Capitolo 7 - There's just too much that time cannot erase
23 dicembre, Snow Lodge (Mark)
Quella mattina mi ero alzato all'alba e forse all'alba non rendeva bene l'idea: ero partito di notte per essere sicuro di arrivare prima di Alisea. Le strade erano vuote, la neve cadeva leggera, spazzata via dal parabrezza dai tergicristalli in azione, ma un sottile strato stava cominciando a ricoprire l'asfalto che in nottata era stato sgombrato dai mezzi spazzanave.
Avevo acceso la radio, a tenere compagnia ai miei pensieri. Era passato oltre un anno da quando l'avevo vista l'ultima volta ed era stato un incontro devastante. Ci eravamo dati appuntamento al nostro solito caffè, dove tante volte ci eravamo fermati per una colazione tardiva o per un brunch. Quel giorno si era presentata in compagnia della sua amica Sophie. Era stata sprezzante e il suo ultimo sguardo era stato gelido.
Alisea adesso mi stava fissando con quello stesso guardo gelido mentre con tono indifferente mi stava chiedendo come era andata la mia vita. Portava i capelli più lunghi adesso. Un tempo adoravo affondare il viso in quei capelli morbidi e profumati tenendola stretta, sentire i nostri corpi che si cercavano senza poter fare a meno l'uno dell'altro.
La sua espressione però mi faceva stare male. Forse alla fine andare a Snow Lodge non era stata una grande idea.
Mi odia e me lo merito.
Cercai di sembrare tranquillo, forse già il fatto che mi stesse parlando poteva essere considerato positivo, visto che aveva cercato in ogni modo di chiudere i rapporti con me.
"Nell'ultimo anno ho viaggiato in Europa: Grecia, Spagna, Italia. Volevo allargare i miei orizzonti e vivere nuove esperienze per poter dare una svolta al mio lavoro" risposi cercando di mostrare una disinvoltura che non avevo.
"Sono luoghi meravigliosi, immagino ti siano piaciuti parecchio. Cosa ti ha colpito di più?" sospirò e sembrò rilassarsi.
"La città più particolare è indubbiamente Venezia, con i suoi canali e i suoi ponti, le calli e i rii. Una città eretta in mezzo alle acque che non assomiglia a nessun'altra. Maree, flussi e riflussi, rendono Venezia inafferrabile, non è mai ferma, non è mai la stessa, come le sue acque che sembrano ferme e invece continuano a scorrere. E' fatta di vita, di colori, di suoni che come artisti di strada la rendono ogni giorno nuova e magica".
Era affascinata dal mio racconto, i suoi occhi mi stavano fissando attenti, così decisi di continuare.
"E poi ho viaggiato in Grecia: Atene, le Cicladi, Creta. La costa sud di Creta è magnifica, fatta di spiagge color mattone, cieli blu e un'acqua cristallina che riflette i colori del cielo. Le case bianche, contornate da vitigni, si affacciano direttamente sulla spiaggia, mentre viti e ulivi creano vivide macchie verdi, mi è piaciuta talmente tanto che quasi avevo pensato di fermarmi lì per sempre".
Alisea mi stava guardando, persa nelle immagini dei miei racconti. Il rintocco dell'orologio ci riportò alla realtà. Era ora di pranzo.
"Hai fame?" le chiesi.
"Un po'" fu la sua laconica risposta.
"Bene, sei arrivata che avevo appena infornato un'ottima lasagna, dovrebbe essere pronta a momenti".
"Da quando cucini?" chiese sorpresa.
"Da quando una simpatica donna fiorentina mi ha insegnato l'arte della cucina... o meglio... a non morire di fame" risposi ridendo.
Il suo sguardo si adombrò.
Che succede, perchè ora mi guarda con quell'espressione torva?
Mi misi ad armeggiare in silenzio intorno al forno, la lasagna aveva una splendida crosticina ambrata, era ora di toglierla. Aprii lo sportello del forno e un invitante profumo si sparse per tutta la stanza.
Alisea aveva il cellulare in mano, stava controllando i messaggi, poi lo posò.
Appoggiai la teglia sul bancone, presi due piatti e ne servii due razioni. Le porsi il piatto e lo prese sedendosi di fronte a me. Cominciammo a mangiare in assoluto silenzio, mi sentivo a disagio.
Fu lei a rompere il silenzio.
"E' davvero buonissima, voglio imparare anche io a farla così. Non assomiglia neanche lontanamente a quella che assaggiammo a quel ristorante italiano, ricordi?"
Non posso certo dimenticarlo!
Lo pensai, ma non lo dissi. Il ristorante italiano. Ricordavo perfettamente quella sera come se fosse stata la sera precedente. Eravamo seduti ad un tavolino appartato circondati da rigogliose piante sempreverdi, una sorta di giardino dell'Eden, in sottofondo Chopin. Alisea era bellissima, indossava un vestito con una scollatura generosa, il collo sottile lasciato scoperto dai capelli raccolti. Già immaginavo le mie labbra su quel collo liscio, sulle labbra. Quella era stata la prima volta che io e Alisea avevamo fatto l'amore.
Mi riscossi dal ricordo. Alisea mi stava fissando con occhi malinconici. Anche lei stava pensando a quella sera?
"Posso mettere una buona parola per te con nonna Irma, sarà felice di insegnarti l'arte della cucina italiana come la chiama lei". Volevo cambiare argomento, volevo pensare ad altro.
Rimase con la forchetta sospesa a mezz'aria.
"Chi è nonna Irma?"
"La deliziosa signora fiorentina che mi ha insegnato a cucinare, voleva che la chiamassi così. Le ricordavo suo nipote e per il tempo che sono rimasto a Firenze è stata davvero come una nonna per me"
E lo era stata davvero. Era stata lei ad aiutarmi ad ambientarmi al mio arrivo a Firenze, ma soprattutto mi aveva aiutato a risollevarmi dagli strascichi che la la rottura con Alisea mi aveva lasciato.
"Magari potrei andare a Firenze in primavera, mi piacerebbe davvero visitare le campagne toscane in fioritura e farmi insegnare a cucinare così!"
Di riflesso prese in mano il cellulare, come se aspettasse il messaggio di qualcuno, ma poi lo rimise giù sospirando. Avrei voluto chiederle cosa o meglio di chi stesse aspettando il messaggio, ma mi avrebbe risposto malamente che non erano affari miei e non volevo disturbare quell'aria rilassata che si era creata mentre mangiavamo.
"Decisamente un'ottima scelta, soprattutto se in compagnia" non riuscii a trattenermi. Lei guardò per l'ennesima volta il cellulare. Avevo fatto centro, c'era qualcuno da cui aspettava un messaggio.
Nella sua vita qualcun altro aveva preso il mio posto, qualcuno che poteva baciare quelle labbra e tenerla stretta tra le braccia, qualcuno che l'amasse come non ero stato in grado di fare io. Non avevo minimamente considerato l'idea che Alisea potesse uscire con qualcuno: l'immagine di un uomo che potesse abbracciarla comparve troppo nitida nella mia mente.
Fu come un pugno allo stomaco, fitte di rimpianto e gelosia mi pervasero lasciandomi senza fiato. Feci un respiro profondo. Dovevo trovare un modo di uscire da quella stanza e allontanarmi da lei. Guardai il fuoco che guizzava nel grande camino di pietra, le fiamme erano ancora vivaci, ma presto avrebbero avuto bisogno di nuova legna.
La scusa perfetta. Devo allontanarmi da lei.
"Alisea, vado a prendere dell'altra legna, a breve ci servirà. Meglio andare a prenderla prima che diventi buio, ho visto dove si trova. Tu aspetta qui".
Indossai velocemente il cappotto che avevo lasciato all'ingresso ed uscii. Il vento gelido mi colpì il volto, come uno schiaffo dato da una mano di ghiaccio. Respirai a pieni polmoni, cercando di scacciare quella morsa allo stomaco. Andai verso la legnaia che si trovava sul retro dell'edificio principale, stava nevicando intensamente, quasi non si riusciva a vedere il bosco intorno, ma avevo bisogno di qualche momento solo per me.
Cominciavo a credere che accettare l'invito di Arthur fosse stata davvero una pessima idea. Non mi aveva nemmeno sfiorato l'idea che Alisea potesse frequentare qualcuno e quella scoperta mi aveva fatto l'effetto di una doccia gelida. Eppure... eppure avrei voluto prenderla e stringerla a me, sentire il suo corpo contro il mio, come un tempo, sentire il profumo delicato dei suoi capelli e carezzare la dolcezza delle sue labbra. Ancora una volta avrei voluto rivedere nei suoi occhi quell'espressione piena di tenerezza che mi rivolgeva un tempo.
Maledizione, datti una calmata.
Tirai un pugno ad una delle travi che sorreggeva il tetto della legnaia.
Dovevo smetterla di perdermi nei ricordi, avrei rischiato di fare qualcosa di cui pentirmi e già essere lì con Alisea era come camminare su un campo minato. Non volevo complicare la situazione.
Uno scricchiolio di passi alle mie spalle mi obbligò a voltarmi. Immerso com'ero nei miei pensieri non mi ero accorto che Alisea mi aveva raggiunto. I capelli le ondeggiavano nel vento, come me indossava solo la giacca e mi guardava con i suoi occhi verdi da gatta. Feci un passo verso di lei, poi mi bloccai.
"Vai dentro Alisea" le ordinai "qui ci penso da solo", avevo usato un tono duro, pieno di rabbia.
Maledizione, averla a fianco mi fa venire voglia di stringerla a me, di baciarla e invece... Mi faccio pena.
Mi guardò, offesa dal mio tono, poi si girò e fece per andarsene.
Mi pentii di essere stato così duro. Alla fine non era colpa sua.
"Scusami Alisea" la bloccai "ma qui fuori fa davvero freddo, è meglio se rientri" dissi più dolcemente.
Tornò a fissarmi. Tutto intorno vorticavano fiocchi di neve trasportati dal vento che ululava attraverso gli alberi.
"Che sei venuto a fare qui, Mark?" era tornata l'Alisea della mattina. Fredda e distante, come la neve che ci stava cadendo intorno.
"A passare il Natale con i miei amici, mi ha invitato Arthur, mi pare di avertelo già detto".
"Non ti credo Mark"
"E cosa credi allora?"
Nel pronunciare quelle parole mi ero avvicinato a lei, guardandola fissa negli occhi. Ero più alto di lei di tutta la testa, eravamo a pochi centimetri.
Basterebbe così poco...
Non si allontanò. Sentivo l'elettricità tra di noi. Fili invisibili mi legavano a lei. Ci fronteggiammo così per qualche secondo, o un'eternità, non saprei dirlo, poi turbata arretrò di qualche passo.
"Non lo so"
"Se non lo sai tu".
Si girò e corse in casa, lasciandomi da solo sotto i fiocchi di neve che turbinavano gelidi intorno a me.
Osservai la sua figura sparire dietro la porta. Avrei voluto inseguirla e scusarmi e avrei voluto stringerla tra le mie braccia, ma non era questo che voleva lei e lo sapevo bene.
Presi qualche tronco dalla pila e tornai verso l'ingresso. Prima di entrare mi scrollai la neve di dosso. Quando entrai non trovai nessuno. Alisea doveva essere tornata in camera sua.
***** SPAZIO AUTRICE *****
Mark, Mark, Mark devi imparare a tenere a bada i tuoi sentimenti. Forse ripiombare nella vita di Alisea così all'improvviso non è stata una buona idea.
Che ne dite?
Per Alisea deve essere stato un bello shock e sta facendo di tutto per mostrarsi indifferente, ma a quanto pare Mark è meno bravo di lei a fingere indifferenza.
Cosa succederà?
Canzone del titolo My Immortal degli Evanescence
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