Capitolo 11 - You sound so close but it feels like you're so far

23 dicembre, Snow Lodge, Mark.

Il buio della notte mi sorprese. Era la seconda volta quel giorno che avevo sentito il bisogno di allontanarmi. Il profumo di Alisea era troppo avvincente e il suono delle sue parole era troppo poco convinto per convincermi che fosse vero.

Quelle labbra rosee e tornite che avevano detto di odiarmi, io sognavo di baciarle; avevo capito, con assoluta certezza, che se uno dei due, o io, o Alisea, non avesse lasciato quella stanza entro trenta secondi, avrei finito con il perdere il controllo, commettendo una follia e avevo già diversi motivi per chiedere perdono.

Mossi qualche passo nella neve fresca, ad ogni passo, la neve cedeva sotto il mio peso scricchiolando e io affondavo sempre di più, come se la terra stessa cercasse di inghiottirmi. Avrei voluto fare una passeggiata per schiarirmi le idee, ma l'impresa era quantomeno impossibile.

Raggiunsi il porticato sul retro e mi sedetti su una delle poltroncine: l'odore del legno antico mischiato al profumo di neve era un contrasto strano, ma allo stesso tempo confortante. Non volevo rientrare, non ancora. Il calore della casa sembrava troppo distante, rientrare significava affrontare qualcosa a cui non ero ancora pronto.

L'aria era tersa e fredda, ogni respiro si trasformava in una nuvoletta di vapore che saliva in alto. Era spuntata una grande luna che rischiarava il paesaggio. Gli alberi erano immobili, come guardiani silenziosi che vegliavano sul bosco addormentato. Una spessa coltre di neve si posava sui loro rami, creando una sensazione di leggerezza e tranquillità. Il silenzio era perfetto, interrotto solo dal suono dei miei pensieri e dalla neve che cadeva dai rami.

Che devo fare? Le reazioni di Alisea mi confondono. Dice di odiarmi, ma i suoi occhi raccontano un'altra storia ed il suo corpo tradisce altre emozioni.

Ed io... io per dirle che non mi interessava chi si porta a letto ho dovuto forzarmi e non poco. Avrei voluto solo stringerla a me.

Rimasi a lungo ad osservare il cielo, cercando una risposta che non mi arrivava. Ogni tanto il suono della neve che cadeva dagli alberi mi faceva sobbalzare. Sembrava incredibile che fino a qualche ora prima fossimo sotto una tormenta, con il vento che soffiava gelido e la neve che cadeva senza tregua. Adesso era tutto calmo e tranquillo.

Ha detto di odiarmi, le è uscito così spontaneo. Però è innegabile, la scintilla c'è ancora. Questa maledetta scintilla che sembra non spegnersi mai tra di noi. Io la sento ancora e credo anche lei.

Anche se Alisea aveva cercato di nasconderlo, avevo sentito distintamente quello spaventoso desiderio che ci consumava ogni volta che ci ritrovavamo accanto.

Dicono che amare è anche saper lasciare andare una persona e io non ci ero riuscito. Io non l'avevo lasciata andare. Era rimasta con me, ogni giorno, ogni notte e quello era il problema.

Ti manca.

No.

Ma è la verità.

Lo so, ma non posso dirglielo, avrei dovuto pensarci prima ed evitare di fare l'idiota.

La mia mente tornò a quel pomeriggio di fine ottobre, Alisea che correva sotto la pioggia. I suoi occhi mi avevano accusato, quello sguardo non lo avrei dimenticato. Avrei voluto seguirla fuori da quel caffè, ma sapevo di aver commesso un errore grosso. Ero tornato dentro, avevo pagato il conto e me ne ero andato. Quello che non immaginavo era che Alisea mi avrebbe sbattuto fuori dalla sua vita, senza neanche darmi il tempo di...

Di cosa? Di scusarti? Di spiegare? Di farti perdonare? Il suo disprezzo è ciò che merito, però...

Io volevo lei. Volevo riavere la mia Ali, quella bellissima ragazza ostinata nelle sue idee, amavo la passione che ci metteva nel suo lavoro, amavo la sua determinazione, la gentilezza nei confronti degli altri, ma ciò che amavo più di lei era che quando stava con me mostrava la sua vera essenza, con tutte le sue sfumature e imperfezioni. Ed io quell'amore lo avevo gettato al vento per colpa della mia insicurezza, volevo essere quel principe azzurro che lei credeva fossi e invece mi ero mostrato per quello che ero. Uno stupido.

Ero il secondo di due fratelli. Mio padre stravedeva per mio fratello Lucas. Lui aveva quattro anni più di me ed eccelleva in tutto, non c'era cosa che non riuscisse a fare, dallo sport agli studi era il primo in tutto. Aveva seguito le orme di nostro padre ed ora era un cardiologo stimato, con una casa nel quartiere più elegante della città, una moglie raffinata e uno splendido bimbo di un anno.

E poi c'ero io, che di studiare non avevo voglia, che non ero bravo nello sport e che mi ero rifiutato di seguire le sue orme e di diventare un medico. Una delle tante delusioni date a mio padre. Avevo invece seguito la mia passione, infine ne avevo fatto un lavoro. Ma mi sentivo sempre l'eterno secondo. Non abbastanza bravo, non abbastanza intelligente.

Tranne quando si parlava di donne, quello era l'unico campo in cui davo punti a mio fratello, in un paio di occasioni ero pure riuscito a soffiare la ragazza a Lucas, giusto per far vedere che potevo essere meglio di lui. Così le conquiste femminili non mi erano mai mancate, almeno in quello riuscivo ad essere migliore di mio fratello. Ma alla fine non era servito e quella sensazione di essere sempre inferiore a Lucas non mi aveva abbandonato per lungo tempo.

Poi era arrivata Alisea, sapevo che Arthur voleva presentarmi la migliore amica della sua Sophie, così avevo fatto di tutto per evitare una situazione imbarazzante, ma alla fine il destino aveva fatto sì che io e Alisea ci incontrassimo per conto nostro, mentre scappavamo dal caos della festa.

Mi era piaciuta subito, con quell'aria dolce e romantica, ma poi mi ero reso conto che lei in me vedeva l'uomo perfetto, cosa che io non mi sentivo affatto. Il lavoro stentava a decollare, avevo qualche collaborazione, ma niente che mi permettesse di dire ce l'ho fatta, con la voce di mio padre che in sottofondo mi rimproverava di non aver scelto la carriera medica. Non ero perfetto, anzi mi sentivo ancora un ragazzino in cerca della propria strada, solo che Alisea questa cosa non riusciva a capirla, con lei finivo sempre per sforzarmi oltre le mie possibilità. Volevo essere l'uomo all'altezza dei suoi sogni e alla fine ero scoppiato.

Quel pomeriggio avevo appuntamento con una possibile cliente, ci eravamo già visti alcune volte e avevo capito di non esserle indifferente... e questa cosa mi faceva sentire apprezzato, ma non volevo una storia con lei. Io amavo Alisea. Tuttavia ero stato al gioco e non l'avevo fermata, quello che non potevo immaginare è che Ann avrebbe preso l'iniziativa baciandomi in quel caffè.

Sospirai. Un suono ripetuto, acuto e leggero si propagò nell'aria fredda, una sonorità morbida e rassicurante, nel perfetto silenzio di quella sera,

Ero partito con l'intento di dimenticare Alisea: era stata chiara, non mi avrebbe mai perdonato, sapevo di aver distrutto l'immagine perfetta che aveva di me, forse per la prima volta mi aveva visto per quello che ero e pur nella disperazione mi ero sentito sollevato, solo che l'avevo persa.

Avevo conosciuto nonna Irma, durante il mio viaggio in Italia, con lei ero riuscito ad aprirmi, raccontandole del senso di inadeguatezza che avvertivo sempre in presenza della mia famiglia e che avevo finito con il provare anche quando mi trovavo con Alisea. Avevo sempre il timore di non essere abbastanza per lei, un giorno si sarebbe accorta della mediocrità in cui vivevo, del fatto che ero uno tra tanti e avrebbe cercato un uomo più adatto a lei. Nonna Irma mi fece un discorso che ricorderò sempre.

"La cosa più difficile di questo mondo è essere ciò che siamo, mostrare ciò che proviamo. La più facile è essere ciò che gli altri vogliono che noi siamo, adeguarsi alla visione che hanno di noi. Tu hai preferito seguire la tua strada, le tue idee, i tuoi sogni. Non significa che sei il secondo, significa che sei tu" mi disse nel suo inglese stentato (ma il mio italiano era sicuramente peggio all'epoca).

"Ci vuole coraggio per crescere ed essere chi si vuole essere veramente. E tu non vuoi essere l'eterno secondo, vuoi essere semplicemente tu, no? Essere te stesso in un mondo che cerca costantemente di fare di te qualcos'altro è il successo più grande."

"E sono sicura che la tua Alisea ti apprezza per questo" concluse sorridendo.

Per quanto semplici le sue parole mi avevano fatto vedere per la prima volta la mia vita da una prospettiva diversa. Io ero io, non avevo bisogno di altro. Da quel momento mi ero impegnato, avevo ripreso a disegnare, dipingere e fotografare, stavo facendo con passione il lavoro che mi ero scelto, avevo cominciato a collaborare con piccoli brand locali e via via mi ero fatto conoscere, almeno all'estero. E poi era giunto il momento di tornare in patria.

Ed ora mi trovavo qui. Perché io Alisea non l'avevo dimenticata, anzi, ogni giorno che passava la sua presenza si faceva più viva dentro di me. Avevo capito troppo tardi che ai suoi occhi sarei stato sempre perfetto, perché mi amava e non c'era bisogno che mi sforzassi, lei mi avrebbe accettato comunque. Ma poi avevo tradito la sua fiducia e i suoi occhi, così profondi e intensi mi avevano guardato spezzanti, lei non avrebbe dimenticato.

Eppure, voglio, devo fare un tentativo. Oppure l'avrò persa per sempre.

Mi alzai dalla poltrona, deciso a rientrare. Dovevo trovare un modo per farmi ascoltare da Alisea. 

***** SPAZIO AUTRICE *****

Canzone del titolo Kiss the rain di Billie Myers

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