50. La prima volta

Siamo riusciti a trovare non so come un trasportatore per domani alle nove. Nadia ce lo ha segnalato tra i suoi contatti: si chiama Michele e già diverse volte si è reso disponibile per accompagnare i cavalli da lei salvati nelle loro nuove case in giro per l'Italia. Per quanto riguarda le spese, Ethan ha insistito per pagare almeno la metà, offrendosi poi di mantenere lui Whisky dal momento che io devo pensare già a Coco, e alla fine, dopo un'animata discussione, mi sono convinta a dargli ragione.

Siamo rimasti con lui fino a quando non sono calate le prime ombre della sera; poi ci siamo fatti indirizzare verso la selleria più vicina per comprare le cose che mancavano, a partire da una capezza e una lunghina per il trasporto.

«Siete proprio una bella coppia» ci ha detto Nadia, appena prima di congedarci. «Speriamo di rivederci in futuro, magari al prossimo stage con Franco Giani.»

«Sicuramente» ho risposto io, evitando accuratamente di calcare la mano sulla contorta situazione sentimentale tra me e Ethan. Dal suo canto, nemmeno lui sembra aver voluto dare precisazioni scomode, ma neanche smentite.

Una volta presi gli ultimi accordi, ci siamo incamminati finalmente verso il bed & breakfast, che si trova a una decina di chilometri dal centro. Solo nel momento in cui entro nella stanza mi rendo conto di quanto sia stanca, arrivando persino a sedermi sul copriletto profumato di fresco nonostante abbia ancora indosso gli abiti da equitazione impolverati dalla lunga giornata.

«È meglio se ti fai una doccia, ti sentirai subito meglio» osserva Ethan mentre deposita il suo borsone all'interno dell'armadio.

«Mmm» a quella prospettiva – specie con lui a piede libero per la stanza! – l'unica cosa che riesco a rispondere è un borbottio minaccioso.

«Ma dai, che problema c'è? Non ti starai mica vergognando, spero!» incalza lui, notando subito il mio atteggiamento ostile.

«Non mi sto vergognando!» abbaio io prontamente. «È solo che...»

«Ti stai vergognando.»

Ethan sfoggia spudoratamente il suo miglior sorriso da schiaffi, e io mi sento automaticamente prudere le mani.

«Mi dici qual è il problema, una volta per tutte?» torna alla carica. «Per caso ti senti a disagio con me?»

«N... no.»

Provo subito l'impulso di stringermi le braccia intorno al corpo come se provassi freddo, rifugiandomi prontamente dietro quello scudo corrucciato che però Ethan conosce fin troppo bene. Per questo si siede accanto a me, fronteggiandomi con tutta la sua sacrosanta sfacciataggine.

«Cerchiamo di essere sinceri con noi stessi una volta per tutte» arriva subito al sodo, e questa volta capisco che fa sul serio. «Non devi provare per forza qualcosa per me che vada oltre a una sincera e fraterna amicizia, che sia chiaro. L'importante è dirselo, in modo tale da evitare di prenderci in giro a vicenda. Capisci, vero?»

Io annuisco, aggrappandomi al suo sguardo incredibile che ancora adesso mi fa ribollire le farfalle nello stomaco come se fosse la prima volta. Vorrei tanto urlare che cosa provo per lui, ma le parole si rifiutarmi di uscirmi dalla bocca, pietrificate dalla paura. La paura di essere umani.

«Voglio solo che resti» è tutto quello che riesco a dire, la voce così bassa che appare poco più di un sussurro. «Non potrei più sopportare di stare male per te, Ethan. Io... ho già sofferto troppo in passato. Se vuoi rimanere, allora ti prego di farlo. Ma non con le parole, io non riesco più a fidarmi ormai. Vorrei qualcosa di più.»

Lui sorride, l'ovale del volto ormai vicinissimo al mio. Mi sembra quasi di avvertire il suo profumo, che emerge dall'odore di polvere e cuoio che entrambi ci siamo portati dietro dal maneggio, quel profumo che ho sempre amato sin dal primo momento. Le sue dita sottili si tendono in avanti e mi sforano una ciocca di capelli scuri dalla coda che mi è ricaduta sulla spalla, intrecciandoli con dolce distrazione tra l'indice e il medio.

Io arrossisco, ma non lo scaccio. I miei occhi si posano ancora una volta nei suoi, e subito avverto mille brividi scatenarsi dentro di me. C'è qualcosa di diverso in noi, nel modo in cui ora ci sfioriamo e ci guardiamo. Qualcosa di infinitamente prezioso, che ci ha richiesto così tanto tempo perché aveva bisogno di maturare e rafforzarsi, per poi affiorare al momento giusto. Ed è incredibile come le persone forti spesso celino in sé le emozioni più fragili.

«Anna» mi chiama lui, con una voce così dolce e sincera che mi sembra quasi che stia pronunciando il mio nome per la prima volta. «Lo sai che non credo nell'amore eterno. Forse nemmeno tu. Ma su una cosa sono certo: non è giusto che due persone rinuncino a stare insieme solo perché hanno paura che le cose tra loro vadano male. Io per primo non voglio sacrificare il nostro rapporto per qualcosa che forse non accadrà mai. Io sto bene con te, Anna. Sei sempre stata molto più di un'amica, e di certo anch'io sarei molto dispiaciuto se dovessi perderti di nuovo. Perciò, finché lo stare insieme ci dà gioia, allora viviamo di questo sentimento, ubriachiamoci di esso fino a non poterne più se necessario, ma non lasciamolo fuggire via. Perché questo, mi spiace dirtelo, potrei non perdonartelo mai.»

Sorrido, mio malgrado, mentre le sue parole sciolgono come miele caldo le ultime barriere rimaste a difendere il mio cuore selvatico.

«Cosa c'è?» chiede lui, notando la mia espressione.

«Niente» rispondo io. «È che si vede che sei fatto per il teatro.»

«Ma non sto recitando!» ribatte lui, serio in volto. «Sai benissimo che tra me e te è impossibile.»

Quasi non riesce a finire la frase. Ha ragione, abbiamo aspettato anche troppo. Le mie labbra si tuffano nelle sue, e subito vengo accolta dal suo bacio più dolce, più sincero, finalmente libero da qualunque cosa prima di allora ci avesse impedito di godere appieno di quel sentimento, di abbandonarci all'amore che sì, c'è sempre stato, e che ora nel silenzio di quella piccola camera da letto persa fra i vigneti ha ritrovato finalmente la propria voce.

Lui mi aiuta a liberarmi delicatamente dei miei vestiti, lasciandoli scivolare ai piedi del letto; e io ricambio sfilandogli la camicia e i pantaloni da equitazione, ritrovandoci stretti nel buio della camera da letto, pelle contro pelle, senza più nulla da nasconderci. Solo allora mi rendo conto di quanto in tutti quegli anni lo abbia così segretamente desiderato, e di quanto la pura realtà superi di gran lunga anche il più proibito dei sogni.

Ethan mi stringe a sé, e in quel momento capisco che anche lui è intimorito, abbandonando improvvisamente la sua maschera di sfacciataggine per mostrare finalmente il vero Ethan al disotto della maschera, un Ethan imperfetto, fragile, pieno di sogni ma anche di insicurezze; quella persona che avevo sempre saputo esserci al di là della sua sfrontata spavalderia e che inconsciamente ho accolto e protetto come il più prezioso dei tesori.

Forti e fragili. Liberi come il vento. Legati da un filo invisibile proprio come quello che regola le impetuose forze della natura. Estate e inverno. Fuoco e terra. Morte e vita.

Ci immergiamo l'uno nell'altra, lasciandoci finalmente alle spalle la paura e la vergogna per quello che siamo stati, e chi ci stava intorno non ha mai capito a fondo, abbandonandoci a tutto ciò che le parole non potranno mai racchiudere senza offuscarne il vero significato, incatenando ciò che non ha materia, ma solo forza, meraviglia e bellezza. Noi. È questo tutto ciò che siamo, tutto ciò che ci resta.

E ora finalmente posso dirlo ad alta voce, senza suonare blasfema: io amo Ethan Lee Martin. È lui la persona che ho scelto, e finché vorrà correre al mio fianco io sarò lieta di accoglierlo.

Il fuoco si consuma lentamente nel miele della notte, il canto dei grilli che accompagna il nostro respiro sempre più regolare, i nostri corpi ancora stretti sotto le coperte.

Ethan non ha smesso quasi un solo istante di giocare con i miei capelli sciolti sulle spalle come un mantello, nemmeno ora che sono abbandonata sul suo petto, le dita che rincorrono la linea sottile dei suoi fianchi e il braccio sinistro abbandonato sulle lenzuola.

«Posso chiederti una cosa?» sussurro a un certo punto. «Se è un sogno, non svegliarmi.»

Ethan sorride, volgendosi verso di me. «Non ce ne sarà bisogno» risponde piano. «Perché questo non è un sogno. Siamo noi. Io e te.»


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