XXII

In questo capitolo sono presenti scene sessuali esplicite, contrassegnate all'inizio e alla fine da una riga in grassetto con questo simbolo ☆
Se siete sensibili e non volete leggere tali tematiche, scorrete avanti.

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Era una splendida mattinata di sole, i cui raggi irradiavano le foglie degli alti alberi. Nel fitto bosco in cui Merlino e Artù si erano addentrati per la battuta di caccia, regnava il silenzio, interrotto ogni tanto dal gocciolare della rugiada mattutina che scendeva tra le foglie verdi, creando una sinfonia piacevole e rilassante. I quattro uomini - due cavalieri, Artù e Merlino - stavano percorrendo i sentieri della boscaglia, nascondendosi tra le rocce e i massi di pietra. Un rumore di rami spezzati attirò l'attenzione del principe che con un cenno della mano ordinò di fermarsi immediatamente. Un secondo dopo, attraverso il linguaggio dei segni che tutti i cavalieri usavano tra di loro per comunicare in silenzio, comandò ai suoi due uomini di dirigersi dall'altra parte del sentiero per aggirare la preda che stavano inseguendo. Merlino rimase solo con Artù, ma dentro di sé era leggermente impaurito dalla possibile creatura che girovagava a pochi metri da loro. L'ultima volta che si era trovato faccia a faccia con un animale grosso e pericoloso non era finita bene e se non fosse stato per Lancillotto il grifone l'avrebbe ucciso senza alcuna esitazione.

《Merlino》lo chiamò Artù, notando il terrore nei suoi occhi. Con un cenno del capo gli intimò di avvicinarsi a lui e Merlino obbedì, anche se titubante.

《Che cos'è?》gli chiese il ragazzo, mentre osservavano un punto indefinito della foresta.

《Ancora non lo so, ma ora noi lo circondiamo, mentre tu lo fai uscire allo scoperto》rispose Artù.

《Volete che io vada lì?! Se non sapete che cosa sia potrebbe essere pericoloso》ribatté Merlino.

《Su, coraggio, ora vai!》lo incitò il principe, prendendolo per la spalla e spingendolo in avanti per incoraggiarlo ad avanzare.

Se dovessi morire nessuno vi proteggerà, quindi, sperate per il vostro bene che io sopravviva!... pensò di dire Merlino ad Artù, ma quest'ultimo se ne era già andato di soppiatto per raggiungere i suoi cavalieri. Proseguì lentamente, cercando di nascondersi tra i blocchi di pietra, ricoperti di muschio fresco e bagnato. Stava cercando di essere il meno silenzioso possibile, ma il rumore di rametti spezzati sotto i suoi piedi non lo aiutavano per niente. Vide un bastone di legno appoggiato contro una roccia e lo prese, avvicinandosi sempre di più e scostando i rami degli alberi che davano l'accesso a una piccola radura spaziosa. I suoi occhi videro qualcosa che mai avrebbe pensato di vedere in tutta la sua vita. A pochi metri da lui un magnifico animale lo osservava: era un unicorno bianco. Il ragazzo rimase così sbigottito dalla sua meravigliosa bellezza che inconsciamente lasciò cadere il bastone a terra per avvicinarsi all'animale. Aveva il muso nero, un manto grigio e una criniera ondulata che coprivano i suoi occhi. Il corno, lungo e bianco, si ergeva in tutto il suo splendore. L'unicorno non ebbe paura, quando Merlino avvicinò la sua mano per accarezzarlo. Ma prima ancora che le sue dita potessero sfiorare quel pelo candido e morbido, un rumore nelle vicinanze lo distrasse. Merlino si ricordò che Artù doveva essere nei paraggi con la balestra puntata contro la preda. Non poteva lasciare che una rara creatura diventasse il trofeo del principe.

《Corri! Ti uccideranno, vattene, ti prego!》gli intimò, ma l'unicorno non si mosse e nitrì in risposta. Si guardò attorno e con la coda dell'occhio scorse un movimento sospetto. Alzò lo sguardo e vide Artù nascosto dietro un albero, alle spalle dell'unicorno, che stava prendendo la mira.

《Artù, no!》gridò, ma fu troppo tardi.

La freccia era già scattata e quando l'unicorno avvertì la punta dell'arma entrare in profondità della carne, nitrì per il dolore e cadde a terra. Sconvolto, Merlino si avvicinò alla povera creatura e si inginocchiò sul terreno per accarezzargli il muso. Era così dispiaciuto perché sapeva di non poter fare niente per lui, non con Artù nei paraggi. L'animale non soffriva per il dolore, sembrava quasi che attendesse con tranquillità la sua fine anche se era stato ucciso ingiustamente.

《Mi dispiace》gli sussurrò Merlino triste.

《Ah, un unicorno!》esclamò Artù tutto euforico. Se solo avesse saputo fin da subito la storia legata all'unicorno, quel sorrisone sarebbe sparito immediatamente dal suo volto.

《Che cosa avete fatto?》lo accusò il suo servitore con la voce rotta dal pianto, mentre i due cavalieri accorrevano alle spalle del principe.

《Ti prego, non fare la femminuccia》lo liquidò Artù. Lo sguardo di Merlino si bloccò per un secondo in un punto dietro i cavalieri, dove vide un uomo con una lunga veste bianca. Il volto era nascosto dietro il cappuccio e aveva in mano un lungo bastone in legno.

《Che stai guardando?》gli chiese Artù, notando lo sguardo del servo alle sue spalle, ma quando si voltò indietro, non vide niente di sospetto. L'uomo che Merlino aveva visto era scomparso davanti ai suoi occhi, nello stesso modo in cui era apparso.

Al ritorno dalla battuta di caccia...

Le porte della sala del consiglio si aprirono e Artù varcò la soglia seguito da Merlino che teneva in mano un cuscino rosso con i bordi dorati, su cui era adagiato il corno dell'unicorno. Da quando l'animale era morto, era rimasto silenzioso e impassibile per tutto il viaggio.

《Padre, questo è di un unicorno》disse Artù, mostrando il corno al re. Uther stava tenendo una riunione con il consiglio reale, quando la voce del figlio attirò la sua attenzione, distogliendo lo sguardo dai documenti che aveva in mano. Posò i fogli sul tavolo e si avvicinò a Merlino per prendere il prestigioso premio dal cuscino.

《Magnifico, è il primo che vedo. Gaius, guarda!》esclamò, mostrandolo al medico.

《Davvero rimarchevole, Sire》rispose lui con scarso entusiasmo.

《Cosa c'è, Gaius? Dicci quello che pensi》lo incitò Uther, avendo percepito una certa contraddizione nella sua voce.

《Gli unicorni sono creature mistiche e rare. La leggenda narra che la sfortuna colpisce chiunque ne uccida uno》spiegò.

《Sciocchezze! Saremo l'invidia di tutti i regni》ribatté il re, appoggiando il corno sul cuscino e poggiando la mano sulla spalla del figlio.

《Sono lieto che ti piaccia》disse Artù orgoglioso prima che il re lasciò la sala. Gaius uscì nel cortile centrale e Merlino lo seguì. Le persone intorno a loro camminavano e parlavano, rendendo l'ambiente molto animato.

《Come ha potuto Artù trarre piacere dall'uccidere un unicorno?!》esclamò il ragazzo.

《È un cacciatore, c'è l'ha nel sangue. Tu sei completamente diverso》lo giustificò Gaius.

《Peccato che non lo abbiate visto, era meraviglioso. Mi dispiace per lui》disse Merlino, ricordando il momento in cui la sua mano si stava avvicinando al muso dell'unicorno.

《Sei un privilegiato. Purtroppo ci sono pochi unicorni ancora in vita》rispose Gaius.

《Provate a dirlo ad Artù》commentò il giovane mago.

《Immagino sarebbe difficile》confermò lui.

I due si separarono e mentre Gaius si dirigeva nelle sue stanze, Merlino si recò alle cucine del palazzo per ritirare il pranzo del principe. Portò vassoi pieni di carni, pane e prosciutti fino alle sue camere e mentre il principe consumava il suo pasto spensierato, lui guardava fuori dalla vetrata in silenzio.

《Il mio cavallo ha perso un ferro. Portalo dal maniscalco e che faccia un buon lavoro. Quando hai finito, puoi lucidare la mia sella...》disse Artù una volta finito di mangiare. Si voltò verso il suo servitore, ma si fermò, quando si accorse che aveva la mente altrove.

《Merlino, hai ascoltato quello che ho detto?》gli chiese e il ragazzo si riprese dai suoi pensieri. Non aveva idea di cosa Artù stesse blaterando, aveva solo sentito la parola "cavallo" e subito si era messo a pensare all'unicorno.

《Hai lo sguardo di un orso ferito da quando siamo tornati dalla battuta di caccia. Sei triste per quell'unicorno?》intuì il principe, mentre mangiava un chicco d'uva.

《Non avreste dovuto ucciderlo, non faceva niente di male》ribatté Merlino in tono duro.

《Eravamo a caccia e a caccia si uccide. Volevi che me lo portassi a casa?》lo incalzò, alzandosi da tavola per avvicinarsi al letto. Si sedette sopra il materasso e prese gli stivali affianco al letto per indossarseli.

《Preoccupati meno degli unicorni e molto più delle mie stanze》gli ordinò. Qualcuno bussò alla porta e Artù lo invitò ad entrare.

《Mio Signore, il re richiede la vostra presenza, è urgente》lo informò un giovane cavaliere e Artù lo seguì immediatamente.

Merlino decise di mettersi a fare il suo lavoro e nel giro di poche ore pulì le stanze del suo padrone. Poi tornò a casa per aiutare Gaius con degli esami per conto del re. Fu così che scoprì che il motivo per cui Artù era stato convocato dal re con urgenza era dovuto al fatto che in tutto il regno i raccolti di grano erano stati misteriosamente distrutti durante la notte. I contadini non sapevano spiegarsi tale avvenimento, nemmeno Artù che fino al giorno prima, cavalcando in mezzo alla valle per raggiungere Camelot, aveva notato che il grano era in ottima salute.

《Idee su cosa abbia distrutto i raccolti?》domandò Merlino a Gaius.

《Devo completare gli esami, ma nessun male che conosco può diffondersi in tutto il regno in una sola notte》rispose lui.

《Cosa può uccidere tutte le piante?》commentò il ragazzo curioso.

《Non sta uccidendo tutte le piante. Le siepi e gli alberi intorno ai campi sono sani, ma non si possono mangiare》puntualizzò il medico.

《Uccide solo quelle commestibili...?》intuì Merlino.

《Sembrerebbe così》affermò il suo tutore.

《Ma allora deve essere per forza magia》gli fece notare.

《Non possiamo darlo per scontato, ma non dirò al re che si tratta di stregoneria finché non ne sono completamente certo》rispose Gaius.

Mentre il medico proseguiva con i suoi esperimenti, Merlino si recò nella cittadella. La voce della distruzione dei campi di grano si era già sparsa tra il popolo e a confermare tale supposizione fu la lunga fila di persone all'entrata della cittadella che stavano aspettando il loro turno per avere la propria razione di cibo. Non era facile per il re e Artù accontentare ogni singolo abitante del regno: le scorte erano misere e cibo e acqua iniziavano a scarseggiare. A peggiorare la situazione furono i primi atti di furto che iniziavano a creare paura e panico tra il popolo. Uther ordinò al figlio di decretare l'esecuzione dei possibili ladri e l'inizio del coprifuoco. Merlino era andato a fare una passeggiata nella città bassa e stava per varcare l'entrata ad arco che dava l'accesso alla cittadella, quando la voce di Ginevra alle sue spalle lo chiamò. Subito si voltò indietro e vide Gwen affianco al pozzo, mentre stava per attingere l'acqua.

《È vero quello che dicono dei raccolti? Sono distrutti?》domandò.

《Temo di sì. Dovremmo iniziare a stringere la cinghia》affermò lui.

《Artù escogiterà qualcosa》lo rassicurò Gwen.

《E se non lo farà lui, lo farò io》commentò Merlino con un sorriso e se ne andò.

Gwen posò la mano sul manico di ferro che serviva per spingere l'acqua a uscire dal piccolo foro collegato direttamente con la riserva d'acqua, ma da esso uscì solo sabbia. La ragazza aggrottò le sopracciglia confusa e riprovò di nuovo, ma più ci provava, più il secchio si riempiva di sedimenti rocciosi e polvere. Richiamò Merlino ad alta voce e il ragazzo, udendo la sua voce, accorse immediatamente. Anche lui vide la stessa identica cosa e decise di avvertire subito il principe. Per confermare tale ipotesi Uther, Gaius e Artù si diressero verso uno dei tanti pozzi presenti nel cortile centrale. Il re fece calare un secchio, legato al manico da una corda, fino al fondo del pozzo. Quando poi lo tirò su, non c'erano più dubbi: sabbia. Aveva il forte sospetto che tutto quello che stava accadendo fosse opera di stregoneria e Gaius confermò i suoi timori. Il vecchio medico tornò nelle sue stanze e udì la voce di Merlino provenire dalla sua camera. Aprì la porta e si avvicinò al giovane mago che stava tentando degli incantesimi scritti nel suo libro di magia. Merlino si accorse della presenza di Gaius e si voltò verso di lui.

《Ehm, stato solo cercando di ritrasformarla in acqua》si difese, sapendo bene che il suo tutore non voleva che lui usasse la magia.

《Ti ho rimproverato riguardo all'uso della magia, ma il momento adatto per usare il tuo dono è arrivato》disse Gaius, sedendosi sullo sgabello di fronte a lui.

《Magari sapessi come, ma ho già provato. Se è magia, è molto più potente di quella che conosco io》ammise Merlino, sfogliando altre pagine per trovare nuovi incantesimi da provare.

Tentarono fino a quando il sole non calò, ma nessun risultato. Arrivò presto la notte e Artù, per ordine del re, aveva indetto il coprifuoco e ordinato alle sentinelle di turno di pattugliare il mercato e la città bassa. Merlino stava percorrendo il corridoio del piano terra per lasciare il castello, quando una mano si posò sul suo polso e lui venne trascinato in un angolo. I suoi occhi si scontrarono con quelli di Morgana che subito gli sorrise.

《Ciao, bel servitore》sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra. Era trascorso solo un giorno da quando erano ritornati da Ealdor, eppure non riusciva a stare lontana da Merlino troppo a lungo.

《Ciao anche a te, mia principessa》ricambiò lui con un sorriso. Era felice di vederla perché solo in quel momento si rese conto che non si erano mai visti per tutto il giorno.

《Mi manchi!》esclamò Morgana, posando le mani sui fianchi del ragazzo per spingerlo ad avvicinarsi a lei. Appoggiò la schiena contro il muro e Merlino la sovrastò con il suo corpo.

《Anche tu》disse Merlino, prendendole il viso tra le mani per baciarla.

Le loro lingue si scontarono e giocarono a rincorrersi, rendendo il bacio sempre più passionale. Il ragazzo si staccò da lei per avvicinare le labbra sul suo collo. Le lasciò dei baci umidi fino alla clavicola e Morgana gemette dal piacere. Essere baciata in quel punto era la sua debolezza più grande e Merlino l'aveva capito fin da subito. Morgana si stava eccitando tantissimo e sentire le mani di Merlino che le sfioravano tutto il corpo non la stavano aiutando a controllare la sua voglia di strappargli i vestiti di dosso.

《Merlino, mi sto eccitando come una pazza. Continuiamo in camera mia, ti prego!》gli sussurrò con la voce carica di desiderio.

《Non male come idea, ma non possiamo. Devo andare, c'è il coprifuoco》rispose lui, allontanandosi leggermente da lei.

《Non puoi lasciarmi così!》ribatté Morgana, prendendosi il labbro inferiore tra i denti. Merlino le sorrise e decise di accontentarla.

《Vediamo cosa posso fare》le sussurrò all'orecchio, mentre le sollevava la gonna del vestito.

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Avvicinò le sue dita all'intimità di Morgana, iniziando a torturarla lentamente, mentre sentiva il suo respiro affannoso sulle labbra. Morgana alzò la gamba, piegando il ginocchio e avvolgendo la cosca intorno al fianco destro di Merlino, il quale avvicinò ancora di più il suo bacino a quello di lei. Morgana era in trappola, il suo corpo premuto con forza contro la parete alle sue spalle, mentre Merlino la sfiorava tra le gambe e la cosa le stava piacendo parecchio. Il ragazzò la penetrò, infilandole due dita dentro. Morgana sussultò e Merlino la baciò. Era davvero eccitata come diceva perché le sue dita scivolavano fluidamente dentro la sua entrata. Aumentò il ritmo e Morgana ansimò sempre più forte. Infilò un terzo dito e lei conficcò le unghie sulla giaccia marrone del ragazzo.

《Merlino...》boccheggiò, mordendosi con forza le labbra rosse per placare i suoi gemiti e venne, stringendo i suoi capelli tra le dita. Gli prese la mano tra le sue gambe e avvicinò le dita alle sue labbra, succhiando e leccando i suoi stessi umori. Merlino la guardò negli occhi, notando quanto le sue pupille erano dilatate da nascondere il colore chiaro e puro delle sue iridi.

《Adesso mi sto eccitando io solo a guardarti》commentò e Morgana sorrise soddisfatta.

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《Vai a casa prima che cambi idea》gli propose e Merlino annuì. La baciò sulle labbra e si diresse verso l'uscita del castello. Scese la scalinata di marmo, quando la voce di Artù lo chiamò.

《Merlino, lo sai che c'è il coprifuoco?》gli chiese, avvicinandosi a lui.

《Sì, stavo giusto per tornarmene nelle mie stanze》rispose il servo.

Non prima di aver masturbato vostra sorella in un angolo del corridoio, pensò la sua mente.

《Ti conviene, sarebbe imbarazzante rinchiudere il mio servo per aver infranto il coprifuoco》gli intimò il principe, guardandosi intorno. Improvvisamente il suo sguardo si fermò su un punto indefinito del porticato dove per un secondo intravide un uomo di spalle percorrere il corridoio che portava al municipio dove c'erano le riserve di grano.

《Chi era?》domandò subito.

《Dove?》gli chiese Merlino, voltando lo sguardo nella stessa direzione di Artù, ma non vide nessuno.

Il cortile era deserto, c'erano solo loro due in tutta quella spaziosità oscura. Artù si mise a correre e istintivamente Merlino lo seguì. Attraversarono il porticato e si ritrovarono tra i corridoio del castello. Videro di nuovo lo stesso uomo di spalle che stava scendendo lentamente le scale, come a volerli condurre verso un punto preciso e i due ragazzi lo inseguirono, correndo. Raggiunsero i sotterranei e si trovarono di fronte a un bivio: una strada conduceva alle cripte imbalsamate, mentre l'altra portava al granaio, da cui si intravedeva il chiarore di una luce, probabilmente proveniente da una torcia appesa al muro.

《Devi andare dall'altra parte e impedirgli di scappare. Su, muoviti!》gli ordinò Artù e Merlino obbedì. Si divisero, percorrendo le due strade in direzione opposte, ma dopo qualche secondo si incontrarono nel tunnel oscuro. Videro nella penombra l'ombra dello sconosciuto provenire dal sentiero che Artù aveva appena setacciato e quest'ultimo, con un cenno della mano, comandò a Merlino di ripercorrere all'indietro lo stesso tragitto, ritornando al punto di partenza. Si rincontrano, ma nessuno dei due vide l'uomo.

《Dov'è?》chiese Artù.

《Non ho visto nessuno》rispose Merlino.

《Era proprio qui, non dirmi che te lo sei fatto sfuggire》lo accusò il principe.

《Non mi sono fatto sfuggire nessuno》si difese il ragazzo.

《Sei cieco?!》esclamò Artù.

《Cercate me?》chiese una voce dal nulla e Artù e Merlino si voltarono in direzione di essa. Davanti a loro c'era l'uomo che stavano inseguendo. Era un anziano con gli occhi azzurri e i capelli bianchi, nascosti dal cappuccio che portava in testa.

《Sono Anhora, custode dell'unicorno》si presentò e i due giovani si guardarono negli occhi con espressione strana. Merlino scrutò il nuovo personaggio attentamente. Era molto simile all'uomo che aveva intravisto per un secondo nella foresta subito dopo che Artù aveva ucciso l'unicorno. Portava la stessa veste bianca e aveva in mano lo stesso bastone di legno lungo. Doveva per forza essere lui!

《Camelot è sotto coprifuoco. Che ci fai qui?》domandò Artù.

《Sono qui per consegnare un messaggio per voi, Artù Pendragon》rispose lui. Artù aveva la strana sensazione che Anhora fosse il colpevole di tutto quello che il suo regno stava passando e non era difficile da pensarlo dal modo in cui si era intrufolato nel castello davanti ai suoi occhi e dalle vesti che indossava.

《Hai distrutto tu i raccolti e trasformato l'acqua in sabbia?》lo accusò.

《Siete voi il responsabile della sventura caduta sul regno di Camelot》ribatté Anhora.

《Io?! Credi che farei patire la fame e la sete al mio popolo?!》esclamò il principe incredulo. Come poteva essere lui il responsabile? Non era uno stregone e di certo non aveva il potere di distruggere ogni singola spiga di grano e far scomparire l'acqua.

《Uccidendo l'unicorno, avete scatenato una maledizione. Camelot soffrirà grandi pene》gli rivelò.

《Sciogli la maledizione o sarai giustiziato》lo minacciò Artù.

《Non è stata opera mia. Solo voi potete farlo》controbatté lui.

《Sei in arresto!》ordinò Artù, prendendolo per la spalla, ma appena lo toccò, Anhora scomparve come un spirito. Merlino e Artù si guardarono intorno, ma non lo videro più. Sentivano la sua voce rimbombare tra le mura dei sotterranei, ma non avevano idea da dove essa proveniva.

《Verrete messo alla prova, se non supererete le prove e non farete ammenda per l'uccisione dell'unicorno, la maledizione non verrà sciolta. Se fallirete una di queste prove Camelot sarà dannata per l'eternità》.

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