XXIII
Il mattino seguente Merlino, appena sveglio, uscì dalla sua camera e si sedette a tavola per raccontare a Gaius tutto quello che era successo la notte precedente.
《E tu credi a quello che ha detto questo Anhora?》domandò il medico.
Non sapeva se fidarsi o meno delle sue parole perché come Artù, anche lui, ebbe subito il forte sospetto che era Anhora il vero responsabile della tragedia che colpiva il regno.
《Voi avete detto che una leggenda parla della sfortuna che colpisce chi uccide un unicorno》gli rammentò Merlino, mentre gli consegnava la colazione.
Le due ciotole erano praticamente vuote se non per i due miseri cucchiai di riso che erano depositati sul fondo. Merlino non riusciva a credere che quella magra razione di cibo avrebbe dovuto mantenerlo sazio e in forze per tutto il giorno.
《Cosa pensa Artù della maledizione?》domandò il medico.
《Non crede che sia colpa sua ed è convinto che sia Anhora il responsabile》rispose il ragazzo.
《Sarà meglio che cerchi di far ragionare Artù》gli intimò Gaius e Merlino sospirò.
Sapeva già quanto sarebbe stato difficile tale compito, ma doveva farlo o non sarebbero durati ancora per molto. Dopo aver mangiato, il ragazzo si recò nelle stanze di Artù per consegnargli la colazione. Mentre lui consumava il suo pasto, Merlino adagiò i vestiti che aveva appena pulito sul divisorio del suo padrone.
《Avete ripensato a quello che vi ha detto Anhora?》domandò.
《Sarà anche fuggito ieri notte, ma almeno ora sappiamo chi stiamo cercando. Ho detto a mio padre che lo troverò e metterò fine a questa storia》lo informò Artù.
《E se dicesse la verità sulla maledizione?》insistette Merlino, mentre raccoglieva i vari stivali di Artù sparsi per la stanza.
《Tu credi che io sia responsabile della sofferenza del mio popolo?!》lo accusò.
《Non intenzionalmente, ma io credo che dica la verità》farfugliò lui.
《Allora sei uno sciocco! Non puoi fidarti delle parole di uno stregone, ricordatelo》ribatté Artù, alzandosi da tavola per mettersi un paio di stivali.
Parole dette da colui che aveva uno stregone come migliore amico...
A volte Artù era così ingenuo di fronte a certe assurdità che Merlino stentava a credere alle sue supposizioni. Gli aveva appena consigliato di non fidarsi mai di un mago, eppure lui stesso era il primo che contraddiceva tale paradosso.
Il principe si mise un cappotto marrone e prese la sua cintura, a cui era legata la spada, dal tavolo per poi lasciare le sue stanze. Aveva un piano in mente e aveva bisogno dell'aiuto di Merlino per catturare Anhora.
Alcune ore dopo, nel cuore della notte...
Merlino era adagiato alla colonna di marmo, reso più morbida e confortevole dal sacco bianco che portava dietro la schiena. Aveva le braccia incrociate al petto e aveva appena chiuso gli occhi, mentre schioccava tra di loro le labbra secche. Aveva così sete che avrebbe preferito scambiarsi la saliva con Morgana, piuttosto che restare dentro un ripostiglio abbandonato ad assecondare le idee geniali di Artù. Un colpo in testa lo costrinse ad aprire gli occhi e si alzò faticosamente, riprendendo coscienza della dura realtà.
《Non preoccuparti di fare la guardia, fa come se fossi a casa tua》lo rimproverò Artù, trucidando con lo sguardo.
Merlino aveva il compito di restare vigile e sveglio, come Artù stesso stava facendo da ore, ma l'obiettivo gli era sfuggito di mano. Sospirò frustrato e Artù ritornò alla sua postazione da guardia. Lo stesso fece il ragazzo, ma subito venne chiamato dal suo padrone.
《Merlino, arriva qualcuno》gli sussurrò Artù, intimandogli di avvicinarsi con un gesto della mano.
Il servitore lo seguì e si fermò alle sue spalle, notando la presenza di una figura misteriosa in fondo al corridoio. Non sapevano chi era dato che non avevano riconosciuto il volto, ma sicuramente era molto sospettoso che qualcuno si aggirasse furtivo tra i sotterranei del castello. Artù e Merlino lo seguirono, giungendo nel magazzino in cui erano custodite gelosamente le riserve di grano e da cui ora provenivano dei bagliori luminosi. Artù avanzò per primo, sguainando la spada e puntandola contro un punto indefinito della stanza.
《Fatti vedere prima che ti uccida》disse il principe e un uomo uscì dal suo nascondiglio.
Era un semplice contadino spaventato dai capelli castani e una folta barba bruna che teneva in mano una pala e nell'altra un sacco di grano.
《Credi di poterti servire delle nostre riserve di grano? Mio padre ha ordinato l'esecuzione per i ladri》lo accusò, abbassando l'arma che gli aveva puntato contro.
《Vi prego, Mio Signore, io non rubo per me stesso. Ho tre figli che non mangiano da due giorni e hanno fame》lo implorò il contadino.
《È così per tutti quanti》gli fece notare il principe.
《So che è sbagliato rubare, ma non sopporterei vederli morire》aggiunse il povero, chinando il capo dalla vergogna che provava nell'aver compiuto tale atto.
《Torna a casa, se ti sorprendo ancora a rubare non ti risparmierò. Usalo con parsimonia, potrebbe essere l'unico cibo per un po' di tempo》gli intimò Artù, indicandogli il sacco che aveva in mano.
Il giovane contadino rimase sorpreso dal cuore d'oro del principe, ma di certo non Merlino. Era tipico del principe mostrarsi compassionevole nei confronti dei più deboli, un carattere che di sicuro non aveva ereditato dal re.
《Grazie, Mio Signore. Vi siete dimostrato gentile e caricatevele e di questo sarete ricompensato》disse l'uomo posando la pala a terra e con un sorriso velato se ne andò.
Il piano di Artù era fallito perché non avevano visto nemmeno l'ombra di Anhora e quindi i due ragazzi decisero di rientrare nelle loro stanze e di andare a dormire.
La situazione stava iniziando a sfuggire di mano: tra il regno era scoppiato il caos e i furti diventavano sempre più frequenti. Era diventato normale vedere le guardie che rincorrevano i ladri tra le bancarelle del mercato. Il popolo non rubava per divertimento, ma solo perché era costretti a farlo se volevano sopravvivere.
Gwen stava passeggiando tra le stradine della città bassa, quando con la coda dell'occhio vide delle goccioline d'acqua cadere dal tubo del pozzo. Si avvicinò a quest'ultimo e prese un secchio che depositò sotto il tubo. Afferrò il manico e spinse, facendo fuoriuscire l'acqua diventata tanto preziosa in quei giorni di siccità. La voce si diffuse in fretta in tutto il regno e Merlino poté finalmente riassaporare il sapore fresco dell'acqua.
《Avevo la gola così secca che non riuscivo a parlare!》esclamò, una volta finito di bersi un intero boccale d'acqua.
《L'unica cosa buona della siccità》scherzò Artù.
Merlino prese la caraffa dal tavolo e riempì i loro bicchieri fino all'orlo.
《La sabbia è scomparsa e l'acqua è riapparsa. Tutto ciò non ha senso, ma immagino che tu abbia una spiegazione per tutto questo, Merlino》commentò il principe, mentre osservava il liquido trasparente dentro il suo calice.
In effetti, sì, Merlino aveva un'intuizione. Forse era solo un suo pensiero personale, ma era l'unica spiegazione che aveva in mente per giustificare quello che era successo negli ultimi giorni.
《Anhora ha parlato di prove. La notte scorsa, nel magazzino, quel ragazzo ha detto che sareste stato ricompensato. Forse era la prima prova e voi l'avete superata. La maledizione sta svanendo e se sarete ancora messo alla prova avrete l'occasione di porre fine alle sofferenze del popolo》spiegò e Artù capì che quello che gli stava dicendo il suo servitore aveva un minino di verità e logica.
Anche se l'acqua era finalmente tornata a scorrere tra le mura del regno, il cibo rimaneva ancora una risorsa precaria e a peggiorare la situazione fu l'arrivo di persone provenienti dai villaggi limitrofi di Camelot.
《Chi sono?》domandò Morgana al fratello, mentre osservavano la lunga fila di persone estendersi fino all'entrata ad arco del regno.
《Vengono dai villaggi esterni in cerca di cibo, ma non ne abbiamo neanche per sfamare quelli che sono già qui》rispose Artù.
Morgana sapeva quanto lui avesse a cuore il suo popolo ed era straziante per lei vederlo così abbattuto e impotente.
《Non incolparti, so che stai facendo il possibile》lo appoggiò Morgana.
《Non è abbastanza》ribatté il principe, andandosene.
Gwen si avvicinò alla sua padrona con un cesto in mano.
《Sei riuscita a trovare qualcosa?》le sussurrò Morgana.
La serva annuì e scostò il panno bianco per mostrarle i pezzi di pane che aveva scovato, setacciando le cucine reali.
《Dividilo tra i vecchi e i bambini, fanne avere un po' a tutti》le intimò la principessa e Ginevra obbedì.
A differenza di Gwen, Merlino non era riuscito a trovare del cibo da servire per Artù all'ora di cena, ma fortunatamente il principe non aveva voglia di mangiare, mentre pensava al fatto che il suo popolo stava morendo a causa sua. Qualcuno bussò alla porta della sua stanza e Artù lo invitò ad entrare.
《Morgana!》esclamò, voltandosi verso la sorella.
La ragazza lanciò uno sguardo furtivo verso Merlino, il quale le sorrise e poi tornò a scrutare il fratello.
《Mi domandavo se avevi qualcosa da mangiare》gli chiese, ma Artù negò.
Morgana stette per andarsene, ma Artù la richiamò, chiedendole di restare. Voleva parlare con lei e chiarire l'enorme dubbio che assillava la sua mente da un po' di giorni.
《Merlino, puoi ritirarti nelle tue stanze》disse Artù e il servo obbedì.
Non era una domanda, ma un ordine e Merlino non capiva il motivo di tale mistero. Tuttavia Morgana aveva già un'intuizione perché conosceva molto bene Artù e sapeva perfettamente che lui le avrebbe fatto quella specifica domanda.
Solitamente ad Artù non interessava con chi andasse a letto Morgana, ma stavolta era diverso: sua sorella si era innamorata per la prima volta in tutta la sua vita e per di più amava il suo servitore, nonché migliore amico. Voleva troppo bene ad entrambi e non poteva lasciare che suo padre mandasse al rogo il ragazzo appena lui avesse scoperto tutto. Artù si appoggiò al tavolo dietro di lui e incrociò le braccia al petto.
《Dove siete stati tu e Merlino qualche notte prima della battaglia per liberare Ealdor dai briganti? E non provare a mentirmi o a negarlo》le chiese a bruciapelo.
Morgana arrossì al ricordo di quella notte e chinò il capo per nascondere un debole sorriso. Se Artù voleva proprio saperlo, Morgana lo avrebbe accontentato!
《Ho fatto sesso con lui nella foresta ed è stato bello. Molto meglio rispetto a tutti gli altri uomini con cui sono andata a letto》ammise, ma Artù la fermò con un cenno della mano.
Voleva solo una semplice conferma ai suoi sospetti e non la descrizione dettagliata di come il suo servitore si era chiavata per bene sua sorella.
《Immagino, guarda! Comunque non voglio sapere gli altri dettagli. Puoi andare》le intimò.
Morgana appoggiò la mano sul manico di ferro della porta, ma si bloccò immediatamente. Gli aveva appena confessato di aver fatto sesso con Merlino, ma ora cosa se ne sarebbe fatto Artù con quell'informazione? L'avrebbe detto al re?
《Non lo dirai a nostro padre, vero?》domandò, voltandosi leggermente verso il fratello, ma rimanendo di spalle.
《Se glielo avessi detto, Merlino sarebbe già morto e tu sposata con un nobile ricco. Il vostro segreto è al sicuro con me, ma ti avverto che se nostro padre scoprisse la vostra relazione, non ne uscirebbe niente di buono》rispose lui.
《Lo so, fratellino, ma io lo amo e non voglio rinunciare a lui》disse Morgana e Artù le sorrise, come ad accettare la risposta della sorella.
Si augurarono la buona notte a vicenda e ognuno andò a coricarsi sul proprio letto.
Al mattino il principe si svegliò prestissimo e quando Merlino si recò da lui, subito lasciarono le sue stanze per dirigersi verso la foresta. Raggiunsero il punto della boscaglia in cui Artù uccise l'unicorno e si misero a setacciare l'ambiente circostante per trovare orme che conducessero ad Anhora.
Artù era inginocchiato sul terreno e stava controllando il muschio fresco e verdeggiante che ornavano le radici di un vecchio albero, quando alle sue spalle, in lontananza, vide la figura dello stregone. Subito lo inseguì, chiamando allo stesso tempo il suo servitore per intimarlo di fare lo stesso. Merlino udì la voce del principe e si mise a cercarlo, ma quest'ultimo sembrava essere scomparso tra la vegetazione fitta.
Intanto Artù stava continuando la sua caccia al mago, ma durante la sua corsa si imbatté nell'uomo che aveva visto qualche notte fa al magazzino. Era seduto sul terreno e fissava il principe con un'espressione tranquilla e impassibile. Intorno a lui erano disposti sacchi colmi di frutta di ogni tipo e Artù intuì che l'uomo che credeva essere un povero e semplice contadino, in realtà era solo un labro meschino e bugiardo. Quest'ultimo iniziò a stuzzicarlo e a criticandolo e Artù, offeso da quelle ridicole supposizioni, lo sfidò a duello. Lo attaccò, ma il ragazzo schivò facilmente i suoi affondi, parandoli con la spada. Artù indietreggiò e lo sconosciuto ne approfittò per prendere il sopravvento sul duello, togliendo al principe la sua arma. Artù lo spinse contro dei blocchi di pietra muschiati e si allontanò per riprendersi la spada. Si attaccarono di nuovo, parandosi i colpi a vicenda, ma Artù era così infuriato che riuscì a bloccare l'uomo contro il tronco di un albero e fu pronto per colpirlo a morte. La figura del suo nemico scomparve improvvisamente e il principe si guardò attorno, trovandosi alle spalle Anhora.
Era tutta un'illusione magica creata dallo stregone per mettere alla prova il principe, ma quest'ultimo aveva fallito, dimostrando ai suoi occhi che era disposto ad uccidere un uomo a sangue freddo per difendere il suo orgoglio. Artù non poteva lasciare che il suo popolo pagasse le conseguenze di una stupida prova fallita, ma Anhora non volle sentire repliche. Sparì davanti ai suoi occhi e Merlino, dopo aver circolato fra gli alberi della foresta per cercare il suo padrone, finalmente lo trovò e lo raggiunse. Artù era più frustrato che mai e ritornò al castello, dato che avvertiva una strana sensazione negativa. Arrivati a Camelot, le sentinelle lo avvisarono di raggiungere il re nel granaio e lui obbedì.
《Che cosa è successo?》chiese allarmato.
《Tutte le provviste rimaste sono marcite》rivelò Uther, andandosene arrabbiato.
Era finita! Merlino era molto abbattuto per Artù perché sapeva benissimo quanto lui stesse soffrendo. Il principe, infatti, si era pentito di aver perso l'occasione di salvare il suo popolo e si sentiva responsabilità per la sua sofferenza. Non si meritava di patire a causa sua e il rimorso lo stava distruggendo lentamente.
All'ora di pranzo, Artù si chiuse nelle sue stanze e non volle vedere nessuno, neanche il suo servitore che si recò da Gaius per confidarsi con lui.
《So che Artù è più testardo di un mulo, ma ha a cuore il suo popolo più di quanto abbia a cuore sé stesso e non si perdonerà mai di averlo fatto soffrire così》confessò, sospirando.
《Devi assicurarti che non faccia nulla di avventato》gli consigliò il medico.
《Per come sta adesso, non so cosa potrà fare》ammise il ragazzo.
Sia lui che Gaius rimasero a stomaco vuoto all'ora di pranzo e Merlino decise di lasciare le sue stanze per prendersi una boccata d'aria. Si diresse alle mura di cinta della cittadella e intravide la lunga fila di persone che stavano attendono il loro turno per avere la razione di cibo, ma ancora non sapevano che il peggio doveva ancora arrivare. Artù si avvicinò al suo servitore e posò i gomiti sulla base del muro, scrutando in basso.
《Mio padre non vuole più distribuire il cibo al nostro popolo. Moriranno tutti di fame, avrei potuto salvarli, ma ho fallito》confessò dopo qualche minuto di silenzio.
《Non potevate sapere che era una prova》lo giustificò Merlino.
《Il mio popolo sta morendo, Camelot è sull'orlo di un barato ed è tutta colpa mia!》esclamò e se ne andò, troppo arrabbiato con sé stesso.
Merlino non poteva lasciar scorrere le cose come se nulla fosse. Forse poteva fare qualcosa per rimediare all'errore di Artù e lasciò il regno per tornare nella foresta.
《Anhora! Fatevi vedere!》urlò, interrompendo la quiete della natura.
Si guardò attorno, la sua voce faceva da eco tra i suoni della boscaglia, ma dello stregone non vi era nessuna traccia. Lo richiamò più volte, ma non ebbe nessuna risposta. Stava per tornarsene a casa, quando la voce di Anhora lo fermò.
《Volevi parlarmi?》.
Merlino si voltò in direzione di essa e vide lo stregone a pochi metri da lui.
《Ho bisogno del vostro aiuto. Il popolo ha fame e presto morirà》lo implorò.
《Mi devi credere se ti dico che mi dispiace vedere il tuo popolo soffrire》ammise lo stregone.
《Allora date un'altra possibilità ad Artù. Ha ammesso la sua responsabilità e annullerà la maledizione se ne avrà l'occasione》gli propose Merlino.
Anhora ci pensò per qualche istante e prese la sua decisione.
《Artù deve recarsi al labirinto di Gedref, dove affronterà la prova finale. Se dovesse fallire non ci sarà più speranza e la maledizione distruggerà Camelot》spiegò per poi scomparire.
Senza perdere tempo, Merlino ritornò a Camelot e si diresse subito da Artù per rivelargli tutto. Artù ordinò al servo di mettergli l'armatura e si preparò immediatamente a partire. Era così sollevato di avere una possibilità per rimediare al suo errore e ora che gli si presentata davanti un'occasione unica non voleva sprecarla per nulla al mondo. In fondo c'era in gioco la vita del suo popolo e di tutto il regno e non poteva permettersi assolutamente di fallire.
《Fatemi venire con voi》gli propose Merlino.
Aveva il compito di difendere il suo principe e non poteva non andare con lui nel luogo in cui si sarebbe svolta la prova decisiva.
《No, tu non verrai! Io ho portato questa maledizione e io la annullerò o morirò, provandoci》controbatté lui.
《E la vostra morte a chi gioverebbe?》ribatté il servo.
《Merlino, tu devi restare qui e aiutare la gente, intesi?》gli intimò in tono duro, prendendo la spada dal tavolo per poi andarsene.
Prese un cavallo dalle stalle e lasciò il regno al galoppo. Attraversò la foresta e percorse la vallata, da cui si poteva intravedere il regno in miniatura. Ma quello che Artù non sapeva era che a chilometri di distanza, Merlino lo stava seguendo a cavallo. Il ragazzo era ostinato, soprattutto quando si trattava di proteggere il principe e non lo avrebbe mai lasciato da solo.
I due raggiunsero il luogo prestabilito, un'ampia e sconfinata area delimitata intorno da una muraglia. Artù si fermò all'ingresso del labirinto, costituito due colonne che si univano, formando un mezz'arco e scese da cavallo. Afferrò la spada e incominciò a percorrere i tortuosi e infiniti sentieri che si ergevano di fronte a lui. A ogni passo trovava due strade opposte e scelse una di esse, cercando di seguire il suo istinto.
Anche Merlino fece lo stesso, ma si ritrovò davanti un muro di siepi che bloccava il suo cammino. Tornò indietro e percorse il sentiero opposto, ma si bloccò quando vide Anhora davanti a sé. Lo stregone pronunciò un incantesimo e una liana rampicante circondò il corpo del ragazzo, stringendolo con forza e immobilizzandolo. Lo condusse fuori e si ritrovò in riva all'oceano. Le onde bianche e schiumose si infrangevano contro gli scogli e Merlino sentì le narici invadersi dal famigliare profumo di salsedine.
Intanto Artù continuò a vagare tra i sentieri uno identico all'altro, ma si rese conto di essersi perso. Il suono dello sciabordio delle onde giunse al suo orecchio e ne sentì il rumore, ritrovandosi fuori dal labirinto. Si guardò intorno e vide Merlino seduto su un ceppo d'albero davanti un piccolo tavolo in legno rettangolare.
《Merlino! Ti avevo detto di restare a casa》esclamò il principe, avvicinandosi al suo servitore.
Di fronte a loro c'era Anhora che li osservava in silenzio e immobile.
《Lascialo andare! Affronterò la tua prova, ma lui deve essere liberato》gli intimò Artù.
《Questo non è possibile: Merlino fa parte della vostra prova. Ora sedetevi, per favore》rispose lo stregone e il nobile obbedì, sedendosi sul ceppo d'albero e posizionando la sua arma sul tavolo.
《Ci sono due calici davanti a voi: uno dei due contiene un veleno mortale. Il liquido di entrambi i calici deve essere bevuto, ma ognuno di voi potrà farlo da una sola coppa》spiegò Anhora.
I due ragazzi si guardarono negli occhi per un secondo per poi abbassare lo sguardo sui bicchieri dorati e Merlino decise di parlare per primo.
《Che facciamo?》.
《È molto semplice: uno di noi deve morire. Dobbiamo capire quale calice contiene il veleno》tagliò corto Artù.
Merlino poggiò i gomiti sul piano e si prese il mento tra le dita. Osservò a lungo i due calici, aggrottando le sopracciglia pensieroso, mentre Artù lo scrutava. Era sorpreso che il suo servitore volesse sacrificarsi a tutti i costi per lui, ma lui non glielo avrebbe permesso. Era contento che Merlino fosse lì con lui, ma Morgana non lo avrebbe mai perdonato se lo avesse lasciato morire.
《Versiamo il liquido in un solo calice, così siamo sicuri che è avvelenato e tutto il liquido potrà essere bevuto da un solo calice》gli propose Merlino.
《Mi sorprendi sempre, sei più intelligente di quanto sembri》ammise il principe.
《Questo era un complimento?!》intuì sorpreso il servitore.
Artù sapeva che Merlino avrebbe fatto di tutto per bere il liquido, ma lui non glielo avrebbe permesso, neanche se significava sacrificare la sua stessa vita.
《Attento!》esclamò improvvisamente, indicando a Merlino un punto indefinito alle sue spalle.
Quest'ultimo si girò indietro, ma non vide niente e il principe ne approfittò per prendergli il calice e scolare il liquido nel suo.
《No, no, voglio berlo io!》esclamò Merlino, riportando lo sguardo davanti a sé.
《Non te lo permetto》controbatté il principe.
《Non potete morire, non è il vostro destino》lo implorò nuovamente, ma era risaputo che Artù non ascoltasse mai quello che gli veniva detto e, come volevasi dimostrare, ignorò le suppliche e avvicinò la coppa alla bocca, bevendone il contenuto con un unico sorso.
《Artù, no!》esclamò Merlino e il principe perse i sensi, cadendo dal ceppo d'albero e crollando sul terreno roccioso.
Merlino si alzò e si avvicinò al principe, scuotendolo dalle spalle per svegliarlo.
《Vi prego, fatemi prendere il suo posto. L'avete ucciso e io dovevo proteggerlo》disse, voltandosi verso Anhora.
《Era la prova di Artù, non la tua. Non è morto, è sotto l'effetto di un sonnifero, si risveglierà presto. Artù avrebbe sacrificato la sua vita per salvare la tua, ha dimostrato ciò che davvero c'è nel suo cuore. La maledizione è annullata》spiegò lo stregone.
Merlino tirò un sospiro di sollievo e lo stregone se ne andò, lasciandolo solo con Artù ad aspettare il suo risveglio. Una volta che il principe prese coscienza della realtà, Merlino gli rivelò quello che era successo dopo che aveva bevuto dal calice e insieme tornarono a Camelot. Artù era felice di aver finalmente rimediato al suo errore e lo era ancora di più quando, varcato l'entrata ad arco del regno, vide masse di persone parlare tra di loro. Tutti erano gioiosi e felici e il mercato stava finalmente riaprendo i battenti per mettere in vendita il cibo appena raccolto. Artù e Merlino scesero da cavallo e Gaius li chiamò, avvicinandosi a loro.
《Merlino, Artù! Buone notizie: il grano sta crescendo di nuovo》disse entusiasta, mentre il re si stava avvicinando al figlio con un sorriso sulle labbra.
《È merito tuo? Lo stregone è morto?》domandò.
《Non ci darà più fastidio》rispose Artù.
《Bene! Immagazzina di nuovo le riserve di grano》gli ordinò, dandogli una pacca sulla spalla per poi andarsene.
《Ci penso io, prima dobbiamo fare un'altra cosa》disse Artù, dirigendosi verso il castello.
Merlino non sapeva cosa lui aveva in mente, ma lo attese e poco dopo Artù lasciò il palazzo con un telo rosso in mano. Dentro di esso, c'era il corno dell'unicorno che voleva seppellire in segno di pentimento e rimorso assoluto. Merlino lo seguì in silenzio e insieme raggiunsero il fitto della foresta. In mezzo alla radura illuminata dai raggi solari Artù raccolse delle pietre con le quali costruì una base ovale. Ricoprì il terreno di foglie secche con il telo rosso e prese con delicatezza il corno per posizionarlo dentro il cerchio di pietre.
《Mi dispiace, non avrei mai dovuto ucciderti》disse con rammarico, coprendo il corno con il telo.
Merlino prese alcune pietre che trovò intorno e si inginocchiò vicino ad Artù per aiutarlo a coprire la base di pietra. Una strana luce attirò l'attenzione di Merlino che voltandosi in direzione di essa, rimase esterrefatto. A bocca aperta si alzò lentamente da terra e chiamò Artù, senza mai staccare lo sguardo dal miracolo che aveva davanti. Il principe si voltò ed ebbe la stessa reazione del servitore.
Davanti a loro, a pochi metri di distanza, c'era lo stesso unicorno che Artù aveva ucciso. Era vivo, era reale e li stava guardando da sotto la criniera brizzolata che gli copriva la visuale.
I due ragazzi rimasero ad osservare l'animale andarsene con uno sguardo rapito, soprattutto Artù che per la prima volta nella sua vita era rimasto piacevolmente colpito dalla bellezza che irradiava la magia intorno a lui.
Quando colui che uccide l'unicorno dimostra di essere puro di cuore, l'unicorno vive di nuovo...
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