19. Lezione di prova
Alla fine, Stella mi ha fissato una lezione di prova per sabato pomeriggio alle tre. Quando mi è arrivato il suo messaggio di conferma, sono stata letteralmente assalita da una tempesta di emozioni. Da una parte ero felice ed eccitata alla prospettiva di quel nuovo viaggio che stava per iniziare, dall'altra avevo il terrore che qualcuno al lavoro lo scoprisse e le terribili conseguenze a cui sarei andata incontro. Anche perché mi avrebbero associata inequivocabilmente a Khadija, che in breve aveva conquistato la fama della novellina presuntuosa che aveva osato dare lezioni di etologia nientemeno che a Paola Farina, istruttrice Federale di terzo livello, e il suo nome era ormai sulla bocca di tutti, insieme alla valanga di commenti che ne conseguivano.
Sofia in particolare non aveva fatto passare un solo giorno della settimana senza sputare fango sul metodo Parelli, neanche ci fossimo tirati il diavolo in scuderia. Cosa che non trascurava di fare quando io mi trovavo a tiro, al punto che c'è stato un momento in cui ho temuto seriamente che avesse notato un avvicinamento da parte mia a Khadija, ma poi mi sono resa conto che i suoi timori erano dovuti più che altro al mio essere eccessivamente volubile, e non voleva che mi mettessi in testa strane idee come quella di ricercare metodi alternativi alla monolitica equitazione che era stata insegnata da Federico Caprilli in poi.
«Tutti questi sussurratori che saltano fuori come funghi sono quanto di più pericoloso possa esistere» continuava a mormorare non appena il solo sospetto la sfiorava. «Ti danno l'illusione che con due giorni di addestramento ti ritrovi con il cavallo perfetto e disponibile, e così la gente accorre a frotte con la convinzione di avere la soluzione ai propri problemi servita su un piatto d'argento. La verità è che nessuno è disposto a faticare, a studiare e a farsi il culo sulla sella. Tutto facile, tutto e subito. Tutti a fare le coccole al cavallo, a rimbambirlo a suon di carezze con la frusta e a montarlo a redini lunghe, poi gli chiedi un minimo di carattere e subito si cagano in mano, i fenomeni. Ma a loro nessuno gli dice che quell'attrezzatura fa più male di un tandem, che gli innocui nodini sulle capezze altro non sono che piccoli strumenti di tortura che poggiano direttamente sui punti sensibili del muso e che basta una semplice pressione per fare un male cane al cavallo. Ma vaglielo a spiegare, agli sciamani, che tutte le loro formule magiche sono in realtà l'ennesima truffa ordita solo ed esclusivamente ai danni del loro portafoglio. Che poi per forza ti parlano del loro cavallo come se fosse il migliore del mondo, ma li hai visti? Nella migliore delle ipotesi sono quattro somari salvati dal macello, oppure hanno abbastanza soldi per comprarsi il cavalluccio a dondolo, super addestrato e disponibile, che rovineranno inequivocabilmente a suon di lunghine agitate ai quattro venti, palle di gomma da far rotolare e chissà quale altra idiozia.»
Quando parte con le sue elucubrazioni, Sofia diventa un fiume in piena ed è praticamente impossibile fermarla. L'unica soluzione è quella di fingersi interessati e cercare di farsi uscire dall'orecchio opposto tutto lo scarico di bile che scaglia in giro per la scuderia. Del resto, il suo nervosismo ormai è alle stelle, visto che l'inizio del campionato si trova alle porte e sarebbe dovuta uscire in concorso con Coco a metà febbraio. Il tempo stringe, e il cavallo si sta rivelando ben più problematico di come era apparso agli inizi.
È come montare su una mina vagante, senza sapere quando esploderà . Dopo neanche dieci minuti di riscaldamento, Coco inizia subito a dare di matto, così dal nulla. Un attimo prima trotta leggero e riunito, e un attimo dopo parte in fuga come se avesse il demonio alle calcagna, oppure inizia a calciare l'aria neanche fosse braccato da una nuvola di tafani. Le sue esplosioni sono imprevedibili, e dannatamente violente. Il più delle volte Sofia riesce a contenerle, richiamandolo con decisione e parcheggiandogli quattro speronate in pancia, ma non sempre la sua prontezza di riflessi gioca a suo favore e giovedì sera Coco è riuscito a lanciarla al di là di un oxer, scartando all'ultimo e sgroppando con violenza mentre lei stava ancora cercando di capire che cosa fosse successo.
A quel punto, è intervenuta Paola, e la scena a cui sono stata costretta ad assistere è stata ben peggiore di quella che aveva accolto il cavallo nella nuova scuderia. La donna l'ha afferrato per le briglie, e l'ha colpito in testa con il frustino ricoperto di brillantini di Sofia (quaranta euro in selleria, me lo ricordo ancora quando eravamo andate a comperarlo insieme). Glielo ha battuto una, due, tre volte, prima sulle orecchie e poi sul muso, e intanto il cavallo recalcitrava per cercare di sottrarsi alla tortura, ma in compenso ha trovato morso e martingala a trattenerlo. Poi Paola è montata sopra e gli ha parcheggiato due sgambate nei fianchi, costringendolo a correre come un pazzo lungo tutto il perimetro del campo coperto, strappandogli la bocca non appena provava anche solo a sollevare un orecchio e frustandolo con grazia letale al minimo accenno di calare la cadenza. Alla fine Coco, sudato e sfinito, ha accettato di arrendersi. Così come quando lo avevo visto il giorno in cui era arrivato, il cavallo ha preso a trottare leggero e nella mano in circoli sempre più stretti, il manto argenteo madido di schiuma e di sudore. Solo allora Paola l'ha fermato, premiandolo con una carezza e riconsegnandolo a Sofia. L'allenamento era ripreso senza intoppi, nel maneggio deserto.
Io sono rimasta in disparte a osservare la scena con gli occhi sbarrati, pregando che non si accorgessero di me. Dopo le dimissioni di Khadija, sono rimasta solo io, e nonostante sono un'autentica disgrazia Paola ha sentenziato che potevo tornare alle mie vecchie mansioni, e intanto avrebbe cercato qualcuno che le rifacesse i box. Stamattina si è presentato un indiano. Non dice una sola parola di italiano, ma perlomeno sembra conoscere il suo mestiere. Speriamo bene.
Intanto, è una settimana che non chiudo occhio. Per quello che ho dovuto assistere ogni giorno, per Coco che salta da dio e intanto non riesce a concludere un allenamento senza dare di matto, ai dubbi che Sofia continua a insinuarmi sul Parelli e la mia volontà di cambiare strada, neanche fosse capace di leggermi la mente. O forse, più semplicemente, non sono brava a mentire e la mia espressione mentre osservo i finimenti stringersi intorno a quel povero cavallo e il modo in cui le sue esplosioni vengano contenute deve essere qualcosa di talmente allibito che si potrebbe riconoscere persino al buio. Non oso esprimere ad alta voce che ogni giorno quelle due mi costringono a rivivere l'evento che mi ha spinta ad abbandonare definitivamente il ranch del nonno, quando il mio istruttore ha frustato Whisky fino allo sfinimento e io mi sono rifiutata di piegarmi a una cosa del genere. Stessa mentalità, stesso approccio.
Ripenso alle parole di Khadija, il giorno in cui se n'è andata.
Attenta a non perdere te stessa.
In fondo, era proprio quello che sto facendo. Sto giocando al loro gioco, sto cercando inutilmente di diventare come loro. Anche se nel profondo sto urlando che non era ciò che volevo. Non sono d'accordo. Già, ma in compenso che alternative ho? Rimbambire il mio cavallo fino alla morte mentre agitavo uno stick ai quattro venti?
Ho ricominciato a documentarmi, la sera dopo cena. Voglio trovare a tutti i costi la risposta ai miei dubbi, prima che arrivi sabato. E, soprattutto, voglio saperne di più su Stella e sul suo maneggio. "I Dissidenti" hanno un sito molto dettagliato, che amministra lei stessa. Dalle foto, sembra decisamente più ben messo e ordinato di ciò che appare in realtà. C'è anche una biografia molto accurata di Stella, che di cognome fa Muratori. Scopro così che ha due anni meno di me e un curriculum equestre pazzesco alle spalle. Ha esordito a tredici anni nella monta inglese, diventando un vero e proprio fenomeno in salto ostacoli e dressage, ma poi un brutto incidente le ha fatto capire che era giunto il momento di 'cambiare aria'. Da qui, la vita di Stella è cambiata completamente. Dapprima si è avvicinata alla monta americana, poi da lì al Parelli il passo è stato breve. Ha studiato il metodo presso i migliori maestri italiani, da Franco Giani a Luca Maria Moneta, seguendoli in tutta Italia e arrivando a risiedere per un certo periodo in Germania, dove è riuscita a far collimare il metodo con la carriera agonistica in reining e in performance. Da lì il viaggio negli Stati Uniti, dove ha conseguito il titolo da istruttrice due stelle. E ora eccola qui, fiera direttrice tecnica di un piccolo pezzo di California nascosto tra le nebbie della Pianura Padana.
Arrivo in maneggio in punta dei piedi e con mille ansie. Ho appena staccato da "I Pioppi" e ho la testa che mi rimbomba. Questa mattina ho avuto la mia consueta lezione con le mie piccole allieve e poi mi sono affiancata ai cavalli da scuola. Paola mi ha rimessa in affiancamento con lei, vuole che impari un po' di 'buona scuola'. Solo che stamattina era come se mi avessero un paio di occhiali, con cui riuscivo a vedere cose che prima non notavo, neanche il semplice assistere a una lezione di Stella mi avesse conferito una sorta di super poteri. Riesco a intuire la tensione delle groppe arrotondate dal semplice agitarsi di una coda, o del muoversi inconsueto di un orecchio lungo il cranio. Percepisco le opposizioni alla mano, la voglia di togliersi via delle gambe. La rigidità dei cavalieri e la pressione delle dita. E poi mi rendo conto, con sgomento, che in una classe di sette allievi non c'è una sola imboccatura semplice. Hanno tutti il centauro, con le redini legate a una martingala. In alternativa, ci sono i chiudibocca. Una di loro, Rachele, che ha da poco acquistato un Sella Italiano di quattro anni parecchio focoso, ha inaugurato definitivamente il tandem, e a me fa ricordare spaventosamente Ethan quando a tredici anni gli avevano piazzato l'apparecchio odontoiatrico.
Quando Paola entra in campo, i cavalli sono già al trotto e hanno terminato il riscaldamento. La lezione va avanti per più di un'ora senza pause: è la classe agonistica dei Young Riders e devono tutti uscire in concorso entro la fine del mese. Fanno molto galoppo e un percorso a testa, poi cinque minuti di distensione a redini lunghe prima di chiudere la lezione.
Nel momento in cui scendo dall'auto, vengo subito assalita dallo stesso identico senso di disorientamento che mi aveva accolta la prima volta. È come se tutto il ritmo frenetico fosse svanito nel nulla, lasciando posto a una tranquillità a cui non sono abituata. Eppure anche lì mi sembrano tutti indaffarati: chi prepara il cavallo e chi ritorna dal campo, in silenzio e senza sosta, ma con un'atmosfera del tutto diversa, quasi religiosa, come se ogni singola azione nascondesse un significato preciso.
Riconosco Khadija, sta strigliando Breeze. Non appena mi vede, lei si spertica in un saluto, la brusca ancora in mano, e io mi avvicino timidamente.
«Allora ce l'hai fatta, a venire» mi accoglie non appena le sono vicina.
«Non correre troppo, è solo una prova» dico io, mettendo subito le mani avanti. «Stella è arrivata?»
«È in campo, mi ha lasciato detto il cavallo da preparare. Sarò la tua assistente personale.»
«Oh, grazie.»
«Nel senso che ti dirò chi prendere e dove sono le sue cose, per il resto dovrai fare da sola. Qui nessuno si trova il cavallo pronto, sappilo» si affretta a precisare lei.
«Nessun problema» assicuro io.
Anzi, la cosa mi piace sin dal primo momento. Prendermi del tempo per pulire e sellare il cavallo è qualcosa che per me è sempre stata molto importante. Non è solo un momento per assicurarmi che tutto vada bene, ma anche per instaurare un rapporto di reciproca fiducia con lui.
«Per prima cosa, all'ingresso ci sono le capezze. Scegline una e vieni con me» prosegue Khadija.
Io obbedisco e scelgo una capezza viola con una lunghina già assicurata. Seguo Katy verso i paddock, superando quello che ospita Breeze e raggiungendo un ampio prato recintato in cui pascolano tranquillamente alcuni cavalli dai manti variopinti e infangati che sfuggono da sotto le coperte. Sono tutti diversi tra loro, da un piccolo Quarter dal manto baio fino a quello che sembra un saltatore alto e dinoccolato.
«Cominciamo con Mary» dice Khadija, indicandomi un grasso Appaloosa a pochi passi dal cancello. «Vieni, ti mostro come si fa il nodo.»
Entrambe entriamo all'interno del paddock. Mary solleva il muso rosato verso di noi e ci osserva con i grandi occhi saggi, che lasciano intravedere la sclera rossastra tipica degli esemplari della sua razza. Khadija le si avvicina con calma e le lascia scivolare la capezza lungo il muso, mostrandomi come si fa il nodo che la chiude dietro le orecchie. Lo scioglie subito dopo, invitandomi a ripetere l'operazione. Ci riesco dopo un paio di tentativi, e la cosa basta a infondermi un pizzico di autostima.
Conduco la cavalla ai lavaggi, assicurandola all'anello che sporge dal muro e iniziando a pulirla. I cavalli della scuola hanno bauletto a parte, che trabocca di spazzole di ogni tipo. Intravedo un nettapiedi decorato con un motivo a unicorni e uno shine glitterato che sporgono in mezzo a quell'allegro caos.
Khadija torna con una delle selle americane grandi come un gommone, e con mio sommo sgomento scopro che è destinata proprio a me.
«Mary non è indicata per la monta inglese» spiega con un certo autocompiacimento. «Quale migliore occasione per imparare cose nuove?»
«Ma con quell'affare non so nemmeno come stringere il sottopancia!» ribatto io, perplessa.
«Fidati, è fantastica per quanto riguarda l'assetto. Poi, in caso, riprendiamo in mano la vecchia monta inglese.»
Mi fido, anche se dentro di me ho diverse perplessità, e mi lascio guidare da Katy nel sollevarla (Dio, com'è pesante!) e metterla sul dorso della cavalla, prendendo poi a stringere le varie cinghie. Concludiamo l'operazione prendendo anche uno stick e una corda più lunga (loro la chiamano 'la sette metri'), avviandoci poi verso il campo.
Stella ha appena terminato l'ora precedente e ci aspetta al centro del campo con le mani sui fianchi.
«Benvenuta, cara» mi saluta non appena si accorge della mia presenza. «Accomodati pure e tieni giù la corda. Di solito preferisco che voi studenti nuovi cominciate da terra, anche per abituarvi al nuovo metodo.»
«Va bene.»
In tutta onestà, non ho alcuna fretta di montare. Anzi, se per lei va bene, attualmente lavorerei solo da terra. Mary mi lascia fare, studiando i miei movimenti con i suoi occhi buoni, mentre Khadija entra a sua volta con Breeze e inizia a prepararsi a montare.
«Cominciamo con il gioco dell'amicizia, per prendere confidenza con il cavallo» spiega Stella, invitandomi a mettermi di fianco al cavallo. «Inizia a passare lo stick lungo il suo corpo, con movimenti lenti e progressivi. Spegni la tua energia, i tuoi gesti devono essere calmi, come una carezza. Inizia dal fianco e poi scendi lentamente nei punti più vulnerabili, lasciando per ultimi il ventre e la testa.»
Io annuisco, prendendo a eseguire. Conosco questa tecnica, la usava anche il nonno per desensibilizzare i cavalli particolarmente paurosi. Inizio l'operazione, e dopo pochi istanti mi sento incredibilmente rilassata e in sintonia con l'animale. Anche Mary sembra riflettere il mio stato d'animo, perché dopo pochi istanti socchiude gli occhi e prende a leccarsi delicatamente le labbra. Ripeto l'operazione da entrambi lati, sempre sotto la guida di Stella; poi lei mi invita a mettermi di fronte alla cavalla, agitando lo stick da una parte e dall'altra del suo corpo e poi ad abbracciarla con lo string.
«Vedi, in tutto questo lei è rimasta perfettamente immobile e tranquilla, segno che le hai trasmesso fiducia, mantenendo basso il tuo livello di energia» mi spiega lei. «Molto bene, ora procediamo con il prossimo esercizio.»
Mi spiega così il gioco del porcospino, in cui il cavallo deve accettare le mie pressioni. Sempre attraverso lo stick, invito Mary a spostarsi da entrambi i lati, esercitando una pressione prima sui posteriori e poi sugli anteriori. Infine le chiedo una flessione da terra, piegandole dolcemente il collo di lato. Nonostante sia una cavalla decisamente imponente, resto sorpresa quando la sento cedere con estrema delicatezza alle mie pressioni, rilassata e confidente.
Passiamo poi al gioco guida, in cui io e Mary camminiamo fianco a fianco, con lo stick che mi aiuta a direzionarla e ad aumentare o diminuire l'andatura. Proviamo anche a trottare per un breve tratto, e resto sorpresa quando lei si ferma insieme a me. Poi c'è lo yo-yo, in cui la invito a fare alcuni passi indietro muovendo dolcemente la corda da sinistra verso destra. A quel punto, le chiedo di andare in circolo, tenendo la corda al massimo della lunghezza e limitandomi a passarla da una mano all'altra mentre lei mi gira attorno. Proviamo a tutte e tre le andature, e resto sorpresa ancora una volta da quanto tutto questo mi viene facile, come se in qualche modo lo avessi sempre fatto.
«Davvero un buon lavoro» si complimenta Stella a un certo punto. «Perfetto, ora possiamo salire.»
Mi si annoda subito lo stomaco, temendo di trovarmi sul punto di fare l'ennesima figuraccia. Mi rendo conto di non sentirmi pronta a montare senza imboccatura, mille paure affiorano nella mia mente mentre osservo la bocca rilassata e completamente libera della cavalla.
«Qualcosa non va?» chiede subito Stella, notando il mio malumore.
«Ho un po' di paura» mi lascio sfuggire mio malgrado.
«Non c'è niente di male ad avere paura, fa parte di noi» mi assicura lei con calma. «L'importante è saperla riconoscere, per poterla affrontare. Un po' alla volta, del resto non è saggio fare un passo più lungo della gamba.»
Si avvicina a me, aiutandomi a stringere la sella e a regolare le staffe, decisamente più lunghe di quelle a cui sono abituata di solito.
«Non ti chiederò di galoppare, se è questo che temi» mi avverte subito dopo, quasi leggendomi nel pensiero. «Ricominceremo tutto da zero, passo dopo passo, facendo le cose quando arriverà il momento giusto.»
La cosa mi fa sentire subito più serena, e io prendo coraggio e monto in sella. Ho immediatamente un istante di spaesamento: le staffe sono lunghissime e in più avverto subito la mancanza di qualsiasi contatto.
«Lascia le redini lunghe» mi avverte subito Stella, notando che ho stretto subito le mani intorno alla corda, annodata sotto il mento del cavallo in modo da formare due redini.
Io obbedisco controvoglia, e inizio a passeggiare lungo la pista. Mary avanza serena con la sua andatura da ippopotamo, il collo proteso in avanti e l'aria pacifica. Chissà, forse Sofia ha ragione, queste cose funzionano solo se hai a che fare con un brocco che non alza un orecchio neanche a pagarlo, ma con uno come Coco sarebbe lo stesso?
Stella mi riscuote dai miei pensieri correggendomi la posizione e invitandomi a provare le redini di controllo, ovvero invitando il cavallo a flettere il collo di lato per fermarlo. Piano piano, imparando a dosare energia e respirazione, una simile azione mi viene spontanea anche senza usare le redini, e a quel punto Stella mi chiede il trotto. Sulle prime sono incerta, ma non appena Mary rompe con un'andatura da lavoro lenta e piacevole mi lascio trasportare dolcemente da lei, lavorando prima sulla pista e poi eseguendo qualche figura di maneggio.
Alla fine della lezione, Stella mi sembra molto soddisfatta.
«Niente male davvero» si congratula con me mentre scendo da cavallo. «Mi sembri veramente portata per questo stile. Se vuoi, possiamo continuare a lavorarci.»
«Ti ringrazio» biascico io. Non mi ricordo più quando è stata l'ultima volta che qualcuno mi ha fatto un complimento alla fine di una lezione.
«Sabato prossimo alla stessa ora ti va bene? Con tanto di certificato medico, così facciamo l'iscrizione?»
«Direi proprio di sì.»
Le parole mi sfuggono con estrema naturalezza, e in quel momento mi rendo conto che ormai il dado è tratto e io ho fatto la mia scelta. Mi congedo da Stella e poi mi dirigo nuovamente verso i lavaggi con il cuore incredibilmente leggero e la consapevolezza che per la prima volta dopo tanto tempo ho fatto qualcosa che mi piace davvero. E che voglio assolutamente ripetere, il prima possibile.
Mary mi dà un colpetto con il muso vellutato, e io la ricambio con una carezza. Ed è proprio in quel momento che, specchiandomi nei suoi grandi occhi buoni, mi rendo conto di una cosa molto importante. Per quanto la cavalla mi sembri mansueta, non è nulla di paragonabile al tipico vecchio cavallo stanco e ingranato della scuola. Il suo sguardo è vispo e consapevole, e per quanto abbiamo fatto cose molto blande lei si è sempre dimostrata leggera e disponibile a qualsiasi richiesta, anche la più semplice, senza dover abbassare lo stick o aumentare eccessivamente la pressione delle gambe. Un cavallo confuso dovrebbe essere ben diverso, e di gran lunga più riottoso e imprevedibile.
Ed è proprio ora che capisco, con un tuffo al cuore, che questa è la prima cosa giusta che faccio da quando sono qui. Il primo passo che in qualche modo mi riporterà sul sentiero che il nonno aveva tracciato prima di me.
Inizio a dissellare Mary in religioso silenzio, e intanto penso che forse sia meglio informare Ethan il prima possibile degli ultimi sviluppi.
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