morta appena dopo pranzo, a furia di fissare il numero di Elsa nel tentativo di trovare il coraggio per chiamarla. Appena lo schermo si illumina vedo delle chiamate perse proprio da lei. L'istinto mi dice di richiamarla immediatamente, ansioso di risentire la sua voce, anche se dovesse dirmi che mia moglie non vuole firmare il divorzio.
Ripenso all'uomo che stava baciando stasera; sicuramente adesso è con lui. L'immagine di loro due insieme mi stringe lo stomaco e da un lato la mia voglia di chiamarla viene sostenuta dal desiderio di interrompere qualsiasi cosa stiano facendo, dall'altro lato c'è però la questione che lei ha tutto il diritto di essere felice e io non voglio essere di nuovo quello che le rovina una cosa bella.
Sono solo le nove e mezza, scorro la rubrica e mi fermo sul nome del mio amico. Avvio la chiamata pensando che lui potrebbe farmi stare meglio. L'ultima volta che ci siamo sentiti lui si era appena trasferito con Allison nel nuovo appartamento a Louisville ed io gli ho detto di essermi sposato con una donna che conoscevo da due mesi e che avevo messo in cinta, o così credevo.
Dopo molti squilli, quando sto per rinunciare, risponde con la voce leggermente impastata.
«Ciao Adam.» Mi sento quasi in imbarazzo per non averlo chiamato per più di cinque mesi. «Scusa per l'orario.»
«Amico, allora sei vivo! Non ti preoccupare per l'ora, mi sono appena svegliato per un turno di notte. Come sta la tua mogliettina? A quando il parto?» Se prima dormiva, adesso è certamente sveglio, emanando la sua solita energia anche attraverso il telefono.
«Ho fatto un casino, amico.» Mi strofino la faccia per la frustrazione, mentre cerco il coraggio di dirgli cosa ho fatto.
«Qualsiasi cosa hai fatto, puoi rimediare, se lo vuoi», riconosco la voce del mio migliore amico, che mi è stato vicino in tutti questi anni, senza chiedere nulla in cambio. Sospiro rumorosamente e per la prima volta dico ad alta voce quello che finora ho tenuto per me.
Inizio aggiornandolo velocemente su Missy, per poi passare a ciò che davvero mi tormenta, cioè il fatto che per colpa di un cazzone, che ha deciso di delegare il proprio lavoro, ora mi ritrovo come avvocata Elsa. L'unica persona che abbia mai amato e Adam lo sa bene; era al mio fianco quando, una volta capito che non mi avrebbe mai perdonato, l'unica cosa che desideravo era un ago nel mio braccio, per smettere di sentire.
«Tu stai bene?» Lo sento abbandonare la precedente allegria, sintonizzandosi sul mio stesso stato d'animo.
«Non lo so, insomma ho pensato di avere una seconda occasione, ma stasera l'ho vista baciare un tipo.» Ometto di dire di averla vista davanti casa sua, perché sembrerei uno stalker.
«Lei è andata avanti e anche tu, voglio dire, ti sei addirittura sposato.» Forza una piccola risata per allentare la tensione, ma mi ricorda solo l'enorme sbaglio che ho fatto a pensare che un'altra potesse sostituirla.
«Lo so, ma rivederla è stato come se fossimo tornati al liceo. Mi fa lo stesso effetto.»
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Anche questo capitolo è volto al termine e abbiamo la prima visone dal punto di vista di Matt, cosa ne pensate?
Si tratta solo di un assaggio, potremo entrare nella sua testa molte altre volte in futuro.
Abbiamo anche intravisto sua sorella Amelia. Qualche opinione a primo impatto?
Se ci sono errori vi prego di farmeli notare, così li aggiusterò. Vi ricordo di lasciare una stellina se il capitolo vi è piaciuto!
Alla prossima settimana!
XOXO
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