LXV

Brutte notizie giunsero a Camelot quella mattina. Un silenzio fatto di tensione e preoccupazione incombeva nella sala del consiglio dove Artù stava mostrando al padre un mantello rosso, indossato tipicamente dai loro cavalieri.

《Sei sicuro che è stato Cenred?》prese parola il re, prendendo tra le mani del figlio l'indumento sgualcito e osservandone lo stemma della sua casata, un drago dorato.

《Sì, padre, il suo messaggero ha appena lasciato Camelot. Cenred ha detto che la pattuglia è passata per le sue terre ed era necessario punire tutti》lo informò Artù.

《Quanti morti?》domandò Uther.

Il principe esitò qualche istante prima di rispondere. Scosse la testa e con rammarico disse:《Tutti quanti, è stato un massacro》.

La corte, presente alle loro spalle, iniziò ad agitarsi.

《I cavalieri?》chiese il sovrano, condividendo la stessa apprensione del suo popolo.

《Perduti》fu la risposta addolorata del figlio, citando i nomi dei quattro cavalieri che avevano perso la vita, tra i quali anche Sir Leon.

Il sovrano lo fissò con un'espressione scombussolata. La morte di Leon l'aveva sconvolto più di tutti e anche Gaius e Merlino ne furono affranti. Quel cavaliere era uno dei più leali e coraggiosi al servizio di Camelot.

Al calar della sera, mentre il regno cercava ancora di superare la morte di quei giovani uomini, Sir Leon rientrò a Camelot, dove venne accolto dal principe e dal re come il più straordinario dei miracoli.

《Pensavamo fossi morto》gli confidò Artù, scambiandosi una stretta di mano in segno di fratellanza.

《Ero morto, o spacciato almeno, poi i druidi mi hanno trovato. Devo loro la vita》rivelò l'amico.

Al sentir nominare quel popolo, il sorriso di Uther si affievolì e iniziò a riempirlo di domande.

《Come ti hanno guarito? Hai detto che eri spacciato. Hanno usato la magia?》.

Leon era visibilmente provato dalle fatiche del viaggio e i ricordi di ciò che aveva affrontato solo poche ore prima erano molto sbiaditi.

《So soltanto che ho bevuto da una specie di coppa. Era straordinaria, Mio Signore, mai visto niente del genere. Quando ha toccato le mie labbra, ho sentito la vita tornare in me》spiegò.

Tutti lo ascoltavano con particolare attenzione e nella sala del consiglio calò un silenzio snervante. Nessuno osò fiatare e Uther sembrava essere rimasto spiazzato dalla sua testimonianza.

《Beh, le tue tribolazioni ti avranno affaticato. Devi riposare》rispose il sovrano, congedandosi con un'improvvisa fretta.

Morgana intuì che c'era del mistero nelle parole di Sir Leon e l'atteggiamento schivo del padre stava alimentando i suoi dubbi. Incrociò gli occhi di Merlino, il quale, condivideva i suoi stessi sospetti. Dopo la riunione Leon fu visitato rapidamente da Gaius per controllare il suo stato di salute.

《È esausto e fortemente disidratato, ma con il tempo si ristabilirà》diagnosticò e Artù lo ringraziò.

Il medico uscì dagli alloggi del cavaliere e Uther lo seguì.《Allora?》domandò.

《È stupefacente, Sire, non mostra segni di alcun tipo di ferita. È in perfetta salute》rispose l'anziano.

《La coppa di cui ti ha parlato?》volle sapere il sovrano.

In quel momento Merlino li raggiunse e rimase in disparte per ascoltare la loro conversazione.

《Dalla sua descrizione direi che era la Coppa della Vita》confessò Gaius.

L'attenzione del servo venne catturata subito, quando udì le parole del suo tutore. Come poteva essere la Coppa della Vita? Era andata perduta dopo che aveva ucciso Nimueh sull'Isola dei Beati più di un anno fa. I sospetti di Uther vennero finalmente confermati e ciò non fece che aumentare il suo timore interiore.

《Conosci il suo potere, Gaius》avvertì il medico.

《Certamente, Sire, ma i druidi sono un popolo pacifico. Userebbero la coppa per fare del bene e Sir Leon ne è, di sicuro, la prova》tentò di rassicurarlo quest'ultimo, ma Uther non volle ascoltarlo.

《Sia come sia! Secondo le descrizioni di Sir Leon, la grotta dei druidi si trova nel regno di Cenred ed è necessario arrivare alla coppa prima di lui》decretò.

《Mio Signore, i druidi sono schivi di natura e terranno la coppa ben nascosta. Non sarebbe, quindi, molto più saggio lasciarla dove è》controbatté Gaius.

《Non posso correre questo rischio》lo ammonì il sovrano e se ne andò.

Gaius e Merlino rientrarono nello studio e il ragazzo si fece avanti.

《Pensavo che la coppa si fosse distrutta, quando ho sconfitto Nimueh sull'Isola dei Beati》.

《Ma non può essere distrutta. La sua magia è eterna ed è avulsa da spazio e tempo》gli spiegò il medico.

《Perché Uther la teme tanto?》domandò il mago.

《La coppa può essere usata sia per il bene che per il male. Molti secoli fa cadde nelle mani di un grande signore della guerra. Una notte radunò un esercito al suo cospetto, prese una goccia di sangue da ogni uomo e le raccolse tutte dentro la coppa. Tale era il potere dell'oggetto che i soldati vennero resi immortali seduta stante》lo informò.

《Non potevano essere uccisi》suppose Merlino e Gaius annuì per poi proseguire.

《La carneficina che provocarono andò oltre ogni immaginazione. Il re non è uno sciocco, sa che le forze dell'Antica Religione si stanno di nuovo sollevando contro di lui. Il cielo non voglia che la coppa possa finire nelle mani di Morgause》.

《O Morgana》specificò il ragazzo, ricordando che Morgana era dalla parte di Morgause e di Cenred.

《Se avessero un'arma del genere, Camelot non riuscirebbe a salvarsi》concluse l'anziano.

Nel frattempo Uther convocò in segreto il figlio per incaricarlo di recuperare la Coppa della Vita e impedire che finisca nelle mani di Cenred, in quanto loro nemico. I due non si accorsero, però, che Morgana li stava ascoltando. Mentre Artù e Merlino prepararono le cose per il loro viaggio in incognito, la principessa si incontrò con la sorella nei sotterranei del castello.

《Sorella, cosa volevi dirmi?》le chiese la strega.

《Artù partirà all'alba. L'hanno incaricato di recuperare una coppa, la chiamano Coppa della Vita》la informò lei.

Gli occhi di Morgause si sgranarono dalla sorpresa.

《Coppa della Vita?! Sei sicura?》volle sapere e la sorella annuì.

《Da quanto tempo la sto cercando!》esclamò.

《È potente come credono?》domandò Morgana.

《Oh, sì! Fidati, sorella: con la coppa in nostro possesso, Camelot sarà alla nostra mercé》rispose la strega.

《Dov'è la Coppa ora?》domandò alla principessa.

《È nelle mani dei druidi, so solo che il loro accampamento è nel regno di Cenred》esaudì quest'ultima.

《Allora Cenred ci tornerà di nuovo utile. Ha spie ovunque e se potesse far seguire Artù...》propose Morgause.

《...Lui ci condurrebbe dritti alla Coppa della Vita》finì la frase la sorella.

La Sacerdotessa annuì e le due si scambiarono un ghigno malefico.

All'alba Merlino e Artù presero i cavalli e lasciarono il castello. Fortunatamente tutti ancora dormivano e la servitù non era ancora in servizio, ma non potevano sapere che, in realtà, l'unica persona a essere sveglia era Morgana che li osservava allontanarsi dalla finestra della sua camera.

Da quando il servitore aveva saputo dal suo padrone che sarebbero dovuti andare in missione in incognito, cercava in tutti i modi di sapere dove stavano andando, ma Artù era sempre evasivo. Tuttavia, a Merlino non servì una conferma esplicita da parte sua perché stava già intuendo che erano diretti nel regno di Cenred, considerando che stavano attraverso la foresta di Ascetir che segnava il confine tra Camelot e il regno nemico.

Mentre parlavano, un dardo li colpì al collo e, prima che potessero rendersi conto che erano avvelenati, caddero dalla sella e svennero sul terreno. Quando Merlino si ridestò, impiegò qualche secondo per riprendere coscienza. Non era da solo: con lui c'era anche Artù e un gruppo di uomini mai visti prima di allora. Il nobile lo aiutò a rialzarsi, quando una mano si posò sulla spalla del principe.

《Toccami ancora e sei morto!》minacciò il biondo, arpionando il polso dell'uomo.

《Galvano!》esclamò Merlino, quando i due lo riconobbero.

Era sorpreso e felice della sua presenza. Non pensava di rivederlo così presto dopo la loro missione alle Terre Perigliose avvenuta diciotto giorni fa.

《Che brutte maniere, Sire! Amico mio, hai un aspetto orribile》li salutò il cavaliere con il suo solito sarcasmo.

《Anche tu》ricambiò il servo, scrutandolo rapidamente dall'alto verso il basso.

《Che cosa ci fai qui?》gli chiese Artù, meravigliato dalla sua presenza in un posto abbandonato come quello in cui si trovavano.

《Sapete: posto sbagliato, bevuta sbagliata》alluse Galvano e i due amici non furono per nulla stupiti.

Si sapeva che il cavaliere aveva un certa predilezione a cacciarsi nei guai, quando si trattava di bere e donne.

《Non è cambiato nulla》constatò il principe.

《Non siete gentile》commentò l'amico, dandogli una pacca amichevole sul petto.

《Dove siamo esattamente?》volle sapere Artù.

Nella confusione Merlino non si era neanche posto dove si trovavano, perciò, si guardò attorno, mentre Galvano rispondeva:《In un vecchio castello. Appartiene a Jarl》.

In effetti, le profonde crepe che segnavano le vecchie mura di quello che appariva un castello in rovina confermavano la sua dichiarazione.

《Mai sentito》commentò Artù, scuotendo la testa dubbioso.

《Un bel tipo, commercia in schiavi》ironizzò Galvano.

Persino in un momento come quello, il cavaliere aveva la sfrontatezza di scherzare. Tuttavia, Merlino non condivideva la sua stessa ironia.

《Saremo venduti come schiavi?!》suppose e una voce si intromise nella loro conversazione.《Esatto, parassita schifoso!》.

Tutti alzarono il mento verso l'alto dove c'era un uomo, decisamente dall'aspetto poco raccomandabile, che li scrutava con disprezzo.

《Chi di voi è pronto per affrontare il mio campione nell'arena?》domandò, ma nessuno dei presenti osò fiatare.

《Nessun volontario? Vorrà dire che sceglierò io stesso uno di voi reietti》dichiarò lo sconosciuto, iniziando a esaminarli uno per uno.

《Bene, bene! Allora, vediamo... tu!》decretò, puntando l'indice.

Tutti gli sguardi degli uomini finirono in direzione della vittima scelta e Merlino si guardò attorno per assicurarsi che fosse veramente come pensava.

《Io?!》domandò, alzando le sopracciglia dall'incredibilità.

《Morte o gloria, ragazzo! Sarà un onore》commentò Jarl e Artù alzò gli occhi al cielo.

Con lui sarà sicuramente morte!, pensò nella sua testa. Merlino, a malapena, sapeva tenere in mano una spada, figurarsi a combattere contro un campione.

《Chi è questo cosiddetto campione? Riesce a combattere solo con i ragazzi deboli?》intervenne con tono provocatorio.

《Credi di poter offrire una sfida migliore?》lo incalzò l'uomo.

《Lo garantisco》dichiarò lui con decisione, avanzando di qualche passo.

《Artù, no!》gli sussurrò il servo, ma il principe lo ignorò, come suo solito, quando si trattava di mettersi in gioco.

Jarl accettò la sua sfida.《Molto bene, ma se tu perderai, darò il tuo amichetto in pasto ai corvi dopo averlo fatto a pezzi. Sei pronto, mio campione?》.

《Sono pronto》affermò la voce, vicinissima ad Artù e Merlino.

I due si girarono verso Galvano con un'espressione che esigeva subito delle spiegazioni e il cavaliere si limitò a sollevare gli angoli della bocca per esporre loro un sorriso tirato. Artù e Galvano vennero liberati e condotti da Jarl in una vecchia sala, occupata da uomini che esultavano per l'inizio del combattimento.

Il commerciante di schiavi, dopo aver spiegato loro le semplici regole - un uomo vive e l'altro uomo muore, pena l'uccisione di entrambi - consegnò le armi a due cavalieri. I due amici iniziarono a lottare, ma era difficile non farsi male a vicenda solo per fingersi di fronte a tutti che li incitavano. Merlino, trattenuto per le braccia da un uomo di Jarl, approfittò della distrazione generale per usare la sua magia e innalzare le fiamme di una fiaccola.

Il fuoco si espanse fino al soffitto, cominciando a consumare le corde che trovava sul suo cammino. Il panico si scatenò e la folla si disperse in tutta la sala, cercando una via di fuga dalle fiamme. Artù, Galvano e Merlino riuscirono a evadere, mentre i fumi fuoriuscivano dal castello. I tre corsero a perdifiato fino a quando non si addentrarono nella foresta. Lì si fermarono per riprendere fiato.

《Per quale motivo siete finiti in un buco simile?》domandò Galvano.

《Noi eravamo in missione》accennò Artù.

《Per la Coppa della Vita》aggiunse Merlino e il principe gli diede una pacca di rimprovero sulla nuca.

《Ma-ma che c'è?!》esclamò il servo.

《Che cosa della parola 'segreto' non ti è chiaro?!》lo redarguì l'amico.

《È Galvano》ribatté il mago e il diretto interessato si intromise.

《Signori, sembra che qualunque cosa cerchiate, vi serva una mano》.

Seppur con qualche riluttanza, Artù acconsentì alla sua proposta di aiuto. In fondo un cavaliere come lui era sempre ben accetto se volevano trovare l'accampamento dei druidi in un posto pieno di pericoli e banditi come quello che stavano per attraversare. I tre amici proseguirono a piedi, dato che non disponevano più dei cavalli dopo la loro cattura per mano degli uomini di Jarl.

《Allora, secondo Merlino, se mi diceste dove si trova la Coppa, dovreste uccidermi》parlottò Galvano.

《Esatto》confermò il reale.

《Potete anche dirmelo. Sinceramente non riuscireste mai a uccidermi》commentò il cavaliere.

《Davvero? Se vuoi, provo》propose Artù.

《Già fatto nell'arena. Vi ho messo alle corde, o sbaglio?》gli rammentò l'amico.

《Quello era solo un gioco》precisò il principe, ma Galvano continuò a prendersi beffa di lui.

《Oh, un gioco, certo! Ho vinto io o sbaglio?》.

Merlino non li stava sopportando più.

《Sbagli! Un altro momento...》stava dicendo Artù, ma li mise a tacere entrambi.

《Un altro momento e sareste morti entrambi. Nessuno dei due ha vinto, il vostro piano è stato un mezzo disastro e, se non era per il fuoco, adesso saremmo concime per i fiori》.

Si interpose tra loro e avanzò spedito, mentre i due cavalieri si scambiarono un'occhiata interdetta. Dopo un po' Merlino, Artù e Galvano erano giunti nella grotta dove, si presumeva, si nascondessero i druidi. Per essere una semplice caverna, era ben nascosta grazie alla vegetazione, al muschio che occultava l'entrata e al buio che celava i suoi sentieri, tuttavia, la presenza di candele accese e di vari oggetti indicava che c'era un accampamento. Erano nel posto giusto. Un rumore fece destare Artù, il quale notò uno strano movimento sotto un telo. Accennò qualche passo e, con scaltrezza, afferrò un bambino.

《Dimmi dov'è la Coppa》gli intimò, scuotendolo per le esili spalle, ma il ragazzino era pietrificato dalla paura.

《Lasciatelo, Artù! È solo un bambino》intervenne Merlino.

Il principe non gli diede retta e continuò a domandare al piccolo dove fosse l'artefatto magico. Il servo lo richiamò e Galvano impugnò la spada, quando si accorsero che i druidi li stavano accerchiando.

《Stanne fuori, Merlino!》intimò il nobile.

《No, Artù, davvero》insisté il moro e Artù distolse lo sguardo dal bambino, accorgendosi solo in quel momento della presenza degli stregoni.

Trattenne il giovanotto con la forza ed estrasse la spada in segno di minaccia.

《Non fare un altro passo》intimò al capo che aveva già avuto occasione di incontrare, quando aveva condotto il piccolo Mordred dalla sua gente.

《Non c'è bisogno di violenza, Artù Pendragon. Il bambino non c'entra nulla, lasciatelo!》ribatté Iseldir con pacatezza.

《Solo se avrò quello che voglio》cercò un compromesso il reale.

《Siete qui per la Coppa della Vita, dico bene?》intuì lo stregone.

Merlino rimase sorpreso. Come facevano i druidi a sapere che erano lì per quel motivo?

《È così》affermò Artù.

《È vostra. Adesso, vi prego, il bambino》rispose Iseldir, porgendogli la coppa.

Artù esitò qualche istante. Erano stregoni e potevano sorprenderlo in qualsiasi momento. Tuttavia, Iseldir era un uomo di parola e, quando il principe lasciò andare il bambino per prendersi l'oggetto magico, lo mise in guardia.

《State giocando con un potere che non potete capire, Artù Pendragon. Prendendo la Coppa, rischiate più di quanto crediate》.

Il principe ignorò il suo avvertimento e gli sottrasse la coppa dalla mano.

《Correrò il rischio, grazie. Andiamo!》concluse prima di indietreggiare cautamente.

Quando furono a debita distanza, i tre voltarono le spalle per uscire dalla grotta, ma la voce ferma di Iseldir nella testa di Merlino, costrinse quest'ultimo a rivolgere un ultimo sguardo al capo dei druidi.

《La coppa è affidata a te ora, abbine cura. Il futuro di queste terre dipende da essa》lo avvertì quest'ultimo.

Il mago non disse nulla e si limitò a raggiungere i suoi compagni. Ora capì perché i druidi avevano consegnato la Coppa al principe senza tante costrizioni.

《Roba complicata queste missioni》ironizzò Galvano, appena uscirono dalla caverna.

《Credimi, oggi abbiamo compiuto un grande atto》replicò Artù.

《I druidi avevano protetto la coppa finora》intervenne il servo.

《Non possiamo fidarci. L'unico posto sicuro sono le stanze del tesoro di Camelot》fu la risposta del nobile.

Merlino dubitava fortemente che con Morgana sempre in agguato le stanze del tesoro sarebbero state un posto sicuro per la Coppa della Vita. Alla prima occasione la principessa avrebbe tentato di rubarlo, come aveva già fatto in passato con il cristallo di Neahtid.

《Già, ma prima dobbiamo arrivarci》constatò.

《Laggiù è il confine delle terre di Cenred. Oltre la foresta c'è Camelot》dichiarò Artù, indicando il sentiero che doveva percorrere per tornare a casa.

《Con cibo, acqua e un bel bagno caldo》commentò Galvano, pur sapendo che non avrebbe avuto nessun accesso al regno a causa del decreto di Uther.

《Silenzio, ascoltate!》comandò Artù, fermandosi improvvisamente.

Il bosco sembrava essere caduto in un improvviso letargo. Nessun suono, nessun fruscio, neppur il canto degli uccellini si udiva in mezzo alla fitta vegetazione. Non era un buon segno per Artù, il suo sesto senso gli diceva che non erano soli in quel momento.

《Non sento nulla》appurò il suo servitore.

《Esatto》affermò.

《Non siete mai soddisfatti voi altri! Troppo rumore, troppo silenzio...》si lamentò il loro amico e i banditi di Cenred sbucarono dai loro nascondigli.

《Correte!》ordinò Artù e i tre si diedero alla fuga con i soldati nemici alle calcagna.

Una freccia colpì alla gamba il reale, il quale cadde a terra con un urlo di dolore. L'uomo, che aveva scagliato il dardo con la sua balestra, si avvicinò al principe svenuto e recuperò la Coppa dalla borsa. Il mago usò i suoi poteri per scagliarlo lontano e l'oggetto volò in aria. Merlino seguì la sua traiettoria, ma non riuscì a prenderlo perché esso rotolò giù da una collina e finì nelle mani dei nemici, i quali scapparono.

Galvano lo richiamò e lui fu costretto a lasciar andare gli uomini, in quanto erano ormai troppo distanti per rincorrerli. Artù era rimasto incosciente da quando era stato ferito e il servo aveva cercato di fermare la fuoriuscita del sangue con un panno ben stretto alla gamba. Tuttavia, più le ore passavano, più Artù sembrava non riprendersi e, come se non fosse abbastanza, nella foresta era calata la notte.

《Non ha un bell'aspetto》osservò Galvano, mentre esaminavano la ferita.

《La freccia era avvelenata》spiegò il moro, allungando la mano per posarla sulla fronte del suo padrone.

La luna della luna gli illuminava il volto lucido di sudore. Tremava nel sonno e la sua fronte bruciava come il fuoco che avevano acceso per riscaldarsi.

《Ha la febbre, teniamolo al caldo》suggerì, togliendosi la giaccia per coprirlo.

《Io non capisco. Perché tutto questo per una coppa?》domandò il cavaliere.

《Perché nelle mani sbagliate è un'arma terribile》rispose l'amico.

《Non è un bene che ce l'abbia Cenred》constatò lui.

《È peggio di quanto tu possa immaginare》affermò Merlino.

La scomparsa di Artù fece preoccupare Uther che attendeva il suo ritorno ormai da troppo tempo. Ordinò a Sir Leon di formare una pattuglia e di trovarlo al più presto. Morgana cercò di confortarlo con dolci parole, ma dentro di sé esultava. Il suo momento di gloria si stava avvicinando sempre più e nulla avrebbe potuto fermarla nell'arrivare fino in fondo.

Intanto, nel bosco Artù stava peggiorando rapidamente. Senza medicinali e senza la conoscenza di Gaius, Merlino non poteva curarlo, quindi, doveva giocare l'ultima carta che gli restava, se voleva che il principe superasse la notte. Tuttavia, aveva bisogno di restare solo con lui e per questo doveva inventarsi una scusa per allontanare Galvano. In realtà avrebbe potuto rivelare all'amico la sua vera identità, ma non avrebbe mai trovato il coraggio per farlo veramente. Non sapeva come lui avrebbe potuto reagire e temeva solo il peggio.

Chinò lo sguardo sulle braci ormai sul punto di spegnersi. Chiese al cavaliere se poteva prendere altra legna e lui accettò. Quando il servo fu sicuro che Galvano si fosse allontanato a sufficienza, si avvicinò al suo padrone, allungò la mano sulla sua fronte e pronunciò un incantesimo. La magia non sortì alcun effetto e il mago scosse la testa prima di tentare di nuovo, ma Artù continuava ad avere le convulsioni dovuti alla febbre.

Alle prime luci dell'alba Artù si ridestò dal suo stato di incoscienza e si guardò attorno. Non ricordò quello che era accaduto nelle ultime ore, ma quando si accorse di non avere più con sé la borsa che conteneva la Coppa della Vita, si allarmò immediatamente.

《Dov'è la Coppa?!》sbraitò, facendo sobbalzare i suoi compagni che si erano appisolati durante la notte.

《Ce l'hanno gli uomini di Cenred》biascicò Merlino. .

《Allora che ci facciamo qui?》domandò lui.

《Eravate svenuto》tentò di giustificarsi il servo, ma il principe non esitò a rimproverarlo, invece, di ringraziarlo.

《Hai sempre una scusa, Merlino! Torniamo a Camelot, prima che sia tardi》.

Tentò di alzarsi, ma la ferita alla gamba lo fece gridare dal dolore. I due amici lo aiutarono e i tre ripresero il cammino. Nel frattempo, Sir Leon, l'unico sopravvisuto della pattuglia con il compito di cercare Artù era riuscito a tornare a Camelot e avvisò subito il sovrano che l'esercito di Cenrde, reso immortale dalla Coppa della Vita e dalla magia di Morgause, era in prossimità del regno.

《Riuniamo il consiglio di guerra》decretò quest'ultimo.

《Non li fermeremo! I soldati non cadranno e non morranno》ribatté il cavaliere.

《Riunisci i cavalieri e prepara tutte le difese》comandò Uther, ignorando i suoi avvertimenti.

Leon provò a opporsi.《Ma, Sire...》.

《Fallo!》urlò il re.

Morgana sorrise compiaciuta. Suo padre stava cedendo poco alla volta e presto l'esercito sarebbe giunto alle porte del regno. Nessuno poteva contrastare un battaglione immortale, neanche i cavalieri più coraggiosi e forti di Camelot. Leon obbedì, congedandosi dalla sala del consiglio insieme al resto della corte, e Uther rimase solo con la figlia e Gaius.

《È Cenred, è lui, ma come? L'esistenza della Coppa era un segreto》si rivolse al medico.

《C'è una sola spiegazione, Sire: in mezzo a noi c'è un traditore》rivelò Gaius, indirizzando per un attimo lo sguardo sulla principessa, la quale continuava a sorridere di perfidia.

Tutte le truppe iniziarono a mobilitarsi per l'imminente battaglia e più le ore trascorrevano, più l'agitazione e il panico si iniziavano a percepire tra le mura del palazzo. Al calar della sera il nemico era giunto a destinazione, in attesa del segnale di attacco. Dalla finestra delle stanze della sua padrona, Gwen poté notare le colossali dimensioni dell'intera armata. Non si era mai visto un esercito di tale imponenza, occupava distese e vallate. Deglutì, cercando di controllare l'angoscia, e in quel momento Morgana rientrò nei suoi alloggi, accorgendosi della presenza della serva. La paura di Gwen non faceva che alimentare ancora di più la sua soddisfazione.

《Gwen!》la chiamò e lei si voltò con un sussulto.

《Attaccheranno all'alba?》le chiese.

《Temo proprio di sì》affermò Morgana con voce fintamente docile.

《Notizie di Artù?》domandò nuovamente la serva.

La principessa scosse la testa e con un ghigno rispose:《Nessuna》.

《Siamo perduti, verremmo massacrati dal primo all'ultimo!》esclamò Ginevra.

《Non tutti devono morire》intervenne la nobile, avvicinandosi a lei.

《Che vuol dire "non tutti"?》volle sapere la ragazza.

Aveva un certo sospetto che Morgana fosse coinvolta e ora le sue parole non facevano che alimentare ancora di più i dubbi nei suoi confronti. D'altronde la sua padrona non aveva detto o fatto nulla per farle credere il contrario, anzi i suoi sorrisi di sfida e i suoi atteggiamenti sicuri glielo confermavano.

《Coloro che li sfidano e che sceglieranno di combattere moriranno, ma quelli che non resisteranno e chi sceglierà di accogliere il cambiamento, avrà un futuro qui. Tutti possono scegliere》ammise la reale.

Ormai Gwen non aveva più nessun dubbio.

《È opera vostra tutto questo?》la accusò.

《Fin dal primo giorno che sono qui》affermò lei.

《Lo state facendo per la creatura che portate in grembo?》suppose la serva, indicandole con lo sguardo il ventre.

Istintivamente Morgana si portò la mano sulla pancia, come per proteggere il suo erede. Dentro di sé serbava il dubbio che la sua rivale sapesse della gravidanza, dato che quest'ultima non trovava più nessuna traccia di sangue mestruale nelle lenzuola in quell'ultimo mese. Nonostante ciò, non temeva Gwen perché, anche se avesse detto del suo segreto al re, lui non avrebbe mai creduto sulla parola di una semplice serva. In quel momento critico erano tutt'altre le afflizioni di Uther.

《Sì. Mio figlio merita un futuro migliore di quello che potrà mai avere con Uther come re》confidò.

Le due si guardarono negli occhi per qualche istante, poi Gwen deglutì nuovamente ed espose un sorriso tirato.

《Sapete che vi sono sempre fedele, Morgana, e lo sarò sempre》disse.

La principessa ricambiò il sorriso e prese le mani tra le sue.

《Allora non temere! Non ti verrà fatto del male, te lo prometto》rispose, abbracciandola.

Puntò lo sguardo oltre la vetrata a osservare, trepidante, il momento del suo trionfo.

All'alba...

Merlino, Artù e Galvano arrivarono ai confini di Camelot. In lontananza videro un piccolo villaggio, le cui abitazioni stavano bruciando a causa delle fiamme.

《Che cosa è successo?》domandò Galvano.

《Non lo so. Andiamo, siamo ancora a un giorno di cammino》rispose il biondo, avanzando zoppicante.

Proseguirono, quando trovarono una pattuglia di Camelot, o perlomeno, ciò che ne restava. I corpi dei cavalieri giacevano senza vita a terra. Era la pattuglia capitanata da Sir Leon, l'unico sopravvissuto riuscito a scampare da quell'orrendo destino.

《Non c'è neanche un corpo di un nemico》appurò Merlino, notando che tutti i cadaveri presenti appartenevano ai cavalieri di Camelot.

《Non è stato un combattimento, è stato un massacro》replicò Artù.

《Chi può aver fatto questo?》chiese Galvano.

Ad Artù non ci volle molto per collegare tutti gli eventi. Cenred doveva aver reso il suo esercito immortale, usando il potere della Coppa della Vita. Se quello che aveva davanti era una prima dimostrazione della sua potenza, temeva solo il peggio per Camelot.

《Soldati che non possono morire. Andiamo!》annunciò.

I tre non si fermarono, fino a quando non scorsero in lontananza il castello di Camelot, ma quello che videro non fu rassicurante. Nubi di fumo nero si innalzavano nel cielo turchese. Erano arrivati troppo tardi, l'assalto nemico era già cominciato. Dovevano ancora attraversare la foresta intorno al regno e Artù stava mostrando i primi segni di affaticamento, dato che zoppicava più frequentemente. Corpi di cavalieri decoravano i sentieri del bosco, mentre la sera stava calando.

Raggiunsero finalmente la città bassa, venendo accolti da un silenzio tombale e dal caos più totale. Il principe si diresse verso la casa di Gwen, ma la porta era serrata. Cercò di sforzare la serratura e Galvano, notando le sue difficoltà, intervenne per scalciare con forza la porta. Varcarono la soglia, trovando l'abitazione deserta. All'improvviso un uomo sbucò dal nulla e attaccò il principe, il quale riuscì a parare l'assalto con la sua spada. Merlino lo riconobbe subito.

《Elyan!》esclamò.

Sentendosi chiamare, Elyan puntò lo sguardo sul servo, riconoscendo solo in quel momento Merlino e Artù insieme a un altro uomo.

《Mi dispiace!》si scusò, sbattendo le palpebre per essere sicuro di avere davanti i suoi amici.

《Dove sono gli altri?》gli chiese Artù.

Elyan abbassò la sua spada e si levò il cappuccio dalla testa.

《Ma... ma-ma-ma i-io pensavo che...》incespicò sulle sue stesse parole, visibilmente scosso.

《Elyan, ti prego! Che è successo?》lo incitò il nobile.

《Un esercito imponente è apparso dal nulla, le armi erano inutili contro di loro. E-Erano uomini, ma non proprio: loro non morivano. Credetemi!》spiegò lui.

Artù rivolse uno sguardo apprensivo verso Merlino per poi tornare a fissare Elyan.

《Dov'è tua sorella Ginevra?》gli domandò.

《Era nella cittadella, quando è iniziato》rispose l'amico.

Il principe sospirò di sollievo.《C'è ancora speranza》commentò, ma Elyan non ne era convinto.

Chinò il mento ed esitò nel rivelargli la reale gravità della situazione. Artù se ne accorse e il moro confessò.《La cittadella è stata presa》.

La cittadella era il cuore di Camelot e, una volta occupata, si aveva il totale controllo del regno. Artù lo sapeva e per questo non esitò a uscire dall'abitazione, ignorando il dolore alla gamba. Man mano che camminava, il dolore si intensificava sempre più e Merlino sapeva che non avrebbe resistito ancora per molto. Si intrufolarono nel castello dai sotterranei ed, evitando le sentinelle nemiche, aggirarono per i corridoi.

《Dove andiamo?》domandò Galvano ad Artù.

《Ora... ora noi...》biascicò quest'ultimo.

Il dolore alla gamba era diventato insopportabile e a stento riusciva a sorreggersi in piedi.

《Artù, non ce la fate! Voi dovete curarvi》gli fece notare Merlino, ma Artù era testardo anche in punto di morte.

《Dobbiamo... dobbiamo trovare Ginevra, mio padre...》continuò a farfugliare.

Il servo decise di prendere in mano la situazione.《Elyan, sai arrivare ai sotterranei?》.

《Penso di sì》rispose il diretto interessato.

《Vai con Galvano, cercate di trovarli》ordinò e i due obbedirono.

《Vado con loro》si interpose Artù, ma Merlino lo bloccò per le spalle.《No, voi, no!》.

《È un ordine》non demorse il principe.

《Al diavolo i vostri ordini! Venite con me》ribatté il mago, trascinandolo con sé dalla parte opposta dei loro compagni.

Senza farsi scoprire dai soldati nemici che aggiravano per i corridoi del palazzo, Merlino riuscì a raggiungere lo studio di Gaius. Depositò il suo padrone sulla panca e quest'ultimo lo afferrò per la bandana rossa che portava al collo.

《Hai disobbedito ai miei ordini, Merlino, ti metterò alla gogna》lo minacciò.

《Bene! Ora restate qui e non muovete quella gamba》lo ignorò l'amico, avvicinandosi al tavolo per cercare qualche rimedio che potesse curare la ferita.

Un rumore improvviso attirò la sua attenzione e Merlino afferrò la spada di Artù. Il frastuono proveniva dal ripostiglio delle scope, perciò, si avvicinò lentamente e allungò la mano sulla maniglia per spalancare la porta di scatto. Il medico sobbalzò dalla sorpresa.

《Gaius!》esclamò il servo dalla felicità.

《Merlino!》ricambiò l'anziano, scrutandolo dal basso verso l'alto per l'incredibilità.

I due si abbracciarono calorosamente.

《State bene?》si premurò il ragazzo.

《Sto meglio, ora che ti vedo》affermò lui, ma un lamento di dolore da parte di Artù attirarono la loro attenzione.

《Ho provato a guarirlo con la magia, ma non ha funzionato》lo informò Merlino.

Gaius annuì per poi sorpassarlo e raggiungere il principe. Esaminò rapidamente la ferita.

《La ferita è infetta, devo rifasciare la gamba. Bisogna ridurre l'infiammazione》diagnosticò, ma Artù si oppose.

《No, non abbiamo tempo! Dammi solo qualcosa》.

《Sì, Sire》acconsentì il medico, mettendosi subito all'opera e il mago lo seguì.

《Un esercito di immortali, vero?》sussurrò.

《Siamo fortunati a essere vivi tutti noi》commentò l'anziano.

Merlino si recò nella sua stanza per prendere il libro di magia e metterlo dentro la sacca. Si ricordò della clessidra con l'acqua del lago di Avalon e prese anche quella. Quando tutto sembrerà perduto, questa ti indicherà la via. Peccato che doveva ancora capire come. La infilò nella borsa e uscì dalla camera.

《L'effetto sarà istantaneo, Sire, ma non posso garantirne la durata》disse Gaius, mentre Artù stava bevendo la cura tutto di un fiato.

Il principe lo ringraziò e lo scatto della porta fece voltare tutti. Elyan e Galvano stava entrando proprio in quel momento.

《Il re è vivo》confessò il primo.

《Dov'è?》domandò subito Artù.

《Lo stanno portando nella sala del trono》intervenne Galvano.

《È l'ultima possibilità》dichiarò il reale, afferrando la spada.

《Artù, sono troppi, non ce la farete mai!》replicò Merlino.

《Non lascerò che mio padre muoia da solo》controbatté il suo migliore amico.

Poi si rivolse ai suoi amici.《Galvano, Elyan, prendete Gaius e andate nel bosco dietro al castello. Spero di rivedervi》.

I tre obbedirono e Artù rimase solo con il servo. Gli intimò di seguirli, ma lui negò. Il principe era felice di averlo al suo fianco in un momento come quello, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.

I due lasciarono lo studio e si diressero nella sala del trono, riuscendo a evitare le guardie per un pelo. Raggiunsero il balcone e da quel punto poterono vedere tutto ciò che accadeva nella sala sotto di loro. Scorsero Uther che veniva condotto contro la sua volontà di fronte a Morgause.

Artù era sul punto di intervenire, rischiando di far scoprire entrambi, ma il servo riuscì a tenerlo a bada, ricordandogli che i loro nemici erano immortali. Il principe tentò di calmarsi, ma la collera che covava dentro era sul punto di scoppiare.

《Bene, Uther, ecco come cadono i potenti. Non penso che ne avrete più bisogno》disse la strega, togliendo la corona dal capo di Uther.

《Questo è contro la legge! Tu non puoi farlo, non hai nessun diritto al trono!》sbraitò, rabbioso, quest'ultimo.

Morgause rimase impassibile di fronte alle sue parole e Morgana fece la sua comparsa.

《No, lei non ce l'ha, ma io sì perché sono tua figlia》intervenne e gli occhi grigio-verdi del padre la scrutarono completamente sconvolti.

La Sacerdotessa si fece da parte per lasciare che la sorella si posizionasse davanti al seggio reale. Merlino rivolse lo sguardo verso Artù, completamente scioccato come il padre. Desiderava che sia lui che Uther scoprissero la vera indole della sua amata una volta per tutte, ma di certo non in quel contesto.

Uther schiuse le labbra per parlare, ma lo schock del momento gli impedì di esprimersi. La confusione nella sua mente era talmente troppa da non riuscire neanche a elaborare il tradimento della figlia.

Morgana intuì i suoi pensieri.《Non essere sorpreso, aspettavo tutto questo da tempo》lo umiliò.

Gli riservò uno sguardo glaciale per poi sedersi sul trono. Morgause incitò con un semplice cenno del mento uno dei suoi uomini, il quale spinse in avanti Geoffrey che teneva tra le mani la corona.

《Per il potere conferitomi io vi incorono, Morgana Pendragon, regina di Camelot》annunciò, poggiando la corona sulla testa della reale.

Uther chinò il capo, sopraffatto dalla disperazione, mentre Morgana sfoggiava un ghigno di vittoria di fronte a un Artù sempre più inorridito e a un Merlino rattristito dalla sua scelta.

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