46. Sorpresa

Ho rintracciato l'indirizzo del maneggio di Anna tramite Google Maps. Per fortuna, lei mi ha parlato molte volte di Stella e de "I Dissidenti" e a quanto pare non esistono molti maneggi con quel nome. Tutt'altro discorso è stato raggiungere il centro, situato in mezzo a un dedalo di stradine di campagna costeggiate da fossati e di tanto in tanto anche da una segnaletica stradale ingannevole. Per fortuna non ho una station wagon, altrimenti mi sarei ritrovato in difficoltà ben più maggiori tra sensi unici non segnalati e vicoli sterrati.

Durante il viaggio di andata ho parlato a lungo con mia madre e di certo è stata la conversazione telefonica più animata e confidenziale che abbiamo avuto negli ultimi mesi, dal momento che con Nora sempre in mezzo era quasi impossibile scambiare due parole senza venire fraintesi o intercettati. In fondo, sono partito come un criminale senza quasi passare a fare i bagagli e nemmeno sapere se e quando tornerò, cosa che tra l'altro lei ha già fatto diversi anni fa quando ha lasciato mio padre.

Nel momento in cui ha sentito la mia voce con il rumore dell'auto in sottofondo, sembrava quasi che si aspettasse un simile colpo di testa da un momento all'altro. Mi ha ascoltato a lungo e mi ha dato anche parecchi consigli su come affrontare la situazione, sia con Anna che con Nora. La quale, com'era prevedibile, sta scatenando l'apocalisse in patria. A partire dall'improvvisata a casa di mia madre, ritrovandosi Zoe ad accoglierla, con tutto quello che una lingua lunga come lei aveva potuto ribattere di fronte alla tragedia in atto. Lo ammetto, mi sento tremendamente in colpa per la situazione del cazzo in cui l'ho trascinata, ma cos'altro potevo fare?

«Prenderti le tue responsabilità una volta tanto, ad esempio» mi ha suggerito mia madre, poco prima di riagganciare.

Sospiro, stringendo saldamente il volante tra le mani. Pur non essendo il migliore dei pulpiti sull'argomento, so che ha tremendamente ragione. E, a prescindere da quello che accadrà da qui in avanti, la cosa più importante da fare ora è rimettere a posto quanto possibile ciò che ho finito per rovinare con le mie stesse mani. A partire dal rapporto con Anna.

Dopo aver sbagliato strada due volte di fila ed essermi trovato a reimpostare il navigatore davanti allo sguardo perplesso di un airone solitario che si aggirava in mezzo ai campi, finalmente sono giunto a destinazione. Il posto mi è sembrato subito tremendamente familiare, per quanto finora lo avessi visto solo in foto. Non devono essere abituati a vedere molte facce nuove in giro, e mi rendo conto che il mio outfit degno di chi è appena fuggito da un ricevimento in pompa magna di certo non mi aiuta a fare una bella figura.

Nel momento in cui parcheggio di fronte a quello che mi sembra un fienile, una ragazza dai corti capelli scuri mi fissa lungamente da dietro la carriola colma di fieno che sta trasportando.

«Per caso hai un appuntamento con Stella?» chiede subito in tono guardingo.

«Veramente no» rispondo io, affrettandomi a tirare su la mascherina chirurgica. «Sono venuto per Anna. Per caso è qui?»

La ragazza mi squadra lungamente prima di rispondere. «La tua faccia non mi è nuova» continua, cercando di penetrare con lo sguardo oltre la mascherina e gli occhiali da sole. «Per caso ti ho visto da qualche parte?»

«Forse somiglio a qualcuno che conosci» rispondo io, restando prudentemente sul vago. L'ultima cosa che voglio è essere riconosciuto come l'attore che forse non sono più. «Non sono nemmeno di qui» mi affretto ad aggiungere. «Vengo da Bolsena. Io e Anna eravamo a scuola insieme.»

«Oh, un ammiratore quindi!» risponde lei, rilassandosi subito. «Comunque, troverai Anna in campo. Si sta allenando prima di iniziare le sue lezioni. Ti accompagno, se vuoi.»

Detto questo, la ragazza prende a incamminarsi lungo la stretta stradina ricoperta di ghiaia che conduce verso i paddock, trascinando con sé l'imponente carriola. Al suo passaggio, i cavalli le corrono incontro nitrendo, mentre lei si sporge verso ciascuno di loro per allungargli la razione di fieno.

«Serve aiuto?» chiedo io, istintivamente. Quando eravamo il ranch, spesso eravamo noi ragazzi a distribuire il foraggio alla fine delle lezioni. Era diventata una sorta di abitudine.

«Non preoccuparti, ce la faccio da sola» risponde la ragazza, afferrando l'ennesima sbrancata di fieno con le braccia sottili ma forti.

«Non faresti meglio a usare una forca, invece delle mani?» azzardo io, perplesso.

«Come se non ci avessi pensato! Peccato che l'altro ragazzo che ci aiuta è riuscito a romperla come un grissino, non chiedermi come» ribatte lei.

A quelle parole, io resto per un attimo basito. «Ragazzo?» chiedo. «Ma Anna non vi stava aiutando come groom?»

«Certo che ci sta aiutando! Ma vedi, da quando è andata via la vecchia collaboratrice di Stella il lavoro è molto aumentato, e lei da sola non ce la fa a gestire sia le lezioni che i cavalli. Sai, con il discorso dello sport all'aperto stiamo ricevendo un sacco di nuove iscrizioni, addirittura la settimana scorsa abbiamo aperto i centri estivi, roba che solo un mese fa era pura fantascienza» spiega lei.

«Be', sono contento per voi» ammetto io.

«Già, se avessimo anche un groom invece di turnarci come possiamo tra gli allievi sarebbe perfetto» commenta lei con una smorfia.

Al che io mi sporgo in avanti, afferrando un'abbondante bracciata di fieno senza temere di sporcarmi la camicia immacolata e la lascio ricadere in una delle mangiatoie vuote. Quel gesto inaspettato la coglie completamente di sorpresa, fissandomi come se fossi appena sbarcato da un'astronave aliena.

«Come facevi a conoscere la quantità?» chiede, di nuovo sospettosa.

«Ho avuto modo di fare pratica in passato» rispondo io, scrollando le spalle. «Avevo un cavallo, diversi anni fa.»

«Oh, figo!» il sospetto ora sembra leggermente ammorbidirsi. «Comunque piacere, sono Ginevra» aggiunge subito dopo, dandomi il gomito.

«Ethan» rispondo io, imitandola. «Vuoi che ti dia una mano con le razioni, così facciamo prima?»

«Be', visto che sei così gentile e anche bravo...»

In pochi minuti, i cavalli del centro sono sfamati e noi ci incamminiamo in direzione del campo, un ampio recinto in erba attrezzato con diverse barriere multicolore. Anna è in sella un grigio colossale e sta eseguendo alcuni esercizi al galoppo. Rivederla di nuovo a cavallo dopo così tanto tempo mi fa saltare un battito. L'ho sempre trovata bella, ma quando monta qualcosa in lei cambia completamente. È come se in qualche modo perdesse la sua natura umana e si trasformasse in una creatura diversa, più simile a quegli esseri eleganti e misteriosi che tanto ama. I cavalli.

Sin da piccolo sono sempre stato attratto e affascinato da loro, ma è stato grazie a lei se sono riuscito a esplorare il loro mondo misterioso, a capire la natura apparentemente imprevedibile delle loro emozioni, a convivere con la loro nobiltà e potenza. E Anna sa danzare con loro con una grazia ed eleganza innate, le stesse che mostrava la prima volta che sono venuto a vedere il ranch, solo che ora i suoi movimenti sono diversi, così come il suo atteggiamento in sella: è come se fosse più matura, più donna.

Resto per istanti interminabili ad ammirare le sue evoluzioni all'interno del campo, come se lei e il cavallo si stessero muovendo al ritmo di una musica che solo loro riescono a udire.

«Ehi, per caso hai visto la Madonna?» chiede Ginevra, riportandomi scherzosamente alla realtà con uno schiocco di dita sotto il naso.

Io mi riscuoto bruscamente, fingendo di aggiustarmi gli occhiali da sole a cavallo del naso.

«È passato tanto tempo dall'ultima volta in cui l'ho vista montare» mi schermisco subito. «Lui è Coco, giusto?»

Ginevra annuisce. «Vedo che sei informato sui fatti» commenta subito dopo.

«Diciamo che ho fatto parecchio il tifo per il loro binomio» spiego io.

Visto dal vivo, Coco è ancora più bello e maestoso di quanto mi avesse descritto Anna. Di certo ormai non c'è più traccia dell'animale impaurito e ingestibile che era stato un tempo; ora si muove fiducioso insieme alla sua amazzone, la testa appena reclinata verso il petto e la coda argentea che sferza l'aria caliginosa del primo mattino, la bocca priva di qualsiasi morso o costrizione.

Anna taglia sulla linea di centro e chiede un alt. L'animale si arresta con grazia senza che lei abbia bisogno anche solo di sfiorare le redini, ricevendo in cambio una calorosa carezza sul collo possente. Solo a quel punto il suo sguardo si solleva, e i suoi occhi scuri incontrano i miei. Il cuore sembra mancarle un battito e l'espressione sul suo volto è un vero e proprio turbine di emozioni.

«Ethan?!» esclama, avvicinandosi al passo alla staccionata.

«Credo che voglia proporsi come groom» interviene Ginevra, indicandomi con il pollice. «Mi ha dato una mano a somministrare il fieno a tutti.»

Anna mi guarda con un'espressione spettacolare. Probabilmente è convinta di trovarsi di fronte a un fantasma.

«Che ci fai qui?» chiede, visibilmente scossa.

«Credo che starò via di casa per un po'» rispondo io stringendomi nelle spalle.

«Un po'?»

Anna mi fissa con aria incerta, sulle labbra lo spettro di quella domanda scomoda che non ha il coraggio di pormi.

«È finita, Anna» le vengo incontro io, indovinando i suoi pensieri. «Io e Nora ci siamo lasciati ieri sera.»


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