LXI
《E' tempo! Qual è la missione che hai scelto?》domandò Uther al figlio con il consiglio reale presente alle loro spalle.
Era un momento fondamentale quel giorno, specialmente per Artù, perché doveva scegliere una missione importante, il cui esito avrebbe decretato il suo futuro come principe ereditario di Camelot. Proprio per questo era rimasto tutta la notte solo a riflettere nella sala del trono e non aveva chiuso occhio, a differenza di Merlino che si era appisolato sul corridoio.
《Entrerò nel reame del Re Pescatore e troverò il tridente dorato, di cui si narra nelle leggende dei re caduti》rispose il principe con decisione.
《Tu sai che per provare di essere degno del trono dovrai portare a termine questa missione da solo e senza aiuti?》gli ricordò il sovrano e lui affermò.
《Lo so》.
Tra i presenti vi era anche Merlino, il quale lasciò la sala del trono per recarsi allo studio. Non aveva ancora fatto colazione e aveva una gran fame dopo aver dormito su un pavimento freddo. Se fosse stato un lupo solitario e selvatico, non avrebbe esitato a divorare la prima cosa commestibile che avrebbe trovato.
《Ti verrà il singhiozzo, Merlino》lo avvisò Gaius, seduto di fronte a lui, mentre lo osservava riempirsi la bocca di cibo, senza neanche respirare.
《Chi è il Re Pescatore?》lo ignorò lui con la bocca piena.
《Era un mago vissuto centinaia di anni fa. Secondo la leggenda venne ferito in battaglia, la ferita peggiorò e l'infezione si estese non solo sul suo corpo, ma anche sulla sua terra. Il suo potente regno fu ridotto a una landa desolata ed è rimasto così fino ai nostri giorni》illustrò il medico, mentre Merlino continuava a divorare la colazione velocemente.
《Ma perché Uther è così preoccupato?》domandò, aggrottando le sopracciglia per la confusione.
Non trovava nulla di così sconvolgente e pericoloso nella storia del suo maestro, eppure aveva colto il timore e il nervosismo del sovrano, quando Artù gli aveva rivelato la missione scelta.
Gaius chiarì ì suoi dubbi.《C'è chi crede che il Re Pescatore sia ancora vivo, scampato alla morte grazie alla magia》.
Il servo volle sapere il suo parere.《E voi?》.
《Forse sì o forse no, ma le genti del Nord chiamano quella zona le Terre Perigliose. Soltanto in pochi sono riusciti a tornare da lì》.
Merlino smise di masticare e deglutì a fatica. Doveva ammettere che ora era un po' preoccupato. Se erano in pochi i cavalieri che sopravvivevano in quel luogo, allora era normale che Uther fosse inquieto per la sorte di Artù. Dopo colazione iniziò il suo turno di lavoro, sistemando gli alloggi del suo padrone, mentre quest'ultimo era totalmente concentrato sulla sua missione tra documenti e fogli sparsi sul piano della sua scrivania.
《Quante mappe e sono tutte diverse》constatò, avvicinandosi a lui per osservarle meglio.
Artù si agitò nervosamente nella sedia, trattenendosi dal sbraitagli contro. Aveva iniziato a singhiozzare insistentemente, come aveva previsto Gaius, e sapeva che lo stava facendo appositamente per innervosirlo. Chiedeva solo silenzio e tranquillità, requisiti che il suo servo non gli concedeva.
《Ma bravo, Merlino, e sai perché?》lo incalzò, ma lui negò.《No》.
《Perché quasi nessuno è mai stato lì》ammise.
《Non potevate scegliere qualcosa di più semplice?》contestò il moro.
《Devo dimostrare il mio valore al popolo e non posso cavarmela con una giornata alla città bassa a raccogliere fiori》ribatté l'amico.
《Forse dovrei venire con voi per aiutarvi un po'》propose.
《Devo completare la missione da solo e senza alcun aiuto. È così che è stato per centinaia di anni e non cambierà per te. Ora, se non ti dispiace, ho delle cose importanti da pianificare》lo cacciò, mantenendo la calma nel tono di voce.
Merlino annuì, non prima di lasciarsi scappare volutamente l'ennesimo singhiozzo che fece esasperare il principe. Morgana, nel frattempo, stava trascorrendo la mattinata tra le varie bancarelle in compagnia di Gwen.
《Trovo che questo colore ti doni moltissimo》disse, osservando la serva provarsi un velo aranciato intorno alla testa.
Una mano si posò sul suo polso e lei si volse dall'altra parte di scatto, sussultando per la paura.
《Vi prego, concedetemi solo un paio di minuti del vostro tempo, sorella》le sussurrò una signora anziana, avvolta da un mantello nero.
Morgana le scrutò il viso segnato dalle rughe e dalla vecchiaia e nei suoi occhi marroni riconobbe Morgause. Rimase un po' sorpresa di vederla in quella forma fisica. Non pensava che la magia potesse trasformare una giovane e potente strega in un'anziana mendicante con la schiena ricurva e la voce flebile. Chinò gli occhi sulla mano della sorella che le stava stringendo ancora il polso e allungò il braccio per posare la sua sopra con delicatezza. Annuì soltanto e si allontanò con lei.
《Mia Signora!》la richiamò Ginevra alle loro spalle e la principessa la rassicurò subito.
《Va tutto bene, torno tra un attimo》.
La serva aggrottò le sopracciglia, un po' stranita dalla situazione, e le osservò allontanarsi. Le due streghe si appartarono dietro un muro e Morgause prese parola.
《Dobbiamo fare presto, questo incantesimo non durerà a lungo. Dimmi, che cosa ha scelto Artù come missione?》.
《Partirà domani per le Terre Perigliose》la informò Morgana e lei sorrise, maligna.
《È perfetto! Da' questo al principe come augurio di buona fortuna. Quando verrà il momento, crea un fantoccio del principe e poi legalo al dono, usando le tecniche che ti ho insegnato. Quando non farà ritorno, tu, sorella, prenderai il tuo giusto posto come sola erede al trono di Camelot》spiegò, consegnandole un bracciale con incastonata una pietra ambrata.
La principessa accennò un sorriso vittorioso e annuì con la testa. Non aspettava altro da quando era tornata a Camelot. Morgause si allontanò e lei si guardò intorno per assicurarsi che nessuno le avesse viste in atteggiamenti sospetti. Attese qualche istante e tornò da Gwen.
《Mia Signora, state bene?》le chiese quest'ultima con voce preoccupata.
Morgana si incupì, sentendo quella strana domanda.《Perché non dovrei?》.
《Pensavo...》farfugliò l'amica, alternando lo sguardo da lei alla direzione che aveva preso l'anziana signora che aveva visto con la sua padrona fino a poco prima.
Mentre si stava provando il tessuto in loro assenza, dallo specchio nel quale si stava osservando, aveva scorto per un istante il volto ringiovanito di Morgause. Una delle ripercussioni di tali incantesimi era proprio ciò: solo agli occhi delle persone si appariva vecchi e irriconoscibili, ma gli specchi riflettevano la forma fisica originale, in quanto immuni.
《Quella poveretta non ha nemmeno un soldo e una famiglia. Ho sentito il bisogno di aiutarla》mentì Morgana prima di accennarle un sorriso e sorpassarla.
Diede un'ultima rapida occhiata alle bancarelle e poi rientrò al castello, lasciando Gwen con seri dubbi su quello che aveva visto. Quella notte la principessa era già pronta per andare a coricarsi, ma prima si diresse nelle stanze del fratello.
《Artù, posso entrare?》domandò, aprendo leggermente la porta.
Il nobile le sorrise, sorpreso dalla sua visita inaspettata.
《Morgana, certo, entra pure》la invitò.
《A che devo questa visita?》le chiese.
《Sono venuta per darti una cosa》accennò lei e si tolse il bracciale che le aveva dato Morgause quella mattina.
《È il mio bracciale preferito, ma voglio darlo a te come augurio di buona fortuna per la tua missione di domani. So che può sembrare una cosa stupida, ma è il mio modo di dirti che ci sarò sempre per te, come tu ci sei sempre stato per me》spiegò, mentre Artù allungò la mano per prenderlo.
Quest'ultimo le sorrise e indossò subito il bracciale al polso.
《Ti ringrazio per il regalo, sei la sorella migliore del mondo》la adulò.
《Ti voglio bene》ammise poi.
《Anche io, sempre》ricambiò Morgana, la quale si avvicinò a lui per abbracciarlo.
Era vero che stava recitando la parte della sorella buona e innocente, ma solo una verità aveva appena detto: Artù ci era sempre stata per lei. L'aveva difesa e tutelata in molte occasioni da loro padre e lei stava tradendo il suo buon cuore per puro egoismo e desiderio di vendetta. Era suo fratello e una piccola parte di sé avrebbe tenuto ancora a lui e ai pochi momenti felici che avevano vissuto come sorella e fratello, ma non avrebbe esitato a toglierselo di mezzo se avesse tentato di ostacolarla.
E ciò era quello che le dispiaceva di più. Avrebbe desiderato fargli aprire gli occhi sul vero animo del padre, ma sapeva che lui non avrebbe mai accettato la verità, anzi l'avrebbe perdonato ugualmente perché, nonostante tutto il dolore che aveva causato con le sue scelte e i suoi errori, era pur sempre suo padre, cosa che lei non avrebbe mai approvato. Non aveva più la forza e la fiducia di concedere amore perché nessuno l'aveva fatta sentire amata e accettata. Nessuno tranne Merlino.
L''indomani Artù era pronto per affrontare il viaggio. Nel bene o nel male, quella missione lo avrebbe aiutato a maturare e a dimostrare non solo a tutto il popolo, ma anche a sé stesso, che poteva governare il regno nel modo più giusto e leale, seguendo sempre ciò che il cuore gli suggeriva di fare. Uscì dai suoi alloggi, trovandosi Ginevra che lo attendeva nel corridoio. Fu sorpreso della sua visita e intuì che fosse lì per salutarlo prima della sua partenza.
《So che dovete andare, ma...》accennò lei, torturandosi le mani dal nervosismo.
《Farò attenzione》la rassicurò prima che terminasse la frase perché sapeva già quello che gli voleva dire.
Gwen sorrise per la sua capacità di intuire così facilmente le sue emozioni e i suoi sentimenti.
《Per me?》si assicurò.
Artù annuì con un debole cenno del capo e chinò lo sguardo sulle sue labbra. Ginevra lo imitò e il principe avvicinò il viso al suo per baciarla. Fu un bacio semplice, leggero e fugace, ma bastò alla serva per avere l'ennesima conferma di quanto l'amore del suo principe fosse serio e reale, nonostante non potessero mai vivere la loro storia sulla propria pelle, al contrario di Merlino e Morgana.
Il nobile lasciò il castello e rivolse un ultimo silenzioso saluto con un inchino del capo in segno di rispetto alla sua famiglia e al consiglio reale. Morgana si voltò verso suo padre, notandolo pensieroso e taciturno. L'apprensione per la sorte del suo erede gli faceva corrugare la pelle intorno agli occhi, indice della sua avanzata età, rendendolo cupo.
《Sembri preoccupato》intervenne.
《È l'erede al trono, Morgana》le fece notare lui, senza degnarla di uno sguardo.
Come se fosse l'unico!, pensò. D'altronde, era sempre stato così nella loro famiglia: tutte le attenzioni e le preoccupazioni erano indirizzati ad Artù Pendragon, il figlio tanto bramato quanto amato dal re. Non avrebbe mai compreso il motivo per cui l'avesse spinto a separarla da sua madre e dalla sua sorellastra, se poi tutti suoi pensieri erano concentrati solo sul suo secondo figlio. Serrò la mascella, contrariata, e si rivolse a lui.
《Sta' tranquillo, so che un Pendragon regnerà su Camelot per molto tempo ancora》alluse, sollevando il mento con sfrontatezza, ma Uther non rispose, accennandole solo un fugace sorriso.
Non aveva idea, neanche lentamente, di ciò che la figlia stava progettando dal suo ritorno a Camelot. Artù salì sul suo cavallo che Merlino aveva già preparato con tutto l'occorrente per il viaggio e i due amici si scambiarono un cenno di capo. A loro non servivano parole per capirsi, bastava solo gli sguardi perché i loro pensieri viaggiavano simultaneamente. Il servo avvertì nella sua testa la presenza di una potente magia e i suoi occhi caddero sul monile con una pietra dorata che il principe portava al polso, individuandone subito la sorgente oscura. Il biondo notò il suo sguardo accigliato.
《Bello, non è vero? È un dono di Morgana》gli rivelò per poi incitare il destriero a partire.
Regalo e Morgana non correvano mai sullo stesso fine, specialmente se il destinatario era proprio Artù. Indirizzò lo sguardo sulla principessa che sorrise soltanto e si diresse di corsa allo studio.
《Sei sicuro che non era un gioiello?》gli chiese Gaius, indicandogli una figura sul libro che stava consultando e Merlino scosse la testa in segno di negazione.
《No, brillava di più. C'era della magia, l'ho sentita, e da parte di Morgana può voler dire solo una cosa: Artù è in pericolo》.
Scosse nuovamente il capo, contrariato dalle continue malefatte della sua amata, e tornò a sfogliare le pagine del tomo che aveva in mano alla disperata ricerca di quel bracciale incantato.
《Non so dove altro cercare》si arrese Gaius dopo che i due ebbero esaminato tutti i volumi a loro disposizione.
Non avevano trovato nulla che potesse identificare quel bracciale e il tempo stava scorrendo. Artù stava proseguendo nel suo cammino per raggiungere le Terre Perigliose e Merlino non poteva arrendersi proprio in quel momento, sapendo che il suo padrone era completamente solo in un luogo sperduto e sconosciuto.
《Ci deve essere qualcosa》ribatté, mentre leggeva rapidamente i titoli dei manuali disposti sulla credenza.
《Abbiamo controllato ogni possibile pietra》gli fece notare il medico, guardandosi intorno.
Poi ebbe un'improvvisa intuizione.《A meno che...》farfugliò, estraendo dal ripiano di una mensola un piccolo libro.
Sfogliò qualche pagina e si fermò su una, in particolare, che esponeva la figura stilizzata del bracciale con la pietra ambrata che aveva descritto il mago.
《Merlino!》lo chiamò, mostrandogliela.
《Gaius, ce l'avete fatta!》esultò lui.
《Allora non è una pietra, è un Occhio della Fenice o uccello di fuoco. Il suo Occhio brucia con un fuoco che consuma la forza vitale di chiunque abbia un contatto con esso. L'Occhio assorbirà l'energia del principe e se lo indosserà a lungo, morirà》spiegò e Merlino si allarmò subito.
《Devo seguirlo subito》.
Gaius lo mise in guardia.
《Questa non è una missione da prendere alla leggera, Merlino, ti servirà aiuto》.
Il ragazzo non aveva nessuno in quel momento a Camelot che potesse aiutarlo, perciò avrebbe dovuto cercare al di fuori del regno. Prese un cavallo e lasciò il reame di corsa. C'erano solo due amici a cui avrebbe potuto rivolgersi ed entrambi erano stati esiliati da Camelot: Lancillotto e Galvano. Del primo non aveva la minima idea di dove potesse essere, considerando che l'ultima volta che lo aveva visto era sparito senza neanche rivelare dove andasse, mentre l'altro, stando a quello che gli aveva detto poco prima di salutarsi, avrebbe dovuto trovarsi a Mercia.
Quella sera Morgana proseguì con il suo piano, seguendo le indicazioni della sorella. Creò un fantoccio e lo avvicinò alla fiamma della candela, affinché bruciasse la parte della figura che rappresentava la testa. Chiuse le palpebre e pronunciò a mente l'incantesimo che le aveva insegnato Morgause. Quando le riaprì, le sue iridi grigio-verdi si illuminarono di un colore ambrato e il cumolo di sabbia che aveva preparato all'interno di un cofanetto prese fuoco. Sorrise di soddisfazione, la sua magia si stava finalmente manifestando e ora ne aveva il controllo assoluto.
Riusciva a gestirla a suo comando e non più in maniera improvvisa e impulsiva, come era accaduto tredici giorni fa, quando aveva scaraventato Merlino contro il muro della sua stanza per la collera. Era ancora alle prime armi rispetto all'esperienza della sorella, ma stava iniziando a compiere i primi passi che nel giro di pochi anni l'avrebbero resa la Sacerdotessa più potente della sua dinastia. Il sortilegio ebbe effetto perché la pietra incastonata al monile iniziò a brillare, prosciugando le energie di Artù durante il sonno. Le fiamme si arrestarono e un odore di bruciato si diffuse nella stanza, tanto che Ginevra lo avvertì poco prima di aprire la porta d'ingresso. Con un scatto la principessa chiuse il cofanetto e si volse indietro, nascondendo con il corpo le prove della sua stregoneria.
《Che cosa vuoi?》domandò alla serva con fermezza.
《Sapere se avete bisogno di me》rispose quest'ultima.
《No, vattene via!》la cacciò Morgana, ma lei non le diede ascolto.
《Brucia qualcosa...》constatò, annusando l'aria della camera.
《Ti ho detto vattene!》ripeté l'altra, alzando la voce.
Gwen rimase stupita dal tono rabbioso dell'amica, non le si era mai rivolta in quel modo in passato. Erano migliori amiche fin da bambine e Gwen non la riconosceva più come tale da qualche tempo ormai. Nonostante fossero amiche intime, Morgana era, prima di tutto, la sua padrona e come sua serva personale, lei era costretta a obbedire. La principessa intuì che ora Ginevra avrebbe potuto avere dei sospetti visto il modo in cui l'aveva allontanata e non poteva lasciare che la sua vera indole venisse scoperta o il suo piano di conquistare il trono di Camelot sarebbe fallito.
Il giorno seguente...
Mentre Artù stava mostrando i primi segni di debolezza a causa dell'incantesimo del bracciale magico che gli aveva assorbito le energie durante la notte, Merlino era arrivato all'ennesimo villaggio di Mercia. Quello era l'ultimo che gli restare da controllare e se Galvano non era nemmeno lì, beh, non sapeva dove altro avrebbe potuto cercare.
Il suo amico amava particolarmente due cose dell'essere un vagabondo: le donne e bere. L'unico luogo in cui avrebbe potuto trovare entrambe le sue passioni era la taverna. Entrò, perciò, nell'osteria, dalla quale si udivano le urla e il trambusto. Non fece in tempo a guardarsi intorno che un oggetto partì spedito contro di lui. Chinò la schiena appena in tempo per evitarlo e individuò Galvano alle prese con un combattimento corpo a corpo con degli uomini. Finalmente l'aveva trovato!
《Salve, Galvano》lo salutò con un sorriso e l'amico alzò lo sguardo verso di lui.
《Ah, Merlino! Come stai?》esclamò, felice di rivederlo dopo il suo bando da Camelot.
In quel momento si dimenticò completamente della rissa in cui si era cacciato, ma non gli uomini coinvolti.
Uno di loro si schiarì la gola e minacciò Galvano.《Devi darmi i miei soldi》.
I due ragazzi si diedero subito alla fuga e, una volta fuori dalla taverna, si nascosero dietro una delle tante bancarelle del villaggio, ma, per loro sfortuna, vennero scoperti. Ricominciarono a correre e, mentre tentavano di scampare alla furia degli scagnozzi, Galvano ne approfittò per sapere il motivo per il quale Merlino lo stava cercando.
《Dimmi, Merlino, che cosa ci fai qui?》.
Dubitava che fosse venuto fin lì solo per un vedere un vecchio amico e scambiare qualche chiacchiera amichevole.
《Artù è nei guai e mi serve il tuo aiuto. È diretto alle Terre Perigliose》gli rivelò il servo.
《Sul serio?! Non mi sembra un posto molto allettante》ipotizzò lui e Merlino affermò.
Raggiunsero due cavalli che si trovavano a poca distanza da loro e galopparono in direzione della foresta, lasciando i loro inseguitori con l'amaro in bocca. Una volta lontani, rallentarono la corsa dei loro destrieri.
《Quegli uomini erano arrabbiati》commentò il servo.
《È così col gioco d'azzardo: prosciughi un uomo e lui ti chiama ladro》ammise l'amico.
《Come mi hai trovato?》gli chiese.
《Sono stato in quasi tutte le taverne nei dintorni》rispose Merlino.
《Anche io》affermò con ironia Galvano e i due scoppiarono a ridere.
Intanto, Artù era giunto in prossimità delle Terre Perigliose, ma più avanzava e più si sentiva spossato ed esausto. Un ponte dava l'accesso alle lande deserte e aride e, dopo averlo attraversato, si diresse verso la torre che si stagliava in lontananza, dove avrebbe trovato il famoso tridente del Re Pescatore. Il clima era torrido e afoso a causa del cocente sole che bruciava così tanto da rendere il cielo dello stesso colore infuocato.
A Camelot Morgana stava pensando a un modo per non alimentare i dubbi della sua serva dopo averla cacciata in malo modo la notte precedente. Non le aveva parlato per tutta la mattina, da quando era entrata nelle sue stanze per iniziare il suo turno di lavoro.
《Sei sempre così buona, grazie》disse con dolcezza, mentre si lasciava sistemare i capelli da lei.
Lo pensava veramente, in fondo: Gwen era la persona più gentile che avesse mai conosciuto e quasi le dispiaceva rovinare l'amicizia di una vita.
《Non è niente》rispose Ginevra in tono distaccato, non volendo continuare la conversazione.
《Sei arrabbiata con me? Ho esagerato la scorsa notte》ammise la principessa, ma la serva non rispose, limitandosi a concludere la treccia che le stava facendo.
Morgana si girò alle sue spalle e le sorrise fintamente.
《Mi dispiace. Come posso farmi perdonare?》insisté.
《L'ho già dimenticato》la liquidò l'amica.
《Potrei concederti un po' di riposo, posso cavarmela per una notte》propose la mora e Gwen la ringraziò.
《Siete gentile, Mia Signora》.
《Siamo di nuovo migliori amiche?》le domandò e lei annuì, ricambiando il suo sorriso.
Morgana si accinse a lasciare le sue stanze, quando la voce della serva la fermò.
《Mi assicuro che sia tutto in ordine al vostro ritorno》la informò.
《Sei molto dolce, ma non fare troppo tardi》concluse lei per poi andarsene.
Dopo un po' Morgana rientrò nei suoi alloggi. Chiamò Gwen per assicurarsi di essere sola e, quando non ebbe nessuna risposta, chiuse la porta. Si avvicinò a un mobile e aprì l'anta per tirar fuori il cofanetto. Se voleva che Artù non facesse più ritorno, doveva continuare ad alimentare l'incantesimo dell'Occhio della Fenice. Aprì lo scrigno e ripeté lo stesso procedimento della notte precedente, prima che Gwen la interrompesse.
Quello che, però, non sapeva era che quest'ultima la stava spiando, nascosta dietro il paravento, e quando vide gli occhi della principessa illuminarsi di un colore strano e il contenuto all'interno della scatola prendere fuoco dal nulla, sgranò gli occhi dalla sorpresa. Cosa stava facendo? Non sapeva nulla di magia, ma non ci voleva certo un esperto per capire che Morgana stava usando la stregoneria.
Sotto l'effetto dell'Occhio della Fenice, Artù era sempre più debole, tanto da non riuscire neanche a reggersi in piedi da solo e svenne a terra. Merlino e Galvano erano quasi arrivati a destinazione.
《Ci siamo! Al di là della foresta ci sono le Terre Perigliose》avvisò il cavaliere.
《Non sembrano accoglienti》constatò il servo, osservando le lande aride.
《Perché non lo sono. Credimi, sono orrende》confermò l'amico.
《Come lo sai? Non ci sei mai stato》gli chiese Merlino.
《Ho visitato molti posti, Merlino》ribatté lui.
《Ma non le Terre Perigliose, questo lo so》suppose il mago.
《Perché?》domandò l'altro in tono serio.
《Lì non ci sono taverne》scherzò Merlino.
《Te l'ho detto che sono orrende》ripeté lui con una risata di approvazione.
Si addentrarono nella boscaglia e giunsero davanti a un ponte, l'accesso alle Terre Perigliose. Lasciarono i cavalli e si avvicinarono quatti, sfruttando la vegetazione per nascondersi. Galvano intimò a Merlino di restare fermo, mentre lui avrebbe dato un'occhiata intorno per sicurezza, ma quando si allontanò, l'amico sbucò subito fuori.
《E così la Magia è arrivata!》commentò un uomo dalla bassissima statura, lo stesso che Artù aveva incontrato poco prima, presentandosi con il nome di Grettir.
Il mago non si era accorto minimamente della sua presenza, forse distratto a guardarsi intorno. Eppure, fino a un secondo prima non c'era nessuno a bloccare il passaggio del vecchio ponte di legno.
《Cosa?》domandò, confuso.
L'uomo, notando la sua esitazione, alzò le mani in segno di resa per rassicurarlo.
《Non hai nulla da temere. La tua presenza è essenziale, se Artù vuole riuscire nella missione》.
Merlino iniziò a riempirlo di domande.《Come sai di Artù? Tu chi sei?》.
《Il guardiano del ponte. Desidero veder rinascere le terre del Re Pescatore, ma non accadrà finché la tua missione non sarà completata》gli spiegò lui.
《Non è la mia missione, è di Artù》controbatté Merlino.
《Questo è quello che hai scelto di credere, ma non è un caso che Artù abbia scelto questo cammino e che tu l'abbia seguito》alluse Grettir.
Merlino non ebbe il tempo di riflettere sulle sue parole che Galvano li raggiunse.
《Ah, finalmente! La Forza è arrivata e il trio è al completo》esclamò il nano e Galvano estrasse subito la sua spada.
《Chi è quello?》domandò al servo, puntando l'arma contro l'uomo, ma quest'ultimo usò la sua magia per trasformare la spada in un lungo gambo dai fiori bianchi.
《Non voglio farvi del male e gradirei che voi non lo faceste a me》avvisò i due ragazzi.
《Dov'è la mia spada?》chiese il cavaliere, abbassando i fiori che teneva in mano.
《La riavrai, quando raggiungerai l'altro lato》rispose il custode, invitandoli a passare.
Galvano fu il primo ad avanzare e, quando fu il turno di Merlino, Grettir gli diede un ultimo suggerimento.
《Il Re Pescatore ha aspettato anni per questo giorno. Non negargli ciò che desidera e non dimenticare: niente è quello che sembra》.
Il mago si limitò ad annuire e seguì l'amico. Quando giunsero nelle Terre Perigliose la notte era già scesa e i due si accesero un fuoco per scaldarsi. Se di giorno quel luogo era una distesa infinita di terra bruciata e arida, di notte le temperature si abbassavano drasticamente e una fitta nebbia alleggiava nell'oscurità. Uno strano verso animale echeggiò nel silenzio più totale, facendo rabbrividire entrambi dai brutti presagi, persino Galvano che cercava di mostrarsi impassibile.
《E questo che cos'era?》domandò Merlino.
《Un fagiano》commentò Galvano, sempre in vena di scherzare anche nei momenti più inopportuni e seri.
《Un fagiano?!》ripeté l'amico, voltandosi a guardarlo.
Non credeva affatto che quel verso acuto e potente potesse appartenere a un semplice fagiano.
《Uno molto grosso》specificò il cavaliere, cercando di controllare la paura.
Come promesso il nano gli aveva restituito la spada, una volta attraversato il ponte, perciò la prese e la impugnò, tenendosela vicina per maggior conforto.
《Puoi tornare indietro, se vuoi》gli confidò Merlino, intuendo la sua angoscia interiore.
《Non ho paura dei fagiani》lo sbeffeggiò lui.
Il servo non comprese perché Galvano continuava a stargli vicino e a rischiare la vita in quel luogo lugubre e sinistro, piuttosto che essere da tutt'altra parte.
《Non capisco, perché accetti di fare questo?》.
《Per il tuo stesso motivo: per aiutare un amico》confessò il suo interlocutore.
《Artù è fortunato ad avere noi》rifletté Merlino, ma Galvano scosse la testa.
《Non per Artù》specificò, fissandolo con i suoi occhi marroni.
Il mago ricambiò il suo sguardo e non poté che sentirsi onorato di tale apprensione. Era assai difficile trovare amici intimi che sarebbero andati incontro alla morte per lui, che era solo un servitore, ma soprattutto uno stregone.
《Farei lo stesso per te》gli assicurò in tono serio.
《Lo spero tanto, sei l'unico amico che ho》commentò lui con una scrollata di spalle.
Anche a Camelot era scesa la notte e Ginevra non riusciva a darsi pace per quello che aveva scoperto su Morgana. Avrebbe dovuto dormire a quell'ora, ma non ci riusciva per il nervosismo. Non sapeva a chi rivolgersi: Artù era in missione, Merlino aveva lasciato il regno da qualche giorno e l'unico amico che gli era rimasto era Gaius. Doveva parlarne con lui o sarebbe impazzita. Si diresse al suo studio e iniziò a bussare alla porta con insistenza.
《Mi dispiace svegliarvi, ma non so a chi rivolgermi》si scusò, quando il medico le aprì e lei varcò la soglia.
《Non preoccuparti. Che cosa è successo?》le chiese Gaius, preoccupato.
Se Gwen era venuta da lui nel cuore della notte, doveva essere importante.
《È Morgana! Aveva una scatola e i suoi occhi erano come infuocati. Sta usando la magia》.
《Potrebbe non essere come sembra》replicò l'anziano, ma lei scosse la testa.
《No, no, so quello che ho visto. Conosco Morgana da tanto tempo e non volevo crederci, ma non è la persona che conoscevo. È cambiata, Gaius, e non credo che abbia più buone intenzioni per nessuno》.
Il medico fu costretto ad annuire in accordo con lei.《Vorrei poter dire il contrario, ma temo che tu abbia ragione》.
Artù aprì debolmente gli occhi. I raggi solari gli accecarono la vista, provocandogli un senso di smarrimento e confusione iniziale. Doveva essere rimasto incosciente per parecchie ore ed era ancora debole, ma almeno aveva un po' più energie rispetto al giorno precedente per proseguire. Con non poche fatiche dovute alla sua stanchezza fisica, giunse in prossimità del castello, maestoso e imponente nonostante il lungo abbandono. Anche Artù e Galvano sopraggiunsero in lontananza. Galvano notò qualche creatura alata aggirarsi intorno alla torre, ma erano troppo distanti per identificarle.
《Che cosa vola nel cielo? Non sembrano uccelli》constatò e nemmeno Merlino seppe rispondere.
《Non ho mai visto creature simili》.
《Sembra che stiano cacciando qualcosa》appurò, osservando i loro spostamenti sospetti.
Uno strano movimento catturò la loro attenzione nella vallata sottostante. Era una spada che Artù stava agitando nel tentativo di proteggersi dai mostri alati. Non potendo sopraffarle, si diresse di corsa alla fortezza e Merlino e Galvano lo seguirono.
《Avrei dovuto immaginarlo》commentò il cavaliere.
《Che cosa sono?》volle sapere l'amico.
《Viverne, cugini alla lontana dei draghi. Sono creature magiche, quindi sta' attento》lo informò.
I due raggiunsero lo spazio aperto della torre che una volta corrispondeva al cortile principale e si divisero per cercare Artù all'interno del castello. Merlino riuscì a trovarlo per primo, svenuto e in balia di due Viverne. Erano molto simili ai draghi tradizionali che conosceva, ma erano molto più piccoli, se paragonati a Kilgharrah. Erano più veloci e aggressivi a giudicare dal colore rosso sangue dei loro occhi e dalla presenza di corna, artigli e denti affilati.
Se erano lontani cugini dei draghi come Galvano diceva, il mago pensò che bastava usare i suoi poteri di Signore dei Draghi per allontanarli. Fece un tentativo e funzionò: i mostri chinarono il capo in segno di sottomissione e indietreggiarono per poi andarsene. Merlino lasciò andare un sospiro di sollievo e si chinò sul principe per togliergli il bracciale incantato. La pietra smise di brillare e il suo potere cessò. Lo nascose nella tasca della giacca appena si accorse che Artù si stava risvegliando.
《Ma che diavolo ci fai tu qui?!》gli domandò quest'ultimo, appena la sua vista mise a fuoco la sua figura e l'ambiente circostante.
《Perché non potete mai dire grazie?》replicò l'amico.
《Grazie per avermi completamente rovinato la missione!》gli urlò contro Artù.
《Se non fossi venuto, sareste diventato cibo per Viverne adesso》ribatté il servitore, ma il principe non gli diede ascolto.
《Quante volte devo conficcartelo in quella tua testa dura?! Devo svolgere questa missione da solo!》.
Una Viverna, attirata dalle loro voci, li sorprese alle spalle, ma Galvano la uccise con la sua spada. Artù era sempre più contrariato, anche se avrebbe dovuto essere loro grato.
《Grandioso, andiamo di bene in meglio! Gwen e Morgana, sono qui anche loro? Volevate farmi una festa a sorpresa?!》li redarguì e Galvano e Merlino si scambiarono uno sguardo spazientito.
《Arrivano altre Viverne, dobbiamo andarcene》intervenne il cavaliere.
《Non me ne vado senza il tridente, era quello l'obiettivo della missione》si oppose il biondo e il duo lo seguì.
《Sapete dove si trova il tridente?》gli domandò Merlino, mentre salivano le scale a chiocciola che conducevano ai piani superiori del castello.
Nonostante fosse una torre in rovina, era ancora molto resistente e solida.
《Se lo sapessi, non ci sarebbe alcun problema, che ne dici?》lo incalzò Artù con una punta di ironia nella voce.
《Avete qualche indizio?》proseguì lui.
《Questa è una missione, non una caccia al tesoro》ribatté l'altro.
《Beh, quasi...》commentò Merlino e il principe lo sgridò, già stufo della sua parlantina.
I tre avanzarono, quando il moro si fermò, notando la presenza di una sala ampia e spoglia. Al centro vi era un trono.
《Guardate, sembra la sala del trono》disse e i due lo raggiunsero.
Merlino accennò qualche passo, ma il suo piede fece scattare una mattonella del pavimento e d'istinto Galvano lo spinse in avanti per evitare un muro scorrevole che li separò. Mentre Artù e Galvano cercarono un modo per aprire la porta, Merlino si guardò intorno nella sala in cui era rinchiuso. Si avvicinò cautamente al trono, ricoperto di fitte ragnatele ed ebbe un sussulto di paura, quando una voce spezzò il silenzio.
《Dunque, Merlino, finalmente sei qui》.
Una mano, posata sul bracciolo del trono, si mosse flebilmente da sopra le ragnatele e il mago avanzò lentamente. Aggirò il seggio e si ritrovò di fronte al Re Pescatore. La sua pallida pelle era scavata nel profondo e segnata dai lunghi anni di attesa. Si muoveva il minimo indispensabile per preservare le poche energie che ancora conservava. Merlino non riusciva a credere che la leggenda sul suo conto fosse vera.
《Quindi è vero, siete ancora vivo》affermò.
《Per ora...》esalò il sovrano con un debole sorriso.
Il servo udì dei rumori provenienti dalla porta e capì che doveva trattarsi dei suoi amici che tentavano di aprirla.
《Sono i miei...》farfugliò, ma l'anziano lo fermò.
《I tuoi amici, il Coraggio e la Forza, lo so. Senza di loro non saresti qui》.
《Che cos'è che volete?》gli chiese Merlino.
《Io voglio mettere fine alle mie sofferenze. Ho aspettato tutti questi anni l'arrivo di una nuova era, ho aspettato l'era del re in eterno》farneticò lui.
《Ho già sentito queste parole》ammise il ragazzo e il Re Pescatore annuì con il capo.
《E le sentirai di nuovo poiché quell'era è iniziata e il mio tempo è finalmente al termine. Per questo ti trovi qui: questa non è la missione di Artù, è la tua. Artù crede che il premio sia il tridente...》.
Lasciò cadere il tridente che teneva in mano e riprese a parlare.
《...Ma il vero premio è qualcosa di molto più grande: l'acqua del lago di Avalon. L'ho tenuta al sicuro in questi anni, aspettando la persona giusta a cui affidarla e quella sei tu, sei tu il prescelto. Il momento di bisogno per Albione è vicino e in quegli oscuri tempi dovrai essere forte perché solo tu potrai salvarla. I tuoi poteri sono grandi, ma ti servirà aiuto ed è quello che io ti darò》.
Allungò la mano contenente la clessidra e Merlino, ancora scosso da quelle parole, esitò qualche istante prima di prenderla.
《Quando tutto sembrerà perduto, questa ti indicherà la via》concluse il sovrano e lui lo ringraziò.
《Io ti ho fatto un dono, ora dovrai darmene uno in cambio》gli ricordò.
《Ma non ho niente da darvi》ribatté il mago.
《Io credo di sì》insistette il re, alzandosi dal trono.
Lo sforzo per farlo fu devastante, ma era pronto. Pronto per morire. Merlino si ricordò delle parole di Grettir. 'Il Re Pescatore ha aspettato anni per questo giorno. Non negargli ciò che desidera'. C'era solo un oggetto che aveva con sé in quel momento e che il re bramava a qualsiasi costo. Estrasse l'Occhio della Fenice ed esitò. L'anziano distese il braccio verso di lui, rivolgendogli un semplice cenno del capo. Merlino lesse nei suoi occhi scuri la volontà di morire e di essere finalmente libero. Annuì e glielo mise al polso. La pietra assorbì le ultime forze del sovrano che scomparve in un turbine di vento.
《Grazie...》udì il servo, ormai solo.
La porta si sbloccò e Artù e Galvano varcarono la soglia. Il principe recuperò il tridente e i tre poterono andarsene. Merlino lanciò un'ultima occhiata al trono del Re Pescatore e, con una nuova consapevolezza nel cuore, seguì i suoi amici. Una volta giunti al confine di Camelot, Galvano è costretto a fermarsi.
《Questo è il confine. Per decreto di Uther non posso passarlo》avvisò i suoi compagni.
《Mi dispiace, non posso cambiare il decreto》confessò Artù.
《Magari un giorno》intervenne Merlino.
《Certo, quando Camelot avrà un re abbastanza decente》affermò il cavaliere, non badando a parole di fronte al figlio de re in questione.
《Fa' attenzione, parli di mio padre》lo avvisò il diretto interessato.
《Dove andrai questa volta?》domandò il servo all'amico.
《Credo che andrò a Sud》decretò quest'ultimo e Merlino lo ringraziò per il suo aiuto.
《Me ne ricorderò, Galvano》aggiunse il principe e i tre presero strade diverse.
Poco prima di addentrarsi nella foresta che circondava il regno, Artù intimò a Merlino di tenere chiusa la bocca per non far sapere al padre che lui e Galvano erano in sua compagnia e il servo accettò. Morgana si affacciò alla vetrata della sua camera e scorse il fratello nel cortile centrale. Il sorriso svanì dalle sue labbra e un improvviso malessere la investì.
Non seppe se fosse dovuto all'apparizione di Artù, ma per un secondo si sentì sul punto di svenire. Era come se le forze l'avessero abbandonata in quel attimo, barcollava debolmente sui suoi stessi piedi. Il bicchiere le scivolò dalla mano, cadendo sul pavimento insieme all'acqua al suo interno.
《Mia Signora!》si allarmò Gwen, quando udì il tonfo e si avvicinò a lei.
Notò che la principessa aveva gli occhi puntati oltre la vetrata e seguì il suo sguardo. Artù stava scendendo dal cavallo per entrare nel palazzo.
《Artù! Oh, grazie a Dio!》esclamò, sospirando di sollievo.
Morgana si ricompose, cercando di regolarizzare il respiro. Si sentiva ancora scossa e turbata, ma stava già meglio rispetto a quell'attimo di cedimento. Ultimamente le capitava spesso di avere dei malesseri improvvisi che fortunatamente duravano sempre poco. Ginevra si riprese dalla sua felicità e tornò al suo lavoro.
《Ci penso io a pulire》avvisò la sua padrona, dopo aver raccolta il calice da terra.
Morgana si diresse nella sala del consiglio per accogliere Artù insieme al padre e alla corte.
《Non so che cosa mi compiaccia di più: essere in possesso di un tale prezioso artefatto o sapere che hai finalmente provato di essere l'uomo che speravo che diventassi》si congratulò il re, orgoglioso del figlio, il quale lo ringraziò.
《Non ho dubbi che un giorno diventerai un grande re》proseguì il padre, poggiandogli la mano sulla spalla e i due lasciarono la sala, mentre Morgana li osservava con sguardo cupo, meditando sulle sue prossime mosse.
Al calar della sera, dopo cena, Merlino mostrò a Gaius il secondo premio che il Re Pescatore aveva concesso sia ad Artù che a lui prima di morire.
《Viene dal lago di Avalon?》domandò il medico, esaminando la piccola clessidra in legno che racchiudeva una porzione di acqua salata.
Il ragazzo annuì.《È quello che mi ha detto》affermò.
Apparentemente sembrava solo semplice acqua, eppure il Re Pescatore l'aveva conservata per anni solo per poterla affidare a Merlino. Qualunque fosse stata la sua derivazione - magica o meno - il suo fine era quello di salvare Camelot nel suo momento più buio.
《Interessante! Deve avere una qualche importanza》commentò, restituendola al suo allievo.
Come può una semplice acqua di lago salvare Artù e l'intera Albione? Questa era la domanda che continuava a porsi Merlino nella sua testa.
《Credete ai suoi avvertimenti?》chiese consiglio a Gaius.
《Beh, sappiamo che abbiamo un nemico all'interno delle mura》rifletté quest'ultimo.
《Morgana...》dichiarò lui.
《Le sue abilità stanno crescendo e che il Re Pescatore abbia ragione o no, saremmo degli sciocchi a non dargli ascolto》lo mise in guardia.
《Cosa significa che le sue abilità stanno crescendo?》chiese il servo.
《La notte scorsa Gwen è venuta da me, dicendo di aver visto Morgana usare la magia. Anche lei ha il sospetto che non sia più la stessa persona di una volta e che ormai sia cambiata》rivelò l'anziano.
《Già...》fu tutto quello che Merlino disse, tornando a fissare la clessidra dall'acqua sacra, sacra come il fine per cui era stata progettata.
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