41. Via dal passato

Resto per un attimo incerta, chiedendomi se quanto sta accadendo è vero o semplicemente il frutto di un'allucinazione dovuta al forte stress degli ultimi minuti. Ma la figura di Ethan fermo all'ingresso della sala sembra non volersene andare, anzi, il suo sguardo d'inchiostro sembra addirittura illuminarsi nel momento in cui incontra il mio.

Indossa una semplice camicia bianca su un paio di pantaloni neri, segno che non si trova qui per caso. Subito provo l'impulso di alzarmi in piedi e raggiungerlo, e subito dopo ecco che le sue braccia mi circondando come un'ancora di salvezza, senza curarci di qualunque cosa possa pensare la gente in questo momento.

«Anna» sussurra lui, le sue labbra vicinissime al mio orecchio, le mie narici immerse nel suo profumo. «Non mi avevi detto che eri tornata.»

«Infatti non ne avevo alcuna intenzione» rispondo io senza mezzi termini, levando lo sguardo verso di lui. «Ma sono contenta di vederti qui.»

«Cena con i parenti serpenti?» risponde lui, indicando appena la tavolata alle mie spalle con un impercettibile guizzo delle sopracciglia.

La sua espressione da schiaffi mi strappa mio malgrado una risata a volume pericolosamente alto, e subito scatta la nostra solita, dannatissima complicità.

«Portami via da qui, ti prego» sussurro, avvicinandomi a lui.

In tutta risposta, Ethan mi strizza un occhio, mentre il cuore accelera pericolosamente i battiti.

«Ethan?»

In questo momento, mia madre si è alzata dal tavolo per salutarlo. Conosce bene Ethan, ai vecchi tempi lo invitava spesso a fare i compiti da me e probabilmente è la persona che si è dispiaciuta di più nel momento in cui abbiamo tagliato i ponti. A mia madre Ethan è sempre piaciuto, e questo potrebbe essere l'unico modo per salvare la serata.

«Buonasera, signora» la saluta lui con un cenno del capo, trattenendosi all'ultimo dal baciarla sulle guance per via delle ultime restrizioni.

«Oh, dopo tutti questi anni mi chiami ancora 'signora'?» risponde lei sorridendo. «Come stai? Ti sei fatto davvero un bel giovanotto, lasciatelo dire!»

«Sono qui da prima del lockdown» spiega Ethan. «Sono venuto a cena con mia madre e mia sorella.»

Non fa alcuna menzione a Nora, il che scatena immediatamente le farfalle all'interno della mia pancia.

«E voi, riunione di famiglia?» chiede lui subito dopo.

«Anna si è laureata pochi giorni fa» risponde mia madre con un'insperata punta d'orgoglio nella voce. «È rientrata giusto oggi per festeggiare insieme a noi.»

«Ma riparto subito domattina» mi affretto a precisare io, prima che la faccenda diventi pericolosa. «Per questo non l'ho detto a nessuno. Nemmeno Vi e Cornelia sanno che sono qui.»

«Capisco. Be', allora non puoi ripartire se prima non ti offro qualcosa» ribatte Ethan, sfoderando un sorriso complice.

«Ma ti sembrano delle cose da dire di fronte a mia madre?» esclamo io, diventando improvvisamente di tutti i colori.

«Andate pure, ragazzi. Tanto qui abbiamo praticamente finito e immagino che voi due abbiate diverse cose da raccontarvi. E poi siete abbastanza grandi per andarvi a bere qualcosa senza cacciarvi nei guai, giusto?» interviene mia madre, battendomi una pacca sulla spalla. «Salutami la tua meravigliosa mamma, Ethan. E anche la tua sorellina... come si chiamava?»

«Zoe. Ora vive a Ferrara» risponde lui, imbarazzatissimo.

«Zoe, giusto. Be', buon divertimento, ragazzi.»

Terminato il siparietto, mia madre torna finalmente verso il tavolo, sulla faccia un'espressione del tutto diversa da quella da donna devastata dal fallimento della propria figlia che aveva fino a qualche minuto fa. Io mi volto verso Ethan, fissandolo incredula.

«Si può sapere che cosa le hai fatto?» chiedo sconvolta.

«Niente, le donne trovano semplicemente irresistibile il mio fascino da bel tenebroso» risponde lui stringendosi nelle spalle.

«Sei un cretino» ribatto io, allungandogli istintivamente uno scappellotto sul braccio. «No, sul serio, fino a un attimo fa sembrava sul punto di ammazzarmi nel bel mezzo del ristorante e ora addirittura mi dà libera uscita con un ragazzo nel bel mezzo di una cena di famiglia, cosa che persino il mio ex si sognava alla grande?»

«Ma tu lo sai che tua madre ha sempre avuto un debole per me. Magari sotto sotto ci sperava che prima o poi sarebbe successo...»

«Ah ah ah, e magari adesso si sta già facendo un bel trip mentale sul fatto che ora mi darai una buona scusa per restare.»

«Chissà, potrebbe anche essere il suo diabolico piano.»

Scuoto il capo, chiedendomi se Ethan sta dicendo seriamente o è solo il suo milionesimo modo per prendermi per il culo come suo solito. «Senti, basta che mi porti via da qui prima che vado via di testa per davvero» lo supplico, esasperata.

«Come desideri, milady» risponde lui ridacchiando.

Usciamo da quella sala soffocante, raggiungendo l'ingresso del locale. Lì troviamo Franca, la madre di Ethan, intenta a chiacchierare con Zoe. Nel vedermi comparire così all'improvviso, il volto della donna si illumina e subito mi corre incontro per abbracciarmi, in barba a tutte le norme di sicurezza che ci siamo dovuti sorbire negli ultimi mesi.

«Ma guarda un po' chi c'è! Anna cara, che bello rivederti» esclama lei, raggiante. «Come stai?»

«Tutto bene» rispondo io annaspando, e intanto continuo a gettarmi occhiate nervose intorno, sicura che Nora stia per comparire da un momento all'altro.

«Allora non mi sbagliavo, quando prima ho detto di averla vista entrare qui dentro» interviene Zoe, facendosi avanti a sua volta per salutarmi.

La sua somiglianza con Ethan è incredibile. Hanno gli stessi grandi occhi scuri, gli zigomi alti e la chioma ribelle.

«Anna si è appena laureata in Lettere» spiega Ethan. «Ora è una donna libera.»

«Libera e disoccupata» specifico io, mentre avverto l'ansia tornare a ribollire dentro di me. «E voi?»

«Cenetta di famiglia come non ne avevamo da un bel po' di tempo» risponde Franca scoccando un'occhiata verso Ethan che lascia subito spazio a diversi sottintesi.

«È successo qualcosa?» chiedo io, disorientata,

«Pandemia a parte, no» si affretta a rispondere lui.

«Diciamo che sei saltata fuori al momento giusto» precisa Zoe.

«E dai!» schizza subito suo fratello, le orecchie di colpo paonazze.

«A proposito, dov'è Nora?» chiedo io, cogliendo la palla al balzo.

Le occhiate raggelate che subito saettano fra tutti e tre mi suggeriscono che le mie non sono semplici supposizioni.

«Non è qui» risponde prontamente Zoe con il suo tono asciutto alla Hermione Granger.

«La nostra è una semplice riunione di famiglia» spiega Franca senza troppe cerimonie.

«Oh,» okay, ora le supposizioni stanno diventando certezze «immagino che ci sia qualcosa che non va, giusto?»

Sia Franca che Zoe pungolano Ethan con l'ennesima occhiata complice, alla quale lui ribatte con una semplice scrollata di spalle.

«Forse è meglio se ci disintossichiamo entrambi di fronte a una bella bibita ghiacciata, che ne dici?» aggiunge subito dopo.

«Penso sia la cosa migliore da fare in queste situazioni» accetto io.

«Noi intanto andiamo avanti. Ci raggiungi più tardi?» chiede sua madre.

«Certo. Non aspettatemi alzate» aggiunge lui, indicando l'aria assonnata di Zoe.

«Si può fare, sempre se non attiro le ire della tua fidanzata, ovvio» mi affretto a precisare io.

«Non accadrà» mi rassicura Franca. «Be', ragazzi, divertitevi. Immagino che abbiate un sacco di cose di cui parlare.»

Detto questo, lei e Zoe superano la porta a vetri dell'ingresso, sparendo all'esterno. Ora siamo veramente soli io e lui, nell'ultimo posto in cui dovrebbero vederci insieme.

«Questa complicità delle nostre madri inizia a farmi paura» ribatto io, inquieta. «Si può sapere che sta succedendo?»

«Vieni, è meglio se parliamo in un posto tranquillo» risponde Ethan facendomi strada verso la zona bar.

Ordiniamo entrambi da bere (lui una birra ghiacciata, io una Coca media perché non ho alcuna voglia di farmi giocare qualche brutto scherzo dalla mia incurabile astenia), e solo allora lui si decide a parlare.

«Da quando c'è stato il lockdown, le cose con Nora non stanno andando affatto bene» spiega finalmente. «E comincio a sospettare che tutto questo sia dovuto al fatto che non sto più lavorando per via del blocco delle produzioni cinematografiche.»

«Oh,» d'accordo, le cose stanno anche peggio di quello che temevo «quindi ora sei disoccupato quanto me.»

«In pratica, è così. La serie a cui stavo lavorando questo inverno è stata cancellata e da allora non ho più ricevuto niente. Sulle prime ero un po' sollevato, perché finalmente avrei potuto trascorrere più tempo con Nora, concederci finalmente la vita di coppia che ci mancava... e anche seguire i tuoi consigli.»

«E?»

«È stato un vero incubo. Nora è passata dall'essere appiccicosa oltre ogni misura all'apatia più totale. Passa tutto il giorno buttata sul divano o a navigare sui social, senza alzare mai il muso dallo schermo del cellulare. Non capisco che cos'abbia e, ogni volta che provo a parlarle, lei mi piata una scenata isterica. Il lockdown l'ha mandata completamente in crisi, visto che prima usciva quasi tutte le sere.»

«Insomma, ti sei accorto solo ora che è una psicotica che stava con te solo perché ti vedeva come un buon partito» mi lascio sfuggire io con una leggera nota di trionfo nella voce.

«E a buon motivo, con i genitori che si ritrova» Ethan sospira, le lunghe dita intrecciate di fronte a lui. «In tutto questo, quei due sono diventati onnipresenti nella nostra vita privata. Da quando hanno allentato le restrizioni, sua madre è sempre da noi. Cucina, pulisce e a volte ci rimette persino a posto le cose, o addirittura attacca a fare lavori in base all'estro creativo. La settimana scorsa ha fatto sparire due quadri perché non le piacevano. Li ho recuperati in garage, buttati in mezzo agli scatoloni. Uno dei due era stato dipinto da mio padre, me lo aveva regalato in occasione del diploma all'Accademia di Arte Drammatica.»

«Ma stiamo scherzando?»

«E non è tutto, perché il peggio deve ancora venire. Suo padre è fermamente convinto che io sia un fallito, come del resto chiunque lavori nel mondo dello spettacolo. Ormai non passa giorno senza che me lo rinfacci dietro l'invito di concederci uno degli appartamenti che ha acquistato in centro, visto che non sappiamo per quanto ancora potremo permetterci di pagare l'affitto, o di assumermi nell'azienda di famiglia come ha già fatto con Nora.»

«Fermo, fermo. Ma Nora non lavorava con Vi?»

«Con il lockdown hanno tagliato il personale e lei già aveva un contratto da stagista. Lasciamo stare, è stata una vera tragedia, specie dopo che ha scoperto che Vittoria aveva mantenuto il posto.»

«Mi stai dicendo che al lavoro era produttiva come un ghiro in letargo?»

«In pratica.»

Sospiro, levando gli occhi al cielo. È decisamente molto peggio di quanto avessi osato immaginare.

«E tu, che cosa provi per lei? La ami ancora?» azzardo.

Ethan scuote la testa. «Arrivati a questo punto, non so nemmeno che cosa provo effettivamente per lei. Forse solo nostalgia per qualcosa che non c'è mai stato» risponde lui, stringendosi nelle spalle.

I suoi occhi tornano a posarsi nei miei, e subito un fremito impercettibile sembra cogliere entrambi.

«Credo che tu sappia meglio di me come stanno le cose» prosegue lui, serio.

«E tempo che non potremo stare mai veramente insieme fino a quando anche tu non avrai trovato il coraggio di liberarti finalmente anche tu di questo posto ormai marcio» ribadisco io con decisione. «Sappi che stasera l'ho fatto. Ho trovato il coraggio di dire ai miei le cose come stanno, di mettere in chiaro i miei progetti con i cavalli. Molto probabilmente tra un mese vivrò sotto a un ponte, ma non importa: ora sono libera. E tu? Quando ti deciderai finalmente a fare la tua mossa?»

Ethan ascolta le mie parole in silenzio, lo sguardo serio e le dita ormai così contratte per la tensione da far sbiancare le nocche.

«In questi anni ho imparato a cavarmela da sola, cercando di dipendere il meno possibile dagli altri» proseguo io, risoluta. «Non ho paura di stare da sola, e nemmeno con chiunque. Un futuro con te sarebbe la cosa più bella che potrebbe capitarmi, ma dobbiamo essere sicuri entrambi di questa scelta. Io la mia l'ho fatta. Ho capito dove voglio vivere, e ora ho anche dei legami che non voglio recidere. E poi c'è Coco che mi aspetta. Ha bisogno di me, e io di lui. Se vuoi venire con me, allora devi essere pronto ad accettare tutto questo.»

Ethan annuisce, comprensivo. È come se nell'ultimo periodo gli stessi restituendo tutte le pugnalate invisibili che ha inflitto a me, ma non importa: tocca a lui crescere, ora. Lo guardo negli occhi ancora una volta, cercando di sondare la tempesta di emozioni che in questo momento sembrano fare a pugni dentro di lui. È confuso e spaventato alla sola idea di dover rifare l'ennesimo salto nel buio, proprio come me quando anni fa ho deciso di mollare tutto e di andare a vivere da sola. Solo che io avevo una motivazione molto forte – la perdita del ranch – che in qualche modo mi ha spinta a recidere gli ultimi legami con quel posto incancrenito, ma lui? Cosa poteva spingerlo a intraprendere l'ennesimo viaggio, quando da cittadino del mondo qual è non cercava altro che un luogo dove restare?

In questo momento, dei passi alle nostre spalle annunciano che i miei genitori stanno per raggiungerci. Vedo mia madre scoccare chiaramente un'occhiata nella mia direzione, mentre mio padre sta andando a pagare il conto, fingendo di non vederci.

«Credo di dover andare» dico levandomi in piedi.

Ethan annuisce, limitandosi ad alzarsi a sua volta per salutarmi.

Gli sfioro le guance con due timidi baci, lottando per non sfiorare ancora una volta le sue labbra proibite, nonostante in questo momento i suoi occhi mi stiano supplicando disperatamente di farlo.

«Quando accadrà, voglio prima essere certa che non ci sia più nessuno a soffrire. Abbiamo già fatto abbastanza, non credi?» taglio corto.

Detto questo, mi allontano lentamente, raggiungendo i miei genitori verso l'uscita. Avverto lo sguardo di Ethan bruciarmi sulla schiena, ma non cedo alla tentazione di voltarmi. Tutto quello che voglio ora è andarmene al più presto da qui, dove tutto languisce in una collosa esitazione incrostata dal tempo e dalla noia, per tornare finalmente alla mia vera vita. Ai miei cavalli. Al posto a cui appartengo.


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