Capitolo 13 - She's that one

23 dicembre, Snow Lodge, Mark

Quando rientrai la trovai seduta sul divano con l'aria imbronciata, aveva acceso la tv e stava guardando un vecchio film di Natale.

Pensavo fosse andata a rintanarsi in camera sua. Non avrò un'altra occasione per parlare da solo con lei.

Senza dire una parola mi sedetti accanto a lei. Non disse nulla nè se ne andò. Rimase in silenzio. Di tanto in tanto le lanciavo qualche sguardo furtivo, sguardo che finiva sempre sulle sue labbra.

Quelle labbra... non so cosa darei per baciarle.

Restammo entrambi in silenzio fino alla fine del film, poi si voltò.

"Adoro questo film, l'idea di poter vedere gli effetti che la nostra esistenza ha nella vita degli altri è davvero uno spunto interessante. Ti sei mai domandato come sarebbe stato se tu non fossi mai nato?"

Era una domanda difficile, poteva aprire l'ennesimo solco tra di noi, ma gli occhi verdi di Alisea mi fissavano aspettando una risposta.

"Forse, ma è un pensiero difficile, ora per esempio non saremmo qui no? Mio padre forse avrebbe avuto qualche pensiero in meno, ma Arthur non avrebbe mai avuto un compagno di stanza migliore di me!" conclusi ridendo.

Rise anche lei e la cosa mi stupì. Ricordando la scena di poco prima potevo aspettarmi che mi rispondesse che per lei sarebbe stato meglio.

"Mi sa che hai ragione" rispose ridendo.

"E tu te lo sei mai domandata?"

Smise di ridere, fissandomi. I suoi occhi verdi puntati su di me mi invogliavano a prenderla tra le braccia, baciarla e dirle che il mio mondo senza di lei sarebbe stato infinitamente peggiore. Solo che ovviamente non potevo farlo.

"Immagino che... Sophie non avrebbe mai potuto trovare un'amica migliore, no?" concluse usando la mia stessa risposta.

Continuammo a fissarci, aspettando che l'uno o l'altro tirasse fuori i propri pensieri reali, mettendo fine a quel momento, ma non accadde.

"Che ne dici di cenare?" le proposi vedendo l'ora. Volevo continuare a parlare con lei, ma dovevo trovare qualcosa in cui tenermi impegnato.

"Solo se cucini tu, mi pare che tu sia diventato piuttosto bravo" rispose con un sorriso appena accennato.

Mi misi ai fornelli, mentre Alisea salì in camera, tornando poco dopo con un libro in mano. Era un'appassionata lettrice e non mi stupiva che si fosse portata dietro un libro.

La osservai mentre affettavo le patate, con l'espressione assorta, concentrata nella lettura. Tutte le volte che si concentrava in qualcosa tendeva ad aggrottare le sopracciglia. Trovavo divertente questo lato di lei, in passato l'avevo spesso presa in giro per questo suo aspetto.

Forse si era sentita osservata, perché in quel momento Alisea alzò gli occhi dal libro e i nostri sguardi si incrociarono. Un brivido sottile mi percorse la schiena. I suoi occhi, intensi e penetranti, mi catturarono, e per un secondo mi sentii intrappolato, incapace di distogliere lo sguardo.

"Hai bisogno di qualcosa, Mark?"

La sua voce mi colse di sorpresa, spezzando l'intensità del momento. Dovevo rispondere, ma la mente sembrava confusa, il battito del cuore in aumento.

"Ho bisogno del... latte! Potresti prendermelo dal frigo?"

Si alzò lentamente dal divano, andò verso il frigorifero con passi leggeri ma misurati. Prese il cartone del latte, lo sollevò e me lo porse. Nel contatto fugace delle nostre mani, una scintilla elettrica attraversò l'aria, e, per un attimo, la distanza tra noi sembrò ridursi.

La guardai, i suoi occhi erano velati da un turbamento che non riuscivo a decifrare. La sua mano tremò appena mentre riprendeva il libro dal bancone e tornava a concentrarsi sulla lettura, ma io continuavo a osservarla, incapace di distogliere lo sguardo.

Quando la cena fu pronta sistemai due tovagliette una di fronte all'altra e l'avvisai che la cena era in tavola.

Posò il libro con una leggera esitazione e venne a sedersi proprio di fronte a me, i nostri occhi si incontrarono di nuovo, ma stavolta la distanza tra di noi era carica di una tensione palpabile.

"Potresti diventare uno Chef," disse, cercando di alleggerire l'atmosfera con una battuta, ma il suo sorriso sembrava nascondere qualcosa. "Ti ci vedo in cucina, con un grande cappello bianco a dare ordini allo staff... Potrei diventare tua cliente fissa, sai."

Risposi con un sorriso forzato, cercando di mantenere la calma, ma dentro di me, la sua vicinanza mi rendeva tutto più difficile.

"Ahah, grazie del consiglio," dissi, cercando di sembrare serio. "Se mai dovessero andare male i progetti che ho, potrei prenderlo in considerazione."

"Faresti bene," rispose, mentre infilava la forchetta nelle patate che avevo preparato. Ma c'era qualcosa nel suo tono che mi suggeriva che stava nascondendo altro, qualcosa che nemmeno lei riusciva a riconoscere.

Dopo questo scambio di battute rimanemmo in silenzio. Avrei avuto così tanto da dirle, ma non sapevo da che parte cominciare e volevo che mi ascoltasse fino in fondo, cosa non scontata visto le sfuriate precedenti.

Dopo cena, Alisea si rimise a leggere, completamente assorta nel suo libro. Il riflesso del caminetto illuminava i suoi capelli con caldi riflessi dorati, facendo sembrare ogni ciocca come se fosse avvolta da una luce morbida e avvolgente. Mi sarei voluto sedere accanto a lei, ma non sapevo come l'avrebbe presa. Così optai per l'altro divano, distante ma non troppo.

Il silenzio della stanza era interrotto solo dal crepitio del fuoco nel camino, il rumore delle fiamme che danzavano e scoppiettavano creando una melodia delicata, e dal fruscio delle pagine del libro che lei girava di tanto in tanto. Mi concentrai su quel suono, lasciando che riempisse lo spazio tra noi.

Non riuscivo a staccare lo sguardo da lei, i suoi occhi fissi sulle parole, il suo volto illuminato dalla luce tremolante del fuoco. Ogni tanto sollevava lo sguardo, ma sembrava cercare di evitare il mio, come se qualcosa tra noi fosse troppo forte, o troppo fragile, per essere affrontato.

La osservai in silenzio per qualche minuto, il desiderio di avvicinarmi a lei cresceva sempre di più. La sensazione che ci fosse qualcosa di irrisolto tra noi era inconfutabile. Il mondo intorno a me si era fermato e io non riuscivo a concentrarmi su nulla tranne che su di lei.

Non potevo aspettare oltre. Il nodo che si era formato nel mio stomaco, il peso di tutto ciò che non avevo detto, mi spingeva a fare un passo, a rompere quel silenzio che ci separava.

"Ali senti..."

"Sì?" mi chiese sollevando gli occhi dal libro.

"Ti chiedo scusa".

Aggrottò le sopracciglia, poi rispose "Di cosa?"

"Mi dispiace perchè ho rovinato tutto, per come ti ho trattata... per averti tradita".

"No Mark" mi interruppe bruscamente "non c'è motivo ora..."

"Invece sì, perché sono stato uno stronzo. Non posso cambiare il passato, ma... ci sono cose che non ho mai avuto occasione di dirti e credo che tu abbia il diritto di sapere. Non mi aspetto che mi perdoni, ma ti prego di ascoltarmi. Ho maledetto infinite volte me stesso per aver tradito la tua fiducia, il tuo amore. Non sono riuscito a perdonarmi e mi trovo fermo a quel pomeriggio, allo sguardo pieno di dolore che ho visto nei tuoi occhi. Avrei dovuto insistere di più all'epoca, avrei dovuto parlarti e cercare di farti capire che ero pentito, ma alla fine ho rinunciato. Sapevo di averti ferita e che lasciarti andare era la cosa giusta. Ma non ci sono riuscito. E forse è questo uno dei motivi che mi ha portato qui oggi. Volevo chiederti scusa".

Gli occhi di Alisea divennero due fessure, stava soppesando le mie parole. Rimasi in attesa.

"Pentito? Di cosa? Mi pare chiaro che infilare la lingua in bocca ad un'altra non dimostri grandi sentimenti nei miei confronti, no? Non ci sono giustificazioni, hai fatto una scelta e ne affronti le conseguenze. Stop. Tutto il resto non conta".

Dura, fredda, decisa, così diversa dalla dolce ragazza di un tempo...

"E invece conta, perchè ho ferito la persona che amavo, perchè ho umiliato me stesso mostrandomi per un uomo che non volevo e non voglio essere, che non ha rispetto dei sentimenti altrui, che è uscito con un'altra pur avendo al suo fianco già la donna perfetta e ti ho tradita perché non mi sentivo all'altezza di ciò che avevamo. Mi sentivo perso, incapace di darti ciò che meritavi" buttai fuori tutto d'un fiato. Ecco l'avevo detto.

"Sai Mark, non credo che le tue scuse mi interessino, cosa me ne faccio? Non cambiano il passato, non mi servono per il futuro. Hai scelto di farmi soffrire, punto. E per cosa? Perché eri "confuso"? No, grazie, mi sono lasciata alle spalle la nostra storia, non è che uno dei tanti errori che ho commesso nella mia vita" rispose con tono tagliente.

"Non devi dirlo" la interruppi bruscamente.

Avrei voluto stringerla a me, stavo combattendo contro il desiderio di prenderla tra le braccia e farle capire che non era stato un errore.

"Amare non è mai un errore" continuai " ho sbagliato io. Io ti ho fatto del male e hai pagato tu le conseguenze della mia immaturità. Ma non dire che è stato un errore, perché è stato il periodo più felice della nostra vita e lo sai quanto me". Mi ero alzato e seduto sul divano accanto a lei. Vidi una lacrima spuntarle dagli occhi.

"Scusami, ti ho fatto piangere" le dissi con tono più dolce.

Feci per allungare una mano ad asciugarle la lacrima, ma lei si ritrasse.

"Mi hai tradita perché eri confuso? Ti dispiace? Queste parole non cambiano niente Mark io, io... preferisco non parlarne più. Il tempo passa per tutti e nessuno lo riporta indietro. Non potremo mai più riavere quei momenti, io sono cambiata e lo sei anche tu. Non siamo più gli stessi".

"Lo so Ali, mi dispiace, sarò egoista, ma chiederti perdono è l'unico modo che ho per ricominciare a vivere senza questo enorme peso sulla coscienza. Non ti chiedo di perdonarmi, non potrei, ma almeno credimi se ti dico che sei il mio rimpianto più grande".

Rimase in silenzio per un momento che mi parve un'eternità. Avrei voluto aggiungere ancora molte cose, ma l'espressione di lei me lo impedì. Rabbia, dolore, rimpianto, i suoi occhi riflettevano tutte le emozioni che stava provando.

E io?

Non ci sono riuscito. Le ho solo fatto male di nuovo.

"Ali, se ti fa stare meglio domani quando arrivano gli altri me ne vado. Non voglio rattristarti, o farti stare male più di quanto abbia già fatto" dissi con un tono di rassegnazione nella voce.

Alisea si alzò di scatto e senza dire una parola se ne andò nella sua stanza. I suoi occhi però erano...

malinconici?

Presi il libro che aveva abbandonato sul divano, aveva sottolineato una frase: non sappiamo mai chi ameremo, chi ci metterà davanti il destino. E' questa la meraviglia, la magia dell'amore.

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