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Di ritorno da una battuta di caccia, quella mattina Artù e Merlino stavano attraversando la fitta boscaglia, quando, una volta usciti, scorsero in lontananza quello che a primo sguardo sembrava essere un piccolo e isolato villaggio. Il principe era riuscito a procurarsi un paio di fagiani per l'infelicità interiore di Merlino e in quel momento non rinunciò a una breve sosta, considerando che si erano spinti parecchio lontano da Camelot.
《Sai cosa ci vuole dopo la caccia?》si rivolse al suo servitore.
《Una dormita...?》ipotizzò quest'ultimo.
Fin dal primo giorno che Merlino aveva seguito Artù nelle sue spedizioni mattutine, la caccia non gli era piaciuta e mai l'avrebbe apprezzata. D'altronde lui era cresciuto in un minuscolo villaggio dove si mangiava quello che si coltivava nella propria terra e senza bisogno di far del male alla selvaggina. Ma Camelot era un grande regno e sfamarsi solo di grano non era sufficiente per i suoi abitanti.
《Un bel boccale di idromele fresco》ribatté il nobile, incitando il suo cavallo a proseguire in direzione del paesello.
Il mago, seppur contrariato, lo seguì. Avrebbe preferito di gran lunga tornare a casa per lavarsi e recuperare le ore di sonno perdute, ma Artù non era del suo stesso parere. Scesero dai loro rispettivi destrieri e legarono le redini a un palo in legno. La taverna di ogni villaggio rappresentava il cuore del popolo, in quanto tutti si riunivano in quel posto, dai semplici lavoratori ai più rispettosi cavalieri, motivo per il quale il principe aveva raccomandato discrezione a Merlino. Non voleva far conoscere a nessuno la sua vera identità perché sapeva che per il suo ruolo tutti l'avrebbero trattato in modo diverso e speciale, quando lui, in realtà, voleva solo essere trattato senza alcuna distinzione di rango.
Varcarono la porta della locanda, già gremita di gente a quell'ora del mattino, e occuparono il primo tavolo libero che trovarono. Si guardarono intorno, sentendosi osservati da sguardi indagatori e curiosi. Non era neanche troppo strano sentirsi sotto il mirino di tutti i presenti, d'altronde quello era un piccolo paese dove tutti si conoscevano tra di loro.
《Ben arrivati! Cosa prendete?》li accolse una donna, mentre liberava il loro tavolo dalle precedenti ordinazioni.
《Due boccali di idromele, grazie》rispose Artù.
Vennero subito serviti e poco dopo la porta d'ingresso si spalancò al passaggio di un nuovo arrivato con una faccia decisamente poco raccomandabile tant'è che piombò il silenzio nel locale. Incuteva timore e sfrontatezza a ogni passo che faceva. Con una rapida manata lanciò all'aria un vassoio che una giovane cameriera teneva tra le mani, attirando immediatamente l'attenzione del principe. Lo sconosciuto si rivolse alla donna che poco prima aveva servito Artù e Merlino, scoprendo che era la proprietaria della taverna, e la minacciò per avere dei soldi. Nessuno dei presenti osò intervenire e Artù fu visibilmente contrariato in mezzo a tutto quel silenzio e indifferenza.
《Toglile le mani di dosso!》ordinò, quando l'uomo estrasse una lama per puntarla contro la padrona.
Lo sconosciuto, sentendosi interpellato alle spalle, si voltò con un ghigno beffardo sulle labbra. Chiunque fosse lui che osava contraddirlo, era solo un miserabile sciocco in cerca di guai. Subito lo attaccò, ma Artù chinò il busto per schivare il colpo e con una mano dietro la schiena del nemico lo spinse contro la parete, facendolo inginocchiare. Merlino assistette alla scena in silenzio, ma dentro di sé si sentiva quasi dispiaciuto per quell'uomo. Quando si trattava di risse, non era mai una situazione piacevole. Lui si rialzò in piedi con un'espressione rancorosa sul volto, mentre Artù lo osservava con le braccia incrociate al petto.
《Ve la farò pagare per questo!》inveì contro il nobile.
《Voglio proprio vedere》commentò Merlino con una risata divertita.
L'uomo indirizzò lo sguardo verso di lui, avendo udito chiaramente il suo tono di voce canzonatorio e il servitore, notando i suoi occhi minacciosi, smise di ridere per ricomporsi. Avanzò di qualche passo e avvicinò le dita alla bocca per emettere un fischio. Sembrava una sorta di segnale e, infatti, dopo qualche secondo un gruppo di uomini fece irruzione. Merlino li osservò con uno sguardo terrorizzato e si pentì subito delle parole che aveva appena detto.
《Dovevi proprio aprire quella tua boccaccia, vero, Merlino?》lo sgridò Artù, ma lui si limitò a fissarlo senza alcuna contraddizione.
In fondo era stato lui a cacciare entrambi in quella brutta situazione. In poco tempo la taverna si trasformò in un luogo dove dar libero sfogo alla lotta e alla violenza. Sedie di legno volavano contro i muri, frantumandosi in pezzi, pugni e colpi ferivano i volti degli intrusi indesiderati e tavoli e caraffe si rompevano in cocci sul pavimento. In mezzo a quella confusione il giovane mago cercò di evitare gli scontri diretti, non essendo un abile combattente, e si aiutò con i suoi poteri per salvarsi la pelle. Durante i combattimenti un uomo si rivolse a lui.
《Tu come ti chiami?》.
《Merlino》rispose.
Il ragazzo lo riconobbe per la folta chioma castana, la barba scura e gli occhi marroni perché lo aveva visto bere da solo poco prima che l'uomo scorbutico irrompesse nella sala.
《Galvano, piacere》si presentò l'altro e i due si scambiarono una veloce stretta di mano.
《Attento!》lo avvisò Merlino alle spalle, ma il suo nuovo amico colpì prontamente il malcapitato con una caraffa piena di vino.
《Che spreco, eh?!》commentò ironicamente prima di allontanarsi dal mago per aiutare Artù.
L'uomo, con cui il principe stava combattendo, lo aveva gettato a terra e aveva estratto la lama, la stessa che aveva usato contro la donna per intimidirla. Galvano si lanciò contro di lui e i due caddero di schiena sul pavimento. Artù si rialzò da terra e lo stesso provò a fare anche Galvano, ma quest'ultimo si sentì improvvisamente debole e senza energie. Un dolore lancinante alla gamba gli impediva di reggersi in piedi, la vista si stava annebbiando, si sentiva stordito. Sbatté la tempia contro lo spigolo di uno sgabello e svenne al suolo.
Nel locale era tornata la quiete, gli scagnozzi erano stati sconfitti e i presenti concentrarono la loro curiosità su Artù e Merlino che si avvicinarono a Galvano per soccorrerlo. Il servitore si accorse solo in quel momento che aveva la lama conficcata nella carne, perciò si inginocchiò ed estrasse il coltello.
《Come sta?》gli chiese il principe.
《Non bene, sta perdendo molto sangue》spiegò lui, mentre avvolgeva un fazzoletto bianco intorno alla ferita.
C'era bisogno urgentemente di un medico, ma quel posto non ne disponeva uno, quindi Artù decise che avrebbe portato Galvano a Camelot per poter essere curato da Gaius. Glielo doveva perché quell'uomo gli aveva salvato la vita senza neanche sapere chi fosse. Lo caricò sul suo cavallo e, prima di partire, avvertì gli abitanti del villaggio di chiedere aiuto a Camelot nel caso in cui altri banditi, come quelli affrontati nella taverna, li avessero nuovamente infastiditi, rivelando infine di essere il figlio del re. La gente rimase sorpresa dalla sua vera identità perché nessuno di loro aveva mai visto di persona la famiglia reale, ma fu felicemente grata di avere la loro attenzione, al contrario dell'uomo che aveva ferito Galvano, il quale giurò mentalmente vendetta per essere stato umiliato e messo alla gogna pubblicamente.
Merlino e Artù giunsero a Camelot al calare della sera e Galvano fu subito condotto nello studio. Venne adagiato sul letto del servitore e Gaius levò la benda sporca di sangue per controllare lo stato della ferità.
《Merlino, portami dell'acqua fresca, un panno, ago e filo di seta》impartì al suo allievo.
《E miele?》lo stupì quest'ultimo e l'anziano si voltò a guardarlo.
《Stai imparando》constatò e il giovane obbedì.
《Si rimetterà?》domandò Artù.
《Se sarà forte》alluse Gaius.
《Lo è sicuramente. Quest'uomo mi ha salvato la vita, dagli ciò di cui ha bisogno》rispose il nobile per poi andarsene.
Era sinceramente preoccupato per la sua sorte. Non era da tutti rischiare la propria vita per salvare quella di un perfetto sconosciuto e il gesto di Galvano aveva meritato tutta la sua gratitudine e il suo rispetto. Non poteva fare nulla se non attendere e sperare nella sua guarigione.
Il mattino seguente Galvano si ridestò dallo stato di incoscienza in cui ero crollato da quando era stato ferito alla gamba nella lotta. Aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre a causa della luce del sole che gli illuminava il volto e ispezionò rapidamente intorno per capire dove si trovasse. Era a petto nudo, sdraiato in un letto non suo e non rammentava come fosse finito in quella stanza. Le domande cominciarono a formularsi nella sua mente, ma non ebbe il tempo di fare chiarezza che la porta della camera si aprì e Merlino entrò con un vassoio in mano. Si accorse che Galvano si era svegliato e, prima ancora che potesse parlare, l'amico lo precedette.
《Che cosa ci faccio qui?》lo interrogò con un'espressione evidentemente confusa.
Era parecchio sorpreso di vederlo e non sapeva nemmeno dove si trovasse e perché fosse lì in quel momento. Addirittura ipotizzò di aver bevuto troppo per non ricordarsi niente di quello che era successo nelle ultime ore.
《Sei stato ferito e Artù voleva assicurarsi che fossi medicato》illustrò il servo.
《Artù?》ripeté l'altro, non realizzando ancora di chi stessero parlando.
《Il principe Artù. Gli hai salvato la vita》chiarì Merlino e Galvano sospirò in risposta.
Aveva rischiato la sua vita inutilmente, allora!
《Se avessi saputo chi era, non l'avrei fatto》confessò, mettendosi a sedere e sostenendosi con un gomito sul materasso.
Il mago lo scrutò in silenzio, corrugando le sopracciglia in un'espressione perplessa. Galvano decifrò la sua confusione e si spiegò meglio.
《È un nobile》.
Merlino non comprese del tutto tale collegamento, tuttavia si ritrovò a prendere le parti del suo padrone. Non era la prima volta che nobili come Artù o Uther venissero giudicati per il loro titolo e non per le loro azioni. Lui stesso era stato il primo a essere dalla parte del torto appena conobbe il principe. Poi, iniziando a lavorare per lui e a trascorrere il tempo con lui, aveva imparato a comprendere la sua vera indole e ad apprezzarla, anche se certe volte lo faceva esasperare.
《Sì, ma è un brav'uomo》.
Appoggiò il vassoio, con sopra la colazione che aveva preparato per lui, sul mobiletto affianco al letto.
《Se lo dici tu》commentò l'amico in tono poco convinto, allungando la mano per prendere il bicchiere d'acqua, mentre il servo proseguiva il discorso.
《Ormai sei un eroe e il re vuole ringraziarti di persona. Ti darà una ricompensa》.
Galvano rischiò di soffocarsi con l'acqua che stava bevendo, appena udì quelle parole. Già disprezzava particolarmente i cavalieri di alto rango, figuriamoci i sovrani e i loro eredi.
《Ti prego, no! Ho già incontrato dei re, non sono interessato. E poi tutto ciò che mi serve è qui》replicò, indicando con lo sguardo il suo borsone da viaggio e la spada che portava sempre con sé.
Merlino reclinò leggermente il capo all'indietro, non riuscendo a capire perché lui disdegnasse così tanto i nobili.
《Perché ci hai aiutato?》domandò con una punta di curiosità nella voce.
《Perché non avevate alcuna possibilità e mi attirano molto le situazioni disperate》rispose Galvano, portandosi entrambi le mani dietro la nuca e ostentando un sorriso presuntuoso.
Il mago socchiuse leggermente gli occhi e accennò un sorriso all'angolo delle labbra in atteggiamento quasi divertito dalla sua risposta. Non sapeva bene come decifrare gli atteggiamenti dell'amico, dopotutto lo conosceva solo da pochissime ore. Lasciò la stanza per iniziare il suo turno di lavoro e, mentre Artù faceva qualche esercizio di stiramento muscolare, lui si dedicò alla pulizia degli alloggi.
《Come sta Galvano?》chiese il principe.
《Sta guarendo》rispose Merlino, mentre scostava le tende di lato.
Mentre lo fece, dalla vetrata socchiusa intravide tre nuovi arrivati giungere a cavallo nel cortile principale. Uno di loro aveva il classico abbigliamento da cavaliere, mentre gli altri due uomini indossavano delle vesti più semplici.
《Chi è?》domandò.
Artù lo raggiunse a grandi passi e si affacciò alla finestra per verificare.
《È qui per la giostra》affermò, scambiandosi un cenno del capo con l'amico in questione come saluto, mentre il servo alle sue spalle alzava gli occhi al cielo, annoiato.
《Ah, sì! Il torneo in cui i cavalieri si affrontano con armi spuntate senza alcun motivo solo perché l'ultimo che rimane in piedi venga chiamato campione》controbatté quest'ultimo e Artù distolse l'attenzione dal cortile.
《È molto di più, invece: la giostra è una grandissima prova di forza e coraggio. Non mi aspetto che tu capisca, non sei Cavaliere》obiettò, mentre si allacciava la cintura intorno alla vita.
《Se nessuno mi dà delle mazzate sulla testa, io ne sono felice》scherzò il servo, voltandogli le spalle.
《Ho paura che ti sbagli》mise in chiaro il principe, afferrando un polsino della sua armatura per scagliarlo violentemente contro la nuca dell'amico, il quale si portò una mano sulla zona colpita e si girò a fissarlo contrariato.
《Voglio questa armatura pulita》ordinò il biondo in tono pacato, indicando con un cenno della testa l'armatura adagiata sul suo tavolo da lavoro.
Merlino si stiracchiò la spalla e il collo dal dolore e si congedò in silenzio, non prima di aver imprecato mentalmente contro Artù. E dire che qualche ora fa lo aveva difeso con Galvano. A proposito di quest'ultimo, mentre il mago era ancora in servizio, Galvano, stufo di restare a letto, decise di vestirsi e di visitare il regno. La gamba gli doleva in alcuni movimenti che faceva, ma tutto sommato stava bene e riusciva a camminare autonomamente.
Sebbene lui fosse abituato a piccoli villaggi e posti di rapido passaggio e ristoro, non negò di essere rimasto piacevolmente colpito da Camelot. Il regno del re che tanto disprezzava, sorprese persino lui con la vista di tutte le case intorno al palazzo reale e gli alberi e le montagne che si intravedevano in lontananza. Lasciò lo studio e iniziò a girovagare tranquillamente per le stradine, non perdendo l'occasione di adocchiare qualsiasi donna incrociasse lungo il cammino.
Solo quando vide Ginevra, però, rimase ancora più affascinato e, da gran donnaiolo quale era, decise di partire all'attacco. Era troppo bella per lasciarsela scappare, non prima di averci provato almeno. Rubò un fiore dalla cesta che una donna di passaggio portava in mano e si affrettò a raggiungerla.
《Credo che questo sia tuo》disse, mostrandole la piccola margherita che stringeva tra le dita.
《Non penso, non è il mio colore》lo rifiutò la serva gentilmente, cercando di proseguire per la sua strada.
《Beh, fammi vedere》la fermò lui, non accettando di essere scaricato per puro egoismo maschile.
Ginevra non seppe che fare in quel momento, era un po' rigida, tuttavia decise di restare immobile, mentre osservava lo sconosciuto che avanzava verso di lei e infilava delicatamente il fiore tra le ciocche dei suoi capelli ricci. Non era difficile intuire che lui ci stesse provando con lei e, non negando neanche che fosse un bell'uomo, pensò subito che lui avesse una certa familiarità con le donne.
《Scommetto che ne hai tanti da dare in giro》alluse, cercando di allentare un po' la tensione.
《No, il tuo è l'unico》rispose Galvano e Ginevra cercò di unire le labbra in una linea dritta per non ridergli in faccia.
Non gli credeva affatto perché aveva capito che l'uomo che aveva davanti era il classico donnaiolo che ci provava con tutte.
《Sono Galvano》si presentò quest'ultimo, affidandole la mano in segno di amicizia e lei gliela strinse per educazione senza, però, ricambiare la conoscenza.
L'uomo non demorse e, quando la ragazza provò a sorpassarlo nuovamente, lui non scattò la mano dalla sua e lei fu costretta a rimanere controvoglia.
《Non mi hai detto il tuo nome. Hai l'aria di una principessa》le fece notare e lei corrugò la fronte, quasi divertita dalle sue lusinghe insensate.
《Ginevra》lo accontentò infine, spazientita.
《Una principessa non deve portare il bucato》commentò, riferendosi alla cesta piena di abiti che la serva aveva con sé.
《Fortunatamente non sono Principessa》controbatté lei, ma Galvano continuò ad adularla.
《Lo sei per me》.
A quella risposta la ragazza non resistette dallo scoppiare a ridere e lui colse subito il suo disagio.
《Non sta funzionando, vero?》intuì.
《No, non molto, ma apprezzo che tu abbia saputo fermarti》affermò lei, allungando la mano per togliersi dai capelli il fiorellino.
《Riprenditelo per fare colpo su qualcun'altra》gli rinfacciò, porgendoglielo.
《Ho occhi solo per te》tentò di giustificarsi Galvano, mentre Ginevra lo superava.
《Sicuramente!》resse il gioco quest'ultima, voltandosi rapidamente verso di lui per poi riprendere il cammino.
Galvano, nonostante il rifiuto, sorrise divertito e si infilò il gambo del fiore tra le labbra prima di proseguire per la direzione opposta a quella di Ginevra. Nel frattempo, nel cortile centrale erano giunti altri due cavalieri e Artù scese la gradinata d'accesso al castello per accoglierli.
《Sir Oswald, hai avuto il coraggio di presentarti》commentò in tono scherzoso, mentre i due uomini scesero dai cavalli per raggiungerlo.
《Non mi perdo l'occasione di batterti》rispose il diretto interessato, un uomo dai capelli e dalla barba scuri, il quale si scambiò una stretta di mano e una pacca sulla spalla con il principe.
《Non ci sei mai riuscito prima》gli fece notare quest'ultimo.
《Prima era prima e ora è ora》fu la risposta secca dell'amico.
Artù rivolse la sua attenzione al secondo cavaliere che era in compagnia di Oswald. Non lo conosceva e l'uomo dai capelli chiari e gli occhi azzurri si presentò come Sir Ethan. I due si scambiarono una stretta di mano e Artù mise Merlino a disposizione dei suoi due amici.
《Lui è il mio servitore Merlino. Gli piace lavorare sodo, quindi, di qualunque cosa abbiate bisogno...》accennò.
Il mago avrebbe voluto contraddire che non gli piaceva affatto lavorare sodo, come il reale sosteneva, ma che era costretto a farlo se voleva avere la retribuzione per i suoi servigi. Tuttavia, non obiettò e rimase in silenzio.
《Credimi, lo farò》annuì Oswald, sorridendo falsamente a Merlino prima di seguire il principe dentro il castello.
Poco dopo il ragazzo fu incaricato di portare i bagagli di Oswald ed Ethan nelle stanze degli ospiti che i due avrebbero occupato fino al termine della giostra. Sembrava un lavoro facile se non fosse che il loro baule era pesante quanto un macigno che aveva dovuto sollevare con la sola forza delle braccia e della schiena per sette lunghissime e infinite rampe di scale. Una volta arrivato, i due cavalieri gli ordinarono di posizionare la cassa vicino al letto, per poi fargliela mettere sopra l'armadio per il semplice gusto di prenderlo in giro e tormentarlo. Come se non bastasse, Oswald sfilò la sua spada dalla cintura e la usò per togliere il gancio che teneva sigillata l'anta dal baule, facendo cadere tutto il contenuto sul pavimento.
Merlino fu costretto a sopportare le loro burle fino all'ora di pranzo dove si rifugiò nello studio per pranzare insieme a Gaius. Aveva una tale fame che, se avesse potuto, avrebbe divorato persino il tavolo sopra il quale stava consumando il suo pasto.
《Non riesco a capire se tu stia mangiando oppure inalando quella zuppa》commentò il medico, mentre lo osservava saziarsi con un'avidità e una rapidità mai visti prima d'ora.
《Non ho mangiato tutto il giorno perché Sir Oswald mi ha schiavizzato》si giustificò l'allievo.
《Come ti è sembrato?》gli chiese l'anziano.
《Mi tratta come spazzatura》rispose lui e Gaius assunse un'espressione riflessiva.
《Non somiglia affatto al giovane che conoscevo, prima aveva un animo molto gentile e premuroso》ammise.
《Allora deve essere cambiato》ipotizzò Merlino.
《Ricorda: non tutti i padroni sono gentili con i loro servitori come lo è Artù》disse Gaius, ma la reazione del servo fu quella di sputargli in pieno viso la zuppa che aveva in bocca dall'incredulità.
Artù e gentilezza erano come due percorsi che conducevano in due direzioni differenti e opposti e che non avrebbero mai potuto incrociarsi lungo il cammino. Il medico chiuse istintivamente gli occhi per proteggersi e Merlino si portò una mano alla bocca dispiaciuto. Non l'aveva fatto apposta!
《Grazie, Merlino》borbottò Gaius.
《Scusate》cercò di farsi perdonare il moro.
L'anziano prese un tovagliolo per pulirsi, quando la porta alle loro spalle si aprì e Gwen entrò. Appena incrociò lo sguardo dei due uomini, la ragazza notò subito lo stato in cui si trovava Gaius e non negò di essersi chiesta perché il medico avesse della zuppa in faccia, ma non era il momento giusto per farsi delle domande.
《Merlino, è meglio se vieni con me》si rivolse all'amico, il quale si alzò da tavola e la raggiunse.
I due lasciarono lo studio e Ginevra condusse il mago alla taverna del regno dove lì il locandiere consegnò al ragazzo un conto a nome di Galvano.
《Hai bevuto tutto questo?!》rimproverò, rivolgendosi al diretto interessato che non riusciva neanche a reggersi in piedi dall'ubriachezza.
《Con l'aiuto dei miei amici》farneticò Galvano, indicando i presenti nella sala.
《Dice di non avere denaro, quindi, sarai tu a dovermi pagare》intervenne il locandiere in tono minaccioso, afferrando Merlino per il colletto della giacca.
《Io non posso pagare》ribatté il ragazzo.
《Allora trova qualcuno che lo faccia》gli intimò l'uomo, liberandolo dalla presa.
Galvano iniziò a ridacchiare istericamente, tant'è che crollò sul pavimento. Merlino dovette pensare a una soluzione temporanea per tirare entrambi fuori dai guai e dopo aver risolto la questione con il proprietario della locanda, recuperò Galvano per accompagnarlo fino alla sua camera da letto. Era troppo ubriaco e l'unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era dormire fino al mattino seguente.
《Sei il migliore amico che ho》farfugliò l'uomo.
Il mago intuì che quello era il suo modo di ringraziarlo, nonostante la sbornia lo facesse balbettare e ridere senza alcun senso, ma era normale che con tutto quello che aveva bevuto, lui non fosse lucido di mente.
《Sembra che, di amici, tu ne abbia parecchi》commentò il servo, mentre lo aiutava a distendersi sul letto.
《Voglio vedere la faccia di Artù, quando riceverà il conto》confabulò Galvano.
《Già!》affermò Merlino.
Decise di chiarire una volta per tutte perché Galvano provasse così tanta diffidenza nei confronti della gente di alto rango. Era curioso di conoscere la risposta fin da quando lo aveva conosciuto.
《Che problema hai con i nobili?》gli domandò, sedendosi al suo fianco.
《Niente! Mio padre era un cavaliere e nell'esercito di Caerleon morì in battaglia, lasciando mia madre nei guai. Quando chiese al re un aiuto, lui glielo negò》spiegò l'amico e il moro finalmente comprese il suo atteggiamento.
《Lo hai potuto conoscere?》chiese, ma Galvano scosse la testa.
《So delle storie che mi hanno raccontato》si limitò a dire.
Adesso che sapeva la reale motivazione, Merlino si rese conto che lui e Galvano non erano poi così diversi. Anche lui aveva passato la sua stessa esperienza in fatto di padri.
《Capisco come ti senti. Ho incontrato mio padre poco prima della sua morte》confessò, chinando il capo.
Non era facile per lui parlare di suo padre, dopotutto non lo aveva mai nominato da quando era morto un anno fa. Spesso il ricordo di quel poco tempo che avevano trascorso insieme, gli faceva sentire ancora di più la sua mancanza. Aveva sempre sofferto per la sua assenza e anche dopo la sua morte quella ferita era sempre lì, scolpita nel cuore e mai guarita. Semmai un giorno avesse avuto un figlio, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per non fargli mai mancare l'affetto e l'amore di cui aveva bisogno.
Nel pensare a figli, gli venne in mente la predizione in cui era destinato a generare un erede con Morgana. Verrà il giorno in cui l'ultimo Signore dei Draghi e l'ultima Sacerdotessa dell'Antica Religione si uniranno e dal sangue degli stregoni più potenti mai esistiti nell'intera storia degli uomini, nascerà una nuova creatura che sarà destinata a portare luce e speranza oppure morte e distruzione nel regno di Albione. Non aveva più avuto modo per rifletterci, ma quella profezia gli sembrava ancora così assurda da potersi realizzare. La voce di Galvano lo riscosse dai pensieri.
《Perché? Che aveva fatto?》.
Il servo non poté confessare all'amico che suo padre era un Signore dei Draghi e che lui usava la magia in un regno dove la stregoneria era stata bandita da Uther, tuttavia scelse di omettere qualche dettaglio della verità.
《Era ricercato. Non aveva fatto niente, serviva il re》.
《Ma il re gli si è ritorto contro》intuì subito l'amico.
Il mago non rispose a quella constatazione, si limitò solo a fissarlo, ma a Galvano non serviva la sua conferma perché aveva già capito come si concludeva la storia.
《Non mi sorprende affatto》commentò, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
《Artù non è così》ribatté Merlino in tono serio.
《Può darsi, ma non vale la pena morire per un nobile》affermò Galvano.
Poi riprese a vaneggiare e a sghignazzare come uno scemo e Merlino scoppiò a ridere per la sua misera condizione. Nonostante la sua esuberanza e la sua stravaganza, Galvano si era dimostrato in poco tempo un amico sincero, leale e di buon cuore proprio come Lancillotto.
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