30. Pandemia


Alla fine, il mondo è venuto a bussare alla nostra porta, poco importa cosa stessimo facendo o quali fossero i nostri progetti per il futuro nel momento in cui ci è stato imposto di rimanere tutti a casa. Quel virus venuto dalla Cina, che sembrava relegato in un luogo lontano e irraggiungibile, ha trovato il modo di arrivare fino a noi, di espandersi, di diventare forte, e, inevitabilmente, incontrollabile.

In un primo momento, ho creduto che fosse solo l'ennesima esagerazione di mia madre dopo essersi imbattuta nella fake news di turno. Quando poi mi sono resa conto che la fonte da dove proveniva la notizia era nientemeno che il sito dell'Ansa, per poco non sono caduta in preda a un attacco di panico.

Il governo italiano, così come stava accadendo in molti altri paesi del mondo, ci imponeva di chiuderci in casa per proteggerci dal virus. Non saremmo potuti uscire per nessun motivo, se non previa autocertificazione in caso di estrema necessità. Non avremmo potuto incontrarci, viaggiare, fare sport o vedere i nostri cari. Chiunque può rappresentare un pericolo di contagio. A quanto pare, il virus si nasconde nella saliva e basta un attimo per contagiarsi.

Lockdown, mascherine, assembramenti. Tutte parole che fino a due settimane fa sembravano appartenere a un film di fantascienza e che invece ora sono parte del nostro inquietante quotidiano.

Inutile dire che in una situazione del genere andare in maneggio è fuori questione. Stella ci ha contattati sulla chat del centro per rassicurarci sullo stato dei cavalli – per fortuna c'è anche Khadija ad aiutarla – e che ci farà sapere non appena ci daranno il via libera. Cosa che potrebbe avvenire tra un mese come fra tre anni.

Ed è questa la cosa che al momento mi inquieta di più, anche se con il passare dei giorni il panico iniziale sta lentamente sfumando verso una strana forma di serenità. Perché, in qualche modo, io avevo bisogno di fermarmi. Era un'esigenza che sentivo da tempo, ma che non avevo mai voluto e potuto attuare nel concreto. Sono anni ormai che sento di stare correndo a perdifiato, senza sapere dove sto veramente andando. Prima la scuola superiore – scelta ovviamente dai miei genitori – poi l'università e, infine, la ricerca di un lavoro. Il tutto barcamenandomi tra i mille problemi in famiglia, che alla fine mi hanno costretta a compiere la scelta più istintiva e disperata: fuggire il più lontano possibile.

Gli ultimi anni sono stati una fuga continua, dalla mia casa, dal mio paese sempre più piccolo e soffocante, e alla fine anche da me stessa. E ora mi trovo qui, sola, senza punti di riferimento e senza radici, ad ascoltare finalmente il battito del mio cuore e il ritmo del mio respiro, mentre il resto del mondo continua a urlare lontano, là fuori, senza più disturbarmi.

Ho scelto di rimanere a Bologna, nonostante avessi avuto un'ultima possibilità di rientrare a casa: sentivo che, se mai avessi ceduto alle lusinghe dei miei, non sarei più potuta tornare indietro. Anche Clarice ha scelto di restare, e la nostra è diventata una convivenza fatta di intimi silenzi. Ho congelato il tirocinio e finito la tesi in una settimana. Non so quando la discuterò, ma almeno ho la certezza di aver di aver concluso l'ennesimo capitolo della mia vita.

Sola nel mio piccolo appartamento, ho lasciato che tutto si fermasse. Lentamente, la mia testa ha preso a svuotarsi. Ho lasciato andare via a piccoli bocconi tutto il dolore, la rabbia e la paura. E il rumore. Rumore di anni di aspettative, di ricatti e di bugie. Di rimpianti per ciò che avrebbe dovuto essere e non è mai stato. Per la persona che sarei dovuta diventare, così diversa da quella che ora mi restituisce il suo sguardo smarrito dallo specchio.

Sono come un foglio bianco e, in attesa che la vita riparta, ho iniziato a scrivere. Ho trovato un quaderno a righe dimenticato e ho preso quasi per gioco e riempirlo di parole, frammenti di ricordi lasciati nel disordine dei cassetti della memoria, lasciando che ciascuno prendesse finalmente il proprio posto.

Fuori il sole splende, riscaldando dolcemente il silenzio.


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