Capitolo 19 - Believing in a fantasy with no meaning
24 dicembre, Samantha.
Quando Alex uscì sbattendo la porta non riuscii più a trattenere le lacrime. Non ero pentita di ciò che avevo fatto, lo avrei rifatto altre mille volte, ma ero pentita che fosse stata la conseguenza di una bevuta di troppo.
Mi guardai intorno: in casa regnava il caos più totale, esattamente come dentro di me. Avrei voluto seguire Alex, ma non era pronto a stravolgere il nostro rapporto e forse non lo sarebbe mai stato. A breve tutto ciò non avrebbe avuto più importanza, sarei stata migliaia di chilometri lontana da lui. Una nuova vita mi attendeva e oggi volevo che fosse il primo giorno di questa nuova vita.
Mi asciugai le lacrime e lasciai vagare lo sguardo per la stanza, in giro, sui tavoli e sulle sedie c'erano montagne di oggetti: libri ammucchiati, stoviglie impilate e vestiti sembravano essere stati gettati lì alla rinfusa, come se fosse passato un uragano. Ripresi a sistemare le mie cose negli scatoloni, non potevo portare tutto con me e quella era l'occasione giusta per far pulizia: ordine fuori, ordine dentro. Presi in mano alcuni vecchi libri, dalle pagine ingiallite di uno di questi scivolò fuori una fotografia. Eravamo io e Alex, l'estate dei miei 15 anni.
La foto ci mostrava sorridenti e abbracciati sulla spiaggia. Avevo indosso un bikini a fiorellini rossi. Quell'anno ero cresciuta molto e avevo abbandonato le forme a stampella come mi diceva sempre molto carinamente Alex e finalmente mi sentivo orgogliosa di me. Avevo sperato che anche Alex notasse il mio cambiamento, ma non aveva detto mezza parola. Anche se alla fine era stata un'estate fantastica lo stesso, passata al mare, tra le onde, i giochi e i primi baci scambiati con i ragazzi, ci ero stata male. Ancora non mi ero resa perfettamente conto che i miei sentimenti per Alex, non erano solo di amicizia.
Ricominciai a piangere. Che avevo fatto? Perché lo avevo trattato così quando si era presentato alla mia porta? Ero io ad essermi fatta delle fantasie, non lui. Però faceva male lo stesso. Afferrai un mucchio di vestiti e li buttai con rabbia nella prima scatola vuota che trovai. Continuai così per una mezz'ora, a gettare roba a caso in scatoloni già troppo pieni fino a quando sentii lo stomaco brontolare. Guardai l'orologio da parete, era quasi ora di pranzo.
Mi spostai in cucina, guardandomi intorno nella speranza di trovare qualcosa da mangiare: gli armadi erano già stati svuotati e il contenuto gettato sul tavolo e le sedie circostanti. Piatti, pentole e contenitori erano ammassati su tutte le superfici. Aprii il frigorifero: era vuoto a parte qualche bottiglia d'acqua che riluceva sotto la luce fredda del frigo.
Mi osservai intorno sconsolata, appesi alla lavagna magnetica c'erano i biglietti dei delivery che ero solita ordinare, provai anche con quelli, ma prevedibilmente le consegne non erano attive. Indossai giacca e cappello, presi le chiavi e la borsa e mi precipitai fuori. Forse non avrei trovato nulla di aperto, ma tra quelle quattro mura stavo soffocando.
Presi l'ascensore ed una volta per strada, alla luce del sole provai un senso di sollievo. Imboccai la strada che portava al parco, una via lunga e ariosa. Era tutto chiuso. Il sole splendeva quella mattina, facendo scintillare la neve fresca, l'aria era gelida, ma tersa. Una perfetta giornata d'inverno. Di stonato c'era solo il silenzio, interrotto dallo scricchiolio dei miei passi, un silenzio surreale, inadatto per la grande città in cui vivevo. E il mio umore.
Girato l'angolo con sorpresa vidi che il Second Cup era aperto. Mi ero fermata spesso da Will, faceva un ottimo caffè e la loro torta di mele era tra le migliori che avessi mai provato. Tra una chiacchiera e l'altra con Will ed eravamo diventati amici.
Entrai nell'ampio locale, il campanellino risuonò nelle stanze vuote, mentre un piacevole tepore mi avvolse. Era strano vedere il locale di Will vuoto, di solito brulicava di vita, con i clienti che sedevano ai tavolini chiacchierando.
"Will ci sei?"
Dalla cucina spuntò un bel ragazzo alto, moro, con la pelle ambrata e profondi occhi scuri, aveva in mano uno straccio con cui stava asciugando dei bicchieri.
"Samantha, buongiorno! Non mi aspettavo davvero che entrasse qualcuno oggi" disse sincero.
"E io non mi aspettavo di trovarti aperto! Cosa ci fai qui al caffè?" domandai.
"Sono passato a controllare che fosse tutto a posto e a prendere il cibo in scadenza. Oggi era l'ultimo giorno prima di Natale e avevo fatto un po' di scorte, mi sarebbe dispiaciuto dover buttare via tutto al mio rientro. Tu invece che ci fai a giro?" domandò interessato.
Mi sedetti su uno degli alti sgabelli del bancone, appoggiandomi alla superficie liscia e fredda del marmo.
"Sfamami e ti racconto!" risposi sollevata di non essere più sola.
Alzò gli occhi al cielo, poi scoppiò in una sonora risata.
"Sfamare te? Che il cielo mi aiuti".
Will tornò poco dopo con toast, bacon, uova ed una generosa fetta di torta di mele. Lo fissai come se fosse il mio eroe ed in effetti in quel momento lo era.
Addentai il toast, era croccante e caldo, accompagnandolo con una fetta di saporito bacon. Cominciai a raccontargli, senza scendere nei particolari, della serata precedente. Ero stata con Alex qualche volta a cena al Second Cup per cui Will lo conosceva di vista.
"Alla fine quando gli ho confessato che mi sarei trasferita se ne è uscito con il fatto che senza me non riesce a stare e io invece non riesco più a stare con lui solo come amica" confessai tutto d'un fiato.
"E glielo hai detto?"
"Non con queste parole e inoltre stamani abbiamo litigato" risposi.
"Perché avete litigato?"
"E' colpa mia, si è presentato alla mia porta. Cercava risposte che non è disposto ad ascoltare e io non voglio più continuare a fingere che per me sia solo un amico. Così l'ho liquidato velocemente e mi sono messa a sistemare gli scatoloni per il trasloco".
"E...?"
"E poi mi è venuta fame, sia per la rabbia sia perché è dalle otto che sto lavorando" dissi finendo l'ultima forchettata di uova.
Scoppiò in una sonora risata. Lo guardai storto.
"Quindi sei arrabbiata con Alex perchè per la prima volta ha intuito i tuoi sentimenti, rimanendo mi pare molto spiazzato dalla cosa, viene da te per cercare di capire e tu lo cacci via a male parole. E sei tu quella arrabbiata?" disse ricominciando a ridere.
Aggrottai le sopracciglia mettendomi a riflettere su quanto detto da Will.
In effetti tutti i torti non li ha, l'ho aggredito senza neanche ascoltarlo. Perché l'ho aggredito? Perché ho paura. Di cosa? Che mi rifiuti, che mi dica che tra di noi vede solo una bella amicizia. Che si sia pentito. Non lo potrei sopportare. Eppure potevo lasciarlo parlare, tanto tra pochi giorni me ne vado e forse sentire quelle parole mi avrebbe aiutato a lasciarlo andare per sempre. Io non posso più essere sua amica.
Mi riscossi dal mio flusso di pensieri sentendo Will che mi chiamava porgendomi una tazza di fumante caffè. Ne bevvi un sorso, era caldo e amaro come la mia vita in quel momento.
"Samantha sei una bellissima donna, ma tu gli uomini non li capisci proprio"
Per poco non mi andò di traverso il caffè. Ero spiazzata. Lo guardai.
"Perché non lo chiami?"
"Assolutamente no Will"
Will sospirò, prese i piatti e andò nel retrobottega a lavarli. Tornò poco dopo.
"Pensi di andare via senza rivederlo? Senza concedergli almeno la possibilità di capire come si sente nei tuoi confronti?"
Pensai per un attimo alle varie possibilità che avevo davanti a me.
"Probabilmente, dopo come l'ho trattato stamani, sarà lui a non volermi vedere".
Will venne a sedersi accanto a me, appollaiandosi su uno degli alti sgabelli.
"Vedi Samantha, anche noi uomini siamo dotati di sentimenti, ci possiamo sentire smarriti e confusi. Alex mi fa pena in questo momento. Per lui è un grosso cambiamento in tutti i sensi, tu non sarai più qui, ha scoperto che non sei solo un'amica, ma anche una donna che fisicamente lo attrae, si è ritrovato senza le sue certezze e in più stamattina si è scontrato anche con un muro di ostilità. Non pensi che anche lui abbia la necessità di prendersi del tempo per capire?".
Will aveva ragione. Avevamo sconvolto tutto in una sera, solo che io era da tempo che conoscevo i miei sentimenti, che sapevo del mio trasferimento, mentre ad Alex avevo gettato addosso tutto insieme. O almeno quasi, perché dei miei sentimenti non avevo parlato.
"Samantha chiamalo prima di partire o te ne pentirai".
Scesi dallo sgabello, indossai la giacca e guardai Will che mi stava osservando pensieroso.
"Il pranzo lo offro io" mi disse, "un regalo d'addio per la mia cliente preferita".
Andai da lui e lo abbracciai.
"Will grazie di tutto, per il pranzo, per essere stato ad ascoltare e per la chiacchierata, mi mancherai".
Sentivo le lacrime spuntare, non ero brava con gli addii. Presi la borsa e salutandolo con la mano uscii dal locale accompagnata dal suono del campanellino del Second Cup.
Lentamente mi diressi verso casa.
***** Spazio Autrice *****
Canzone del titolo Left outside alone
che è un po' come si sente Sam in questo momento o forse come si è sentita per gran parte della sua vita, costretta in un ruolo che non sentiva suo. Sarà stata una pessima amica o avrà cercato di fare sempre del suo meglio? Che ne pensate?
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