7.


  Ho sempre avuto una certa inquietudine verso l'indovino. Aveva previsto la morte di mia madre; aveva detto a Ragnar che Rollo lo avrebbe tradito; a Bjorn che avrebbe sposato una principessa e tutto, ogni sua singola predizione era reale.
  Arrivo davanti alla sua capanna e mi preparo mentalmente. Respiro profondamente prima di entrare. Il mio naso viene investito da un forte odore di erbe aromatiche e incenso, misto a quello pungente di legno bruciato. Sento l'odore della terra umida sotto i piedi, come se il pavimento della capanna non fosse mai stato lavato. Un leggero aroma di salvia e mirra, usati per purificare l'aria, si mescola con l'odore della cera delle candele che illuminano debolmente l'ambiente. Ma poco dopo è un altro forte odore che prevale tra gli altri. Sangue. Dentro la casa, il silenzio è quasi totale, rotto solo dal crepitio del fuoco nel focolare. A tratti, odo il fruscio di una tunica di lino o il tintinnio di pendagli metallici che l'indovino porta con sé. Le mie orecchie percepiscono il lieve mormorio del vento che filtra attraverso le fessure delle pareti di legno, portando con sé un sussurro quasi ancestrale, come se gli spiriti stessi stessero bisbigliando consigli all'anziano saggio. La penombra domina la stanza, rischiarata solo dalla luce tremolante delle candele. Le pareti sono coperte di rune incise e talismani appesi, ognuno raccontando una storia di magia e protezione. Al centro della stanza, l'indovino siede avvolto in un mantello logoro, con il viso deturpato, senza cavità oculari, i denti marci e le labbra nere come la lingua. Le cavità oscure dell'indovino sembrano scrutare la mia anima, mentre un corvo nero, posato su un trespolo, osserva la scena con attenzione inquietante. Ogni tanto sono costretta ad abbassare la testa per evitare le file di teschi di uccelli e altre bestie appese al soffitto. L'indovino e seduto ai quello che sembrerebbe un letto e del fumo leggero riempie la zona intorno a lui come se fosse entrata della nebbia.
   <<Ci hai messo troppo ad arrivare, ti stavo aspettando da parecchio>> mi fa segno di avvicinarmi e, muovendo alcuni passi insicuri, entro nell'ombra della sua dimora. <<Avevo cose più importanti da fare>> affermo, non preoccupandomi del tono che assumono le mie parole. L'anziano tossisce. <<Non essere impertinente Martha figlia di Aren. Irrispettosa come lo era Liv>> afferma duramente e vorrei girare i tacchi e andarmene quando sento pronunciare il nome di mia madre.  Prendo un respiro profondo, cercando di non tossire. <<Sono qui per...>> inizio sedendomi su uno sgabello davanti a lui ma alza la mano, zittendomi <<So perché sei qui, vuoi sapere cosa hanno deciso gli dei riguardo il tuo futuro>> dice rivolgendo il viso deforme verso di me. Annuisco. <<Due cuori battono come uno sotto il cielo stellato, ma il cammino non sarà rettilineo. Vi troverete e vi perderete, come le maree che seguono la luna. Decisioni opposte vi faranno allontanare, solo per ritrovarvi ancora. Amore e rivalità si intrecceranno nel vostro destino, un nodo che né il tempo né lo spazio potranno sciogliere. Frutti della vostra unione cresceranno, portando il segno della vostra dualità. Ci saranno momenti di nebbia e smarrimento, come navi senza timone nel mare del destino. Ma come il sole segue la luna, così i vostri passi vi riporteranno l'uno all'altra>>. Un brivido mi percorre la schiena mentre l'anziano parla. <<Cosa significa?>> chiedo lasciando trapelare dell'ansia e la confusione dalla mia voce <<Non ho più niente da aggiungere giovane shield maiden. Questo è quanto gli Dei hanno deciso per te>> dice a voce alta prima di tendermi la mano lurida. L'afferro e cercando di non dare di stomaco ci passo la lingua sopra, com'è da noi usanza fare.
  Sono andata da quel vecchi per sapere cosa aspettarmi dal futuro, ma ne ho ricavato solo un indovinello criptico. Prima di raggiungere i fratelli Lothbrok al campo d'addestramento, passo a trovare Rebeka. Come sua madre anche lei è una veggente. Magari ha una spiegazione a tutto questo.

  <<Non ho la minima idea di che cosa significhi>> afferma mentre si guarda allo specchio, facendosi le trecce. <<Tu sei una veggente. Dovrai pur capire>> affermo spazientita e affranta. <<Sono una veggente in prova Martha. Ho solo qualche immagine confusa nei sogni. Non so decifrare i messaggi criptici degli Dei>> ribatte lei girandosi per guardarmi. Mi lascio cadere sul suo letto osservando il soffitto di legno. <<Qualcosa dovrà pur voler dire>> penso ad alta voce. È frustrante tutta questa situazione. <<Mia madre dice che le parole degli dei sono come immagini in una pozza agitata. Devi aspettare che le acque si calmino per capire cosa stai guardando>> spiega sedendosi accanto a me, accarezzandomi una gamba con dolcezza. <<Cosa dovrei fare allora?>> le chiedo mentre le parole dell'indovino mi risuonano nella testa senza smettere. <<Dovresti smettere di pensarci così tanto e goderti la vita. Quando arriverà il momento capirai>> mi rassicura alzando le spalle. Le sorrido stringendo la sua mano nella mia.


 Il campo d'addestramento si trova al centro del bosco. Dei corpi di alcuni animali come cervi e cinghiali sono stati appesi a dei tronchi e vengono usati come bersagli, mentre delle sagome di legno sono appese ad una corda tra un albero e l'altro. Appena arrivata Sigurd mi lancia un arco, impugna la spada e l'ascia e sfida Hvitserk ad un combattimento a due. Li guardo sorridendo mentre lego intorno alla vita la cintura con il fodero per le frecce.
  Il sole è alto nel cielo, gettando lunghe ombre attraverso i rami e illuminando le gocce di sudore che brillano sulle loro fronti. Il suono delle spade che si scontrano riempie l'aria, un clangore metallico che risuona tra gli alberi. I due fratelli, entrambi alti e muscolosi, si muovono con una grazia sorprendente, i loro corpi sincronizzati in un'antica danza di forza e abilità. Hvitserk, con i capelli biondo scuro raccolti in una stretta treccia, incarna la determinazione e l'esperienza. Ogni colpo che sferra è preciso e potente, la sua spada un'estensione naturale del suo braccio. Indossa una tunica di lino marrone scuro, segnata dai segni di numerosi allenamenti, e bracciali di cuoio che proteggono i suoi avambracci. Il fratello minore, con i capelli lunghi fino alle spalle, lasciati sciolti se non per alcune piccole treccioline, e un'espressione di feroce concentrazione, è rapido e agile. I suoi movimenti sono fluidi, mentre para e contrattacca con una velocità impressionante. La sua tunica verde chiaro ondeggia con ogni mossa, rivelando le sue braccia snelle ma forti, segnate da cicatrici di precedenti allenamenti. Sono bravi, entrambi, ma hanno ancora molto da imparare.
  Mentre combattono, i loro occhi brillano di una miscela di rispetto e competizione. Ogni colpo è accompagnato da grugniti di sforzo, e ogni parata viene seguita da un sorriso fugace, una frecciatina e una presa in giro; un riconoscimento della sfida accettata e superata.
Il terreno sotto di loro è calpestato e segnato, testimone di innumerevoli sessioni di allenamento. I fratelli si spingono l'un l'altro al limite. Alla fine, il fratello maggiore riesce a disarmare il minore con un abile movimento, facendo volare la spada di quest'ultimo tra le felci.   Con un sorriso, allunga la mano e aiuta il fratello a rialzarsi, i loro occhi che si incontrano in un momento di mutuo rispetto e affetto fraterno.
Batto le mani e Hvitserk mi porge un leggero inchino al quale ricambio con un sorriso cortese. <<State migliorando>> affermo sistemando il mio arco, tendendo la corda il più possibile. <<Di sicuro peggio di così non potete fare>> afferma Ivar divertito dalla sua stessa cattiveria. Lo richiamo rimproverandolo con lo sguardo. Ubbe mette la prima freccia sull'arco e la scocca, facendo confiscare la punta di metallo nella fronte del cervo, fa un mezzo inchino verso i fratelli e me per poi sfidare Ivar, seduto accanto a lui su di un tronco, con lo sguardo. Ivar, con espressione impassibile, scocca la freccia con forza e così tanta precisione da farla finire nell'occhio dell'animale. Ubbe rimane stupito e per complimentarsi gli arruffa i capelli.
Ora è il mio turno ma la prima freccia finisce sulla spalla, la seconda sul collo del cervo. <<Hai sempre avuto problemi con arco e frecce, soprattutto da questa distanza>> ghigna Ivar disturbando la mia concentrazione. <<Non mi distrarre>> sussurro e sciocco la terza freccia che finisce sul petto del cervo. Sbuffo. Abbasso il braccio riempiendomi un bicchiere di acqua. Ivar ha ragione; non sono mai stata brava con arco e frecce. <<Ti faccio vedere come si fa>> si vanta e punta l'arco contro Hvitserk e Sigurd che, davanti a lui stanno ancora combattendo. In un attimo la freccia passa in mezzo ai due ragazzi per impiantarsi in uno dei cerchi in legno dietro di loro. Appoggio le mani sui fianchi mentre Hvitserk appoggia a terra l'ascia e sfida il senz'ossa.

  <<Martha ti va di combattere?>> mi chiede Sigurd puntandomi contro la sua asca. Annuisco e impugno la spada, facendola roteare su se stessa con un fluido movimento del braccio. I suoi capelli ricadono disordinatamente sulla fronte mentre si concentra, ogni colpo che sferra è preciso. Il suo viso è teso dalla concentrazione, ma c'è anche un sorriso di sfida che gli illumina gli occhi ogni tanto. Io, invece, mi muovo con agilità e grazia, sentendo la familiarità della spada come un'estensione naturale del mio braccio. Ogni mio colpo è calcolato e letale, ogni parata impeccabile. Non riesco a trattenere un sorriso di divertimento mentre lo sfido. sono una shield maiden dopotutto, la spada è una parte di me. Sento il suo peso usandolo a mio vantaggio. Non sono io a controllarla. Siamo una cosa sola. E' questo che mi hanno insegnato mamma e Lagertha.
Impugno con entrambe le mani l'elsa. <<E' tutto qui quello che sai fare Sigurd?>>  scherzo, parando facilmente un suo affondo e girandomi rapidamente per disarmarlo con un movimento  veloce riesce a bloccare il mio attacco e mi blocca la schiena contro il suo petto me tre tiene l'ascia contro la mia gola. Si avvicina al mio viso con un sorrisetto e gli pesto il piede con il tallone, facendolo imprecare. <<Tu imbrogli>> mi accusa scherzosamente. Recupero da terra la spada e gliela punto contro. <<Pensi che il nemico sul campo di battaglia sia leale? Qualunque guerriero; sassone, franco, danese che sia, penserà prima alla propria vita che alla lealtà>> affermo sorridendo. Paro un suo affondo con facilità, il metallo che stride contro il metallo. Mi giro rapidamente, disarmandolo con un movimento fluido. La sua spada vola via e atterra sull'erba con un tonfo sordo. Abbasso la spada e mi ritiro con un inchino profondo, tornando poi verso Ubbe. <<Bravo Sigurd, sei stato battuto da una donna>> lo deride Ivar prendendo il bicchiere che gli sto passando.
In un impeto di rabbia Sigurd, chiaramente stanco delle prese in giro del fratello, scaglia la sua ascia contro il più piccolo, colpendo il bicchiere che tiene in mano. Se uno sguardo potesse uccidere, quello di Ivar avrebbe disintegra il fratello. Afferra la sua ascia e la lancia con forza verso il fratello. La lama dell'arma si conficca contro l'albero alle spalle di Sigurd e un rivolo di sangue gli cola dalla fronte.
  Tiro una sberla sul coppino al mio migliore amico <<Ma sei andato fuori di testa? Avresti potuto ucciderlo?>> gli urlo, oltre sua madre sono l'unica che lo riesce a rimproverare. <<Non sarebbe una tragica perdita>> ribatte a denti stretti con ancora lo stesso sguardo omicida di poco prima. Sigurd se ne va infastidito, avvertendo che li avrebbe raggiunti più tardi alla spiaggia. Cerchiamo di fermarlo, ma il suo nervosismo è alle stelle. In questo caso è meglio se i due restano lontani per un po'.
  Prendo di nuovo l'arco. Voglio riuscire a colpire il cervo meglio di Ivar. Ma per quanto ci provi, i risultati sono sempre gli stessi. <<Hai bisogno di un incentivo>> dice incrociando le braccia al petto. Sospiro <<A si? E di che tipo?>> chiedo mirando l'occhio dell'animale. Ivar si avvicina di più a me, almeno per quanto gli è consentito e sussurra:<<Ho visto Hvitserk che si intratteneva con la schiava>>. Scocco la freccia e questa non solo si conficca nell'occhio dell'animale, ma divide a metà la freccia scagliata precedentemente dal principe storpio. Il cuore inizia a battermi velocemente e la vista si fa offuscata. Chiudo la mano destra a pugno finché le nocche non diventano bianche. Inizio a fare lunghi respiri per calmarmi, ma quella che ho in corpo adesso non è solo rabbia, ma odio e gelosia.

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