5


  Abbiamo deciso di raggiungere il bosco per parlare lontano da occhi indiscreti. All'inizio doveva essere una cosa tra padre e figli, ma Bjorn ha insistito per la mia presenza. Tutti i figli di Ragnar, eccetto Ivar che è restato a casa con Rebeka, sono estremamente silenziosi.
Cammino al fianco di Ragnar, lanciandogli occhiate curiose ogni tanto. <<So che hai intrapreso con tuo padre un lungo viaggio, da quanto siete tornati?>> chiede scrutandomi con i suoi occhi profondi. Muovo ancora qualche passo, guardando la schiena di Ubbe, cercando di stare dietro ai ragazzi. <<Due settimane. Abbiamo visitato così tante terre che mi è difficile elencarle>> rispondo con un mezzo sorriso mentre il silenzio torna tra di noi <<Quando torneremo a Kattegat voglio che tuo padre mi racconti tutto, ogni cosa.>> dice con il sorriso. Abbasso lo sguardo, fermandomi di colpo. Anche lui smette di camminare e si volta verso di me, guardandomi. <<Mio padre è morto. Tre giorni fa>> rispondo e con grandi falsate raggiungo gli altri. Mi avvicino a Ubbe, il quale mi accarezza la guancia <<Tutto bene?>> chiede premurosamente. Annuisco e intravedo Hvitserk alle sue spalle: ha un'aria irritata, le braccia conserte e l'espressione seria. Sorrido divertita e mi avvicino a lui. Gli stringo la mano, rassicurandolo con lo sguardo, e gli porto il braccio dietro la mia schiena. Mi stringe a se appoggiano la mano sul mio fianco.
Ragnar si siede contro l'albero e tutti lo guardiamo. <<Quindi.... Perché sei tornato?>> gli chiede ancora Björn con un po' meno durezza nella voce ma mantenendo lo stesso sguardo. Ragnar inizia a giocare con un ramoscello <<Volevo sapere che ne era stato dei miei figli e volevo chiedere loro di unirsi a me>> dice sorridendo. <<Sapete, voglio tornare in Britannia e mi chiedevo se volete unirvi a me>> si spiega e chiaramente si aspettava una relazione positiva da noi, ma non è così. <<Sigurd. Ubbe. Che ne dite?>> chiede e i due diretti interessati si guardano. Sigurd scuote la testa e Ubbe si affretta a rispondere al padre <<Kattegat è cambiata da quando non ci sei. Ora è una delle città commerciali più importanti della Regione. Molti re la guardano con invidia>> risponde e Ragnar abbassa lo sguardo. Se lo immaginava. <<Vogliamo restare qui a difendere nostra madre>> continua avendo l'appoggio dei fratelli. <<Hvitserk?>> chiede e il ragazzo accanto a me si irrigidisce. Non gli risponde e perciò capisce che la risposta è no. <<Deduco dalla tua faccia, Bjorn, che anche la tua risposta è negativa>> ipotizza e il suo primo figlio infila una mano in tasca estraendo una pergamena. <<Questo è il motivo della mia risposta. Questa è una mappa che ho trovato a Parigi>> dice alzandosi e andando incontro al padre, lasciandogli la cartina sulle gambe <<Qui sopra c'è il mar Mediterraneo e intorno ad esso tante terre e popoli che non conosciamo>> continua con esaltazione. Sgrano gli occhi, allontanandomi da Hvitserk. <<E a che punto sei con i tuoi progetti?>> chiede Ragnar ma gli si legge negli occhi che la cosa lo disturba. <<Floki sta costruendo le navi. Hvitserk verrà con me>> risponde. Guardo, il ragazzo accanto a me. Ha un'espressione seria. Ragnar annuisce. << E' una pazzia>>dico afferrandolo per un braccio. <<Io sono stata nel Mediterraneo. È pericoloso, i popoli intorno ad esso sono tremendi>> rispondo facendolo ridacchiare  <<com'è?>> chiede e inizio a raccontare tutto. Racconto dei popoli delle isole e delle penisole del mediterraneo, del deserto e dei popoli che ci vivono. Racconto dell'impero ottomano e di quello arabo, della loro storia, cultura e lingue. Ricordo il mio primo incontro con i popoli del sud, così diversi da noi. Le città erano vive di colori, suoni e odori che non avevo mai sperimentato prima. Le strade erano strette e affollate, i mercati brulicavano di attività, e ovunque c'erano frutti esotici, spezie aromatiche e tessuti pregiati. A Creta, incontrai i Minoici, un popolo abile nella navigazione e nel commercio. Erano gentili e curiosi di conoscere le nostre storie e tradizioni. In Egitto, fui affascinata dalla grandezza delle piramidi e dai misteri dei faraoni. Gli egizi avevano una conoscenza profonda dell'astronomia e della medicina. Un anziano scriba mi insegnò a leggere alcuni geroglifici, raccontandomi storie di dei e regine, di battaglie epiche e amori eterni. La loro cultura era molto più antica della nostra, e imparai a rispettare la loro saggezza. A Cartagine, un vivace porto pieno di commercianti e mercanti, scoprii l'arte del commercio e della diplomazia. Imparai a negoziare, a comprendere il valore delle merci e l'importanza delle alleanze. I cartaginesi erano maestri nell'arte della guerra navale, e mi mostrarono le loro potenti navi da guerra, costruite per dominare i mari. Durante il viaggio, non solo acquisii nuove competenze, ma scoprii anche il valore della tolleranza e dell'apertura mentale. Ogni popolo che incontrai aveva qualcosa di unico da offrire, una prospettiva diversa sulla vita. <<Loro non sono come noi Bjorn. Con loro non si scherza>> concludo la lunga spiegazione. <<Siamo vichinghi. Non temiamo niente>> afferma Björn baciandomi la fronte prima di lasciarci per tornare da sua moglie. Scuoto la testa guardandolo allontanarsi. Anche i suoi fratellastri si sono allontanati lasciando il loro vecchio padre sotto l'albero. Mi avvicino a braccia incrociate davanti al petto. Mi siedo accanto a lui chiedendogli dove è stato e cosa ha fatto dalla sconfitta nel regno Franco. Racconta con la voce bassa e misurata, i suoi occhi che brillano di storie non ancora narrate. 
  <<Ragnar. Ho bisogno dei tuoi consigli. Il futuro mi sembra così incerto senza mio padre. Non so da dove cominciare>>. Lui annuisce, il suo sguardo che mi scruta con comprensione. <<Il dolore per la perdita di tuo padre non passerà mai completamente. Ora devi trovare la tua strada, come io ho trovato la mia. Hai già fatto molto, più di quanto molti avrebbero osato. Sei forte e capace>>. Poi, con un'espressione più seria, mi parla del suo prossimo viaggio. Le sue parole accendono una scintilla dentro di me. <<Sembra un'impresa enorme. Ma cosa speri di trovare lì di nuovo?>> Ragnar riflette per un momento, poi risponde con una determinazione che risuona nelle sue parole. <<Cerco un nuovo inizio, per me e per la nostra gente. Vogliamo terre fertili, dove possiamo prosperare>>. La sua visione del futuro è contagiosa. Sento il coraggio crescere dentro di me, alimentato dalla sua fiducia. <<Voglio aiutarti, Ragnar. Non so come, ma sento che posso contribuire in qualche modo>>. Lui mi guarda con un sorriso fiero. <<Avrai sempre un posto al mio fianco, se lo desideri. La nostra forza sta nell'unione e nella capacità di apprendere dagli altri>>. Mentre il sole inizia a calare, gettando lunghe ombre sul terreno, mi sento rinvigorita dalla conversazione. Il futuro è ancora incerto, ma ora vedo una strada da percorrere. Con il sostegno di Ragnar e la forza delle lezioni apprese dai miei viaggi, sono pronta ad affrontare qualsiasi sfida.

****


  Mi siedo su un sasso vicino alla riva e osservo l'acqua increspata dal venticello leggero. Due mani mi coprono la visuale <<Hvits!>> esclamo mentre il ragazzo si siede accanto a me. <<Sei preoccupata>> dice prendendomi la mano. Incrocio i nostri sguardi e annuisco. <<Sei sicuro di voler andare?>> gli chiedo e lui sospira giocando con la mia mano. Percorre le mie dita sfiorandole con le sue, soffermandosi sulle cicatrici sbiadite. <<E' pericoloso. Devi stare attento, non ti devi fidare di nessuno>> dico afferrandolo il viso tra le mani appoggiando la fronte alla sua. <<Promettimelo Hvitserk, promettimi che starai attento. Non saprei che fare senza di te>> continuo. Hvitserk mi afferra i polsi, portandosi le mie mani dietro al collo. Mi accarezza la guancia e si avvicina piano. Sfiora il mio naso con il suo e sento il suo respiro sulle labbra. Chiudo gli occhi e percepisco il tocco leggero delle sue labbra sulle mie. Apro gli occhi quando lo sento allontanarsi. Gli sorrido mordendomi le labbra su cui sento ancora la presenza delle sue labbra su cui adesso passa la lingua. <<Se non torniamo ci verranno a cercare>> afferma con un sorrisetto sul volto. Annuisco e mano nella mano ci alziamo.

  La grande tavola è apparecchiata e su invito di Asloug mi siedo accanto a Ubbe, a capo tavola, dalla parte opposta di Ivar. Rebeka mi osserva attentamente. Dovrò raccontarle di quello che è successo poco fa, sulla spiaggia.
La cena inizia in silenzio finché Ivar non parla. <<Perché avete rifiutato l'offerta di nostro padre?>> chiede con un ghigno in volto. <<Ubbe? Non dici niente?>> continua e il diretto interessato si appoggia svogliato alla sedia. <<Lo sai perché>> risponde giocando con un coltello. Ivar trasforma il suo ghigno e guarda Sigurd accanto a lui, porgendogli la medesima domanda <<Non ne ho voglia>> risponde e il fratello minore ridacchia. <<Non hai voglia o hai paura? Soffri di mal di mare?>> lo prende in giro. Sigurd sbuffa <<Non ho paura di niente>> risponde.
  Guardo la scena aspettandomi che da un momento all'altro possa degenerare. La rivalità tra quei due è in continuo peggioramento. <<E di me hai paura?>> chiede lo storpio alzando un sopracciglio e Sigurd rimane in silenzio.
La ragazza bionda che tanto mi sta antipatica si avvicina a Ivar tenendo tra le mani una caraffa <<Vuoi altra birra Ivar?>> chiede con la voce tremante, il ragazzo annuisce e porta la mano sul fianco della ragazza, spostandola poi sul sedere. La ragazza si allontana spaventata e un piccolo sorrisetto mi nasce sulle labbra. <<Non dovresti trattarla così>> lo rimprovera Ubbe seriamente <<E perché no? È una schiava e posso trattarla come voglio. So che la vorresti fratello, tutti voi la vorreste>> dice e all'idea mi rabbuio subito. Amo Ivar come se fosse mio fratello, ma certi suoi atteggiamenti mi hanno sempre dato fastidio, anche quando eravamo bambini.


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