33. Ricordi dal 2005 (terza parte)


Ad Anna non è mai piaciuto ricevere attenzioni. È sempre stata una persona invisibile, di quelle che sono consapevoli che non appena lasceranno il loro angolino polveroso per esporsi alla luce del sole si cacceranno puntualmente in qualche guaio. Per questo, quando la sera stessa del pestaggio la madre di Ethan chiama a casa sua per invitarla formalmente a prendere un tè da loro come ringraziamento per aver soccorso suo figlio, la cosa basta a metterla immediatamente a disagio.

Era andato tutto bene fino all'ora di cena, senza che nulla potesse destare il benché minimo sospetto su quanto accaduto quel giorno, e ora eccola che si ritrova a dover dare spiegazioni a quei paranoici dei suoi genitori, i quali sembrano quasi più terrorizzati di lei al solo pensiero che la loro unica e dolce figlia sia finita nel mirino dei bulli della scuola.

È stata proprio la signora Franca ad accorrere in soccorso del figlio, trovandolo ricoperto di sangue accanto a quella ragazzina imbronciata con i lunghi capelli neri che le nascondevano la faccia. Sin dal primo momento, Anna ha intuito che la madre di Ethan fosse una di quelle persone che non vanno fatte arrabbiare per nessun motivo, ed è per questo che l'ha soprannominata sin da subito Il Generale.

Franca è una donna sui quarantacinque anni dai tipici tratti mediterranei e ha gli stessi profondi occhi neri del figlio. Ma, nonostante il carattere forte e inflessibile, a nulla sono valse le sue minacce nel momento in cui è tornata a bussare alla porta della preside per esigere i giusti provvedimenti contro gli aggressori di suo figlio, dal momento che ora ha in mano nomi e cognomi. L'unica risposta che ha ottenuto è stata che l'istituto non si assume responsabilità su quello che accade al di fuori dell'edificio scolastico e che non è previsto alcun risarcimento per il danno fisico e morale subìto dal ragazzo. Franca è a dir poco furibonda. Chiede che perlomeno suo figlio possa essere cambiato di sezione, ma anche questo le viene negato, dal momento che non ci sono posti disponibili. La donna è sconvolta: tutto si sarebbe aspettata meno che avere paura per l'incolumità di suo figlio, un ragazzo dolcissimo che non le aveva mai dato la benché minima preoccupazione, e proprio per questo era stato preso di mira.

L'unica persona che in quelle prime due settimane di scuola sembrava aver dimostrato un minimo di simpatia nei suoi confronti era quella strana ragazza che lo aveva soccorso il giorno del pestaggio, e per questo ora la signora Franca è determinata a fare in modo che Ethan la frequenti il più possibile. Ha bisogno di un amico su cui contare, e in fretta anche, e quella Anna Martinello sembra fare proprio al caso suo.

Sin dal primissimo istante dopo aver acconsentito, Anna capisce che quella situazione è completamente sbagliata. I suoi genitori le danno il permesso solo perché riconoscono la nobiltà del suo gesto verso il nuovo compagno di scuola, ma non prima di aver parlato lungamente al telefono con la mamma di Ethan e aver sommerso la figlia di raccomandazioni. Dopotutto, sta andando a casa di un ragazzo che conosce appena, e dopo un'ora di preghiere e spergiuri sulla sua giovane età, Anna è fermamente convinta di aver fissato un appuntamento con un serial killer.

Le sue paure sfumano nel momento in cui viene accolta in quella casa inondata di luce, venendo a scoprire che Ethan è imbarazzato quanto lei. Sua madre ha organizzato tutto nei minimi dettagli: lo si intuisce dalla precisione maniacale con cui ha arredato ogni centimetro del grazioso villino a schiera, e la sua eccessiva formalità la mette subito a disagio. Di tanto in tanto, avverte gli occhi del ragazzo studiarla timidamente e a quel punto finge di concentrarsi sui piatti di porcellana appesi alla parete di fronte pur di non incrociare il suo sguardo. Vuole andarsene da lì il prima possibile.

«Ethan mi ha detto che ti piacciono i cavalli» dice la signora Franca a un certo punto, dopo aver versato il tè.

Anna stringe le labbra, sentendosi avvampare. Quella passione maledetta è ormai diventata un marchio che non riesce più a scrollarsi di dosso in nessun modo.

«Sì, faccio equitazione» risponde. «Però non ho un cavallo di proprietà. Mio nonno gestisce un ranch qui in paese, mi fa lezione quando vado a trovarlo.»

«Oh, ma è meraviglioso! Quindi in questo ranch si possono prendere lezioni di equitazione?»

«Sì, anche se non hai un cavallo tuo. C'è la scuola apposta. E anche il pony club, da qualche tempo.»

«Anche per ragazzi?»

«Dai quattro anni in su. Poi a sedici ti passano sul cavallo grande. Anche prima, se sei abbastanza alto e bravo. Io, per esempio, monto già i cavalli del nonno.»

«Ma che brava! E dimmi, Anna, hai tanti amici, lì?»

«Ci sono diverse persone con cui vado d'accordo, sì. Meglio della scuola, comunque.»

«Certo, certo.»

La signora Franca solleva per un attimo la tazza fumante, bagnandosi le labbra con il tè caldo.

«Sai, sto cercando un posto dove far praticare sport a Ethan» prosegue subito dopo. «Sarebbe bello se potesse andarci con un'amica, anche per ambientarsi meglio qui.»

"Ma io non sono un'amica!" pensa Anna nel mentre, e in quel momento capisce che forse sua madre non aveva tutti i torti quando aveva definito la signora Franca 'una maledetta impicciona'.

«Tu che ne pensi, Ethan? Ti piacerebbe provare ad andare a cavallo?» incalza la donna nel frattempo.

«Ho già il teatro...» balbetta lui, visibilmente imbarazzato.

«Puoi sempre fare sport nel fine settimana. Se ti organizzi bene con la scuola, ovviamente.»

«Io... non so se mi piacerebbe.»

«Allora, come si chiama il ranch di tuo nonno?» prosegue la signora Franca, quasi come se non lo avesse sentito.

«'Rudy Ranch'. Mio nonno si chiama Rudy» risponde Anna, che in quel momento vorrebbe solo sparire.

«Molto bene, allora credo proprio che passeremo a trovarvi. Sembra davvero un bel posto» decreta la donna, e la questione si chiude lì.

Anna ormai si sta mordendo la lingua: l'ultima cosa che vuole è ritrovarsi quella disgrazia ambulante in maneggio, l'unico posto in cui riesce a sentirsi miracolosamente serena. Solo a quel punto si decide a sbirciare l'espressione di Ethan, e a giudicare dal colorito cereo che ha assunto improvvisamente intuisce che la sola prospettiva di salire su un cavallo sembra terrorizzarlo a morte. Meglio così: dovesse avere la malaugurata idea di presentarsi per davvero al ranch, farebbe in modo da convincerlo a imboccare il viale di uscita il prima possibile.

Detto fatto, neanche una settimana dopo la madre di Ethan si affaccia al ranch trascinandosi dietro il figlio. È un assolato sabato pomeriggio e Anna sta finendo la lezione insieme a sua cugina Cassandra. Con sua somma stizza, nota che Ethan ha già tutto l'abbigliamento tecnico da equitazione, dal cap ai guanti. Ma la cosa che subito le salta all'occhio sono i pantaloni bianchi, con tanto di logo di una nota marca di abbigliamento per cavalieri ricamato in bella vista sulla tasca posteriore. Se pensa che per anni l'unica cosa vagamente costosa che lei abbia indossato è stato il suo cap ormai sbiadito dall'usura, seguito dal paraschiena subito dopo la sua prima caduta, le prudono improvvisamente le mani.

«Non c'erano pantaloni di un altro colore?» esordisce a mo' di saluto, avvicinandosi alla staccionata con le redini lunghe.

A quelle parole, le orecchie di Ethan sembrano prendere fuoco. «Te l'avevo detto che erano troppo appariscenti» mormora a denti stretti, rivolto a sua madre.

«Mi dispiace apparire brusca, ma in questo posto ci teniamo molto alla presentazione» si schermisce Anna subito dopo, scrollando le spalle.

«Oh, non devi scusarti. Mi sono solo lasciata prendere un po' troppo dall'entusiasmo, ma non disperiamo: vorrà dire che per il suo primo concorso abbiamo già la divisa pronta, no?» risponde lei, strizzandole un occhio.

«Posso aiutarvi?»

In quel momento, il nonno si è avvicinato a loro, e Anna si allontana d'istinto, arrossendo per l'imbarazzo: sa bene quanto a lui non piaccia che la gente fuori dal campo distragga gli allievi durante la lezione, anche se si tratta di una fase di defaticamento come quella, e ciò le dà l'ennesimo motivo per odiare Ethan.

«Salve, ci eravamo sentiti l'altro giorno per la prima lezione di mio figlio» esordisce intanto la donna, sfoderando un sorriso cordiale.

«Ah, il ragazzo inglese. Ricordo» risponde Rudy.

«Scozzese. Il padre di Ethan è scozzese» precisa Franca.

«Scozzese, mi scusi. Comunque, è il compagno di scuola di mia nipote Anna, giusto?»

«Esatto.»

«Molto bene.»

Il nonno si volta verso Anna e lei si sente avvampare ancora di più, anche perché ha riconosciuto l'espressione 'ma che razza di gente è mai questa?' stampata sul suo volto indurito dal sole.

«Mia nipote Anna mostrerà a suo figlio come preparare il cavallo» spiega rivolto ai nuovi venuti. «Poi la seconda parte della lezione sarà in campo con me.»

A quelle parole, la madre di Ethan arriccia prontamente il naso. «Credevo che mio figlio avrebbe fatto un'ora di equitazione» puntualizza subito.

«Infatti l'equitazione si impara da sella, ma anche da terra; e il primo passo per cominciare è diventare autonomi nelle fasi di preparazione, prendendo confidenza con il proprio cavallo» spiega il nonno pazientemente. «Allora, vogliamo cominciare?»

La madre di Ethan non risponde, limitandosi a stringere appena le labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso: si vede da lontano un miglio che non è per niente convinta.

Il nonno fa cenno ad Anna di avvicinarsi.

«Diamogli Comanche, per cominciare» la istruisce, riferendosi all'anziano pony che di solito accompagna i principianti nelle loro prime avventure. «Te la senti di seguirlo? In fondo, è tuo amico. Oh, e occhio alla madre: mi sembra tanto una gran rompipalle.»

Anna sorride, nascondendo istintivamente il volto dietro la mano guantata. È raro che il nonno dica parolacce, e quando lo fa significa che è decisamente esasperato. Al ranch tutti si danno da fare, compresi gli allievi più esperti, che si incaricano di accogliere i nuovi venuti.

Non è la prima volta che Anna aiuta il nonno nelle lezioni: è ormai un anno infatti che si è proposta come sua assistente durante l'estate e i fine settimana, e in questo modo riesce a mantenersi lo sport senza dover pesare sulle tasche dei genitori.

Per questo, quando esce dal campo sa già cosa fare. Dopo aver lasciato Whisky all'allieva dell'ora successiva, scorta Ethan fino ai paddock, dove Comanche li attende con sguardo attento. È un cavallino alto e sottile, con il manto grigio spruzzato di minuscole macchioline nere. Sembra quasi il cavallo di Pippi Calzelunghe, ma più proporzionato ed elegante.

Anna spiega a Ethan come fargli indossare la capezza e condurlo in lavaggio per sellarlo, mostrandogli il baule pieno di spazzole e il loro utilizzo. Il ragazzo segue i suoi gesti con estrema concentrazione e ben presto scopre che spazzolare il cavallo (in gergo si dice 'grooming') gli piace moltissimo, specie ora che sua madre si è allontanata per fare la spesa in paese. Anna gli insegna come mettere la sella e la testiera; poi lo accompagna in campo.

In quella prima mezz'ora trascorsa insieme, la ragazza non si è accorta di un dettaglio importante, che però non è sfuggito a Ethan: è come se si fosse completamente dimenticata di trovarsi di fronte al più sfigato della classe; per lei ora l'unica cosa su cui bisogna concentrarsi è il cavallo e ciò che va fatto.

"Diventerà una brava insegnante di equitazione, un giorno" si ritrova a pensare, ammirato.

Ma ora hanno entrambi solo tredici anni, e per Ethan è giunto il momento di provare il battesimo della sella. Il nonno li sta aspettando al centro del tondino, con longia e frusta lunga tra le mani.

«Non c'è nulla di cui preoccuparsi» lo rassicura Anna, notando l'espressione preoccupata sul volto del ragazzo. «La prima lezione non si fa mai da soli, imparerai a poco a poco a stare in sella. Lavorerai al passo, al massimo farai qualche tempo di trotto. La frusta serve solo a mantenere costante il ritmo del cavallo, di certo non per picchiarlo!»

Ethan annuisce, anche se non è per niente convinto. Anna consegna le redini di Comanche tra le mani del nonno, poi si va a sedere all'esterno del piccolo campo circolare. Il nonno stringe il sottopancia e sistema le staffe: a quel punto, Ethan può montare in sella. Ci riesce solo al terzo tentativo, rosso per lo sforzo e l'imbarazzo. Il nonno aggancia l'imboccatura del cavallo al moschettone della longia e lo fa partire al passo intorno a lui. All'inizio, Ethan è nel panico più totale, sembra come paralizzato sulla sella, le lunghe gambe da airone che tentano di aggrapparsi alle staffe in ogni modo; poi pian piano inizia a prendere confidenza con il movimento dell'animale, i talloni scendono, le spalle si aprono e tutto va al proprio posto.

Il nonno inizia con dei semplici esercizi di equilibrio, passando poi alla cura della posizione e i primi impacciati tentativi di battere la sella in vista del trotto. Quando finalmente la lezione finisce, l'espressione di Ethan è una tempesta di emozioni. Anna lo accompagna a spogliare il cavallo e, per alcuni interminabili minuti, tra loro regna una sorta di religioso silenzio scandito solo dal ritmico avvicendarsi dei loro gesti.

Quando alla fine si avviano lungo il viale che conduce alle scuderie, trovano la madre del ragazzo ad aspettarli, gli occhiali da sole calati sul grazioso naso all'insù nonostante sia ormai pomeriggio inoltrato e le prime ombre stiano calando sulla vallata.

«Allora, tesoro, com'è andata la tua prima lezione?» chiede.

Ethan lancia una timida occhiata prima ad Anna, poi a sua madre; infine si lascia andare a un timido: «Quando posso tornare?»


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